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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: LASCIATI ANDARE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: artemisia89 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/06/2006 18:28:37

eh...lasciarsi andare..per chi non si può permettere di farlo.
 
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ONE/SHOT
- Capitolo 1° -

“Lasciati andare”

Una one-shot dedicata a due occhi verdi e ad una mano pari ad un piccolo uccello marino.
A quella notte in cui sono ritornata nel mondo.
A quel ritorno che è stato come un addio.

A te, che stai leggendo e puoi capire come mi sento e puoi capire quanto sia difficile.

Non è la storia di un amore, e spero che questo riusciate a leggerlo tra le righe.
E’ qualcosa di più sottile, di più malinconico, di più impossibile.

Per comprendere meglio, posso consigliarvi di leggere una poesia del grande Rabindranath Tagore: “Per paura”

Lasciati andare.



1.5



Lo sai che non posso.
Lo sapevi dal primo respiro che hai preso prima di dirmi di avvicinarmi.
Sollevare il mio corpo, fare qualche passo nella luce fioca e sedermi accanto a te, gomito a gomito.
Le nostre guance che quasi si sfiorano, i nostri profumi che si mescolano, la luce del sole che si è concentrata in me durante il giorno, che mi rende ebbra e maledettamente audace.

Lo sai che non posso.

Non posso essere ciò che voglio,
non posso ballare con qualcuno quel tango davanti a tutti, mentre tu mi guardi e ti compiaci della mia figura che si muove presa e sensuale,
non posso vestire di rosso sangue e portare del rossetto sulle mie labbra sottili, senza essere più di ciò che appaio,
non posso essere chi sono veramente.

Aumenta la temperatura in me,
e tu mi guardi sorridente mentre cerco di darmi un contegno.
La mia bocca che si apre appena cercando di prendere una boccata d’aria, la mia anima che cerca un uscita da questo labirinto che conosco fin troppo bene da capire quanto sia importante sfuggirne.

E’ tutto un gioco, è tutta una caccia e tu lo sai, poeta, tu sai sempre tutto di questi misteriosi anni di cui sono preda.
Sai chi non sono, conosci i desideri del mio corpo, conosci i miei occhi che ti sfuggono, conosci lo spirito che ho.
Oltre tutto, oltre la mia maschera, oltre il mio abito da palcoscenico

Passano, le ore passano ed è tutta un’ultima risata prima di ballare l’ultimo flamenco da protagonista, da malata fenice morente che non riuscirà a sorgere ancora, sull’abisso, sulla linea nera che sovrasta la voragine, quella dove devi essere sempre un equilibrista, una persona equilibrata e temperante per non precipitare, per non morire, per non morirne.
E la sento la tua voce, tu porti le tue labbra al mio orecchio per farmi ascoltare meglio, per cercare di inculcare a forza quel pensiero così insinuante nella mia testa., tu sei quello che prende il mio polso con una stretta ferma affinché io non fugga, affinché io non mi alzi da quella stramaledetta sedia, affinché io possa ballare quel tango infinito ancora sotto i tuoi occhi, ancora e ancora, finché le gambe non cederanno, esauste.

Lasciati andare.

Lo so, lo sai, lo sanno tutti.
Cosa significa lasciarsi andare.

Ho paura, ho avuto paura quella sera, tutto ad un tratto, ne ho avuto, ma è quella paura che sale, sale e incontra l’adrenalina, quella del rischio e il desiderio, quello di un abbandono che si è protratto troppo a lungo negli anni, nelle camere buie, nelle musiche tristi, nei respiri lenti.
Ho avuto paura in quell’attimo, quello in cui le mie parole volevano essere solo un avvertimento, ma forse neanche, solo parole, semplici sillabe che si susseguono in fiato, suoni che viaggiano fino ad incontrare un orecchio. Non volevano essere nulla quella parole, solo il timido cenno di una presenza, ma ai tuoi occhi non posso essere semplicemente presenza, ai tuoi occhi io sono quella che sta ancora ballando un bellissimo e sensuale tango, con il mio piccolo corpo immaturo che ho sempre cercato di nascondere, che aderisce a quello di una persona vestita di nero che io non conosco, e che non ha senso che io conosca.
Perché non ha alcun senso cosa io voglia o non voglia, perché in realtà tu lo sai, lo hai sempre saputo e lo saprai sempre.

E le mie, volevano essere solo parole, invece i tuoi occhi che non ho visto, hanno brillato compiaciuti e quelle parole sono diventate un insegnamento da conservare gelosamente, un arma con cui tentarmi, provocarmi, farmi fare ciò che voglio, imprigionarmi, liberarmi da quelle catene che mi sono messa il giorno in cui ti ho incontrato per la prima vera volta, quel giorno in cui la coscienza di te e di me è venuta a galla.

Quando mentre ridevo ho sentito la tua mano fra i miei capelli, un folle terrore mi ha assalito e la mia bocca ha parlato da sola.
Avrei voluto avere più tempo per sentirla mentre si faceva strada tra i miei piccoli boccoli, mentre mi sfiorava il collo, mentre scorreva tra le ciocche brune accompagnata dalla tua voce che diceva/

Avanti
Lasciati andare

Avrei voluto chiederti di portarmi via e continuare, continuare, continuare finché per l’intensità di un piacere puro e casto, innocente, piccole lacrime non si fossero affacciate nei miei occhi che sono come girasoli bruciati per la troppo luce cercata, invocata, e ti avrei chiesto di smettere di accarezzarmi, ma di abbracciarmi e cullarmi, di soffocare la paura del dopo, dell’attimo in cui mi rendo conto di ciò che ho fatto, o che, meglio, ho lasciato che succedesse.
Ma invece la mia bocca così orgogliosa e ferrea ha parlato da sola, e il mio corpo ha reagito di riflesso.
Ti ho allontanato spaventata, perché sai che io non posso lasciarmi andare.

Lo sanno tutti che non posso, anche tu lo sai, per questo più degli altri cerchi di farmi perdere l’equilibrio per farmene acquistare un altro.
E che anche se cadessi dritta in quella voragine, ci saresti tu ad afferrarmi prima di schiantarmi al suolo.

Forse tutte queste cose, le ha pensate solo e semplicemente la mia mente, che distorce tutto come uno specchio maligno.
Forse in quella tua mano che giocava con i miei capelli, che giocava con il mio corpo senza prendersi gioco del mio spirito, non c’era malizia, non c’era nulla che non fosse l’insegnamento di un amante del bello, del piacere, ad una bambina immatura che si è allontanata troppo presto da quel mondo, che non si vuole permettere di rompere le proprie catene per paura di ciò che sta fuori.

Ma tu, poeta che conosci i sentimenti come solo uno spettatore estraneo e appassionato potrebbe fare, tu rimarrai sempre la spalla a cui appoggiarmi e la mano da stringere quando l’intensità dell’odio che provo per le cose che amo si farà tanto forte da piegare la mia essenza. So che potrò venire da te, quando mi sembrerà che le pareti si ripiegheranno cercando di schiacciarmi, so che potrò venire e che tu mi rispetterai.

“Io brucio troppo velocemente. Ad un tratto farò una grande fiammata e poi morirò.”
“Ma lo splendore di quella fiamma sarà tale da abbagliare ogni cosa”

So che onorerai la mia fiamma, la mia luce per cui dovrò morire per partorirla.

So che non biasimerai il mio dolore e la mia paura, ne li contrasterai, ma li devierai, con le tue parole, con la tua ironia, con quei tuoi occhi verdi.
Allontanerai con quella tua mano bianca ed etera, con fare noncurante, le mia paure che mi impediscono di indossare quelle scarpe da ballo nere,
quel vestito rosso cremisi,
quel trucco così pesante sul mio viso continuamente nascosto.

Mi sono fatta due domande quella sera, mentre le ore passavano noiose e allegre al tempo stesso, mi sono fatta due semplici domande.
Una, naturalmente, si chiedeva cosa sarebbe successo se mi fossi lasciata andare, come tu mi consigliavi, lì, sotto gli occhi di tutti, alla tua mano, e l’altra, si chiedeva cosa sarebbe successo se mi avessi accompagnata a casa.

Alle due di notte, al buio, nel silenzio, sotto la luce sporadica di qualche lampione, cosa sarebbe successo?
Se mi fossi lasciata andare, e avrei taciuto quella bocca così odiosamente professionale, se fossi rimasta in silenzio e avessi camminato lentamente al tuo fianco.
Se tutto quanto fosse stato finalmente più vero, senza maschere, senza costumi, senza spettatori che ti applaudono o ti fischiano in faccia il loro disprezzo, la loro incredulità, la loro indifferenza.
Cosa mai sarebbe successo se tu, non rassicurato dalla compagnia di un’altra persona accanto alla mia, avessi deciso di accompagnarmi fino al luogo che chiamo casa, fino alla mia buia prigione?

Cosa sarebbe successo?
Lasciati andare.
Cosa sarebbe successo?
Se fossi rimasta in silenzio, se i nostri passi avessero percorso ancora settecento metri, se fossi stata sola in quella serata così maledettamente calda, se avessi detto di si.

Non è bello tornare in vita,
è così doloroso che sembra solo morire,
non è bello guardare chi vive di poco e vedere te allo specchio che sai vivere soltanto di cose che non esistono, che non puoi soddisfare i bisogni del tuo spirito, che per paura di ogni cosa indossa mille maschere diverse
Ma è bello sapere che per ogni crisi che verrà,
tu hai rinnovato quei ricordi omai sbiaditi ed esauriti delle sensazioni piacevoli che in questi cinque anni ho raccolto.

Quindi, poeta, forse non mi lascerò andare, per me è ancora troppo pauroso, non ballerò ancora quel tango indossando tacchi alti e un vestito cremisi, ma forse, da domani, potrò alzare lo sguardo e incontrando i tuoi occhi, non esiterò a farli finalmente sorridere.



Fine

Amate, per Dio, fatelo, non perdete tempo, amate.

Artemisia

 
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