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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: BLACK ROSE
Genere: Comico, Azione, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: spirit-of-dream galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 15/06/2006 10:04:16

scopri di avere dei bracciali che hanno funzione di catene e non riesci a toglierli,come pensi vada da quel momento la tua vita?[di mia cugina]
 
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A DANGEROUS GAME
- Capitolo 1° -

A Dangerous game

Era un martedì mattino di ottobre, mentre soffiava una brezza leggera da nord e il cielo si liberava dalle nuvole grigie dopo una nottata di diluvio, quando ebbe inizio la nostra storia. Hawthorn era una grande metropoli dell’ovest che s’affacciava sull’oceano e circondata dagli altri lati dai monti e le foreste. Erano quasi le nove del mattino e le persone si riversavano nelle vie come l’acqua di un fiume che s’apprestava a rivivere la sua routine quotidiana.
In quel preciso istante Tracy Shell, una ragazza di 17 anni dai capelli ramati legati in una treccia, gli occhi castani e un corpo da perfetta atleta stava correndo a più non posso per giungere a scuola in orario. Indossava un tailleur nero e una camicia azzurra con la cravatta, la divisa del Nighthills Institute, ma avrebbe preferito non indossarla…
Stava correndo per lo stradone principale, Lovely Flower Avenue, doveva attraversarlo per arrivare all’edicola, dove c’era un vicolo che le avrebbe risparmiato ben tre minuti di strada in più. Sì, perché era in ritardo e la professoressa Gloria Faultless, insegnante di chimica e responsabile della terza sezione dell’ultimo anno (la classe di Tracy per l’appunto), aveva decretato una punizione speciale per lei, poiché arrivava sempre in ritardo. Per la cronaca, il castigo consisteva nel lavare i bagni assieme ai bidelli, una cosa assolutamente noiosa, accentuata negativamente dal cattivo sangue che scorreva tra Tracy e l’ausiliare scolastico.
Tracy vedeva scomparire dietro di sé ogni singola persona lì vicino. Sembrava la pellicola di un filmino. Prima una signora cicciona col cappotto rosso, poi un avvocato con la sua ventiquattrore di pelle, un’anziana vecchietta che per poco non aveva investito e via dicendo. Mentre correva sentì una mostruosa fermata di un automobilista accompagnata da una sonora strigliata rivolta al conducente davanti e dal clacson: “Razza di * vuoi che ti venga nel *?!? Chi è quel * che ti ha dato la patente?!?”
Finalmente Tracy giunse all’edicola e s’infilò nel viottolo infossato tra due edifici lì vicino. C’era una puzza tremenda, non si vedeva nulla e bisognava stare attenti a non pestare le… beh l’avete capito, no? Ma per evitare per un giorno di essere la schiavetta dei bidelli, questo ed altro. Inoltre in questi tempi era pericoloso girare soli in certe strade di Hawthorn. Non che prima non lo fosse, una grande città era sempre pericolosa, ma ultimamente lo era in particolare. Molte persone tutte sotto i 22 anni, che fossero poppanti o studenti universitari, erano scomparse misteriosamente e di loro erano stati ritrovati solo i vestiti. Allucinante. La polizia non aveva la più pallida idea di come sbrogliarsela.
Tracy attraversò il vicoletto e una volta fuori si ritrovò separata dall’edificio scolastico solamente da una strada. Il Nighthills era davanti a lei. Un enorme edificio bianco con una grande insegna sopra il grande cancello di ferro. Tracy guardò a destra e a sinistra e si lanciò verso l’istituto a costo di farsi investire. Mancavano due minuti all’inizio delle lezioni. Entrò nell’atrio dove due bidelle stavano fumando avidamente sigarette di prima qualità sparlando senza ritegno degli affari altrui (adesso mancavano trenta secondi al suono della campana). Sembravano tanto due pollastre. La ragazza si catapultò verso le scale (meno quindici secondi), raggiunse il secondo piano(sette, sei, cinque…) e poi nel primo corridoio a sinistra (quattro, tre...), ora era davanti alla porta della sua classe e per la fretta si scordò di bussare. La campanella squillò gioiosamente e puntualmente come sempre.
“Oh… Tracy, sei praticamente puntuale… più o meno.” osservò la professoressa contorcendo con le mani i permessi d’entrata e inforcando gli occhiali. “Ad ogni modo,…”
A quelle parole a Tracy venne quasi la pelle d’oca, non poteva essere come pensava…!
“Ad ogni modo, non hai bussato e questo è un sintomo di maleducazione, per questo sarò costretta a punirti anche oggi” disse la donna scandendo le parole come se pronunciasse una sentenza in tribunale. “Ora puoi uscire. Va a dare una mano alla signore Rosa a pulire”.
La ragazza era assolutamente indignata, ma mancandole il fiato a causa per la corsa non poté replicare. Non sapeva se rassegarsi o lasciarsi trasportare dall’istinto omicida che l’aveva catturata. Alla fine optò per la prima chance e uscì dalla classe.
‘Vecchia befana odiosa, non ti reggo più! Del resto, però… non è tanto peggiore di tutti gli altri, stando a quello che mi ha detto la zia…” sussurrò guardando i bracciali che portava ai polsi. Erano d’oro con delle incisioni sui bordi. Erano molto belli e le sarebbero piaciuti, se…
La ragazza si diresse nello stanzino delle scope a prenderne una. In quello sgabuzzino di un paio di metri quadri di larghezza, vi era concentrato un fetore di muffa da far venire la nausea ad una platea e i muri erano ricoperti di magnifici capolavori di ragnatela, tessuti negli anni dai ragnetti che popolavano la zona, all’insaputa dei bidelli.
‘Che rabbia! Mi domando perché lascio sempre che mi trattino come Cenerentola! Dovrei ribellarmi un giorno o l’altro, forse allora mi accetterebbero come loro pari… ma non credo”.
Tracy non conosceva né i suoi genitori né altri suoi parenti. Era stata trovata anni prima da una strega, Georgia Sheller, che l’aveva accolta a casa sua. Ad essere sinceri la zia non aveva approvato subito l’idea di avere una mocciosa in casa, che avrebbe strillato tutto il giorno, fatto cacche puzzolenti, vomitato il latte e le avrebbe disintegrato la casa (senza contare che la piccola casa della zia nel villaggio delle streghe non era certo un orfanotrofio o un centro di quelle organizzazioni in favore dei marmocchi!). Tuttavia, non si sa come, quando e perché, qualcuno riuscì a convincerla, così, da quel giorno, Georgia ebbe in casa oltre che il suo gatto Thomas, una bambina contante di strani bracciali impossibili da togliere. Ed è a causa di quei bracciali che Tracy e la carissima zietta Georgia avevano furiosamente litigato la sera prima. E come Tracy aveva avuto modo di capire, era sempre a causa loro, che nessuno voleva mai essere suo amico, tranne qualcuno molto speciale, che con suo grandissimo dispiacere, quella mattina non era ancora arrivato a scuola. Ma riavvolgiamo la pellicola e osserviamo insieme cos’era successo in quella burrascosa litigata d’autunno, verso le sette e mezza di sera, mentre le giornate si
accorciavano inesorabilmente, lasciando spazio alle notti d’inverno.

“Ehi, Tracy, le costolette si sono abbrustolite un pelino troppo, vero?” fece la zia sconsolata.
“Non preoccuparti, a me piacciono le cose croccanti” la tranquillizzò la ragazza.
“Alla faccia del croccante, sono nere incendiate!” osservò il gatto Thomas seduto a tavola anche lui.
Eh già, perché la zia Georgia era una strega con i capelli neri ed i riflessi blu, con le unghie rosse e il cappello a punta, mentre Thomas, era una gattone nero contante di parlantina.
“Taci gatto pettegolo, tornatene a dormire sulla ciotola di latte, come fai sempre, del resto. E’ mai possibile che tu dorma sempre?” replicò Georgia.
“Guarda che io me le voglio conservare le mie nove vite! Non buttarle inutilmente! E poi oggi sei particolarmente irritabile, si può sapere che ti è capitato?” fece il gatto.
“Non sono affaracci tuoi!” ringhiò Georgia scattando in piedi all’improvviso. “Vado a portare via i piatti rimasti vuoti”.
Era strana effettivamente. Solitamente, se qualcuno portava via i piatti, non era certo lei. Nemmeno Tracy era convinta da quel comportamento.
“C’è qualcosa che non va zia? Sei strana!” esclamò Tracy.
“Ho detto che non vi riguarda. Toglietevi dai piedi e lasciatemi in santa pace!”
Thomas scese dalla sedia andandosene piuttosto indignato da quel comportamento, che definiva da padrona di bassa leva.
“Perché fai così?” insistette la ragazza. “Se è qualcosa di vergognoso non lo dirò a nessuno, me ne sono sempre stata zitta anche quando ti… beh, quando ti scolavi qualche bicchierino di troppo non ho mai parlato!”
“Che mocciosa insistente…” borbottò la zia mettendo i piatti nella lavastoviglie. “Mangia e taci”.
La ragazza era spiazzata. Era impossibile trattare con la zia. Avrebbe dovuto puntarle una pistola alla gola per tirarle fuori qualcosa. Non la sopportava quando le teneva nascoste cose, che parlandone, forse si sarebbero risolte. Tracy si alzò da tavola lasciando il piatto quasi pieno.
“Dove vai?” chiese Georgia.
“Faccio sciopero!”
“Stupida. Vuoi sapere perché sono di cattivo umore? Ok, te lo dico, del resto è anche ora che tu sappia certe cose, ripensandoci”.
Thomas aguzzò le orecchie.
“Sono stata dal parrucchiere del villaggio di Bellewitch, il mio paesino, qualche giorno fa. Non ha voluto assolutamente sistemarmi i capelli. Vuoi sapere perché? No di certo perché fumo ventiquattro ore su ventiquattro, bensì, perché vivo con una mocciosa che non si sa da dove venga e per di più con delle catene ai polsi. Sì Tracy, quelli che porti non sono bracciali, sono catene. Chiunque le porti è a sua volta portatore di sfortuna, perciò non hai amici. Inoltre devi sapere che chi le porta, è costretto a metterle per punizione divina e ciò testimonia atti vergognosi del passato o di altre vite, che ne so io. Non penso, che tutto ciò che si dica a riguardo sia vero, anzi, sono tutte balle, tuttavia io non ho più un fidanzato ed una famiglia per questo. Per allevare te, sono stata cacciata dal mio villaggio, posso farvi visita solo una volta ogni dieci anni” spiegò la zia.
“Ma perché nessuno mi ha mai detto niente?” fece Tracy spaesata.
“Poiché chi porta le catene è considerato un assatanato, molti pensano che rivelandoti la verità, tu cercheresti di ritornare alla tua identità reale e a compiere atti criminali. Sembra una cosa tanto stupida, ma persino quelle persone così colte come i tuoi prof. ci credono. Guarda quella di biologia, secondo me è terrorizzata da te. E pensare che non la trovavo poi così male…” rispose la zia.
“E’ odiosa” tuonò Tracy.l’altra alzando le spalle.
“Capiscila,” sussurrò Thomas avvicinandosi a Tracy “tra streghe si va d’accordo”.
Quella sera a casa Sheller vi fu un’atmosfera strana, imbarazzante. Nessuno aveva più voluto parlare più di tanto. C’era un silenzio che non vi era mai stato prima e che Tracy avrebbe preferito non conoscere. Non pensava di essere un tale peso per la zia e per quelli che le stavano attorno.

Adesso era a scuola a fare le pulizie, mentre la signora Rosa, quella che doveva aiutare a pulire, era assorta dalle parole crociate, seduta ad un tavolo lì vicino: “Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone? Mm…” borbottava.
“Bianco, ovviamente” disse Tracy che l’aveva sentita.
“Giusto! Non ci avevo pensato!” esclamò la bidella.
‘Imbranata’ pensò la ragazza.
In quel momento vide arrivare un ragazzo in divisa. Aveva i capelli biondo oro e gli occhi di uno strano colore ambrato. Era un tipo piuttosto misterioso, ma molto carino. Tanto bastava che tutte le ragazze della scuola gli facessero la corte, senza però aver mai parlato con lui, a causa del suo carattere riservato… tranne Tracy. Erano nella stessa classe e Seiya, così si chiamava, era una dei pochissimi al mondo oltre alla zia e a Thomas a trattarla più o meno umanamente. Avevano fatto amicizia, perché Tracy, che era una persona sempre in disparte per le sue condizioni di pregiudicata, non aveva mai nessuno tra i piedi e questa condizione era l’ideale per Seiya, un tipo schivo che detestava l’eccessiva confusione.
“Il signor Terry Cloth -(che era il capo dei bidelli)- ha detto che Tracy deve tornare in classe: pare, infatti, che vi sia per essere un’ispezione a sorpresa sull’operato dell’ausiliario scolastico. Se vedessero una studentessa al posto degli addetti, potrebbero prendere provvedimenti” annunciò Seiya.
La bidella fece loro segno di andare, anche se un po’ riluttante.
“Non sarà mica vero quello che le hai detto, vero?” sussurrò Tracy.
“Veramente Cloth non l’ho neppure visto” confessò Seiya.
“Mi hai salvato la vita, ti ringrazio. Come mai in ritardo?”
“Questioni di casa, Pan mi ha firmato il permesso. I prof. se la sono bevuta tutti, credono veramente che sia mio fratello maggiore”.
Pan era un amico di Seiya ed era laureato in chimica. Aveva poco più di vent’anni, e aveva accettato la richiesta dei genitori di Seiya: loro non erano mai a casa per lavoro e da poco si erano trasferiti nelle vicinanze di Hawthorn, per questo avevano chiesto a Pan di ospitare il ragazzo a casa sua.
“Ah, ragazzi, sono quasi le nove e mezza, adesso dovrebbe essere arrivata una vostra nuova compagna di classe, mi raccomando di non comportarvi come orsi, con lei” fece lanciando occhiatacce qua e là. “Intesi?”
“Sì, professoressa Faultless!” risposero tutti in coro.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
“Avanti!” tuonò l’insegnate.
Entrò una ragazza bellissima, con i capelli corvini e gli occhi di un insolito blu elettrico. Erano molto belli ma anche veramente gelidi. A guardarla, sembrava di essere trafitti da lame di ghiaccio. I ragazzi rimasero a bocca aperta. Ma tra tutti, fissava intensamente Seiya che la contraccambiava. Tracy, che era la compagna di banco di quest’ultimo si sentiva il terzo incomodo, un ruolo odioso.
“Mi chiamo Susan Erin, molto piacere di conoscervi” si presentò.
“Cosa? La ragazza che ha superato il test di chimica per studenti universitari, trovato per caso, in cinque minuti?!?!” esclamò qualcuno.
“Esattamente” fece la professoressa.
“Ecco perché è così gongolante” commentò Tracy. “Ha sempre desiderato insegnare a un genio!”
“Appena finirà l’ora darò disposizione che ti venga portato un banco con una sedia. Intanto vai là in fondo, la lezione è quasi terminata” disse la donna.
Susan si allontanò avvicinandosi al fondo dell’aula, dov’erano confinati Seiya e Tracy.
“Ciao, è da un pezzo che non ci si vede” sibilò passando vicino al ragazzo e appoggiandosi al muro.
Seiya la guardò di traverso.
L’ora successiva fu d’inglese, col professor Robert Eagle, uomo magro, alto e tranquillo, con un naso aquilino che gli dava un’aria particolarmente savia.
“Allora Seiya, cosa mi dici? Cosa ci fai qui?” chiese Susan una volta ottenuto un banco che posizionò accanto a quello del ragazzo.
“A me lo chiedi? Sei tu quella fuori posto. Sei un genio, la scuola dovrebbe essere una cosa altamente superflua per te, non trovi Susan?”
“I miei hanno divorziato e mia madre, volendo stare il più lontano possibile da papà, ha deciso di venire in questa città. E poi, hai ragione, la suola è superflua, ma tu non lo sei affatto”
“E’ un complimento?” fece l’altro.
“Diciamo che è la verità”.
Il professor Eagle, intanto era alla pagina 197 del libro di testo, ad analizzare un brano letto la volta precedente, The gold fish of the lake, di un autore ottocentesco. Era incredibilmente noioso ma il docente lo riteneva di vitale importanza. Lo sezionò in tre parti, ne analizzò i contenuti, ne estrasse le radici latine e greche, lo sviscerò dei suoi significati più profondi e trasmesse il tutto agli alquanto assonnati studenti. Il bello era anche, che dal parlare del tizio del racconto che andava a pescare in un giorno di primavera, finivano con l’ascoltare l’insegnate che parlava degli scienziati del 1500.
Susan aveva intanto ottenuto di scambiare il suo posto e di mettersi vicino a Tracy. Le due si lanciarono in una piacevolissima chiacchierata che si dilungò per molto. Susan era simpatica. Parlava tanto ed era piuttosto alla mano, a dispetto delle premesse. Persino quando Tracy le parlò delle sue catene, rimase indifferente al problema.
“Io li trovo veramente belli i tuo bracciali, e poi a preoccuparsi di certe cose sono solo i pettegoloni. Del resto non mi sembri una che se ne va in giro a fare stragi”.
“Davvero? Tu sei una delle pochissime persone a vederla così!”
Sì, Susan le piaceva, ma non la convinceva del tutto. C’era una strana luce nei suoi occhi, qualcosa che non si capiva cosa fosse, ma sembrava spaventoso…

Le ultime due ore del mattino le passarono col professor Albert Rwricktensen, l’insegnante di matematica, materia che Tracy trovava assurda quanto inutile, dato che per fare la spesa, non le serviva certo conoscere i numeri irrazionali. Anche l’insegnante, giustamente, era assurdo come la sua materia. Portava le magliette dei cartoni animati per poppanti, uno zainetto rosso molto simile ad una scatola ed un pupazzetto viola appeso ai pantaloni, molto simile alla mucca della pubblicità della cioccolata. Faceva discorsi intricatissimi, che non riusciva a seguire neppure lui stesso.
Finalmente alle una spaccate suonò la campana liberatoria dell’ora di pranzo. C’era pizza sul menù, un ottimo motivo per fare pugni pur di prenderne un trancio. La pizza era l’unica cosa commestibile in quella scuola da quando la cuoca
era andato in pensione l’anno prima. Quella nuova era fermamente convinta, infatti, che il cibo venisse servito come lo offriva madre natura, così, per fare un esempio, una ragazza una volta si era trovata una deliziosa lumaca viva, che strisciava gioiosamente sulla foglia d’insalata che stava per infilare in bocca. La pizza, stando così le cose, non avrebbe dovuto neppure esserci nel menù, ma non era così.
Seiya, Susan e Tracy erano sotto un albero del parco dell’istituto, gustando la pizza faticosamente conquistata.
“Ah, si sta proprio bene qui, questa scuola è veramente bella!” commentò Susan.
“Dici così perché non sei costretta da una vecchia racchia a pulire i corridoi, mentre i bidelli fanno le parole incrociate” sbottò Tracy.
“Sempre meglio delle grinfie di mia madre!” replicò l’altra. Poi si rivolse a Seiya: “Tu che dici?”
“E’ del tutto indifferente” rispose.
Tracy lo trovava strano. Apparentemente Seiya sembrava la reincarnazione stessa dell’indifferenza, ma se lo conoscevi, quella che appariva indifferenza diventava automaticamente timidezza. Era un tipo complesso, per questo piaceva a Tracy. Non riuscivi mai a capire cosa pensasse in realtà.
“Il sole sta per essere di nuovo coperto dalle nuvole. E così, di nuovo sarà tutto grigio” osservò Susan alzandosi.
Purtroppo suonò la campana che segnava, per grande rammarico di tutti, l’inizio delle lezioni pomeridiane. Gli studenti iniziarono molto lentamente a dirigersi verso l’edificio.
Tracy era già per le scale. Detestava quelli che si bloccavano in mezzo ai corridoi rallentando il traffico. Così andava in classe sempre un minuto prima degli altri. Oggi c’era educazione fisica, per cui doveva solo prendersi la roba e andare nello spogliatoio.
“Seiya, aspetta un attimo per favore…” sussurrò Susan bloccandolo per il braccio. “Ti chiedo solo due minuti…”
*
“Avanti, ragazzi! Muoversi, muoversi! Amanda, più grazia in quella corsa, con quel corpicino dovresti essere più leggiadra di una farfalla! E tu! Arnold! Il fiato lo si usa per correre non per ciarlare a vanvera!” strillava l’anziana professoressa di educazione fisica, Miranda Janet, brandendo pericolosamente la sua mazza da baseball, per sollecitare gli studenti a una corsa migliore.
“Rammolliti! Vi fermate dopo due giri! Ai miei tempi, la gente era molto più atletica, il problema che oggi affligge il mondo, è che siete circondati da troppe comodità!” sbraitava mentre le passava vicino qualcuno che non si comportava come intendeva lei.Avevano due ore con lei tutti i martedì pomeriggi, e tutti i martedì pomeriggio tornavano a casa fisicamente a pezzi.
L’ora successiva la passarono col professore di chimica, Karl Cricket, chiamato il chimico: era il classico Scienziato pazzo, e non c’è altro da aggiungere.
Infine ebbero l’ora di arte con la professoressa Lilli Brush. Portava un assurda collana con un ampolla dalla quale uscivano rametti di rosmarino e soffriva di schizofrenia. Un giorno diceva una cosa e il successivo, l’esatto opposto. I ragazzi non sapevano più come comportansi con lei, alcuni optavano per portarla al manicomio, mentre i più estremisti avrebbero scelto l’omicidio.
Alle cinque e mezza in punto suonò la campana più amata dagli studenti: quella della fine delle lezioni.
“Che bello, si torna a casa!” esclamò Tracy tutta contenta.
“Già… a casa…” sussurrò Susan.
“C’è qualche problema? A te non piace casa tua. Perché? Oh, scusa, sono affari tuoi, lascia perdere!”
“No, figurati, non scusarti… beh, allora ciao a tutti e due. Io devo andare dall’altra parte. A domani”.
Susan si allontanò lasciando Seiya e Tracy a guardarla allontanarsi.
“Perché odia così tanto casa sua e la madre? Sembra così triste… non trovi?” osservò Tracy.
“Non lo so bene. So che sua madre è una scienziata molto brava, ma non capisco il problema che c’è tra loro. Non mi pare che una volta la detestasse, anzi, si volevano molto bene…”

Erano quasi le sei e Tracy stava facendo un’innocente passeggiatina nel parco; vi era un laghetto con una famigliola esemplare di anatre che le stava molto a cuore.
“Ciao! Come state?” le salutava guardandole dal ponticello.
Gli uccelli si avvicinavano al ponticello schiamazzando allegramente.
Tracy tirò fuori dallo zainetto un panino e di mise a lanciarne dei pezzetti alla famigliola. Le piaceva guardarle mentre si lanciavano su quei bocconi. Era rilassante. Anche perché a quell’ora poca gente se ne andava in giro, così si stava più tranquilli.
Mentre stava dando da mangiare alle anatre, sentì degli strani discorsi provenire dalla boscaglia lì dietro. Avrebbe fatto oltremodo bene a farsi gli affaracci suoi, ma quando è ora di cacciarsi nei pasticci, è ora di cacciarsi nei pasticci e nessuno ci può fare niente.
S’infilò tra dei ciliegi che davano al boschetto. Iniziava a fare freddino. Vedeva due ombre proiettate sui tronchi degl’alberi, ma non c’era nessuno. Facevano dei discorsi non molto chiari.
“Dobbiamo assolutamente trovare ciò che ci può condurre alla realizzazione dei nostri obbiettivi. Si trova qui ad Hawthorn… Owl! Mi stai a sentire?”
“Sì Cod. Ma a mio modesto parere ti dovresti rilassare, sai? I mortali non ci possono fare nulla… perché agitarsi, allora?” replicò l’altro.
“Sì, sì… lo sai che io ho sempre fretta, però… quel vecchio maledetto ci ha proprio messo i bastoni tra le ruote… se non fosse stato per lui… questi odiosi esseri che nascono inutilmente per poi morire, sarebbero già ridotti a bambole e cibo da molto tempo!” fece l’altro.
Tracy aveva la pelle d’oca. Stava ascoltando i discorsi di due tizi (maschi dalla voce) che non vedeva e che dovevano essere dei criminali, per di più. Quando mai non era rimasta ai suoi pennuti…! Perché i mortali dovevano essere cibo o bambole? E per chi? Che diavolo volevano quelli là?!
“Oh lo sono già, Cod. lo sono sempre stati ed ora più di prima, non temere, tornerà tutto alla normalità!”
Evidentemente, Cod e d Owl avevano un concetto di normalità differente da quello di Tracy.
“Ok, se lo dici tu…” assentì l’altro.
“Adesso andiamocene, è quasi ora di cena, se non ci sbrighiamo resteremo a stomaco vuoto!” fece Owl.
Le due ombre sparirono nel nulla. Non c’era più traccia di loro. Nulla.
Tracy era rimasta senza parole. Non sapeva che pensare… stavano preparando la recita di una rappresentazione teatrale o era tutto vero?
“Ciao, bella ragazzina, cosa ci fai qui a quest’ora, il parco chiuderà tra poco, non lo sai?” disse una voce alle sue spalle.
Tracy si girò di scatto. Non c’era nessuno. Solo due ombre che volteggiavano a mezz’aria. Erano completamente nere, senza volto né altri particolari fisici.
“Chi siete? Cosa volete?” sbottò la ragazza.
“Allora aveva visto giusto…! Tu ci vedi e ci senti… che strano mortale! E’ un vero peccato che ti sia presa la briga di ascoltarci, di tipi come te non se ne incontrano spesso…! Ma come tutti quelli che s’immischiano nei nostri affari… tu sei condannata a morte!” fece quello che dalla voce doveva essere Owl.
Tracy strillò con tutta la voce che aveva in gola.
“E’ del tutto inutile, nessuno ci vede. Tu sei solo l’eccezione che fa la regola!” sogghignò Cod.
Tracy si mise a correre tra gli alberi. Era però consapevole che non sarebbe servito a nulla. Li sentiva dietro di lei. Vedeva le betulle e i ciliegi sfrecciare dietro di sé. Sentiva qualche chiacchiera venire dal sentiero lì vicino. Poi, qualcuno iniziò a strattonarla per i capelli, fino a farla accasciare a terra.
“Bel colore. M piace il rosso rame” commentò Owl.
Tracy era sdraiata a terra cercando di riprendere fiato. Vedeva le due sagome sopra di lei. Poi Cod estrasse una fiala con un liquido rosa.
“Questo farà sì che tu non possa mai raccontare a nessuno ciò che hai udito oggi” fece Owl prendendo la fiala e mettendo un ago al posto del tappo. Poi La conficcò nel braccio di Tracy. Fu allucinante. Le vennero le lacrime agl’occhi, da tanto che le fece male.
“Entro un’oretta diventerai una bellissima bambola. Sono sicura che qualche deliziosa bambina ti porterà a casa sua. Non si trova tutti i giorni una bambola con dei capelli belli come i tuoi! Ciao, ciao, piccola!” disse Cod.
Sparirono definitivamente nel nulla. Non tornarono più.
‘Odio le bambole!’ pensò Tracy. “Non era meglio diventare qualcos’altro?!?’
Sentiva le dita ripiegarsi su loro stesse, come se si stessero per accorciare e faceva fatica a respirare. Presto le si annebbiò la vista, fino a non vedere più nulla. Poi svenne.

C’erano quattro o cinque persone vicino a lei, ma non le distingueva bene. Vedeva ancora tutto sfuocato e si sentiva le ossa a pezzi. Avrebbe dormito volentieri un altro po’.
“Tracy! Ti sei svegliata!” esclamò una voce.
Finalmente riuscì a connettersi col mondo esterno. Era a letto. Attorno a lei c’erano la zia, Thomas, Seiya, Pan e Susan. La guardavano tutti con occhi sgranati.
“Perché mi guardate con quelle facce? Sembrate dei polli!” fece sbadigliando.
“Razza di mocciosa che non sei altro! Vergognati! A noi chiedi perché? Dopo che Pan ti ha trovata semi.morta nel parco?!” strillò la zia.
“Non urli signorina Sheller, siamo all’ospedale!” cercò di calmarla Pan (capelli castano chiaro, occhi verdi, sempre in pace col mondo almeno in apparenza).
“Al parco? Adesso ricordo… sì, sono stati quei cosi…”
“Quali cosi?” fecero gli altri in coro.
Tracy spiegò loro di ciò che aveva visto e sentito (“So che sembrano le scene di un cartone animato, ma non me li sono sognata, lo giuro sul mio onore!”).
to be continued
 
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