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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: God Child
Titolo Fanfic: 100 ANNI NEL NOSTRO FUTURO
Genere: Sentimentale, Azione, Avventura, Fantascienza
Rating: Per Tutte le età
Avviso: AU
Autore: aruna89 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 08/06/2006 17:04:26 (ultimo inserimento: 23/03/09)

cosa accadrebbe se tutte le certezze di cain finissero? se si ritrovasse in mezzo ad un mondo a lui sconosciuto? magari... ai giorni nostri...?
 
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UNA NORMALE SERATA… UNO STRANO RISVEGLIO
- Capitolo 1° -

*100 anni nel nostro futuro*


Capitolo 1: Una normale serata… uno strano risveglio

Hola a tutti, gente! Ieri sera, visto che non sapevo che capperi fare, ho deciso di cimentarmi nella scrittura di una fic sull’affascinantissimo Conte dei Veleni, Cain Hargreaves. God Child mi è pia-ciuto moltissimo, la fine un po’ meno (Sasa lo sa bene!), ma per il resto questo è stato uno dei manga più belli che abbia mai letto! Mi raccomando, siate clementi, è la mia prima fic!!


Quella sera, alla luce della luna, un giovane diciassettenne fece ingresso nel giardino di una grande villa nel quartiere di Mayfair, a Londra. Stringeva tra le mani un bastone con intarsi in madreperla, mentre i lembi del lungo cappotto nero venivano scossi dalla leggera brezza serale. Il sorriso temerario, i ciuffi di capelli corvini che ricadevano davanti ad un volto dalla pelle di porcellana, gli occhi da gatto e il fisico snello lo rendevano uno dei nobili più famosi di tutta l’alta società. Cain Hargreaves, alla sua giovane età, era uno dei ragazzi più desiderati dalle giovani nobildonne inglesi. E come dare loro torto? Ma soprattutto, era conosciuto con l’appellativo di Conte dei Veleni. Già, perché questo giovanotto aristocratico era noto per la sua collezione di tossine di ogni sorta. Perché, ci sarebbe da chiedersi.
Ebbene, il giovane Cain era stato vittima di un’infanzia abbastanza travagliata. Frutto dell’incesto tra suo padre Alexis e la sorella, Augusta, Cain era cresciuto subendo l’odio dell’uomo. La madre, o sarebbe meglio dire zia, dopo averlo dato alla luce impazzì, finendo rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Quando Cain andò a trovarla questa lo scambiò per Alexis, vista la notevole somiglianza tra il bambino e il fratello. Morì gettandosi dalla finestra. La sua matrigna, dal canto suo, lo aveva sempre odiato, poiché i cui occhi verdi screziati d’oro ne provano l’origine incestuosa, al punto di tentare di eliminarlo. Come se ciò non bastasse, Alexis odiava il figlio, che vedeva come una sua proprietà personale e, con la scusa di farlo per il suo bene, lo fustigava ogni sera sulla schiena, pronunciando parti della Genesi.
«Il Signore disse allora a Caino… Perché è abbattuto il tuo volto?» erano le parole che diceva sempre. E, mentre fustigava il bambino, aggiungeva «Continua, Cain.».
Il piccolo doveva recitare le parole corrette, o la sua punizione sarebbe durata ancora più a lungo. Tentava di articolare le frasi trattenendo i singhiozzi. Per di più, Alexis gli impediva di parlare con chiunque senza il suo esplicito permesso, proibendogli perfino di andare a scuola. Con un’infanzia così angariata il ragazzo trovò sollievo nel collezionare veleni, una passione assai diffusa nella casata degli Hargreaves, e nell’amicizia di Riff, da poco assunto a servizio da suo padre. Ora, quello stesso amico era diventato il suo maggiordomo. In seguito alla scoperta della verità riguardo sua madre e ad un tentativo di avvelenamento da parte di suo padre, Cain trovò la forza di ribellarsi e ritorse il veleno contro il genitore che, prima di uscire dalla scena gettandosi da una rupe, maledisse il figlio predicendogli un futuro di sangue segnato dal nome che porta: il nome del primo assassino dell’umanità. Rimasto orfano a dodici anni, Cain divenne a tutti gli effetti il nuovo Conte Hargreaves. Anche se, per la sua giovane età, venne posto sotto la tutela di suo zio Neal. L’acquisizione del titolo nobiliare gli permise inoltre di trasferirsi dal castello in Cornovaglia, dove aveva trascorso l’infanzia, a Londra, e di partecipare alla vita dell’alta società britannica. In breve si era fatto cono-scere, soprattutto tra le giovani aristocratiche.
Dopo qualche anno, Cain aveva scoperto anche di avere una sorellastra, nata da una relazione tra suo padre e una domestica, Allegra, di nome Maryweather. Inizialmente, la bambina viveva per strada leggendo i tarocchi ai passanti e, dopo un primo incontro con Cain, fece sapere al ragazzo che accusava gli Hargreaves della morte della madre, ma dopo esser stata salvata dal giovane e Riff, decise di vivere con il ragazzo volendogli bene come ad un fratello.
Ed ora, davanti al portone della sua villa, Cain si era fermato e aveva reso nota la sua presenza. Subito le domestiche vennero ad aprire al padrone, inchinandosi mentre il Conte entrava. Lui le congedò con un leggero gesto della mano. Pochi secondi dopo Riff entrò nel salone.
«Bentornato, signor Conte.» disse, sfilando il cappotto al suo giovane datore di lavoro.
«Grazie, Riff.» rispose il ragazzo, togliendosi il cappello e mettendolo in mano al maggiordomo. Si sfilò i guanti in pelle nera, che infilò nelle tasche del soprabito, e lasciò anche il bastone all’uomo.
«Ha passato una bella serata dal Duca Cornwell?».
«Una noia mortale.» disse Cain, facendo spallucce «A volte penso che certi ricevimenti dovrebbero abolirli. Specialmente se ci sono vecchi nobili bavosi che tentano di accollarti le loro splendide figliole, sperando che tu perda la testa per loro e le chieda in moglie al più presto.».
Il maggiordomo si concesse uno sbuffo educatamente divertito, accompagnato da un dolce sorriso. Non c’era fanciulla di Londra che non impazzisse per diventare l’amante anche solo per una notte del Conte. Accompagnò il padrone nella sua stanza, illuminata dalla luce della luna. Sistemò gli abiti sull’attaccapanni alla parete e poggiò il bastone vicino ad un tavolino. Chiuse le tende alla finestra, poi si avviò rapidamente al letto del giovane e lo disfò, spostando le coperte e sistemando i morbidi cuscini.
«Mary è già a letto?» chiese il ragazzo.
«Sì, è andata a dormire alle nove e mezza precise, come si era raccomandato.» rispose il maggiordomo «Le serve altro, signor Cain?».
«No, ti ringrazio Riff.» rispose il padrone, slacciandosi la camicia «Puoi andare. Buonanotte.».
«Buonanotte a lei, signor Conte.».
E, con ciò, il maggiordomo lasciò la stanza, chiudendo piano la porta. Cain finì di spogliarsi e andò in bagno a lavarsi. Ne uscì dieci minuti dopo, infilandosi poi sotto le coperte di seta (Wow, coperte di seta! Posso dormire con te?! Non ho mai provato a dormire con coperte simili! NdAruna) (Certo, cara, vieni pure… NdCain) (Ehi, ma… sei nudo!! Vestiti, svergognato!! >///////////////////< NdAruna) (?____? Io dormo sempre così… NdCain). Se le tirò su fino al mento, rigirandosi per trovare una posizione un po’ più comoda e affondando la testa nel cuscino. Si lasciò andare con un sospiro, chiudendo gli occhi e lasciandosi cogliere dal sonno.
Nello stesso istante, Riff girava ancora per la villa, dando direttive alla servitù per i lavori del giorno dopo. Un sottile velo di stanchezza aleggiava negli occhi azzurri del ventottenne, che tuttavia tralasciò la spossatezza per finire i suoi ultimi mestieri. Si passò una mano tra i capelli argentati, riavviandoli. Andò nelle cucine e preparò il servizio da tè per il Conte, poi quello per Mary. Si premurò di controllare che ogni cosa fosse al suo posto, che tutto fosse pronto per la mattina successiva. Dopo di ciò, risalì fino alla sua stanza e si cambiò, sistemando la giacca e la camicia su un appendiabiti e i pantaloni su una sedia. Si mise il pigiama, andando poi a chiudere le tende della finestra. Si infilò nel letto, mettendosi su un fianco e addormentandosi subito.

Circa verso le tre e mezza il ragazzo si svegliò. Aveva sete, così decise di andare a prendersi da bere nelle cucine. Scostò il lenzuolo e prese una vestaglia, infilandosela mentre usciva. Mezzo rintontito dal sonno, rischiò quasi di precipitare giù dalle scale, non avendo notato un lembo del tappeto persiano messo male. Lo sistemò con una pedata seccata, maledicendo la scarsa visibilità. Non gli era neanche passata per la testa l’idea di portarsi dietro una candela per farsi strada.
«Sono un vero idiota…» pensò, scendendo gli scalini di marmo «Dovevo accendere una lanterna, almeno sarei riuscito a vedere oltre il mio naso… e non avrei rischiato di rompermi il collo!».
Rabbrividì, continuando a camminare a piedi nudi sul pavimento gelido. Oltre alla candela si era pure dimenticato le ciabatte. La sua intelligenza, in uno stato come quello, andava a farsi benedire. Finalmente giunse alle cucine. La luce della luna, che entrava dalle finestre, illuminava l’ambiente. Cercò i bicchieri nelle credenze e, quando li trovò, ne riempì uno nel lavandino. Poi notò una caraffa piena di quello che sembrava un liquido rosso. Lo annusò, giusto per curiosità, poi decise di provarlo. Che male c’era, in fondo? Ma, per essere sicuro che fosse di suo gradimento, lo assaggiò immergendo la punta della lingua.
«Non sembra malaccio…» pensò «Beh, in fondo nessuno morirà di sete se ne bevo un po’…».
E, con ciò, si scolò velocemente tutto il contenuto del bicchiere. Si leccò le labbra, poggiando il recipiente dentro al lavello, poi tornò in camera sua.

Il sole mattutino lo colpì in pieno viso, facendolo mugolare assonnato e rigirare su un fianco, dando le spalle alla finestra. Si tirò la coperta fin sopra la testa, sbuffando. Una ventata di aria fresca gli ghiacciò la schiena nuda, facendolo rabbrividire. Strano. Era sicuro che Riff avesse chiuso la finestra prima di congedarsi.
«Ma sì, sarà solo un sogno…» pensò, coprendosi meglio «Chi se ne importa, non ho voglia di alzarmi adesso… Figuriamoci, di solito è Riff che viene a svegliarmi…».
Di colpo la porta della sua stanza venne sbattuta con forza, facendolo sobbalzare. Il maggiordomo entrò con aria trafelata.
«Signor Cain!» esclamò senza fiato «Sta bene?».
Il Conte gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«Se sto bene? Certo che sto bene!» rispose «A parte quella schifosa finestra e quel maledetto sole… Ma non l’avevi chiusa, ieri sera?!».
«Ha visto anche lei?».
«Cosa?».
«Questo luogo!» rispose ansimando «Questa… questa non è Casa Hargreaves!».
Cain si guardò intorno. In effetti quella non era la sua stanza, quello non era il suo letto. Non conosceva affatto il luogo in cui si trovava. Dov’era finito il suo letto matrimoniale a baldacchino? E il suo paravento decorato? E la porta del bagno? E l’armadio con i suoi vestiti? Era tutto sparito. La stanza era decisamente più piccola di quella che aveva lasciato. Era arredata, certo, ma con cose che non aveva mai visto in vita sua. Tanto più che l’intera camera era piena di libri. E lui, nella sua stanza, non ne teneva neanche uno. Poco ma sicuro, quella non era di certo casa sua.
«Riff… ma dove diavolo siamo finiti?».


*Continua…*



Eh, già, dove saranno finiti questi due poverini?? Eh, aspettate e lo scoprirete!
Cain: Dove ci hai mandati, maledetta???
Aru: Tsé, se te lo dicessi che sorpresa sarebbe, scusa?
Cain: Eh, no, carina, tu adesso me lo dici se non vuoi trovarti ad uno stato cadaverico con le budella in poltiglia!
Aru: Minacciami finché vuoi, da me non caverai neanche una virgola! E poi, se mi uccidi, non potrai più tornare indietro! Ma, se proprio insisti, posso dirtelo ad una condizione!
Cain: E sarebbe?
Aru: Mah, indovina…
Cain: Una casa alle Maldive?
Aru: No.
Cain: Una Porsche?
Aru: Figurati, i miei non mi lasciano andare neanche col motorino…
Cain: Metà del mio patrimonio?
Aru: Ci sei quasi… ma lo preferirei per intero!
Cain: Sì, così finisco sul lastrico!
Aru: Ma no, scemo, cos’hai capito!
Cain: Allora, forse… oh, santo Dio…
Aru: Beh?
Cain: Non vorrai mica… un… incontro ravvicinato…??
Aru: Ma che bravo che sei! L’ho sempre detto che sei un ragazzo veramente intelligente!! Sai, quel bel gioiellino che ti ritrovi dev’essere un vero patrimonio… conservalo con cura!!
Cain: …

Commentate in tanti, mi raccomando!! E… clemenza, soprattutto!

Bacioni *Aruna*

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
Rif.Capitolo: 21
barbarela - Voto:
25/03/09 18:14
Grazie per la dedica, in effetti ho aspettato un sacco, ma come farei senza di te?
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