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Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: Jarod il camaleonte (The Pretender)
Titolo Fanfic: DOVER CENTRAL REFUGE
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: nimphadora galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/05/2006 13:21:52

“ho sognato il mio bambino”.
 
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UNICO
- Capitolo 1° -

UNICO
- Capitolo 1° -

“Ehilà…” salutò gentilmente Jarod entrando nel modesto Motel in cui era stato costretto ad alloggiare.
“Jarod!” salutò l’uomo alla reception “non ti ho ancora ringraziato abbastanza per quella questione di mia moglie… ma come diavolo facevi a sapere che…”:
“Sono stato sessuologo una volta!”.
“Ma quanti mestieri hai fatto… quando quel ragazzino ha rotto l’impianto elettrico mi hai detto che eri stato un elettricista… quando Manny, il cuoco ha avuto il morbillo, mi hai garantito di essere stato aiuto chef in uno dei ristoranti più raffinata di tutti gli Stati Uniti d’America…”.
“Che posso dire… sono un tipo versatile!”.
“Tieni la chiave e…” gli strizzò l’occhio poi proseguì “nella tua stanza c’è una sorpresa…”.
“Che genere di sorpresa… Hank, non sarà di nuovo tua suocera! Potrebbe essere mia nonna…”.
“No, è carne fresca, amico! È una donna. È arrivata stamattina, quando sei uscito per andare al commissariato…” rovistò tra alcune scartoffie sul bancone e si avvicinò all’orecchio di Jarod “bella donna… una bellissima donna, anzi! Se non fosse per tutti quei lividi!”.
“Lividi?”.
“Come se qualcuno l’avesse appena picchiata!”.
“Come è arrivata qui?”.
“Penso a piedi… ehi, Carl!” chiamò ad alta voce un corpulento uomo che se ne stava in panciolle su una sedia accanto all’entrata “l’amica di Jarod come è arrivata?”.
“A piedi, Hank…” indicò la strada “correva”.
“Ha detto come si chiamava…”.
“Si… aspetta, era un nome strano, ehi, Carl!”.
“Hank…”.
“Come si chiamava…”.
“Zoey”.

Non poteva crederci.
Era passato così tanto tempo dal loro ultimo incontro. Non si erano più né sentiti né parlati da quando l’aveva salvata, o meglio il maggiore Charles l’aveva salvata, dalle mani del Centro.
Non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a trovarlo, né di come si fosse riempita di lividi. Ma non aveva importanza.
Presto l’avrebbe riabbracciata e tutto si sarebbe risolto per il meglio. L’avrebbe tirata fuori da ogni sorta di intrigo in cui si fosse maldestramente intrigata.

Arrivò di fronte la sua stanza.
“Zoey!”.
“No, bambino prodigio… sei dispiaciuto?”.

Era Miss Parker.
Tremò impercettibilmente trovandosela davanti.
Si sentì come se il mondo si fosse mosso troppo velocemente.
La stanza era immersa nel buio, poteva a malapena scorgere la sagoma della donna che reggeva la sua fidata Smith & Wesson.
Tutta la felicità che in quei pochi attimi in cui aveva salito le scale che lo allontanavano dalla sua stanza lo aveva riempito aveva fatto spazio al rancore e al sentimento di sconfitta.
“Ti ha deluso non avere la tua amichetta ad aspettarti, eh?”.
Jarod si accorse che la voce di Miss Parker mancava della solita sicurezza.
La sentiva flebile e stanca.
Ad un tratto si ricordò delle parole di Hank…
“lividi… quella donna è piena di lividi. Come se l’avessero appena picchiata”.
“Chiudi la porta, Jarod. Chiudi la porta a chiave”.

Jarod consegnò le chiavi alla donna.
Non riusciva a vederle il volto.
Lo intimò di raggiungere il centro della misera stanza.
Dopodichè fece qualcosa che Jarod non si sarebbe mai aspettato.

La vide trafficare con il calcio della pistola.
Stava levando i proiettili.
“Sono disarmata, adesso. Innocua”.
Innocua… non era mai stata innocua. Neanche con braccia e gambe legate.
“Che vuoi? Entri nella mia stanza, mi minacci con una pistola da cui levi i proiettili…”.
“Voglio… voglio solo il tuo aiuto…”.

Miss Parker mosse alcuni passi verso Jarod.
Il tenue fascio di luce pomeridiano che filtrava dalla finestra le investì il viso.
Fu allora che Jarod comprese le parole di Hank…
“una donna bellissima… ma sembrava fosse stata appena picchiata…”.

Aveva il volto segnato da lividi e tagli, che non avevano per niente intaccato la bellezza del suo volto.
Sotto l’occhio destro, Jarod notò un rivolo di sangue che, quasi come una lacrima, le stava solcando il volto.
“Chi ti ha ridotto così?”.
Miss Parker tentò di rispondere, ma il tentativo fallì miseramente.
Si portò una mano alla bocca ed iniziò a singhiozzare.
Jarod si avvicinò al telefono.
“Hank? Sono io… portami in camera qualche asciugamano pulito, un accappatoio e una cassetta del pronto soccorso”.

Miss Parker era entrata nella bagno da più di mezz’ora.
Jarod era dell’idea che un bagno ristoratore rilassasse i nervi.
Parker non era riuscita a spicciare parola. Aveva continuato a singhiozzare sommessamente.
Sentì la maniglia che si abbassava.
“Va meglio, Miss Parker?”.
Lo guardò come per ringraziarlo.
“Si… molto meglio”.

La donna si mosse lentamente verso il letto.
Si sedette e, con entrambe le mani, si portò i capelli indietro.
Jarod distolse lo sguardo da Miss Parker ed afferrò la valigetta del pronto intervento.
“Lascia che ti medichi le feriti”.
Non rispose. Si limitò a fissarlo.
Jarod abbassò lo sguardo a terra.
“Alcune ferite potrebbero essere infette…” sospirò “non ti farò male”.
“Non puoi farmi del male…”.

Si avvicinò al letto e prese posto accanto a Miss Parker.
Era strano averla tanto vicino. Strano che lei si facesse aiutare senza snocciolare battute al vetriolo.
Le medicò delicatamente le ferite sul volto.
Lo sguardo della donna restò sempre fisso sulla finestra dietro l’uomo.
“Le cicatrici se ne andranno velocemente…”.
“Grazie…”.

“Syd mi ha detto che eri sparita”.
“Si...”.
“Dove sei stata?”.
“Non me lo ricordo”, allontanò le mani di Jarod che stavano per applicare un unguento sulle ferite e si alzò in piedi “l’ultima cosa che rammento è di essermi improvvisamente ritrovata legata a qualcosa…”. Prese a camminare avanti e indietro.
Si tastò i polsi.
“Ricordo che… che qualcuno mi ha slegato ed io sono riuscita a fuggire”.
“Come mi hai trovato?”.
“Istinto… credo”.

“Ora dovresti riposare. Il sonno porta consiglio… probabilmente al tuo risveglio ricorderai qualcosa di più”.
Miss Parker si passò una mano sulla fronte.
“I lividi…”.
“Ti fanno ancora male? Lascia che…”:
“No… non fanno più male ma non riesco a ricordare chi mi abbia ridotto così”.
“Non pensarci più…”.
Per un attimo chiuse gli occhi e…
“Miss Parker!”.

“Che… che diavolo è successo…”.
“Hai perso i sensi… tieni, bevi questo”, le porse una bevanda zuccherata ma la donna rifiutò di bere.
“Jarod…”.
“Che c’è…”.
Ma non rispose. Si contorse tra le braccia dell’uomo. Si reggeva il ventre e strizzava gli occhi in una smorfia di dolore.
Jarod le tastò lievemente l’addome.
“Devo aprire l’accappatoio…”.
“No!”.
“Devo…”.
Un enorme ematoma.
“Che diavolo ti è successo, Parker!”.

I dolori si erano placati.
Ora Miss Parker era riversa su letto a pancia in su.
Aveva mormorato nel sonno alcune parole disconnesse.
“No… lasciatemi. Basta!”.
Jarod stava rimuginando. Prese il telefono cellulare ed uscì sul balcone.
“Syd… sono io”.
“Jarod… che piacere sentirti”.
“Ho notizie di Miss Parker”.
“Che notizie…”.
“Sta bene ma…” deglutì “qualcuno deve averla rapita. È in pessime condizioni…”.
“È con te?”.
“Si…”.
“Jarod…” il tono di voce di Sidney si abbassò improvvisamente “qui al Centro sono tutti in agitazione. Il signor Lyle parlava di una fuga…”.
“Con chi?”.
“Con Reins”.

Broots avrebbe indagato.
Non doveva far altro che curare Miss Parker. Doveva trovare un modo per farle ritornare la memoria.
Rientrò nella stanza e trovò la donna appoggiata allo stipite della porta.
“Che diavolo combini?” la prese per un braccio e la fece sedere nuovamente sul letto “ non puoi sforzarti”.
“Ho… ho avuto degli incubi”.
“Che genere di incubi”.
“Mia madre… mia madre mi parlava. Ma io non riuscivo a sentirla. Provavo ad avvicinarmi a lei, ma una mano mi teneva” fissò lo sguardo nel vuoto di fronte a lei e continuò “provavo a liberami ma le mani aumentavano… le strette si facevano più forti. Ad un tratto una mano mi afferra la gola…” imitò lei stessa il gesto descritto “ mi sento soffocare. Provo a liberarmi… mi volto verso chi mi sta tenendo e scopro che è…”.
“Lyle…” concluse mestamente Jarod.

“Ho appena chiamato Sidney. Mi ha riferito che al Centro c’è un gran trambusto, Reins e Lyle parlano di fughe…”.
“Pensi siano..”.
“Anche tu lo pensi…” la guardò per alcuni secondi, poi continuò “Broots sta indagando. Se scoprono qualcosa Sidney si metterà in contatto”.
“Perché… perché Lyle mi avrebbe fatto una cosa del genere?”.
“Quell’uomo è pazzo, Miss Parker! Per quanto tu ti ostini a volerci vedere qualcosa di buono lui è solo…”.
“È mio fratello… sangue del mio sangue”.
“È un assassino. È sadico. È…”.

Il computer emise uno strano segnale. Sul display comparve la scritta “you have a e-mail”.
Refuge: from Sidney to Jarod
Intercettazione telefonica
From Centre to Dover Central Refuge
Jarod aprì il file audio ed ascoltò la telefonata.
“Pronto”.
“Progetto Replay …”.
“File 549871?”.
“Si… Come reagisce la paziente?”.
“Bene. Abbiamo dovuto aumentare le dosi di tranquillanti”.
“Quando tutto sarà finito, conoscete la procedura”.
“Come al solito, dott. Reins… la parola d’ordine è pulizia”.
“Quel pazzo… che diavolo mi avrà fatto?” Miss Parker era sconvolta “voleva uccidermi…”.
“Syd… ho ricevuto l’ e-mail. Grazie”.
“Spero di esservi stato d’aiuto…”.
“Lo sapremo presto”.

Jarod indossò la giacca e aprì la porta dell’ingresso.
“Vado a cercare qualcosa che puoi indossare…”.
“Dove andiamo?” chiese con lo sguardo perso nel nulla.
“Al Dover Central Refuge”.

“Dovrai accontentarti. L’unico posto dove qui vendono abiti è lo stesso dove stamattina ho fatto colazione…”.
“Cosa farai?”.
“Per prima cosa andremo a casa tua. Ho chiesto a Sidney di mandare Sam a ripulirla”.
“Credi ci siano delle cimici?”.
“Ne sono certo… è la procedura standard del Centro, il monitoraggio dei luoghi più frequentati dal fuggitivo… sono un esperto in materia” porse la busta con il nuovo acquisto a Miss Parker “avrò bisogno di tempo per capire che cosa sia il Dover Central Refuge”.
Miss Parker tirò fuori l’indumento.
Lo guardò disgustata per alcuni secondi.
“Non è alta moda parigina…”.
“Dovrò accontentarmi”.

Erano appena arrivati a Blue Cove.
Miss Parker sonnecchiava nel sedile posteriore della macchina che Jarod aveva preso in affitto.
“Siamo quasi giunti a destinazione…”.

Jarod prese la pistola di Miss Parker e andò a controllare la casa per primo.
“Tutto tranquillo…”.
“Casa dolce casa”.
“A dopo i convenevoli…” disse Jarod riponendo la pistola.
Attaccò il computer alla presa ed iniziò a raccogliere informazioni sul Dover Central Refuge.
Intanto Miss Parker era nella sua stanza.
Si stava specchiando per la prima volta da giorni.
Tastò delicatamente le ferite.
“Stia zitta”.
Quella voce…
“Non urli o dovrò reciderle le corde vocali!”.
Un uomo… un uomo che la minacciava.
Il taglio…
“Così impara… stia ferma!”.
I lividi…
“Se non si calma John le farà ancora male!”.
Un dottore.
Un dottore dalla voce strascicata che le aveva provocato ognuna di quelle ferite.
Ogni taglio che le percorreva il volto ed il corpo.
Si ricordò di aver tentato un'altra volta di fuggire.
Ma quella volta il tentativo era fallito.
John l’aveva presa, e l’aveva picchiata.
Si toccò il ventre e sussultò per il dolore.
Una solitaria lacrima le scese lungo la gota.

“Allora come vanno le ricerche?”.
“Dover Central Refuge… centro di sostegno per donne affette da patologie mentali, stuprate o che hanno subito molestie e\o abusi”.
“Una copertura per qualche struttura esterna al Centro…”:
“Come il Data Annex e Donoterase… la domanda è…”.
“Che diavolo combina il diavolo al Purgatorio?”.

“Syd… Broots ha trovato riscontri?”.
“Solo dei file criptati che non riesce ad aprire”.
“Inviameli”.

“Documentazioni…”:
“Cosa?”.
“Sono dei documenti. I dati cono stati criptati… ci vorrà un po’”.
“Sono io…”.
“Cosa?”.
“File 6013… ’60, è l’anno della mia nascita, 1 il mese, 3 il giorno”.
“È la tua cartella… ci vuole una password, maledizione”.
Miss Parker prese a digitare sulla tastiera del computer.
REPLAY_PROJECT
“Il tuo istinto mi fa paura, sai?”.

Sembrava una normale cartella clinica.

DOVER CENTRAL REFUGE
FILE_6013
FILE_PAZIENTE_549871
CAUSE|SCHIZZOFRENIA\TENTATO_SUICIDIO
|ABUSI\PRESUNTE_PERCOSSE
DATA_DI_NASCITA|GENNAIO_3_1960
CURA_PRECEDENTE|ANTIDEPRESSIVI
RICOVERI_PRECEDENTI|SAINT_CATHERINE_OF_THE_HILL
|SORVEGLIANZA_SUICIDA
CURE_ATTUALI|NESSUNA
RESPONSO_MEDICO|RICOVERO_IMMEDIATO
FIRMA_GENITORE| William Reins IN_DATA_ODIERNA|07\05|2002
“Ha firmato quel bastardo per il ricovero”.
“Ti sorprende…”:
“L’unica cosa di cui sono sorpresa è di essere ancora viva!”.
“Dobbiamo andare… abbiamo quello che ci serve”.
“Aspetta!”.
“Che c’è?”.
“Guarda qui…”.

Si era aperta un'altra cartella.

DOVER CENTRAL REFUGE
FILE_3619
FILE_PAZIENTE_544972
CAUSE|TENTATO_SUICIDIO\PERCOSSE
CURA_PRECEDENTE|ANTIDEPRESSIVI\PSICOTERAPIA
RESPONSO_MEDICO|RICOVERO_IMMEDIATO
LA_PAZIENTA_NEL_PIENO_DELLE_SUE_FACOLTà_MENTALI_ACCETTA_E_FIRMA_PER_IL_RICOVERO| Catherine Jamison Parker IN_DATA_ODIERNA|14\02\1970

“Mia… madre è stata lì”.
“REPLAY… volevano farti qualcosa che hanno fatto a tua madre… ma cosa?”.
“Non sei così intelligente come si racconta in giro!”.

“Reins ha… finto la morte di mia madre, per quale motivo?”.
“Per tenere lontano Ethan dal Centro… oh mio Dio!” ad un tratto Jarod capì a cosa la donna stesse facendo riferimento un paio di secondi prima “credi che vogliano creare un altro Ethan utilizzando te come donna incubatrice?”.
“Non lo so…”.
“Possiamo scoprirlo”.
“E come?”.
Jarod trafficò con il contenuto della valigia che aveva portato con sé e prese una siringa.
“Che intenzioni hai?”.
“Ti preleverò un campione di sangue poi cercherò un laboratorio per analizzarlo”.
“L’unico laboratorio, qui a Blue Cove è…”.
“Al Centro… lo so!”.

“Non ci credo… cinque anni che cerco di riportarti in questo inferno, ed ora guardaci!”.
“Stai zitta prima che ci scoprano…”:
“Siamo nelle fogne, Jarod, chi vuoi che ci senta?”.
“Al Centro anche i muri hanno orecchie!”.
Jarod studiò la planimetria del Centro.
“È questo il punto… proprio sopra d noi c’è il Sottolivello 5”.
“La vecchia infermeria… poi è stata trasformata nell’ufficio\obitorio di Cox. L’unica cosa che potresti trovarci è uno di quei suoi simpatici animali impagliati!”.
“Tranquilla Parker… Broots ha allestito un piccolo laboratorio di fortuna con quello che ha trovato”.

Risalirono fino al Sottolivello.
“Bene… cominciamo!”.
“Quanto tempo ci vorrà?”.
“Non saprei… le attrezzature non sono delle migliori”.

“Sai…” iniziò la donna “quando ero a casa, nel mio bagno mi sono tornati alla mente dei ricordi”.
“Ricordi di ciò che ti hanno fatto al Dover Central Refuge?”.
“Refuge… rifugio. È tipico del Centro battezzare le cose con un nome che non né rispecchia la natura…”.
“Come il cognome che ti porti dietro da tutta la vita?”.
“Volevano recidermi le corde vocali…”.
“Non pensarci più… presto giustizia sarà fatta”.
“Non esiste giustizia al Centro”.

“Ecco!”.
“I risultati?”.
“Si…” digitò alcuni dati e mandò in stampa i referti.
“Allora?”.
Jarod rigirò le carte tra le mani per alcuni secondi.
“Auguri Parker… presto sarai madre”.

Scoppiò a piangere.
La vide disperata, come non lo era mai stata.
Distrutta e ferita.
Tutto quello in cui aveva sempre creduto le era crollato addosso.
Non aveva più certezze.
“Sono un esperimento di quel mostro…”, si passò il dorso della mano sugli occhi per asciugare le lacrime.
“Dobbiamo andare… presto le telecamere riprenderanno a filmare…”.
La prese per un braccio.
“Andiamo…”.

“Devi calmarti… non concluderemo niente se continui a piangere così!”.
“Calmarmi! È facile per te, vero? Per te sono una altra vittima da aiutare… un'altra simulazione da portare a termine!”.
“No!”.
“Io lo uccido!”.
“Non fare sciocchezze!”.
Le bloccò i polsi.
“Lasciami!”.
“No… ascoltami. Tu mi hai detto che vogliono creare un nuovo Ethan”.
“Si…”.
“Ricordi chi era il donatore? Ricordi Parker?”.
“Il maggiore Charles”.
“Ora che mio padre è sparito dalla circolazione, chi pensi abbiano usato?!”.

Erano in auto, appena fuori Blue Cove.
Nessuno dei due aveva detto una sola parola.
Miss Parker aveva il capo chino e gli occhi rossi.
“Dobbiamo trovare un posto dove trascorrere la notte”.
Miss Parker era troppo stanca per proferire parola.
“Cercheremo una stanza in un Motel qui vicino…”.

La stanza era piccola e puzzava di muffa. La carta da parati era logora ed alcuni clienti si erano divertiti a disegnarci sopra.
“Devi riposarti… sei molto stanca”.
La donna non replicò. Fece un cenno d’assenso con la testa e si avvicinò al letto.
“Vado a cercare qualcosa da mettere sotto i denti… sono giorni che non mangi”.
Uscì dalla stanza.
Ora era sola.
E disperata.
Si strinse le ginocchia al petto. Non aveva più lacrime e il dolore dentro la stava dilaniando. Riusciva a pensare ad una sola cosa: vendetta.
“La vendetta porta vendetta ed altra vendetta” le aveva detto una volta Angelo.
Ma era l’unico pensiero che le aveva dato la forza di continuare a vivere.
Si toccò il ventre. Dentro di lei qualcosa stava crescendo.
Qualcosa di magnifico. Forse c’era ancora una speranza.
La speranza di un futuro migliore per entrambi.
Era un miracolo… un piccolo miracolo che stava per prendere forma in lei.
Era il momento di decidere.
Avrebbe permesso al Centro di rovinare la vita anche al bambino che ora portava in grembo?
Sentì i passi di Jarod.
La porta si aprì.
“Ho trovato solo dei cereali e un po’ di latte…”.

“Non può nascere”.
“Cosa?”.
“Pensaci… sarebbe un'altra vittima di Reins”.
“Ha il diritto di nascere!”.
“Ha anche diritto ad una madre e un padre”.
“Tu…”.
“No! Ragiona… dovunque andassi sarei perseguitata dal Centro!”.
“Non puoi pensarlo veramente…”.
“I cambiamenti si fanno solo se vale la pena di farli…”.
“Miss Parker!”.
“No, Jarod… tu non capisci! È un bambino venuto dal nulla. Un esperimento…”.
“Potrebbe essere anche mio figlio… non ci avevi pensato, vero?”.
“Non hai alcun diritto né su di lui né su di me…”.
“Non ho mai avuto diritto a nulla… né alla mia vita, né ad una famiglia. Ma ora tutto potrebbe cambiare! Potremmo iniziare una nuova vita”.
“Cresci, Jarod! Non stai vivendo in una favola…”.
“Potremmo scappare e crescere questo bambino insieme…”.
“Sei impazzito?”.
“Ragiona…”.
“Oh… già me lo immagino: una piccola casetta in Oregon, tu che vai a mungere le mucche ed io in casa a rassettare e a preparare la cena per i nostri dodici figli”.
“Hai la facoltà di decidere… ma non hai diritto sulla vita delle creatura che sta crescendo nel tuo grembo”.

Miss Parker non toccò né i cereali né il latte.
Restò seduta su di una sedia a fissare il vuoto mentre Jarod trafficava con il computer.
Entrambi rimuginavano sulla surreale discussione che li aveva animati qualche ora prima.
“Mi sono procurato un tesserino per il Dover Central Refuge… mi spaccerò per un medico, domani”.
“Ed io come entrerò?”.
“Tu aspetterai qui buona… io raccoglierò più informazioni che posso e poi decideremo il da fare”.
“Non puoi tagliarmi fuori così!”.
“Si che posso…”.
“Cosa ti fa credere che mentre tu sei via io me ne starò qui?”.
“Ho i miei mezzi”.

I suoi mezzi erano delle manette che la tenevano legata in bagno.
Le aveva lasciato il pranzo ed un telefono, dal quale poteva solo ricevere telefonate.
Le sue telefonate.

“Miss Parker…”.
Era tornato.
“Ho delle novità!”.
“Liberami!”.
“Certo…”.
Le sfilò le manette dal polso e continuò.
“Mi hai tenuto dieci ore ammanettata!”.
“Avevo qualche altro modo per evitare che tu scappassi?”.
Non rispose.
“Allora… quali sono queste novità?” chiese tastandosi il polso.
Estrasse un dischetto dalla tasca posteriore dei pantaloni e lo mostrò a Miss Parker.
“Sarebbe?”.
“La risposta a tutte le nostre domande!”.

“Qui dentro ci sono le registrazioni dell’ultimo mese!”.
“Bene… è l’ora del Revival!”.
“Sei sicura di volerlo vedere?”.
“Certo…”.

“Miss Parker!”.
Jarod bussava insistentemente sulla porta del bagno nel quale la donna era corsa al termine delle registrazioni.
“Parker apri questa porta!”.
Tra un conato di vomito e l’altro riuscì a rispondere “Non è un bello spettacolo”:
“Dopo quello che abbiamo visto questo sarà una passeggiata!”.
La porta si aprì.
Miss Paker era china sulla tavoletta del water.
“Dio mio… dio mio!”.
Era stravolta.
Si reggeva il ventre con entrambe le mani, era il gesto di una madre che voleva difendere la propria creatura dall’orrore a cui avevano appena assistito.
“Ascoltami…” disse Jarod chinandosi “faremo giustizia… la pagheranno tutti”.
“No… l’unica che ne pagherà le conseguenze sarò io”.
“Cosa?”.
“Non capisci?” si tirò indietro i capelli “hanno ottenuto quello che volevano. Sono incinta, partorirò il progetto di Reins tra qualche e mese… dopodichè verrò eliminata. Non possiamo farci nulla”.
“Devi reagire!”.
“Non c’è niente che tu possa fare, né per me né per lui!” indicò il grembo.
“Non puoi arrenderti senza lottare”.
“Ho passato l’intera mia esistenza lottando… ho lottato per essere diversa da mia madre, mi ero ripromessa che non sarei mai diventata come lei e… guardami! Lo stanno rifacendo!” si alzò in piedi “la mia vita è maledetta!”.
Raccolse le poche cose che aveva portato con sé.
“Che stai facendo?”.
“Me ne vado…”:
“E dove?”.
“Non te lo dirò…”.
“Miss Parker…”.
“Devo scappare”.
“Non puoi…”.
“No! Devo… devo andare” sembrava come impazzita “devo scappare…”.
“Non puoi farcela da sola. Lascia che ti aiuti!”.
“Dopo quello che mi è stato fatto… come potrò ancora continuare a vivere?” chiese più a sé stessa che a Jarod.
“Stanotte ho fatto un sogno…” si asciugò il sudore che le imperlava il viso “ho sognato il mio bambino”.
Jarod la guardava.
“Era bellissimo… perfetto”.
“E tu…”.
“Io non c’ero…”.

“Il Centro è sulle nostre tracce”.
“Come… come lo hai saputo?”.
“Syd me lo ha fatto sapere stamattina”.
“Ci troveranno…”.
“Devi fidarti di me…”.
“Fidarmi… fidarmi”.
“Miss Parker!”.
“È troppo tardi…”.
“Che vuoi dire?”.
La donna si sedette su una sponda del letto.
“Sono arrivati… è troppo tardi”.
“No… non ancora”.
“Guarda dalla finestra”:
Jarod si affacciò.
Una pattuglia di spazzini con a capo Lyle e Reins era appena arrivata.
“Come hai fatto…”.
“Intuizione…”.

Erano in trappola. Senza via di scampo.
Lo sguardo perso nel vuoto.
Ad un trattò scattò verso di lui. Gli fu addosso.
Lottò furiosamente.
Riuscì a prendere ciò che cercava.
Un colpo.
Un colpo secco.
Ora era finita.

Rantolava in terra. Vicino a lui.
Il sangue lo aveva raggiunto.
Gli aveva imbrattato il volto.
Lo sentiva caldo.
“Sono qui dentro…”.
Lyle spalancò la porta.
“Santo Cielo”.

 
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