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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Alexander
Titolo Fanfic: FANGO VISCHIOSO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: sanzina galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 15/05/2006 16:34:27

Ciascuna anima umana, ha ad un certo stadio mirato un essere eccellente. Altrimenti non sarebbe mai entrata nella creatura chiamata uomo
 
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ONE SHOT
- Capitolo 1° -

“Ciascuna anima umana, ha ad un certo stadio mirato un essere eccellente. Altrimenti non sarebbe mai entrata nella creatura chiamata uomo. Quando l’anima fissa il suo sguardo sulla bellezza di quell’essere, è amata, è alimentata ed infuocata ed è lieta. Quando l’amato gli ha dato il benvenuto e ha cominciato a godere della sua conversazione e della sua compagnia; quando la loro intimità si è fatta più stabile e colui che è amato si è abituato a stare insieme al suo amico e a toccarlo nel ginnasio o altrove , la corrente che Zeus innamorato di Ganimede chiamò il fiume del desiderio , dona a egli l’esperienza di un tipo d’amore che è il riflesso dell’amore che ispira e che crede possa essere amicizia, non amore. Sebbene il suo amante, avverta il desiderio di vederlo, toccarlo , baciarlo.” –Platone-
Il cielo su Pella aveva assunto il colore incandescente di una lama appena estratta dai carboni della fucina. La sommità delle piante formava un fregio nero, disegnato in controluce. A quell’ora, appena prima del levar del sole, non c’era alito di vento che le facesse oscillare, né un suono che turbasse il silenzio.
I due barchini impegnati nella battuta di caccia era ormeggiati alle estremità opposte di una piccola laguna, addossati alla parete di canne che circondava le acque aperte. La superficie immobile dell’acqua rifletteva il cielo come uno specchio di bronzo levigato. La luce era appena sufficiente per consentire di distinguere le agili figure che si muovevano sulle piccole imbarcazioni.
Un airone si alzò in volo ad ali spiegate e, come se quello fosse un segnale, l’aria sembrò riempirsi di fruscii. Alessandro aveva quasi dimenticato il motivo di quella spedizione sull’acqua, e ciò dava la misura del suo turbamento poiché aveva una buona passione per la caccia. Accanto a lui, Nearco e Tolomeo, tendevano la mano verso i bastoncini da lancio.
Aristotele aveva consigliato loro di usare i bastoncini anziché l’arco, perché erano ancora troppo giovani per avere la forza e l’abilità di maneggiare armi più pesanti, che sarebbero state uno svantaggio.
Quando veniva lanciato con abilità, il bastoncino, roteando su se stesso, percorreva un arco molto più ampio di una freccia; il suo peso, inoltre, dava maggiori garanzie di abbattere un’anatra rispetto ad una freccia con la punta smussata, che poteva essere deviata dal fitto piumaggio dell’uccello acquatico.
Alessandro era deciso ad impressionare Efestione, che stava sull’altro barchino. Gli avrebbe dimostrato di essere un cacciatore migliore di lui.
Il primo stormo di anatre si levò in volo, restando basso sulle acqua, al chiarore dell’aurora. Erano bianche e nere, con le piume lucenti. Alessandro calcolò accuratamente i tempi. Si alzò con l’arma pronta al lancio. L’anatra vide arrivare il bastoncino e abbassò un’ala per evitarlo. Per qualche istante si ebbe l’impressione che potesse riuscirci, poi si sentì un tondo sordo e l’anatra cominciò a cadere, trascinandosi dietro un’ala spezzata. Finì nella laguna con uno scroscio, ma si riprese quasi subito, tuffandosi sott’acqua.
-Presto! Prendetela!- gridò Alessandro. Quattro schiavi erano in attesa sull’acqua. Due di loro s’immersero per recuperare l’anatra caduta, ma il giovane macedone sapeva che era inutile. L’anatra, ferita soltanto a un’ala, poteva restare sott’acqua e sottrarsi senza troppe difficoltà a coloro che cercavano di catturarla.
“Questa è perduta” pensò con amarezza. E, prima che fosse pronto a lanciare il secondo bastone, lo stormo di anatre aveva già deviato, direttamente sul barchino dove si trovavano Efestione, Cassandro e Perdicca.
Restavano ancora a bassa quota, tuttavia erano molto veloci.
Alessandro sapeva che a quell’altezza e a quella velocità, i bersagli erano troppo difficili per chiunque non fosse un arciere estremamente abile. Eppure, in quel preciso istante, due frecce in rapida successione saettarono verso lo stormo di anatre. Subito dopo, due anatre caddero dal cielo, con le ali abbandonate e la testa ciondolante: erano state ferite nello stesso istante morendo sul colpo.
I ragazzi le raggiunsero facilmente a nuoto, riportandole al barchino.
Efestione alzò l’arco in segno di vittoria.
-Due tiri fortunati- commentò Alessandro
Nearco, a prua del barchino, aggiunse senza sorridere –Due anatre sfortunate-
Ormai il cielo sembrava pieno di uccelli che si alzavano in volo.
Senza che Alessandro ed Efestione si guardassero, quest’ultimo aveva compreso che il proprio istinto competitivo era pari al suo.
Alessandro era rimasto scosso dal fallimento iniziale, e soprattutto dall’inattesa abilità di Efestione con l’arco, quindi, invece di concentrarsi sul proprio compito si lasciava distrarre su quello che avveniva sull’altra barca. Ogni volta che guardava in quella direzione aveva l’impressione che piovessero dal cielo anatre colpite a morte, e questo contribuì a fargli perdere la testa. Gli venne meno la capacità di valutazione, e cominciò a lanciare i bastoni o troppo spesso o troppo tardi. E, per tentare di compensare l’errore, si tese, cominciando a torcere il braccio nel lancio, anziché usare tutta la spinta del corpo. Il braccio destro si stancò in fretta, così, istintivamente accorciò l’arco del movimento, piegando il gomito e rischiando di lussarsi il polso.
In genere, il ragazzo metteva a segno sette tiri su dieci; in quell’occasione invece, mancava il bersaglio più della metà delle volte, e la frustrazione s’ingigantiva. Per contrasto, le grida di esultanza che si levavano dall’altro barchino continuavano senza interruzione.
Disperato, Alessandro abbandonò i bastoncini ricurvi per ricorrere al pensante arco da guerra, ma era troppo tardi: il braccio destro era affaticato dagli sforzi compiuti fino a quel momento, per cui gli riusciva difficile tendere l’arco. Le sue frecce arrivavano i ritardo sugli uccelli più veloci e in anticipo su quelli più lenti. Nearco e Tolomeo lo osservavano annaspare, ormai incapace di sottrarsi a quella trappola che si era preparato da solo.
“Una piccola umiliazione non gli farà male” si disse Tolomeo.
Con pochi consigli avrebbe potuto correggere gli errori del principe. Una volta tanto però, la sua simpatia non andava tutta al ragazzo, e sorrise dentro di sé quando vide Alessandro mancare di nuovo il bersaglio, mentre Efestione abbatteva due uccelli dello stesso stormo che passavano sulla sua testa.
Fu allora che uno dei servi del barchino di Efestione, Cassandro e Perdicca, attraversò a nuoto la laguna, si aggrappò all’imbarcazione di Alessandro e disse:
-Principe Alessandro, il nobile Efestione, spera che il potente erede del Pelide possa godere di giorni allietati dalla fragranza del gelsomino e di notti stellate in cui risuona il canto dell’usignolo. Tuttavia il suo barchino sta per affondare sotto il peso delle prede, e lui è ansioso di sedersi al banchetto che doveva cominciare qualche ora fa-
“Una manifestazione di spirito intempestiva” penso Nearco, abbassando lo sguardo per non far vedere la sua aria divertita.
Furioso per quell’impertinenza, Alessandro sibilò : -Schiavo, puoi rendere grazie al dio delle scimmie o dei cani randagi che adori, qualunque esso sia, per il fatto che sono un uomo misericordioso, altrimenti ti taglierei con le mie mani quella brutta testa e la manderei al tuo Efestione in risposta a questa battuta-
Tolomeo sapeva che era il momento di intervenire in tono conciliante:
-Alessandro si scusa per la sua distrazione, ma si divertiva tanto che non ha badato allo scorrere del tempo. Riferisci agli altri che ci dirigeremo subito al banchetto-
Alessandro lo fulminò con lo sguardo, ma ripose l’arco senza contestare quella decisione.
Le due piccole imbarcazioni tornarono verso l’isola affiancate, cosicché fu facile confrontare le pile di anatre sul fondo di ciascuna. Nessuno a bordo parlava, ma tutti erano ben consapevoli del risultato della caccia.
-E’ stata una mattinata entusiasmante, non trovi Alessandro?- la voce era argentina, il sorriso angelico.
-A me non è sembrato granché- rispose il biondo sedicenne, con un gesto di regale non curanza.
Voltandosi per metà, fissò con aria pensierosa l’orizzonte di canne e acqua. Efestione non si lasciò impressionare da quell’atteggiamento scontroso, e si rivolse agli altri Presero ad attaccare una filastrocca infantile. Le labbra di Alessandro fremettero e stavano per dischiudersi in un sorriso, ma l’atteggiamento di dignità offesa che il giovane aveva assunto non si poteva certo abbandonare con disinvoltura.
Tolomeo e Nearco si accorsero che il loro giovane compagno fremeva dalla voglia di unirsi al canto, ma ancora una volta si era cacciato in trappola da solo.
“il primo amore è una tale gioia..” recitava un pezzo della filastrocca.
Alessandro mise un broncio ostentato.
Cantavano ancora quando toccarono terra. In quel punto la riva era scavata, e si sprofondava nel fango nero e vischioso. I barcaioli saltarono a terra, sprofondando fino al ginocchio, e tennero fermo il primo barchino, facendo scendere Efestione, seguito subito da Perdicca e infine da Cassandro.
Una volta che i tre giovani furono a terra, anche il barchino di Alessandro accostò, e gli schiavi si prepararono a trasportare di peso il giovane, ma lui li respinse con un gesto imperioso. Per quel giorno aveva già subito umiliazioni sufficienti, e non intendeva infliggere altre ferite al suo orgoglio aggrappandosi a un paio di giovani seminudi e bagnati. Si alzò in piedi agilmente, restando in equilibrio sullo specchio di poppa, e tutti lo guardarono con rispetto, perché offriva uno spettacolo di rara bellezza. Efestione tentò di non lasciar trasparire le sue emozioni, ma più che mai era convinto che il suo principe era il giovane più bello che avesse mai visto, snello e agile, col corpo adolescente che cominciava ad assumere i contorni rudi della virilità. Persino la sua espressione da bambino imbronciato era affascinante.
“E il degno discendente di Achille e degli Dei” pensò con slancio “Vorrei non averlo irritato tanto. Ma prima che finisca il giorno lo farò ridere di nuovo, Zeus mi è testimone”
Alessandro spiccò un balzo per superare il varco che separava il barchino dalla terra ferma, a poco distanza da Efestione, poi rimase immobile, consapevole del fatto che tutti tenevano gli occhi puntati su di lui.
La riva gli franò sotto i piedi. Per un attimo il giovane si tenne in equilibrio, mulinando le braccia, poi cadde all’indietro nell’acqua.
Tutti lo fissarono stupiti, di fronte allo spettacolo del figlio di Filippo il macedone immerso fino alla cintola nel fango nero e vischioso, con un’espressione sbalordita sul volto.
Per alcuni lunghissimi istanti nessuno parlò né si mosse. Poi Efestione scoppiò a ridere. Non avrebbe voluto farlo, ma la tentazione era troppo forte e, una volta cominciato non riuscì più a fermarsi. Era una risata allegra e contagiosa, alla quale nessuno degli altri giovani seppe resistere. Scoppiarono una serie di risatine e strilli allegri che fecero perdere il controllo ai barcaioli. Iniziarono anche loro a ridacchiare in modo irrefrenabile.
Alessandro diede l’impressione di scoppiare in lacrime, ma poi la collera repressa così a lungo esplose. Afferrata una manciata di fango nero, la scagliò verso Efestione che rideva. L’umiliazione subita conferì forza al braccio e migliorò la mira, senza contare che Efestione era così preso da quell’eccesso di risa, che non pensò neppure di spostarsi o di schivare il colpo. Il fango lo colpì in pieno viso. La risata si spense e lui fissò Alessandro con gli occhi azzurri spalancati, enormi nella maschera di fango nero che gli colava dal viso.
Ora toccava a lui ridere. Sempre seduto nel fango della palude, rovesciò la testa all’indietro e, una risata beffarda, diede sfogo alla frustrazione e all’umiliazione.
E giacché quando il principe rideva tutti dovevano ridere con lui, i suoi compagni, gli schiavi, i barcaioli raddoppiarono le grida e gli schiamazzi divertiti.
Efestione si riprese in fretta e, senza preavviso, si lanciò all’attacco, piombando addosso ad Alessandro con tutto il suo peso e cogliendolo alla sprovvista, tanto che il ragazzo non riuscì neanche a riprendere fiato prima di trovarselo sopra la testa.
Si dibatté sotto la superficie, tentando di far presa sul fondo fangoso, ma il peso di Efestione lo teneva inchiodato, e gli aveva stretto le braccia intorno al collo. Il principe tentò di ribellarsi, però Efestione era agile, e il corpo coperto di fango gli sgusciava tra le mani come un’anguilla. Con uno sforzo enorme, Alessandro lo sollevò quanto bastava per mettere la testa fuori dall’acqua e prendere fiato, poi Efestione lo schiacciò di nuovo. Lo rovesciò sotto di sé, ma era pressoché impossibile tenere fermo Alessandro, giacché scalciava e si divincolava con una forza sorprendente. La tunica gli era risalita fino alla cintola, lasciando scoperte le gambe lisce, e Alessandro riuscì ad agganciare il corpo di Efestione con una gamba, restandogli aggrappato. Ormai si trovavano faccia a faccia e lui sentiva il calore del corpo dell’amico oltre la patina vischiosa di fango.
Tra i loro volti imbrattati non c’era che una spanna: Efestione aveva i capelli biondi di Alessandro negli occhi e si accorse con sorpresa che, sotto la maschera di fango, Alessandro stava sorridendo.
Gli sorrise a sua volta, poi scoppiarono a ridere nello stesso istante, sebbene nessuno dei due volesse ammettere la sconfitta.
Efestione era a torso nudo, e la veste del suo principe era così impalpabile da sembrare inesistente. Alessandro teneva ancora le gambe nude strette intorno al corpo di Efestione, e lui protese una mano verso il basso per liberarsi di quella presa tenace. Così, involontariamente, la sua mano destra si schiuse su una natica soda e rotonda che si dimenava con grande energia.
Allora si accorse che una sensazione strana e piacevole si stava diffondendo in tutto il suo corpo, e perse ogni interesse alla lotta. Si accontentò di tenerlo stretto, lasciando che si dibattesse mentre lui assaporava quella sensazione nuova e straordinaria.
Di colpo, Alessandro smise di ridere, facendo a sua volta una scoperta incredibile. Era spuntata una protuberanza che, fino a pochi istanti prima non esisteva. Era così grande ed elastica che non avrebbe potuto ignorarne la presenza se ci fosse stata. Senza accorgersene spinse in fuori il bacino, scontrandosi con un’altra protuberanza del tutto simile alla sua. Ad ogni spinta diventava più dura e più grande. Si trattava di un fenomeno che non aveva ancora provato, non da sveglio perlomeno. Tanto che si sentì indotto a ripetere il movimento, per qualcosa che andava oltre la semplice curiosità. Si sentiva frastornato.
Si accorse a malapena che Efestione aveva smesso di lottare per liberarsi dalla sua stretta, e gli teneva il braccio sinistro intorno al corpo, mentre la mano destra era serrata intorno alla sua natica.
Ad Alessandro si mozzò il respiro. Spostò di nuovo il bacino avanti per incontrare Efestione, e lui lo attirò più vicino. Le loro virilità si mossero, come animaletti dotati di vita propria.
Il principe fu invaso da una sensazione incredibile. Tutto il suo essere fu pervaso da un calore piacevole, come in un sogno. Stordito da quella, e dagli occhi meravigliosi di Efestione, Alessandro, allungò una mano fra le cosce del suo amico, e lo sentì, lo strinse, come fosse stato un gattino o un cucciolo.
Una scossa simile ad un colpo allo stomaco lo colpì. Si abbandonò contro il corpo di Efestione, il quale si tirò indietro, riuscendo a liberarsi della stretta di Alessandro e sedendosi sul fango per fissarlo. Anche il principe si mise a sedere faticosamente, ricambiando quello sguardo. Ansimavano entrambi come se avessero appena disputato una gara di corsa.
Le risate e gli strilli provenienti dall’alto della riva si spensero lentamente, mentre qualcuno cominciava a intuire che era accaduto qualcosa, ed il silenzio divenne imbarazzante. Tolomeo che era sempre pronto a riparare le situazioni, si affrettò a mascherare quel momento di disagio
-Alessandro, se continui a nuotare, offrirai una bella colazione a qualche mostro d’acqua-
Alessandro si alzò, raggiungendo Efestione, ancora seduto nel fango, e lo aiutò a rimettersi in piedi con delicatezza, come si fosse trattato di una fragile statuetta.
Gocciolando fango e acqua, coi capelli grondanti che gli spiovevano sul viso e sulle spalle, Efestione si avviò verso una pozza di acque chiare, schermata dalle canne.
Quando ricomparve, dove tutti gli altri si erano radunati per il bachetto,splendeva in tutto il suo fulgore, con un abito asciutto, un bracciale d’oro e una collana di eguale materiale. I capelli, benché umidi, erano pettinati e intrecciati con arte.
-Brindo ad Efestione che ci ha procurato questo pasto degno degli dei- Aristotele alzò la coppa in suo onore, imitato da tutti i suoi allievi.
Alessandro si affrettò ad andare incontro al ragazzo, guidandolo a sedersi accanto a lui. Da principio i due giovani si mostrarono timidi e riservati, ancora intimoriti da quell’esperienza segretamente desiderata che avevano vissuto insieme, ma ben presto la loro naturale allegria prevalse, e si unirono alle risate e alla conversazione, anche se i loro occhi continuavano ad incontrarsi e quasi tutte le parole che pronunciavano erano rivolte all’altro.
Entrambi lo sapevano, lo avevano sempre saputo fin dal loro primo incontro. L’esperienza avvenuta nella giornata non ne era stata che un ulteriore conferma.
Si appartenevano e si sarebbero appartenuti per l’eternità.



Primo racconto di una serie dedicata ad Alessandro Magno. Alcuni saranno basati sul film, altri sui libri di Manfredi. Ho già fatto due capitoli del secondo racconto, e ne ho già in testa un terzo. Poi, visto che è da un sacco che ci penso, ho iniziato anche una ficcy slash. I protagonisti sono Colin Farrell, Jared Leto e Jonathan Rhys-Meyers (in Alexander rispettivamente Alessandro, Efestione e Cassandro. Giusto per capirsi) Conto di postarla a breve.

Au revoir

 
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