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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: GODS` LIFE
Genere: Comico
Rating: Per Tutte le età
Autore: sl88 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 07/05/2006 18:07:03

come sarebbe la vita degli dei dell`olimpo al giorno d`oggi? saranno davvero come 3000 anni fa? forse no... (in collaborazione con marcella)
 
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- Capitolo 1° -

Lo schermo mostrava una ragazza sorridente: “… Sei stanco dei tuoi capelli? Li desideri pieni di vita ma non vorresti finire come Medusa? *Immagine raccapricciante della suddetta* Prova lo shampoo di Minerva! I tuoi capelli splenderanno così tanto che al mattino, quando aprirai le finestre, Apollo penserà che gli hanno rubato il carro! *Avviso alla velocità della luce* Ladittanonsiritieneresponsabilenelcasosiparagonasseroipropricapelliaquellidelladea”.
“Tsk… Che idiozie…” borbottò disgustato l’uomo seduto nella poltrona bianca. Cambiò canale con un gesto impaziente.
“Allora, mia cara signora…” iniziò l’uomo sullo schermo con voce sicura, rivolgendosi alla donna al suo fianco “… è arrivata a questo punto dopo 15 settimane di trasmissione…” la donna assentì con un cenno del capo che sembrava quasi un tic isterico “Può scegliere tra i due premi finali: l’immortalità o il Pacco del Mistero?”. La donna iniziò a mordersi le unghie quasi in preda a una crisi di nervi: “S- scelgo il Pacco del Mistero!” disse praticamente urlando. La valletta di turno aprì il pacco e consegnò alla donna il suo premio: un set di 500000 bottoni con le paillettes a forma di verdure! La donna continuò a sorridere alla telecamera con aria assente, mentre un tic frenetico le faceva scattare l’occhio destro. “Un bell’applauso per la nostra concorrente!” urlò il presentatore mentre la donna veniva trascinata via.
“La stupidità umana non finisce mai di stupirmi…” sbuffò l’uomo col telecomando cambiando ancora canale.
Un uomo bellissimo comparve sullo schermo. La donna che gli stava di fronte lo schiaffeggiò e cominciò a urlargli contro: “Non ne posso più dei tuoi tradimenti! Sei imperdonabile! Però, non posso fare a meno di amarti, Zeus!” si aggrappò a lui e scoppiò in un fintissimo pianto. L’uomo le rivolse uno sguardo passionale, sollevandole il mento con le dita: “Non tormentarti, Giunone cara, per il tuo amore da adesso in poi rinuncerò ad ogni amante”. Si scambiarono un bacio di fuoco. Uno starnuto provenì dall’armadio alle loro spalle. “Continuate a stare con noi, cari am…” cominciò la voce fuoricampo, ma non finì, perché l’uomo spense il televisore.
“Ma tu guarda cos’altro si debbono inventare quegli infimi mortali… Ma io dico, volete divulgare qualcosa che ci riguardi? Almeno non trasmettete simili falsità!” si stiracchiò stanco “Io sono molto più fascinoso!”. Una ninfa seminuda seduta sulle sue ginocchia gli accarezzò i capelli, sbattendogli in faccia il seno scoperto. All’improvviso la porta della stanza venne buttata giù con un forte rumore. Sull’uscio apparve una donna dai capelli corti, circondata da un’aura infuocata: “Zeeeeuuus!” gridò. L’uomo in poltrona si alzò di scatto, scaraventando a terra la ninfa: “Era, tesoro…” cercò di dire, ma fu bloccato dallo schiocco di frusta della moglie. [E purtroppo le cose non vanno esattamente come nella soap…]
Gods’ life


45° piano di un grattacielo.
In una sala si stava tenendo una riunione. Al capo del lungo tavolo sedeva un giovane uomo, il capo della società: aveva i capelli in un’acconciatura alquanto scompigliata, che non si addiceva per niente ad un presidente di una multinazionale, e poi quel colore… A tratti nero con alcuna sfumature rosse… Affatto sobrio! Un ometto con gli occhiali gli stava dicendo: “Ma-ma… Mister Kyosuke… In questo modo risparmieremmo cinque milioni di $, ma distruggeremo un’intera foresta di 500 ettari!”. L’uomo non si scompose affatto e rispose: “Possiamo anche fare a meno di qualche piantina… Ma qui stiamo parlando di soldi…” intanto pensava: “Ottimo, così scateneremo qualche altra associazione di pazzoidi tipo Green Peace…”. Di colpo gli apparve davanti agli occhi il viso lentigginoso di una donna molto arrabbiata; quello sguardo assassino lo fece rabbrividire e cambiò idea: “E va bene… Salvate questo boschetto! Ma qualche albero abbattetelo lo stesso!”. All’improvviso entrò un ragazzo nella sala, era affannato, doveva aver corso molto. Si avvicinò all’uomo e gli disse sottovoce: “Mister Kyosuke, posso parlarle un attimo?”. Mister Kyosuke si girò e si alzò: “Ah, sei tu! Cosa c’è?”. Il ragazzo disse: “Verrà alla festa alla Grande Casa? E’ richiesta la sua presenza”. Kyosuke rispose sorridendo: “E’ morto qualcuno?”. “Non mi faccia domande inutili!” rispose seccato il ragazzo. Kyosuke continuò deluso: “No, eh? Peccato, io ci spero sempre… Sarà un altro di quelle noiosissime feste…”. Il ragazzo lo guardò di sottecchi: “La signorina Full ovviamente sarà presente…”. Kyosuke si interessò immediatamente: “Ah, davvero? Ripensandoci, quel giorno non ho niente da fare…”. La sua segretaria gli disse: “Signore, ma veramente…”. L’agenda esplose all’improvviso facendo gridare la segretaria. “ Cosa mi volevi dire?” poi girandosi di nuovo verso il ragazzo continuò: “Come vedi non ho nessun impegno… Ci sto!”.

Palestra. Una bellissima donna con un fisico stupendo e un viso d’angelo si stava allenando. I capelli erano legati in una coda alta e lunghe ciocche le cadevano sul viso. Aveva un pantaloncino aderente rosa e scaldamuscoli bianchi con un body nero sopra. Le curate mani erano avvolte da strette fasce bianco sporco. La fronte e le braccia erano leggermente imperlati di sudore. Nella palestra attirava su di sé molti sguardi, sia femminili (d’ammirazione) che maschili (!!!)… Era in una saletta privata, con gli occhi di tutti puntati su di lei da dietro le porte a vetri. “Non ci posso pensare!” sussurrò con rabbia mollando un diretto al sacco che oscillò violentemente “Quella sgualdrina! – calcio laterale – Mi ha – montante – rubato – swing destro – il mio – swing sinistro – bambino!” si fermò un attimo spostandosi il ciuffo ribelle dal volto. Si accorse che il sacco era finito in fondo alla saletta “Ops…”. La sua attenzione tornò alle imminenti preoccupazioni: “E dire che l’ho quasi spinto io tra le sue braccia… MALEDETTA!!!” tirò un potente calcio laterale arretrato al povero sacco, che finì a terra con un tonfo. Puf…
Si allontanò dalla ‘vittima’, cominciando a srotolarsi le fasce. All’improvviso preoccupata esclamò: “Oh dei! Le mie mani!” mentre il suo sguardo cadeva sulle perfette dita affusolate, senza neanche l’ombra di un’imperfezione. Si diresse verso i bagni con l’intento di farsi una doccia ristoratrice, ma appena aprì la porta dello spogliatoio femminile rabbrividì di fronte allo spettacolo che le si pose davanti agli occhi: almeno una cinquantina di donne si accalcavano l’una sull’altra – Prima ioooo! – Nooo, io puzzo di più! – Ma il mio ragazzo mi sta aspettando fuoriiiii! – Che stai dicendo? Tu non hai il fidanzatoooo… Alcune di loro si tiravano per i vestiti, altre per i capelli… La donna girò sui tacchi e se ne andò ‘leggermente’ disgustata. Si guardò intorno con aria furtiva e vedendo che non c’era nessuno nei paraggi, lanciò in aria la fascia e quando cadde a terra arrotolandosi su se stessa, la donna era già pronta per una serata elegante, indossando un tailleur attillato nero gessato. Uscì dalla palestra e, resasi conto dell’ora tarda, imprecò dicendo: “Maledizione!” guardò l’orologio, i cui quadranti si moltiplicarono, ognuno segnante un orario diverso. “Ora per trovare una manicure aperta dovrò andare a Helsinki!” entrò il un vicolo e urtò un cartone facendo svegliare il ‘padrone di casa’. Il senzatetto sobbalzò alla vista della bionda mozzafiato. “Oh, mi dispiace, non intendevo… Ah, però…” esclamò guardandolo meglio mentre quello balzava in piedi e rivalutandolo “Ti manca solo un po’ di fortuna… “ ci pensò un attimo “Mh… Facciamo che tu non mi hai visto, ok?”. Il poveretto la guardò perplesso. Lei soffiò poggiandosi il dito sulle labbra e lanciandogli sul viso una polverina rosa scintillante. L’uomo barcollò confuso, mentre cercava di stropicciarsi gli occhi, ormai in strada. Fu buttato a terra da una figura indistinta. Quando riacquistò la vista mise a fuoco il viso che aveva davanti: una bellissima donna con i capelli castani raccolti da un cerchietto di diamanti. Lei ricambiò lo sguardo, sentendo il cuore che iniziava a battere più forte sotto la pelliccia che portava.

Il sole cocente bruciava l’arida pianura africana. Una nuvoletta di polvere si stava sollevando alle calcagna di un piccolo camioncino sgangherato stracolmo di turisti. La donna seduta accanto all’autista e girata verso di loro illustrava il paesaggio: “E alla vostra sinistra possiamo notare un branco di antilopi”.
Un fruscio. Il predatore si appiattì al suolo, abbassando le orecchie nel tentativo di non farsi notare. Un esemplare della mandria girò la testa di scatto e il secondo dopo iniziò a correre. Troppo tardi. Il resto del branco lo seguì senza pensare. L’enorme felino scattò all’inseguimento, ma rallentò quasi subito, accortosi di un’antilope rimasta ferma a brucare l’erba… Si avvicinò sospettoso. L’antilope gli rivolse uno sguardo intenso. Il leone arretrò e fuggì. La guida strabuzzò gli occhi, incredula. “Guardate lì!” gridò all’improvviso indicando il lato opposto “Un tricheco!!!!!”. Le decine di teste si voltarono contemporaneamente al lato indicato.- Ma dove?!?- “Lì!! Proprio lì!” ripeté convinta, sussurrando poi all’autista “Portali lì, lì… più lontano possibile!”, con un balzo saltò giù dal camioncino. Infuriata si avvicinò all’antilope.
“Quante volte ti ho detto di non apparire in questa forma! Mi sconvolgi tutto l’equilibrio naturale! Non potresti confonderti con i turisti, e magari, fingendo di chiedere un’informazione dirmi ciò che mi devi dire?!” urlò contro l’animale. Questo si alzò su due zampe e divenne un ragazzo.
“Lo sa che non mi piace mischiarmi ai mortali!” si giustificò “Comunque, volevo portarle l’invito della Casa per il matrimonio di suo nipote…”.
“Matrimonio?!? STUPENDO!! Ci sarà un matrimonio?!?” esclamò entusiasta, svanita anche l’ombra della sua rabbia.
“Sì, gliel’ho appena detto…” borbottò con tono ovvio.
“Aspetta, però, quale nipote?” esclamò pensandoci un secondo di più.
“Il figlio di sua sorella Beatrix!” sussurrò a denti stretti.
“Oh, il piccolino! Non posso credere che si sposi già…” iniziò a singhiozzare.
“Le ricordo che ha quasi 2400 anni…”.
“Aaah…” sospirò “Mi sembra solo ieri che giocava con le sue manine paffute con quelle frecce più grandi di lui! E quando, ti ricordi, fece innamorare Cesare e Cleopatra senza rendersi conto di rovinare due imperi contemporaneamente, con un solo scocco d’arco!” cominciò senza intenzione di finire.
“Ehm… Sì… Ricordo…” fece vago “Ma…” guardò l’orologio.
“E ti ricordi quando, offeso da nostro fratello, lo fece odiare da quella ninfetta… Sì, quella che poi si è trasformata in un olivo!”
“No, era lauro…” la corresse.
“E’ vero! Ma allora chi era l’olivo?”.
“Nessuno, è solo una pianta!”.
“Sicuro sicuro? Nessun mortale, nessuna ninfa?”.
“Sì” disse stanco “Ma io dovrei andare… Sa com’è, devo avvisare ancora qualche migliaio di ‘persone’…”.
“Va bene, vai…”.
Il ragazzo si trasformò in uccello e volò via.
La donna dopo qualche secondo si rese conto di una cosa: “Ma quando?!” urlò al cielo senza traccia di volatili.

La luce lunare illuminava le capanne con tetti di paglia, la musica diffusa ad alto volume riempiva l’aria.
“Non sappiamo come ringraziarla, davvero!” disse una coppia di neo- sposini all’uomo girato di spalle. Quello si girò sullo sgabello e sorrise con le 32 perle che aveva in bocca: “Non ci pensate neanche! Pensate a divertirvi!” disse sollevando il bicchiere col drink che aveva in mano. Un uomo vicino a lui gli chiese: “Li conosce?”. “No…” rispose lui con aria indifferente e si voltò di nuovo a guardare le ballerine col gonnellino di paglia appoggiato al palco. “Mi scusi…” disse il cameriere. “Sì, sì, non ora…” disse l’uomo scacciandolo con un gesto impaziente della mano. Mentre osservava il movimento quasi ipnotizzante dei bacini delle ragazze, una di esse si avvicinò lentamente a lui e accarezzandogli il volto gli sussurrò all’orecchio: “Perché non cerchiamo un posticino più appartato?”.
Lui sorpreso alzò la mano (il cui anello al dito anulare era magicamente sparito) a sfiorarle la sua: “Certo, piccola…”.
Qualche minuto dopo, in un angolino semi nascosto dalle piante, la stava abbracciando baciandole il collo. La sua mano scivolò sul seno… o quello che credeva fosse il seno!
Si fermò un attimo: “Ma qui non c’er…” alzò lo sguardo sul bel viso della ragazz… ragazzo?!
“Saaaalve…” salutò il ragazzo.
L’uomo lo scostò: “Imbecilleeee!” si girò incrociando le braccia con aria imbronciata.
“Scusi, sembrava divertirsi tanto…” disse il ragazzo con ancora il top rosa sui pettorali.
“Ma perché?!” gli chiese con le mani tra i capelli.
Il ragazzo assunse un tono più serio: “Volevo ricordarle del matrimonio…”
“Sì, me lo ricordo, me lo ricordo…” disse annoiato.
“Ah, davvero? E quand’è?” chiese in tono di sfida.
“Ehm… E’… è… il… do… quin… ” iniziò a balbettare.
“Lo sapevo… Glielo scrivo su un bigliettino così lo ricorda, va bene?” fece come parlando a un bambino.
“Ok…” assentì l’uomo prendendo il cartoncino.
“Allora arrivederci!” fece per andarsene.
“Ah!” lo bloccò “Non una parola con Anfitrite?!” pregò con aria colpevole.
“Certo…” rispose sparendo.
L’uomo lanciò il biglietto verso il mare, che venne preso al volo da un pesce che guizzò nell’aria. “Non me lo ricorderò mai…” sbuffò.

Una tranquilla biblioteca nel sole del tramonto.
“Mi scusi…” chiese un uomo alla donna dietro il bancone.
“Mi dica…” rispose quella distratta senza alzare lo sguardo dall’inventario che stava compilando.
“Avete un libro il cui finale sia pieno di stragi e massacri?” chiese con aria indifferente.
“Cos…?!” iniziò la donna sicura di aver capito male, poi guardò colui che le stava di fronte “Ah… Kyosuke…” sbuffò “Il reparto bambini è da quella parte” finì indicando il corridoio alla sua sinistra.
“Ma io veramente pensavo più a qualcosa tipo ‘Guerra e Pace’…” propose, giocherellando con la treccia della donna.
“Che simpatico…” disse lei in tono ironico “E lasciami!” aggiunse riappropriandosi della treccia senza neanche un capello fuori posto.
“Ma dai, sorellina…” schioccò le dita e l’elastico della treccia si ruppe, liberando i lunghi capelli ondulati “Lo sai che sei più sexy così…”.
La donna avvampò un secondo, poi si guardò intorno e i capelli si intrecciarono di nuovo in quell’acconciatura perfetta.
“Aaw…” gemette deluso “Ma mi piaci così tanto con i capelli sciolti…” si avvicinò facendo sfiorare i loro nasi.
La donna non fu capace di respingerlo.
“Certo, non quanto Be…” STUNF. Lei gli sbattè un libro sul muso: “Eccoti ‘Guerra e Pace’! Va un po’ a farti una cultura!”.
“Ahi…” si lamentò toccandosi il naso sanguinante “Ma dai, stavo scherzando… Non te la prendere…”.
“Che vuoi, Marte?” tagliò corto lei.
“Wow, mi sento onorato… Comunque c’è…”.
“So perfettamente del matrimonio di Mio nipote” lo interruppe “Sono stata una delle prime a saperlo, non per niente è il figlio di Mia sorella”.
“Si dia il caso che quella sia anche Mia sorella” sottolineò il rosso.
“Ma guarda caso, l’hai saputo oggi da Johnny…” aggiunse “E poi c‘è da dire che la Tua cara sorellina sia qualcosa di più per te, o sbaglio? Ed è possibile che pur frequentandovi così spesso tu non sappia ancora niente?!”.
“Ehi, piano con le parole!” fece offeso.
“Non ti ho mica paragonato a una Drosophila Melanogaster…”.
“Ho detto piano con le parole” disse arrabbiato “Che non ci capisco più niente…” finì confuso.
“La Drosophila Melanogaster è…” iniziò la donna, ma il rosso perse interesse per la cosa appena dopo il nome. Lì davanti passò un ragazza con una mini gonna molto mini, che suscitò la sua attenzione. Un libro lo colpì sulla nuca: “Che stavi guardando?”.
“Anche quella ragazza stava leggendo ‘Guerra e Pace’!” mentì.
“Vattene immediatamente!” disse lei con un tono quasi demoniaco, i cui capelli si sollevarono alle spalle come tentacoli.
“Allora è vera la pubblicità sul tuo shampoo!” disse scherzando.
Un lampo rabbuiò la biblioteca, lasciando come unica fonte luminosa il riflesso negli occhiali di lei.
Fuori dalla biblioteca, alcuni ragazzi rimasero sconvolti dalla vista di un uomo dai capelli rossi scaraventato fuori dall’edificio.

Jhonny era fuori da un negozio d’abiti da cerimonia con un’aria molto sconsolata. Per un secondo un pensiero gli passò per la mente: “Sì… Adesso mi giro e me ne vado… Sì, lo faccio… 3 (con quello che mi pagano…)… 2 (non li posso sopportare!) 1… NON POSSO…”. Con un incredibile sforzo si costrinse a entrare: “Mi odio…”.
All’interno…
“Ehi, guardate questo!” gridò entusiasta un uomo dai capelli lunghi.
“Ragazzi, ho quello perfetto!” disse contemporaneamente un ragazzo dai capelli chiari.
Jhonny avanzò con l’andatura di una persona diretta al patibolo. Venne notato dai due che lo raggiunsero con stampato in faccia un sorriso a 32 denti: “Ehi, Jhonny, dacci una mano!” dissero mostrandogli due vestiti perfettamente identici “Nero di seppia o nerofumo nero, nero?”. Jhonny guardò i due abiti, un’altra volta e un’altra ancora: “N-ner… Ehm… Esattamente, qual è il nerofumo nero, nero?”. Un uomo dai corti capelli neri balzò fuori da un camerino: “E’ lui, ragazzi… Dopo mezz’ora di ricerche l’ho trovato: il Nero notte senza luna, senza stelle e senza nuvole!” dichiarò brandendo un abito che era la fotocopia dei precedenti. Gli altri due lo guardarono ammirati con le lacrime agli occhi.
“Dov’era quel piccolino?” chiese quello con i capelli lunghi accarezzando il tessuto.
“Perché non ho sentito il suo richiamo?” disse il ragazzo prendendo la gruccia.
Jhonny li osservò interdetto, con gli occhi che guizzavano da una parte all’altra cercando una via di fuga mentre in testa infuriava una tempesta di pensieri –Chi me l’ha fatto fare?- Perché proprio io?- Di che stanno parlando questi?- Perché si fanno tanti problemi per tre vestiti uguali?- Perché sono dannatamente uguali!- Iride, la prossima volta ci vieni tu da questi…- Vi prego, datemi una pistola…
Un urlo si levò dal ragazzo: “Noooooooooooooo!!!!!”.
“Oddio, e ora che sarà successo? Un filo scucito?!” pensò disperato Jhonny.
“Ma allora è vero, c’è solo la XXXS…” disse abbattuto il biondo.
“In effetti mi sembrava un po’ piccolo…” assentì quello con i capelli neri.
“Aspetta! Se vomito tutta la notte posso farcela!” disse il ragazzo “Vero, Jhonny?” si aggrappò alla gamba del malcapitato.
“N- non saprei…?” rispose quello sconvolto.
“No, Narciso, non puoi distruggerti per una sola serata…” gli disse il biondo.
“Ma come? Cos’è il corpo senza vestiti??”.
“Pensa l’estate, in spiaggia…” lo ammonì.
“E poi tu non sai cos’è successo a…” si fermò e tirò un lungo sospiro “…Babukar…”.
“Babuchi?” disse Jhonny che ormai non capiva più niente.
“Perché? Che cosa gli è successo?” chiese spaventato il ragazzo.
“Eh, sapessi…”.
“Che storia dolorosa…”.
Jhonny perse la pazienza: “Scusate, sono convinto che il povero Babucoso ha sofferto molto…”
“Ma Babukar è una ragazza!” gridarono adirati i due uomini.
“Scusatemi, chiedo venia… Ma io avrei fretta… Eccovi i tre pass per la Casa. Adone…” diede una piccola card al biondo “… Narciso…” ne diede una al ragazzo “… e Ercole…” finì con quello dai capelli neri.
“Sei sicuro che non vuoi rimanere a scegliere il vestito con noi?” propose Adone.
“MI DISPIACE, ragazzi, ma ho talmente tante cose da fare…” rispose Jhonny spalancando gli occhi e piano piano iniziò a indietreggiare…
“Allora ci vediamo lì, no?” dissero i tre.
“S- sicuro…” biascicò, poi girò sui talloni e iniziò a correre verso l’uscita.
Raggiunte le porte a vetri sentì in lontananza – E ora la camicia!- Io voto per questa bianco latte! – Ma guarda questa bianco gesso…

Su un desolato sperone di roccia dell’Himalaya, sedeva un uomo dall’aria estremamente depressa. La particolarità era che stava con un semplice maglione a collo alto con la temperatura che sfiorava i 45° sotto zero. Sospirò.
Jhonny, sommerso dalla neve, percorse gli ultimi metri che lo separavano dall’uomo, battendo i denti e tremando come un se fosse stato nudo in un freezer: “S- s- signore, perché è venuto q- q- qui sopra?” chiese dagli innumerevoli strati di vestiti che portava.
“Sono triste… La neve esprime esattamente il mio stato d’animo…” rispose quello con un sospiro.
“Non ha neanche un po’ di f-f-f-freddo?”.
“Ci sono abituato… Laggiù non è che la temperatura sia molto diversa…” disse togliendosi un po’ di neve dai capelli.
“L-la volevo inf-f-formare che ci sarà una festa tra qualche giorno alla Casa. V-v-orrebbe venire?” chiese sperando di finire la conversazione il più presto possibile.
“No” disse deciso “Ti sembro in vena per una festa?”.
“M-ma ci sarà un sacco di g-g-gente” cercò di convincerlo.
“Appunto!” ribattè l’uomo seccato.
Jhonny ebbe un lampo di genio e sorrise ‘Conosco i miei polli’ pensò. “E tra questi ci sarà ovviamente anche sua suocera…” sottolineò scandendo le ultime parole.
“Un motivo in più per restare qui!” disse accentuando la propria insofferenza.
Jhonny imprecò sottovoce: “… e di conseguenza anche la figlia di sua suocera!”.
L’uomo rimase qualche secondo in silenzio, poi con voce incredula disse: “Davvero?”.
“L-le ho detto di sì!” disse con un tono quasi supplicante “Allora v…”.
L’uomo si girò interdetto: “Jhonny? Jhonny?” disse chiamando il ragazzo svenuto nella neve. Scese dal masso e lo girò a faccia in su: “Jhonny?” lo chiamò ancora dandogli dei piccoli schiaffetti sulla faccia “Sono contento che tu voglia venirmi a fare compagnia… Ma poi come faranno gli altri senza di te?”.
Jhonny aprì leggermente gli occhi: “S-sono a casa?” balbettò confuso.
“Ci sarò, Jhonny, garantisco la mia presenza” gli disse.
Sul viso di Jhonny apparve la salvezza, facendogli allargare un enorme sorriso: “Bene, allora io andrei…”.
“Non vuoi restare un altro po’ con me?” disse con un tono pietoso “Vivo, però…” aggiunse.
“Scusi, ma è un posto un po’ troppo freddino per me…” si giustificò.
“Va bene…” disse l’uomo abbattuto “Ci vediamo alla festa, allora…”.
“Sì, arrivederci!” rispose Jhonny, e sparì nella neve.

In un vicolo buio e deserto della città di Parigi, spiccava l’insegna luminosa di un centro di bellezza, specializzato in abbronzature. Il cartello al neon diceva “LE CHARIOT DU SOLEIL”. Jhonny entrò sorridendo: “Che piacevole calduccio…”.
Un uomo superabbronzato con una camicia bianca a giromanica e un foular rosso al collo lo salutò: “Ehi, Jhonny! Bonjour!”.
“Ehm… Saaalve…” disse Jhonny con tono accondiscendente.
Una ragazza si avvicinò al bancone per riconsegnare le chiavi dell’armadietto.
L’uomo le prese la mano e la sfiorò con le labbra: “Torni quando vuole, mademoiselle” poi alzò lo sguardo e vide il mastodontico fidanzato di quella con un espressione non proprio amichevole “Anche con il suo ragazzo, se vuole!” aggiunse immediatamente.
Quando la ragazza oltrepassò la porta, il sorriso dell’uomo dietro il bancone si afflosciò.
Jhonny si avvicinò al banco e lesse annoiato il cartellino “Mitch McKellen”: “Signore, mi dovrebbe spiegare una cosa: perché si è scelto un nome scozzese e si ostina ad abitare in Francia?”.
“Jhonny caro, è evidente che non tieni conto del potentissimo fascino esercitato dagli stranieri… E poi la Francia è il paese dell’amour!” il suo viso si aprì in un sorriso sfavillante, poi aggiunse sotto voce “Il che vuol dire che se non mi trovo una ragazza neanche qui devo davvero spararmi…”.
“Capisco, signore… Bè, io sarei qui per darle l’invito ad una festa, sempre che le interessi…”.
“Wow! A party!” urlò l’uomo perdendo improvvisamente la sua erre moscia e acquistando un naturalissimo accento britannico “Ma allora dovrò farmi una lampada! Potevi avvertirmi prima, Jhonny!”.
Jhonny rimase un po’ perplesso dal cambiamento di colui che gli era di fronte.
Mitch prese in mano il microfono: “Signorina Apolline, ha chiamato suo padre dall’ospedale, si sente male!”.
Una ragazza uscì da una stanza completamente madida di sudore, con indosso solo un mini asciugamano: “E’ terribile!” urlò uscendo in strada conciata in quel modo.
“Well… Sembra che si sia liberato un lettino…” disse Mitch togliendosi i vestiti e avviandosi verso la stanza.
Jhonny uscì dal centro, portandosi una mano alla fronte: “Ma per chi lavoro?”.
“Papààààà!!!” urlò la ragazza vicino alla portiera della propria macchina, accorgendosi di non avere le chiavi… e neanche i vestiti…

Jhonny raggiunse l’entrata di un enorme magazzino, mise la mano sulla maniglia e tirò un lungo sospirò prima di entrare. Appena varcò la soglia, un urlo lo investì: “Jhoooony!”. Un ragazzo lo abbracciò, o per meglio dire si accasciò addosso a lui.
“Felix, spiegami: come fai a essere ubriaco alle 4 del pomeriggio?” disse Jhonny sorreggendolo.
“Stavo provando nuovi drink per la feeeeesta…” rispose Felix, il cui alito puzzava pesantemente d’alcool “Guarda, questo me l’hai ispirato tu!” continuò prendendo un bicchiere e porgendoglielo.
“Felix, lo sai che io non bevo…” disse Jhonny sconsolato “Ci manca solo quello…” aggiunse pensando al disastro che sarebbe successo se si fosse lasciato andare.
“Ma lo so, scccciocchino! Infatti questo è praticamente analcolico; c’è solo Sloe Gin, succo di limone, zucchero e sooooooda!!!”.
Jhonny osservò le accattivanti fettine d’arancia e limone che decoravano il tutto e la ciliegina scarlatta depositata sul fondo; il profumo di agrumi che copriva quello dell’alcool gli stuzzicò le narici. Bevve il cocktail a piccoli sorsi e raccolse con la lingua la ciliegina, assaporandola lentamente. “Buono” concluse leccandosi le labbra “Come si chiama?”.
“Jhoooooon Collins!!” rispose Felix con un sorrisone “I preparativi per la festa stanno andando buenissshimo!!! Prova questo, le ho dato il nome della zietta!”.
Jhonny prese il bicchiere sul cui bordo era decorato con numerosi petali di rosa: “Rose…” sussurrò prima di berlo. Ma quel drink era molto più alcolico del precedente e appena finitolo le guance di Jhonny iniziarono a colorarsi: “Felix, ma perché quel drink l’hai chiamato Jhon? Io mi chiamo Jhonny!!!” disse offeso.
Felix si girò con in mano numerose bottiglie di liquore: “Rimediamo sshubitooo!”.

Quando riprese coscienza, Jhonny scoprì di essere steso per terra, con la testa che rimbombava a ogni battito del cuore ‘No, non può essere successo… Maledetto Felix, è tutta colpa tua…’ pensò, e ben presto capì che persino alzarsi era un’impresa troppo ardua.

Una donna dai capelli corti era di fronte allo specchio e cercava di chiudersi la zip del vestito da sera non riuscendoci. Si contorse in mille posizioni, riuscendo solo a diventare più buffa. Si fermò ansimando dopo venti minuti di accanimento.
“Vuoi una mano?” le chiese l’uomo alle sue spalle alle prese col papillon.
“Tu sta’ lontano!” gli ordinò la donna emanando un’aura che lo respingeva.
“Era, tesoro, non fare così…” la pregò tirandole su la zip.
“Non toccarmi con quelle manacce!” gridò la donna allontanandolo.
L’uomo le mise le braccia intorno alle spalle: “Amore, per favore, perdonami…” le bisbigliò all’orecchio e la baciò sul collo.
“Incredibile…” disse Era “Sono più di 2500 anni e ci casco ancora…”.
“Ti amo” le disse Zeus baciandola.
“Basta…” disse lei scostandosi “C’è un matrimonio che ci aspetta”.
Si avvicinarono ad un portone e lo aprirono, spalancando l’entrata al salone della festa.
Fine 1° episodio

 
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