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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: QUANDO IL GHIACCIO SI SCOGLIE AL CALORE DEL SOLE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: rika86 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/04/2006 14:22:41

è tristissima, preparate i fazzoletti.... contiene spolier a gogo, deixsaso commentateeeeeeee
 
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ONESHOT DEPRESSIVA
- Capitolo 1° -

NOTA: questa è una fic-gara con la Reekawatari, l'idea è partita da lei dopo aver visto un'immy tristissima, me l'ha riferita, io mi sn fatta i miei viaggi mentali sviluppandola e abbiamo deciso di scriverla entrambe... i copyrights dell'idea sn suoi ù__ù quindi se leggete la mia, leggete anche la sua per favore ùù e ora vi lascio alla lettura... preparate i fazzoletti!! XD




---ATTENZIONE CONTIENE SPOLIER A GOGO!!!!!---



Rade gocce di pioggia iniziarono a cadere dal cielo plumbeo che non prometteva altro che temporali, fulmini e tuoni, inumidendo le larghe foglie delle piante della radura.
Un fulmine squarciò l'aria, seguito poco dopo da un tuono e dall'acqua che scendeva più fitta e che sferzava l'erba, donandole ciò di cui aveva bisogno per vivere e crescere.
Il vento soffiava leggero, facendo muovere le foglie bagnate e facendolo rabbrividire leggermente. Nonostante la pioggia e il vento, però, lui rimase fermo su quel tronco caduto, con lo sguardo perso nel vuoto e il volto bagnato dall'acqua. I suoi lunghi capelli biondi ricadevano fradici sulle sue spalle in lenti ricci gocciolanti, ma a lui non importava. I suoi occhi azzurro ghiaccio erano cupi, persi in un'altra dimensione inarrivabile per chiunque se non per lui; non vedeva e non voleva vedere quella realtà che ora tanto odiava. Non voleva vedere quel paesaggio sferzato dal temporale e dal vento, non voleva vedere quella foresta familiare ma ora così estranea, non voleva ammirare il cielo ora cupo e buio, quando un tempo vi camminava sotto assieme a lui.
Purtroppo per lui, un tuono particolarmente forte lo destò da quella dimensione di pace, priva di qualsiasi pensiero, preoccupazione e tristezza. Battè qualche volta le palpebre, realizzando di essere completamente fradicio, seduto su quel tronco mezzo marcio ai limiti della radura e sotto ad un forte temporale.
Sospirando, si sollevò in piedi, sebbene non avesse alcuna intenzione di farlo, e rimase lì immobile, mentre i suo sguardo si perdeva nuovamente in quella familiare dimensione che ora più che mai gli piaceva così tanto. Niente pensieri, niente persone, niente perdite, niente tristezza, niente felicità, niente legami.
Il nulla.
Il nulla che ora gli era così gradito.
Ora come non mai, da quando aveva concluso quella dannatissima missione.
Doveva andare tutto liscio, stando alle previsioni, e invece si era presentato un grosso problema. Un problema dalle sembianze di due miseri ragazzini e dal loro insegnante. Era intollerabile che quegli insetti fossero riusciti a mettere in seria difficoltà due membri dell'Akatsuki.
Se ci ripensava ancora non ci credeva. Non era possibile che persino lui fosse stato...
Sollevò il viso, iniziando a camminare tra l'erba alta e fradicia d'acqua, che gli bagnava i pantaloni già fradici e inzaccherati. Ma a lui non importava.
Si portò il braccio sano a spostarsi i capelli grondanti d'acqua dal viso. Quel dannato gli aveva strappato un braccio con quel suo occhio... e aveva rischiato di rimetterci anche il destro. Aveva un occhio tipico degli Uchiha, ma era impossibile... maledetto Kakashi.
Arrivò al limite della foresta, dove questa si interrompeva per lasciare spazio al terreno brullo della Terra del Vento. Camminò lentamente sino allo strapiombo dove centinaia di metri più in sotto, in lontananza si poteva intravedere il villaggio di Suna. Rimase fermo immobile al limite del precipizio. Quel luogo in cui LUI tornava sempre dopo ogni missione e in cui passava ogni momento libero che aveva. Lo guardava sempre di nascosto, fissava il suo viso inespressivo mentre i suoi occhi color verde scuro si perdevano nel vuoto, attraversati da un velo di malinconia. In quei momenti aveva tanto desiderato andare lì e abbracciarlo, isolarlo da quel mondo crudele che lo rendeva triste. Ma non lo aveva mai fatto, credendo di poter ferire così il suo orgoglio.
Sospirò sedendosi sulla pietra su cui si sedeva sempre lui e sfiorandola con dita leggere.
-Sasori.....-
Solo in quel momento lasciò che le lacrime scorressero lente lungo il suo bel volto confondendosi con la pioggia e finendo la loro corsa nella maglia. Lacrime ricacciate indietro per settimane, ora scendevano libere da ogni suo controllo, mentre ripensava al momento in cui si erano separati per concludere la missione. L'aveva salutato con un misero "a dopo", seguito da una carezza leggera sulla sua gota e a un sorriso appena accennato del compagno, fiducioso sulla buona riuscita della missione. L'ultima parola che gli aveva rivolto era stata solamente un "a dopo". Non l'aveva nemmeno baciato, o stretto a se.
Si morse un labbro. Voleva rivedere il suo sorriso appena accennato, voleva riabbracciare il suo corpo minuto, voleva baciare di nuovo quelle labbra calde e passionali!!
Gli sfuggì un singhiozzo, mentre una intensa fitta di dolore si propagava dalla spalla ferita a tutto il petto, piegandolo dalla sofferenza.
Boccheggiando si tenne alla roccia levigata col braccio, posandovi il viso esausto dalle notti insonni e dal dolore; gli occhi appena socchiusi che fissavano nuovamente il vuoto, persi nei ricordi del compagno. Ricordò di quando il rosso era appena entrato a far parte dell'organizzazione e lui lo guardava dall'alto in basso... di quando l'aveva trovato solo in una stanza buia a piangere, nei rari momenti in cui si lasciava trasportare dalla sofferenza... e del modo in cui lo consolava, abbracciandolo con delicatezza, come se avesse paura di rompere una fragile bambola di porcellana, con baci lenti e passionali. Lasciò scivolare la mente nei ricordi dell'ultima volta che avevano fatto l'amore, avevano finito per farlo sul tetto sotto il cielo stellato perché la sede dell'organizzazione era sotto ristrutturazione. Il suo corpo dalla pelle lattea che, imperlato da minuscole goccioline di sudore, si muoveva contro di lui in cerca del piacere che come ogni volta gli negava per poter riempirsi gli occhi del suo volto contratto dal piacere, illuminato fiocamente dalla luce pallida della luna e dei suoi gemiti che riempivano l'aria, prima bassi e rochi, quasi mugugni, poi via via sempre più alti e manifesti di godimento, mentre le sue labbra ripetevano ossessivamente il suo nome e cercavano la sua bocca, pronta a farsi trovare e a baciarlo con urgenza.
Singhiozzò nuovamente, ritornando bruscamente alla realtà con un pensiero fisso in mente: non lo avrebbe rivisto mai più.
Le lacrime continuavano a scorrere mentre si alzava barcollante in piedi e cercava di dirigersi verso il luogo del suo ultimo combattimento.
Arrivatovi, si fermò e si guardò attorno. Brandelli di stoffa giacevano a terra sotto un sottile strato di polvere, frammenti e arti di centinaia di marionette in frantumi ricoprivano gran parte del suolo. Quella era una delle sue tecniche più vistose, l'evocazione di così tante marionette... doveva essere stato seriamente in difficoltà se l'aveva usata. Da una parte, un po' scostate, giacevano a terra le marionette da lui preferite nell'infanzia, quelle che rappresentavano suo padre e sua madre, trafitte da due katane. Più in là ancora lo vide. Appeso ad una roccia da una lancia o qualcosa di simile che gli trafiggeva il cuore, l'unico suo punto debole. Gli occhi ancora sbarrati e vitrei, e le labbra appena socchiuse in un'espressione di sorpresa.
Rimase a fissarlo da lontano per un tempo che gli sembrò interminabile, senza riuscire a muovere un singolo muscolo. Improvvisamente sembrò mancargli l'aria, e si appoggiò ad una roccia lì vicina. Boccheggiò qualche istante, riuscendo a riprendere il controllo dei propri polmoni, mentre i bruciore al braccio bendato tornava prepotentemente a farsi sentire. Si sollevò, stringendo i denti e muovendo passi barcollanti verso il corpo del suo compagno di squadra e lo fissò, con una fitta al cuore. Era arrivato a modificare il suo corpo in una marionetta, pur di essere forte e degno delle aspettative dell'organizzazione.
Sollevò una mano tremante, sfiorandogli lentamente una gota e trovandola fredda come il marmo. Chiuse per qualche istante gli occhi, ora completamente asciutti, anche se nel suo cuore regnava un vortice di dolore. Col braccio sano afferrò l'asta che lo teneva inchiodato alla roccia, racimolando le sue forze residue per poi tentare di estrarla, senza risultati concreti. Era ancora troppo debole persino per liberare il corpo del suo compagno?! Strinse i denti, ora muovendosi con la forza della disperazione e dopo qualche minuto l'asta cedette, mentre lui stesso cadeva rovinosamente all'indietro e il corpo di Sasori si accasciava al suolo come una bambola rotta.
Con un gemito cercò di rialzarsi, annaspando con le dita sulla polvere umida del terreno alla ricerca di un appiglio per aiutarsi. Si sollevò in piedi tremante e con le poche energie rimaste, un passo dopo l'altro, si avvicinò al corpo che una volta era Sasori e che ora era solo un involucro vuoto. Si lasciò cadere in ginocchio sulla polvere, mentre allungava la mano tremante verso di lui, attirandolo a se come meglio potè.
Lo fissò a lungo mentre gli carezzava con tenerezza malcelata i capelli, quei capelli che tanto amava assieme ai suoi occhi di ghiaccio. Spostò la mano, fissando quegli occhi privi di vita un'ultima volta per poi posarvi la mano sopra e chiuderli lentamente. È finita, pensò, davvero finita.
In un ultimo slancio di dolore lo strinse forte a se, mentre la sua schiena sussultava di singhiozzi silenziosi e lacrime invisibili scendevano dai suoi occhi.



-Deidara-
Il biondo fece finta di non aver sentito. In quel periodo riusciva facilmente a detestare chiunque e questo era molto gradito dai suoi superiori, dato che il suo stato d'animo lo rendeva particolarmente violento.
Rimase immobile sul ramo su cui era seduto, immergendosi nuovamente e senza difficoltà nella dimensione di vuoto che oramai era la sua casa. Non voleva pensare... soprattutto a chi doveva diventare il suo nuovo compagno di squadra.
-Deidara-
Strinse forte i denti, voltandosi lentamente verso la voce insopportabile che aveva osato disturbarlo così insistentemente.
-Che vuoi?!- mormorò.
L'altro notò il suo sguardo furioso ma non si lasciò intimidire. Si mosse in silenzio assoluto, quasi strisciando nell'ombra degli alberi secolari che costituivano i due terzi della foresta, fermandosi però a distanza di sicurezza. Sapeva bene come potevano essere suscettibili i membri dell'Akatsuki.
-Ci hanno chiamato... insieme. Questo significa che sarò io il tuo nuovo compagno di squadra-
Il biondo rimase in silenzio, ritornando a fissare davanti a se.
-Fattene una ragione. Sasori è morto.- marcò sull'ultima parola.
Deidara si voltò fulmineamente, lanciando nello stesso momento una buona decina di shuriken nella sua direzione, shuriken che vennero evitati per un soffio.
Emise un verso di disprezzo, fissando la schiena di Tobi che si allontava di fretta. Codardo, pensò.
Si sollevò in piedi sull'albero, fissando il cielo, con la certezza nel cuore che lui lo stava guardando. Anche se ha cessato di vivere sulla terra, pensò, non cesserà mai di vivere in me.
Prese fiato, abbassando lo sguardo e preparandosi a pronunciare le due parole che non gli aveva mai rivolto in tutti quegli anni. Due parole che aveva dentro sin da quando l'aveva visto e che non erano mai uscite da quelle labbra, sia per orgoglio che per la non necessità di dirlo. Due parole che pronunciò con tutti i sentimenti che covava nel cuore.
-Ti amo..-

 
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