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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: ...SOLO SE ASSOMIGLI A FRANK...
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: triktrektrak galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 09/04/2006 18:51:59 (ultimo inserimento: 22/04/06)

<<nonna? non mi piacciono i draghi, mi fanno schifo!>> <<zitto e mangia!>>
 
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BOUILLABAISSE
- Capitolo 1° -

27 Luglio
Scrivo dalla mia stanza.
Fuori c’è il sole. Si vede oltre la scogliera quel tratto di mediterraneo incontaminato da turisti venuti fin qui in Sicilia a godersi la bella Italia. Camera mia è invasa dal sole soffocante delle due del pomeriggio. Spero solo che le piante non ne risentano. In effetti camera mia è piena di piante. Coltivo il mio pollice verde con grande passione poiché è l’unica cosa che riesco a fare con dedizione senza combinare guai. Sopra il letto appiccicato al muro c’è un grosso poster dei Tornados che sorridno volteggiando in divisa sulle loro scope. Ho una strana stanza: è rettangolare, un po’ piccola ed è piena di piante, oggetti strani(per la maggior parte tutta vecchia roba di mio padre: le scarpe da ballo sotto il letto, il vecchio frak nell’armadio usato durante il ballo del ceppo: è servito solo per pochi passi di danza(credo che non abbiamo finito nemmeno un terzo del primo ballo)…poi è arrivato Michael Corner e da allora Ginny ha incominciato a “godersi davvero la serata”. Ci sono un sacco di altre cianfrusaglie, dai souvenir che si scambiavano i miei genitori agli incarti vuoti di bolle-bollenti prese ogni anno durante le visite all’ospedale. Tenevo nascosto in un cassetto il fruttuoso raccolto di sei anni. Fa ancora più caldo adesso e c’è un’atmosfera viva e rigogliosa.
Ma dentro di me non è così, dentro di me è quasi Gennaio. Se si dovesse esternare il mio stato d’animo si congelerebbe tutto: la mia stanza si svuoterebbe, le pareti diventerebbero pallide mura di un corridoio d’ospedale da cui pendono stalattiti di ghiaccio e ragnatele, il pavimento marmoreo cosparso da cartaccee involucri di bolle bollenti accartocciati e dalla finestra penetrerebbe un buio pesto e annichilante. Non ci sarebbero i giulivi schiamazzi della gente che passa sul bagno asciuga ma ogni tanto, se voi guardaste dentro di me, sentireste un gufo tubare e il tempo scandito dal cigolio di una sedia a rotelle che vaga per quel vuoto corridoio spinta da uno scarno e rincitrullito paziente con capelli bianchi e scarmigliati. Non sentirste neanche il lento e armonioso pizzichio di corde di mia nonna che suona l’arpa nella stanza accanto. Devo fermare questo mio stato vegetativo, altrimenti soffoco!! Non sto ne bene, ne male; il problema è che non sto, non sono mai stato e mai starò nella mia vita. Quando voglio sparire il mio corpo si rivela massiccio e ingobrante inoltre provocatore di incidenti ridicoli tra l’ilarità generale dei miei compagni, qundo voglio farmi sentire, difendre le mie idee o intervenire durante la lezione la mia voce scivola via dalle corde vocali lasciandomi solo con dei rauchi colpi di tosse. Non riesco a fare altro che guardarmi dentro: talvolta, da piccolo mi immaginavo i miei occhi che si rovesciavano all’indietro e vedevano dentro il mio corpo. Tutto rosso, colante e fatto a brandelli. Ma preferisco iniziare da ben altro per scavare nella mia vita passata. Raccolgo i miei ricordi e li metto in un pensatoio. Solo lì potrò rivedere con chiarezza dove ho sbagliato per venir su così, come uno strano esseino collocato male in famiglia: un ectoplasma, sono il clone malriuscito di un uomo chiamato Frank Paciok che non conosco. L’ho visto e non mi assomiglia per niente, è il residuo malsano e impazzito di un uomo biondo, eroico e accattivante occhio celeste oltremare. Ora ha solo due acquose iridi piantate lì nella carne come due sputi di sapone in due bocce bianche e sgranate

Sono nato in Sicilia il 30 Giugno del 1980, a dire il vero sono stato spremuto via con forza indifferente da Alice nella villa Marchese sotto lo sguardo allibito dei Marchese, i genitori di Alice e i Sabina, qualche derepito con lo stesso cognome della nonna celibe. Olimpia, Ottavia e Augusta erano le tre sorelle Sabina tutte e tre maritate, ma nessuna di esse, escluso Augusta aveva avuto il privilegio di essere promessa come moglie a un lord inglese. Herbert Paciok accettò di buon grado la proposta consentendo al figlio Neville di sposare la prosperosa e mediterranea Augusta ultima delle sorelle Sabina. Questa voleva il meglio per i suoi figliuoli Frank e Algie. Raccattò, dopo aver setacciato tutta Hogwarts, due italiane: Enilde Foscaglia e Alice Marchese. Proprio ora schizzavo via da Alice mentre lei ringhiava per lo sforzo tenendo tra i denti un pezzo di gomma anti-stress e si aggrappava ai bordi di metallo del letto. Frank non era d’accordo, gironzolava per il corridoio storcendo il naso all’idea che avrebbe dovuto allevare un figlio avuto dalla donna che non amava e che non lo amava. Avevano già chiesto il permesso di un matrimonio aperto e ogniuno aveva il proprio partner. Frank si scopava una certa signorina Vance, mentre Alice aveva appena lasciato un certo tizio dopo aver scoperto che aveva il marchio nero ed era passata a Richard Mc Millan, impiegatuccio della gringott. Augusta aveva insistito che i due novelli sposi avessero un “discendente”, ma siccome i due non ne volevano sapere del sesso si procedette con l’inseminazione. Augusta si promise che avrebbe accettato di fare qualunque cosa purché questo discendente fosse degno dei suoi avi. Gli appioppò il nome del marito “Neville” e fece giuramento di non lasciarsi scoraggiare dalle inconveniense che sarebbero venute dopo. Si promise di non piangere(Una vera Sabina non piange mai!), il giorno del parto, ma quando schizzai fuori, sporco di sangue e muco non si trattenne dal gridare: “Che schifo, Algie, tienilo lontano!!”

Qualche giorno dopo fummo portati in ospedale perché ero nato pre-maturo.
“Non la smette di piangere! Non c’è un modo per farlo stare zitto?”
“Lo prenda in braccio.” Le aveva suggerito una volta l’infermiera, ma Alice la polverizzò con un’occhiataccia da paura; la poveretta si volatilizzò bisbigliando qualcosa tipo:
“Il latte, vedo se c’è ancora del latte…”
“Insomma cosa vuoi?C’è qualcosa che posso fare per te o ti diverti a darmi fastidio??” domandò incazzato Frank quando un giorno l’andò a trovare (tra una scopata e l’altra non si ricordava solo di Emmeline Vance)
“Insomma, che cazzo vuoi?”
“Bouillabaisse…” disse soltanto mia madre pensando a del delicato e sopraffino stufato francese che aveva gustato a Beauxbatones in occasione del torneo TreMaghi.
Ma Frank le porto quattro granchi strafritti e grondanti d’olio di semi di girasole avvolti in della carta marrognola da AutoGrill.
Quando rimanemmo solo noi due, lei giocherellò per qualche secondo con le chele e alla fine buttò via la pietanza nel cestino accanto al letto.

Non ci sono foto di Alice incinta. Lei non voleva Frank e ha cercato di nascondere “l’errore” sotto larghi maglioni di suo padre e grosse vestaglie quattro volte più larghe della sua misura. La mimetizzazione terminò in un moscio e bigio pomeriggio di pioggia a Diagon Halley. Aveva preso della crema dai Fortebraccio, quando la moglie del gelataio, porgendogli il sacchetto commentò in tono benevolo:
“Ed ecco una dolce mousse di meringhe per una dolce signora in dolce attesa!” e in quella mia madre lanciò un urlo da mandare in frantumi i vetri scaraventando a terra il barattolo con la mousse. Con le spalle al muro fissò inorridita l’enorme protuberanza carnosa che spuntava da sotto un pesante e largo felpone della Adidas. Da allora si rinchiuse a Villa Marchese promettendosi di non uscire mai più con la stessa intenzione che ha una cozza troppo giovane finita per sbaglio nel piatto di cucina.
Mise il naso fuori di casa solo dopo un mese. Ingrassata di due cinque e sempre più brutta e scontrosa Alice aveva anche quasi smesso di frequeltare l’Ordine della Fenice; era intenta a non vedere più Frank e dato che lui non ne voleva sapere di lasciare l’ordine era stata lei a piegarsi a questo suo capriccio.
Si trasferì a casa dei Mc Millan intenta a fare da madre al piccolo Ernie. Frank partì per una spedizione con Shaklebolt, Potter e Lupin lasciandomi in casa con i nonni. Mia nonna si occupava della casa, ovvero andava in giro a lamentarsi che niente era al posto giusto e dando ordini agli elfi. Mio nonno si occupava di non fare uscire nessun avvoltoio dall’allevamento dei Sabina. Per ricordo Augusta se ne fece imbalsamare uno sul suo cappello preferito.
Neanche loro andavano d’accordo, anche il loro matrimonio era combinato. Sembrava quasi che a villa Marchese fosse tutto forzato. Facevamo questo per compiacere i nostri antenati che a loro volta facevano lo stesso con i loro antenati, che a loro volta facevano lo stesso con i loro antenati, che a loro volta facevano lo stesso con i loro antenati……
Questa imposozione di regole e tradizioni era un’immensa piramide di cui nessuno conosceva il vertice.

 
Continua nel capitolo:


 
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