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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: MI RUBI L`ANIMA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: alive galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/04/2006 14:10:54 (ultimo inserimento: 21/08/06)

una storia che narra dell`amore, l`amore vero e sincero che supera ogni ostacolo... leggete!!!
 
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UN FUNESTO PASSATO BUSSA ALLA PORTA
- Capitolo 1° -


MI RUBI L'ANIMA

Cari lettori,
intanto vi ringrazio di aver aperto questa pagina, e vi prego, NON CHIUDETELA!!! Questa storia è il frutto di tanta passione per la scrittura, per la fantasia e per il romanticismo. Ho sempre amato leggere e scrivere, e anche se sono solo una ragazzina di 14 anni, questa non è il primo racconto che scrivo^^. Prima mi piaceva dilettarmi con le fanfiction, ma poi ho deciso che ero abbastanza matura da scrivere una storia completamente orginale e inventata da me... Spero non faccia schifo >. Dopo questi convenevoli, vi lascio alla storia, con un ultima premessa: questa non è una storia smielata come tutte le altre ( sennò che soddisfazione c'è?!) quindi se stavate per chiudere convinti che quella che avete davanti è una cavolata tutto zucchero, vi sbagliate... QUINDI LEGGETE E COMMENTATE!!!!

1. PASSATO CHE BUSSA ALLA PORTA

Si chiese se stava facendo la cosa giusta, o se era stato troppo sconsiderato e incosciente a recarsi lì, dopo tutto quello che era successo.
Senza dubbio, lei non l’avrebbe presa bene, e come minimo, volendo proprio considerare il migliore dei casi, gli avrebbe sbattuto la porta in faccia e si sarebbe categoricamente rifiutata di farlo entrare.
Il giovane indugiò nervosamente davanti alla lunga scalinata che portava al tempio; estrasse dalla tasca dei jeans logori un pacchetto di sigarette, e se ne accese una tenendola distrattamente tra le labbra. Pochi secondi, e già aveva cambiato idea: lei odiava il fumo, le dava fastidio e le provocava un’acuta allergia. Gettò con stizza la cicca, e lentamente, uno per uno, salì i gradini di pietra, fino a trovarsi davanti alla grande e sontuosa porta. I suoi profondi occhi ambrati fissarono frementi il campanello, e stava appunto per suonare, quando il rumore di una moto lo fece voltare di scatto.
Un ragazzo aveva parcheggiato con una manovra non proprio delicata la sua Ducati nera, era sceso e si stava togliendo un ingombrante casco scarlatto dal capo, rivelando una corta chioma scura, legata in un codino sotto la nuca, e degli splendidi occhi azzurri.
-Chris!! – esclamò l’affascinante giovane appoggiandosi alla sua moto e guardandolo – Che stai aspettando? Non ci hai ancora provato, o ti ha già buttato fuori?
Rise, gettando la testa all’indietro e socchiudendo le palpebre.
- Zitto, dannato Trevis! – l’altro gli rispose a tono – mi prendo tutto il tempo che voglio, e comunque avrei già suonato se non fossi arrivato tu a rompere!!
-Nervoso, eh? – osservò il brunetto con voce ironica – non ti posso biasimare: non hai la benché minima possibilità di mettere piede in quella casa -TREVIS, PRENDI LA TUA FOTTUTISSIMA MOTO E VATTENE!!!!!
Trevis lo guardò accigliato per qualche secondo e , con un’ultima risatina, salì sulla sua “ fottutissima moto “ e si dileguò velocemente, mentre il sole s’accingeva a cedere, come di consueto, il suo posto nel cielo alla dolce e pallida luna.
Il ragazzo lo guardò allontanarsi, la mente piena di dubbi e paure.
“ sono davvero ridicolo. Infondo devo solo suonare il campanello, e poi che sarà sarà…” Sospirò e finalmente poggiò un dito fermo sul pulsante.

Una voce soffocata borbottò qualcosa da dentro la casa, una voce senza dubbio appartenente ad una donna…Il cuore del ragazzo cominciò a battere fastidiosamente dalle parti del Pomo d’Adamo.
Sentì dei passi frettolosi avvicinarsi alla soglia, avvertì il rumore del chiavistello, ed infine la porta si aprì, mostrando dietro di essa un’eterea creatura.
I capelli neri scendevano morbidi ed ondulati fino a metà schiena, sottolineando la longilinea figura, la vita sottile, le gambe lunge e snelle. Il viso era pallido, ed i lineamenti eleganti erano ora rabbuiati da un’espressione di pura sorpresa mista a rabbia. Le rosse labbra erano spalancate e tremavano visibilmente, e gli occhi scuri brillavano d’incredulità.
Per quelle che parvero ore, s’osservarono in silenzio, uno troppo terrorizzato per proferire parola, l’altra troppo sorpresa per emettere suoni. Poi Christopher, il ragazzo, si schiarì la gola e abbozzò ad un sorrisetto.
-Ehmm.. Ciao Ele...
Di rimando, la splendida ragazza gli sbattè con violenza la porta in faccia.
Christopher inclinò la testa di lato, il volto corrucciato.
- Come da copione…- mormorò rassegnato. Sbattè forte un pugno contro la porta.
- Ele!! Eleanor, fammi entrare, ti prego! Noi due dobbiamo parlare, e tu sapevi che prima o poi sarei venuto… Quindi apri questa dannata porta!!!
La giovane crollò a terra appoggiando la schiena alla superficie di legno liscia.
Non aveva nessuna intenzione di farlo entrare. No, no e poi NO!!!! Aveva chiuso Christopher e tutto ciò che lo riguardava fuori dalla sua vita, e non voleva farlo rientrare, soprattutto perché sapeva già cosa voleva da lei.
- Sei stato davvero ingenuo a pensare che ti avrei accolto a braccia aperte…-ribbattè premendosi più forte alla porta, come se temesse che il ragazzo la potesse buttare giù.
- Non mi aspettavo certo che mi facessi entrare subito… - urlò egli – non sono del tutto sprovveduto come credi tu. Ma voglio parlarti, Eleanor, hai il diritto di sapere esattamente come è andata… Sono sincero, giuro!
- Ah si? Bè, e allora perché cavolo non ti è mai venuto in mente di passare negli ultimi due anni?? - gridò lei, mentre le lacrime uscivano copiose sulle sue gote.
Chris la sentì singhiozzare, ed il suo cuore perse un battito.
- Eleanor… - mormorò sbattendo un’ultima volta il pugno chiuso contro il legno scuro – ti prego… Lasciami chiarire una volta per tutte, e ti prometto che dopo non mi farò più vedere né sentire, sparirò completamente dalla tua vita, e tu potrai andare avanti per la tua strada fingendo che io non sia mai esistito…
La sua voce si spense, ed una fitta gli colpì lo stomaco: il pensiero di essere dimenticato da colei che, inconsapevolmente, era stata per lui indispensabile, lo faceva star male; d’altronde, sapeva bene che la donna avrebbe vissuto indubbiamente meglio, se liberata dal suo opprimente ricordo.
Così, perso in codesti pensieri, quasi non si accorse che la porta s’era socchiusa cigolando. Fissò per un istante l’uscio leggermente smarrito, ma il tepore, la luce fioca e il profumo di vaniglia provenienti dall’interno lo attirarono dentro, ed egli scivolò silenziosamente nell’ingresso e chiuse la porta dietro di se.
Eleanor non era lì. Probabilmente, in un infantile tentativo di evitare la discussione, si era rintanata in qualche angolo della casa.
Il giovane sbuffò indispettito, e prese a cercarla in ogni stanza. La trovò accucciata sul divanetto del salone, con le gambe appoggiate al petto, circondate dalle braccia sottili, ed il capo appoggiato sulle ginocchia.
Singhiozzava ancora, scossa dai tremiti. Subito Chris le si sedette accanto, ma non osò sfiorarla: sarebbe stato sicuramente e giustamente respinto.
Invece, aspettò quietamente che ella si ricomponesse, e dopo parecchi interminabili minuti, la giovane alzò lo sguardo imperlato di lacrime su di lui. - Dove sei stato? - chiese solo.
- Da Trevis – rispose subito il ragazzo – l’avrai visto una o due volte. E’ quel dongiovanni bruno con gli occhi azzurri…
Lei annuì, e sospirò. Possibile che dopo due anni era quello tutto ciò che riusciva a chiedergli? Certo, l’ultima volta che si erano visti, non era proprio stata una visita di cortesia.
Era entrato in casa di corsa, tutto trafelato, con le lacrime agli occhi, e senza troppi giri di parole, le aveva sbattuto in faccia la nuda e cruda verità.
- Hai idea di quello che ho passato..? – sussurrò amaramente, mentre un’altra silenziosa lacrima le scendeva giù per le guance rosee. Non aspettando risposta, continuò con voce flebile – Quando sei entrato in casa, così spaventato e disperato com’eri, ho capito subito cosa doveva essere successo… E a te è bastata una piccola frase, senza nessun riguardo, senza nessuna attenzione nell’addolcirmi la pillola… Mi hai detto:” Tuo padre è morto “ e sei scomparso, e non ti sei più fatto trovare per due anni…
Tacque un momento, guardandolo con rabbia, poi continuò:- La mia vita ha smesso d’esistere. Lui era tutto ciò che avevo, tutto ciò che mi rimaneva, tutto ciò in cui credevo e speravo… E mi aveva lasciato sola!! Non avevo più nulla a cui aggrapparmi, niente che mi facesse reagire… Nessuna fonte di conforto o di speranza…
Su di loro cadde un rabbioso e desolato silenzio. Eleanor si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, fissando il pavimento di legno con occhi tristi e stanchi.
- Ahi! - mormorò ad un tratto passando due dita sulle labbra: erano tinte di rosso. Arrossì imbarazzata: doveva sembrare davvero ridicola in quel momento, s’era fatta male in un modo così stupido, da sola!
-Aspetta…- Chris estrasse un fazzoletto dalla tasca dei jeans, portandoselo alle labbra e inumidendolo leggermente con la lingua, e le si avvicinò.
- No, che schifo! – esclamò la giovane allontanandosi con disgusto– non è per nulla igienico…- Lui la ignorò e tamponò con delicatezza e precisione il sangue che scendeva copioso.
Le loro teste erano a pochi centimetri l’una dall’altra, ed i loro cuori in subbuglio, ma il ragazzo sembrava non accorgersene. Invece, Eleanor era paralizzata, aveva i sensi offuscati e il cuore le batteva così forte che aveva paura che egli potesse sentirlo. Averlo di nuovo lì accanto, in quella casa che per molto tempo era stata pure la sua, le creava una sensazione di nostalgia mista a gioia. Ma non poteva dimenticare quello che era successo, non poteva dimenticare che egli l’aveva abbandonata nel momento in cui ella aveva più bisogno di lui. Non poteva dimenticarlo, e proprio per questo si scostò bruscamente da quel contatto così… dolce.
Il giovane abbassò lo sguardo, mortificato.
Eleanor e suo padre erano state le uniche persone, in tutta la sua triste vita, che avessero veramente creduto in lui. L’avevano tolto da una strada quando era ancora un bambino, solo e abbandonato. Gli avevano messo un tetto sulla testa e un piatto caldo sotto il naso, ma soprattutto gli avevano dato ciò che più di tutto al mondo, egli desiderava: affetto.
Per anni aveva vissuto assieme a loro, ed era diventato parte della famiglia: trattava Akito come un padre, ed egli trattava lui come un figlio.
Ed Eleanor… Bhè, non era proprio una sorella, no…
Quando per la prima volta aveva incontrato il suo sguardo, in quella strada affollata del centro, pensò d’avere davanti un piccolo angelo. Lei aveva sei anni all’epoca, e lui otto. Lo vide lì, solo, sdraiato sul marciapiede lurido, vestito di stracci… Lo vide, e lui vide lei, vide il suo grazioso visino sorridente, e il suo cuore perse un battito quando si accorse che stava sorridendo proprio a lui.
Ella gli si avvicinò e lo prese per mano, lo fece alzare, e ingenuamente, con quella dolcezza che solo i bambini hanno, gli baciò tutte e due le guance. Fu il primo vero gesto affettuoso che egli avesse mai ricevuto… Non avrebbe mai dimenticato quella sensazione, né tantomeno chi gliel’aveva provocata. Aveva visto crescere quella fanciulla, da bambina ad adolescente, e i suoi sentimenti per lei non sbiadirono mai. E non era solo gratitudine quella che provava per lei…
L’amava da quel giorno, e probabilmente l’avrebbe amata in eterno. Anche se, nulla sarebbe più stato come prima.

Allora, che ne pensate? Aspetto commenti numerosi!! Baci Narsyl

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (0 voti, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
pepi4ever 20/04/09 18:21
BELLA BELLA BELLA...BRAVA
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