NEL VENTO
- Capitolo 1° -
Dedicata a chi mi ha estasiato, in un solo minuto di una notte, mentre eravamo circondati da persone che non hanno avuto occhi per guardare, affondati nel silenzio di un'emozione.
Sedeva sul cemento duro, dell’anfiteatro del porto del paese.
Nella parte più alta, quasi a voler cercare paura dalla vita che si viveva in basso.
Il mare sembrava investirla con tutta la sua furia, il vento che così impregnato di sale la avvolgeva, e il suo vestito le turbinava attorno dandole un’aria d’irrealtà.
Era stata sconfitta dai suoi sentimenti, per questo si era rifugiata nel porto.
Non lo faceva da veramente tanto tempo.
Era scesa ancora in se stessa, in quel luogo dove aveva rinchiuso il suo male.
Si sporse e vide il mare che la chiamava con così tanta forza.
La donna, questa volta ha chiesto aiuto.
Si stava lasciando andare, capì quando sentì gli occhi farsi lucidi come di febbre.
Si voltò indietro, la donna aveva paura che il suo segreto venisse scoperto.
Aveva paura, tanta, tanta paura di prendersi le libertà che si era negata. Di tremare come una foglia, di essere dolce ambrosia, di potersi nascondere tra le braccia di qualcuno, di lasciarsi andare, di lasciarsi capire.
La donna che deve muoversi veloce, si è presa la sua pausa occulta e prega, prega che nessuno la scopra mentre affida le sue lacrime al vento, mentre si lascia sfuggire un gemito di dolore, mentre i suoi occhi si posano malinconici su un cielo nuvoloso e dubbioso, denso di nuvole e di troppi ricordi che una fragile schiena di bimba non può sopportare.
E mentre le sue lacrime le attraversano il viso, bruciandole la pelle, passi di uomo si avvicinano a lei, rimanendo in rispettoso silenzio.
La guarda, e ne rimane dispiaciuto. L’ultima volta che aveva potuto ammirarla aveva creduto nella sua luce.
Ma ora…a guardarla così apatica e fragile, sembrava fosse diventata come un faro nella nebbia. Ancora di più splendeva.
Sperava di rimanere segreta, ma era umanamente impossibile rimanere indifferenti di fronte a tale spettacolo e quando la sua voce calma, calda e ipnotica parla, lei si scuote come un giovane albero al primo vento della sua vita.
Lo sguardo e il volto dritti e fieri, stupefatta, con i capelli che le ondeggiano al ritmo dell’anemos.
Si stringe ancora di più, per preparasi a rialzarsi, a sembrare una donna professionale, una tipica donna che sa muoversi veloce, ma è così debole oggi…che non ci sarebbe bugia che potrebbe raccontargli.
Allora la ferma e si siede vicino a lei.
Lui non vuole lasciarla, lui vuole salvarla.
Aspetta, aspetta che passi tempo, aspetta che il freddo la svegli e la spinga a chiedere calore, e lui glielo donerà e non le farà provare paure, ma solo una nuova libertà.
Una libertà che non ha come oggetto la solitudine, ma l’unione, la presenza, la partecipazione di uno nell’altro.
Quando la figura che nera si staglia contro il fondale blu del mare e del cielo si alza, i suoi capelli e i suoi abiti ondeggiano ad un ormai flebile vento.
“Ho solo immaginato” cerca di imporsi di pensare.
Accanto a lei non c’è nessuno, è vero.
Ma occhi neri la guardano andare via da quel porto, amandola semplicemente con lo sguardo, e pregando che la sua ferita, così maledettamente profonda, possa cominciare a guarire, un giorno o un altro, sfuggendo alla volontà così ferrea di lei.
Di lei, che si muove veloce e così apparentemente sicura, così fredda da sembrare una gelida mattina d’inverno, così fragile da sembrare un cristallo di ghiaccio che sta per infrangersi al suolo.
Fine.
20:43/21:25 del 27/03/06
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