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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: AROMA DI GIGLIO.
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: mewsana galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/03/2006 15:04:21

tristan&lucilla. primo giorno di scuola, primo incontro. prima occasione per innamorarsi.
 
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UNICO.
- Capitolo 1° -

Allora, prima di tutto, un paio di ringraziamenti.
A “mammina onoraria” Kysa per aver scritto questa stupenda trilogia e per aver creato i due personaggi di cui ho scritto in questa ff, ovvero sia Tristan e Lucilla.
Senza di lei io non starei qui a scrivere, e magari i miei pomeriggi passati a cercare di leggere i chilometrici capitoli arretrati sarebbero stati spesi in modi meno divertenti.
In secondo luogo special thanks to “zietta onoraria” Axia, scrittrice bravissima che non mi sembra di ringraziare mai abbastanza per tutti i capitoli che scrive e per il lavoro di segretaria [ovviamente onoraria] che svolge.
Ah, e ovviamente alla Chaos, con cui sclero amabilmente ogni sera su msn, e che in questo frangente deve ricordarsi che io l’ adoro incondizionatamente [quindi niente amica con la M maiuscola, chiara?].
Un’ultima cosa: mi sono completamente dimenticata del fatto che il caro Milos ha la veneranda età di un paio di centinaio di anni. Perdonatemi, quindi, se lo vedete in un contesto sbagliato.
Detto questo, non mi resta che augurarvi buona lettura!!
Mew





La tiepida luce dell’alba era solo un bel ricordo, pensò con amarezza Tristan McKay. La dolcezza con cui questa ne aveva accarezzato la pelle lattea, solo un bel momento da custodire e rivivere nel buio della notte inglese.
L’insegna rosso brillante appesa sopra di lui recitava King’s Cross, a sinistra binario 9 e a destra binario 10. Gli occhi di un verde brillante, molto chiaro, si socchiusero infastiditi, quasi furiosi per essere stati colpiti dall’insolente luce del sole riflessa sul cartello.
-Jess.- fece con aria vagamente perplessa. –Qui non vedo nessun binario 9 e ¾.-
Per tutta risposta il fratello gli lanciò un’occhiata divertita, a tratti ironica. Lo sbuffo che era uscito dalle labbra rosse di lui aveva un che di vagamente dolce.
-Adesso sta a vedere, piccoletto.-
Poi cominciò a correre, il carrello col baule davanti a sé.
-Jess!!- il minore lo guardò esterrefatto. –Jess, se ti vede la mamma…- un brivido che valeva più di mille parole gli scivolò lungo la schiena.
Non ebbe tempo di pensare ad altro, perché il maggiore, giunto a pochi centimetri dal muro che divideva i due binari era scomparso nel nulla. Come se si fosse smaterializzato.
Una folata di vento spazzò la stazione gremita di gente, fredda tanto che Tristan si ritrovò a rabbrividire per la seconda volta in pochi minuti. Gli occhi verdi erano contratti, spalancati per lo stupore. La bocca andava ad imitarli.
Si guardò intorno, la consapevolezza di essere solo. 11 anni di cui fino a poco fa andava fiero, che adesso invece lo tradivano nella sua più completa inesperienza.
-Merlino… se ne esco vivo giuro che non coltivo più Schiopodi Sparacoda sotto il letto.- un estraneo lo sorpassò, forse stupito dalle parole inusuali pronunciate dal ragazzo. Poi si perse, nella marea di volti anonimi e grigi di quella mattinata di nebbia.
Tristan era sulla buona strada per seguirlo, visto il suo proverbiale (scarso) senso dell’orientamento a cui, ma questo non lo sapeva ancora, avrebbe dovuto supplire più tardi, nel corso degli anni.
In fondo, pensò, se lo aveva fatto suo fratello poteva farcela anche lui.
Somigliava tanto ad un bambino che avrebbe segnato la leggenda, pochi anni più tardi. La determinazione negli occhi verdi era la stessa, indomabile.
Ben conscio del fatto che i Babbani non gli sarebbero stati di alcun aiuto, raddrizzò le spalle. Osservò la folla, facendo attenzione a scegliere un momento in cui nessuno lo avrebbe notato, nonostante il corvo nella gabbia e il gigantesco baule.
Infine trattenne il respiro, il suo cuore accelerò i battiti. L’ urto tanto temuto col muro non avvenne.
Fu subito stordito da un intenso profumo di Orchidee Profumose e Risplendenti.
“Profumano&Splendono non appena colpite dal sole! Non muoiono mai!” quella pubblicità se la ricordava, la voce gracchiante dell’annunciatore in mezzo alla piazza di Diagon Alley, sua madre incantata. Suo padre che aveva sbuffato, lei che aveva insistito, Tristan che era rabbrividito davanti a un odore così intenso.
< E gli Schiopodi Sparacoda, mamma? Resisteranno in mezzo a tutta quella puzza…? >
Risultato, Rose McKay aveva strabuzzato gli occhi, quindi lanciatogli un’ occhiataccia e comprato, davanti al naso arricciato del marito, centinaia di quelle dannate piante.
Finora, Tristan&Jess, Premiata Ditta Combinaguai [Ne facciamo di ogni genere! Era lo slogan], erano riusciti ad eliminarne più o meno sei.
Si potevano dire sulla buona strada.
Facciamo sette, si disse il ragazzino, sperando che quella all’ ingresso non avesse resistito al litro abbondante di Whisky che il ragazzo aveva premurosamente pensato di versare nel vaso la sera prima.
Non che l’ idea di avere un’ Orchidea Profumosa, Risplendente e pure Ubriaca all’interno di Cedar House lo allettasse poi molto, ma la voce concitata di sua madre lo distolse dal problema.
-Sia ringraziato Merlino!! Tristan!!- sua madre, rifletté, avrebbe potuto recitare perfettamente in una tragedia greca senza essere sminuita da attori di fama mondiale. Sembrava disperata, una madre che aveva perso suo figlio e che lo aveva finalmente ritrovato, ma Tristan sapeva.
Sapeva che negli occhi nocciola della donna non avrebbe letto sollievo, bensì una collera ben lungi dal lasciarlo arrivare illeso ad Hogwarts.
-Mamma!!- ed ecco che un nuovo attore entrava di prepotenza nella scena mondiale. Tristan McKay, talento improvviso ed improvvisato, maldestro tentativo di arginare una crisi nervosa in uno stato già avanzato. –Mamma, meno male, non sapevo proprio dove andare!!-
-Triiistan!!- l’acuto di sua madre lo fece preoccupare, anche perché fra l’ ira della donna e la sua stretta di abbraccio vigeva una proporzionalità diretta precisa al millimetro, e dagli effetti devastanti.
-Jess mi ha lasciato…-
-Triiiiiiistan!!-
-Si mamma, ok, però adesso…- Rose McKay sapeva di Orchidee Profumose. Lui non le sopportava.
-Triiiiiiiiiiiistan!!!-
-Mamma, coff!! Non respiro!!- ebbe la decenza di lamentarsi e di arrossire. Suo fratello, nascosto dietro le spalle del padre, ridacchiava.
-Non farlo mai più!! Mi sono spaventata così tanto…-
Ovvero sia: non farlo mai più o gli schiopodi Sparacoda volano fuori dalla finestra.
-Certo mamma…- se uno sguardo avesse potuto uccidere, suo fratello maggiore Jess sarebbe certamente crollato al suolo in preda alle convulsioni.
E sarebbero state molto dolorose.
Jess McKay, secondo anno, Gryffindor, anche se a parer suo sarebbe stato molto meglio in quel covo di serpi che era Slytherin. Lui pure, fiero secondogenito della casata McKay, aveva ben stampata in fronte la meta finale del suo viaggio verso Hogwarts.
Dormitorio Gryffindor, primo anno, letto vicino alla vetrata.
Lo sapeva. Ne era talmente certo, o forse sarebbe stato meglio dire che i suoi genitori ne erano certi, che leoni spiccavano in ogni suo oggetto.
Sul baule, sul lucchetto della gabbia di Leo, il suo corvo. Perfino sulla sua divisa nuova.
Anche sulla carta con cui sua madre aveva così premurosamente rivestito i libri.
La parola ovunque era un blando eufemismo, insomma.
-…e quindi è importante che tu sia molto attento. E sii gentile con il Cappello Parlante. Ricordati cosa devi dirgli… signore, io vorrei tanto andare a Gryffindor… lei capisce, la famiglia.-
Non aveva ascoltato una sola parola.
D’altra parte, ormai quella ramanzina la conosceva a memoria. Poteva scriverla saltando su un piede solo, o mentre volava su una scopa.
Tra un po’, a modello del fratello, avrebbe persino imparato a ruttare mentre la pronunciava.
-Per l’ amor del cielo, Rose, cerca di mantenere intatto l’ equilibrio psico-fisico di mio figlio per almeno i prossimi tre anni. E quando si troverà una ragazza, che cosa farai? Le darai fuoco?- intervenne misericordiosamente Tanatos McKay, alzando un sopracciglio a mo’ di protesta.
Grazie papà, io ti amo, pensò il ragazzo, chiedendosi se la genuflessione davanti al genitore sarebbe risultata troppo servile. Magari un pochino.
-Pensa se poi finisce a Hufflepuff…- ridacchiò divertito il maggiore, alzando gli occhi al cielo.
-Jess!!!-
L’ urlo di protesta si levò in alto, su fino alle nuvole. –Non mettergli strane cose in testa, figliolo!! Chissà che poi non combini di peggio…- gemette la donna, torcendosi le mani in una sorta di dubbio primordiale.
Un fischio li riscosse. L’espresso per Hogwarts aveva iniziato ad emettere fumo dal vagone principale.
-Oh!! Oh, forza ragazzi!!- si limitò ad ammonirli il padre, strizzando loro l’occhio.
-Ciao pa’-
-Ciao papà!!- rispose Tristan, grattandosi una guancia colorata di un lieve rossore. Era nervoso.
-Santo cielo, Tristan, cosa stai facendo…?!?- esplose sua madre. Fissava insistentemente il ragazzo.
-Niente mamma…- buttò lì lui, perplesso.
-Ti stai grattando una guancia. Un vero Gryffindor non si gratta mai una guancia!!-
-Ciao mamma…- sbuffò laconicamente Jess, mentre scuoteva la testa, quasi divertito. -Andiamo Tri!-
-Ciao mamy!!-
Mentre il treno partiva, poté distintamente sentire sua madre che lanciava un urlo apocalittico. –Tristan!! Un vero Gryffindor non chiama mai sua madre mamy!!-

-Jess…-
-Si?-
-Dimmi che la mamma- e fu bene attento a non ripetere l’ errore di prima, chissà mai che la donna non avesse nascosto un microfono da qualche parte –Non si comporta così tutte le volte, vero?-
-No, piccoletto. Ma se ne combini qualcuna troverai che nostra madre può fare molto peggio di stritolarti in un falso abbraccio.- disse come monito, scrutandolo con gli occhi verde chiaro uguali a quelli di suo fratello.
-Mh.-
-Beh, adesso ti lascio, e me ne vado a trovare Jason… ci si vede in giro, fratellino. E ricordati…-
-Si, lo so… un vero Gryffindor non si gratta mai la guancia.- suo fratello sogghignò.
-Sbagliato. Un vero Gryffindor trova sempre un modo per ficcarsi nei guai e non farlo sapere ai suoi genitori.-

-è permesso?- Tristan aprì la porta dell’ultimo scompartimento in cui aveva avuto la forza di bussare. Dopodiché, probabilmente, avrebbe deciso per una saggia ritirata nel corridoio fino all’ arrivo a scuola.
Invece era libero. O quasi.
C’era un ragazzino, da solo, che leggeva avidamente un libro dalla copertina rossastra, come se quest’ ultimo fosse stato una difesa per nasconderlo dal mondo intero.
Aveva capelli neri, lucidissimi come il piumaggio di un corvo, e degli occhiali sugli occhi.
La pelle era assolutamente diafana, tanto che il ragazzino temette per un attimo che l’ altro si sentisse male.
-Certo. Vieni pure.-
Gli aveva sorriso. Era affascinante, in un certo senso. Anzi, aveva un sorriso calamitante.
-Ciao. Mi chiamo Tristan McKay.- gli porse una mano piccola, tremante.
-Io sono Milos Morrigan.- quando strinse la mano del ragazzo, Tristan pensò che era fredda. Incredibilmente fredda, quasi priva di vita.
Intorno a lui, misterioso, aleggiava un vago odore di fiori.
Il biondino sorrise sollevato, accasciandosi , sempre con stile, il pensiero della madre sempre presente, su una poltroncina.
-Meno male.- considerò. –Niente puzza di Orchidee Profumose.-
Milos lo guardò vagamente perplesso, gli occhi nascosti dietro le lenti sembravano leggermente spalancati. Poi ridacchiò di rimando.
-In effetti, puzzano proprio…-
-Gli amici mi chiamano Tri.-
-Tu puoi chiamarmi Milo.- evitò di dirgli che lui di amici non ne aveva mai avuti, e che aveva programmato di non averne per tutti e sette gli anni.
-Mia madre invece le adora. Hanno persino ucciso due dei mie Schiopodi Sparacoda.-
-Schiopodi Sparacoda? Devi essere bravo per riuscire ad allevarli al chiuso.-
-Lo sono.- ammise compiaciuto lui.
-Anche se suppongo che il tuo Famiglio sia un altro- fece pensieroso, a metà fra il divertito e l’ ironico, i tratti delicati del volto che andavano man mano distendendosi.
-Già.- il biondo fece una smorfia disgustata. –Mia madre mi ha preso un corvo. Si chiama Leo.-
-Leo?- Milos Morrigan sembrò riflettere. –Fammi capire. Hai chiamato un corvo con un nome da leone…?-
-Certo. Leone, Gryffindor. Non è chiarissimo?-
-In un certo senso…- ridacchiò, stupito quasi dall’ ingenuità del ragazzino. –Così vorresti essere smistato a Gryffindor…?-
Tristan alzò le spalle, soppesando le parole. –Non proprio. Mio fratello è di Gryffindor, quarto anno, e mia madre morirebbe di dolore se sapesse che sono stato smistato altrove. E penso che zie e nonne la seguirebbero a breve distanza.-
-Capisco.-
-E tu, Milo? Che famiglio hai?-
-Un pipistrello. Si chiama Milos.-
-Come te?- allibì l’ altro, sgranando gli occhioni verdi. –Il tuo Famiglio ha il tuo stesso nome?-
-In un certo senso… è proprio come se fosse parte di me- sogghignò quello, mostrando una fila di denti impressionante, almeno per un qualsiasi essere umano.
-Vai per Slytherin o per Ravenclaw?-
Il moro schioccò la lingua, pensieroso. –Non penso di avere molta scelta.-
-I tuoi genitori?-
-Qualcosa di molto più forte che mi ha segnato da quando ero un neonato. Come se io e Slytherin fossimo stati uniti da un invisibile filo rosso da molto, molto tempo fa.-
-Cosa intendi dire?- Tristan ribolliva di curiosità per il nuovo amico, così strano, misterioso.
-Intendo dire che la mia strada per Slytherin è stata spianata quando mio padre morse mia madre, in un estate di undici anni fa.- e con un gesto fluido si levò gli occhiali.
Gialli.
I suoi occhi erano gialli, come nessun essere umano poteva averne.
Occhi di dannazione, occhi che segnano e segnalano.
-Sei un vampiro?-
-Quasi. La definizione più giusta è Sangue Misto. Mia madre venne morsa quando era incinta di me. Mio padre appartiene alla dinastia dei Leoninus, anche se suppongo tu non ne abbia mi sentito parlare.-
Tristan scosse la testa, mortificato. –No, mi spiace. E quindi, oltre a Sangue Misto, come vi si chiama?- fece curioso.
-Se vuoi definirmi come nei libri di magia.- ridacchiò. –Il mio nome è Diurno.-

Se Tristan avesse saputo che il suo primo contatto con la Magia Oscura, Schiopodi Sparacoda esclusi, sarebbe avvenuto molto prima di conoscere il professore che insegnava come difendersi da questa, avrebbe riso.
E forse, Milos Morrigan lo avrebbe seguito, scuotendo la testa in un fare quasi divertito.
Il Gryffindor-non-ancora-Gryffindor amava, e aveva sempre amato, trafficare con alambicchi, mostri sotto il letto e divertenti Pluffe rese innocue da un banale incantesimo commerciale. Con grande orrore di sua madre, che già lo vedeva maritato con una ragazza di buona famiglia, fin da quando aveva iniziato a parlare aveva proclamato ai quattro venti che lui, Gryffindor per nascita, sarebbe diventato un Auror.
E che Auror!!
Non uno qualsiasi, impegnato a compilare scartoffie chiuso in un ufficio, ma Uno addestrato e pronto per qualsiasi evenienza.
Prima fra tutte le sue missioni, eliminare le Orchidee Profumose e Risplendenti e il loro brevetto dalla faccia di questa terra. E così raccontava, non ascoltato da Rose, le sue imprese contro malvagi fiori che tentavano di stordirlo con un odore letale. Le sue zie e nonne annuivano compiaciute dal baldo giovane che si trovavano davanti.
Anche se il Baldo Giovani, Colui Che Sarebbe Stato Smistato A Gryffindor Nel Minor Tempo Mai Conosciuto aveva solo tre anni. E teneva ancora in bocca il ciuccio.
Così, quando l’ Espresso per Hogwarts arrestò bruscamente la sua fermata in mezzo alla campagna inglese colla pioggia che batteva sui finestrini, Tristan decise che questa era l’ occasione di una vita intera.
Orchidee Profumose a parte, ovviamente.
Le luci che illuminavano le cabine si erano spente, e un freddo permeava attraverso le pareti.
-Milo…?- sussurrò il ragazzino, appiattendosi contro lo schienale. –Vedi qualcosa…?-
-Ma certo. Bella la tua bacchetta, comunque.-
L’ aria semiseria che Tristan aveva cercato di darsi si spense immediatamente in un sorriso che rischiarò l’ ambiente circostante. –Grazie!-
-Di nulla. Sento un odore di pioggia. Come di cane selvatico. Forse stanno cercando di assaltare l’ espresso.- c’ era da dire che anche Milos Morrigan sembrava dotato di una fervida fantasia. –E poi sta salendo qualcuno sul treno. Sono due… figure. Ma hanno un odore strano. Una è ferma fuori, puoi vederla dal finestrino.-
Il ragazzo si sporse immediatamente, attaccando la fronte al vetro liscio e freddo.
Represse istintivamente un brivido.
Due piccole figure incappucciate, forse a causa del tempo, stavano salendo sull’ Espresso di Hogwarts. Una, in particolare, aveva la schiena rigida e un passo regale. Dietro di lei, invece, c’era qualcuno… o qualcosa.
Dal mantello spuntava una mano liscia e bianca come solo il marmo poteva essere. I capelli che scossi dal vento uscivano dal cappuccio avevano un che di armonioso nel muoversi.
Un’ armonia di bianchi, e chiunque fosse stata quella figura, ora già scomparsa, dopo aver depositato un bacio sulla fronte dell’altra, a Tristan era chiaro che non era umana.
Nessun essere dotato di vita possedeva tale grazia nell’ infuriare della tempesta.
-Hai visto…?- mormorò rivolto al Diurno.
-Il mio olfatto ha sostituito i tuoi occhi… era un odore così strano… quasi di giglio.-
Tristan annuì. Un profumo delicato ed etereo per una figura che ne era la perfetta rappresentazione.
Ciononostante, il treno non accennava a ripartire.
Entrambi i maghetti si agitarono, inquieti, sui rispettivi sedili.
-Sei nervoso…?- ridacchiò Milo, osservando attento i movimenti leggermente tesi ed a scatti dell’ altro, che si limitò ad annuire. –Molto… non riesco a capire come mai non siamo ancora ripartiti.-
Vi furono attimi di incertezza, in cui entrambi si squadrarono, leggermente perplessi.
Poi gli occhi del Diurno lampeggiarono vistosamente. –C’è qualcosa di estraneo qui sopra.- fece allarmato.
-Si, me l’ hai già detto. Ti prego, non inquietarmi.-
-No. Questo è un odore strano. Puzza.-
-Ti prego, niente Orchidee Profumose…- ebbe la forza di lamentarsi.
-Tonto, non hai capito niente. Questo è veramente un cane selvatico. Ed è qui, vicino. Molto vicino.- il tono sottile di Milos fece rizzare i capelli in testa a Tristan, che emise un leggero mormorio di protesta.
Già si immaginava la voce di sua madre.
< Un vero Gryffindor non emette mai mormorii di protesta né di paura! >
-Oddio.-
-Lo hai detto.-
Finalmente, lo udirono distintamente. Un ringhio omicida, rabbioso, e poi due occhi di tenebra li inquadrarono da dietro il vetro della porta dello scompartimento. Erano terrificanti.
Il Diurno fu lesto ad estrarre la bacchetta, ma il biondo lo bloccò.
-Fermo. Siamo maghi minorenni, l’ uso della magia potrebbe costarci l’ espulsione da Hogwarts.- mormorò sottovoce, ripetendo a memoria, senza rendersene conto, le regole che sua madre gli aveva fatto imparare.
Diamine, doveva ancora imparare a recitarle ruttando.
Impossibile sprecare una vita da Gryffindor e da Auror così!
-Va bene. Supponendo che tu voglia sopravvivere per eliminare le O. P., trovami un’ idea decente entro due minuti.-
-Perché proprio due…?-
-è il tempo che abbiamo prima che quel bestione cominci ad assaggiare una delle nostre gambe.- fece caustico, squadrando il cane con aria fortemente dubbiosa. –Forse anche meno, quindi…-
-Ok. Al mio tre, spalanchiamo la porta e gli gettiamo addosso questa coperta. Poi, molto velocemente, ce la battiamo in ritirata.-
Morrigan inclinò un sopracciglio. –Geniale.- brontolò.
-Ma perché diavolo non è ancora arrivato nessuno…- sussurrò Tristan.
Il cane emise un ringhio. Non doveva avere molta voglia di aspettare che due undicenni lo privassero della cena.
-Al mio tre.- disse Milo.
-Va bene…- i muscoli di Tristan erano contratti fino allo spasmo.
-Uno.-
Il respiro pareva non gli uscisse dai polmoni.
-Due.-
Dov’ erano i suoi polmoni…?
-TRE!!- scattarono insieme, protesi verso la maniglia dello scompartimento.

-Expelliarimus!!-
Poco prima che potessero fare qualsiasi cosa una voce femminile dal tono fermo li costrinse a fermarsi.
La sua bacchetta scintillava, come se non fosse stata fabbricata unicamente col legno.
Del cane che poco prima aveva cercato di aggredirli ormai era rimasto ben poco.
Terrificante.
Delicata ed eterea, eppure talmente letale da suscitare un brivido istantaneo in chiunque la guardasse.
Non poteva scorgerne il volto, eppure era così semplice riuscire ad immaginarlo, bello, e contratto dallo sforzo.
La figura incappucciata gli arrivava a malapena al mento, eppure era così dannatamente superiore.
-Tornate nei vostri scompartimenti e fate finta di nulla. Nessuno se ne accorgerà.-
E una voce imperiosa, che colpiva nel profondo, vibrante.
Perfetta.
-Va bene.- Milos rispose per entrambi, strattonando Tristan per una manica. –Vieni, Tri.-
Un attimo dopo erano entrambi gettati sui divanetti, l’ aria sconvolta.
-Perché mi hai tirato via?!- si lagnò il biondino, indignato. –Volevo saperne di più.-
Era chiaro che era rimasto ammaliato dalla figura che si era trovato davanti.
-Tu non capisci.-
-Cosa?-
Ci fu un attimo di pausa, in cui il Diurno lo squadrò come se stesse per mettersi a parlare dell’ acqua santa. Inghiottì rumorosamente, quindi scosse la testa e sorrise.
-Tieniti alla larga da Slytherin, per quest’ anno. Vi sono molte cose che tendono a sovvertire l’ ordine naturale delle cose. Nuovi equilibri devono crearsi all’ interno del sotterraneo.-
La linea della sua mascella era dura, tanto che all’ altro sembrò dimostrare non undici, ma diciassette anni.
-Non capisco.-
-Infatti non devi. Ha ragione tua madre. Gryffindor è l’ unico posto sicuro per te.-
Lo sguardo verde di Tristan si incupì. –Non trattarmi come se non capissi. Non sono stupido.- c’era del livore all’ interno del suo tono. Capiva, finalmente. “Tua madre”. Non lui. Lui no. Non poteva decidere per se.
Quello levò in alto le mani, a mo’ di scusa. –Certo che no. È solo che tu sei il mio primo amico. Non vorrei perderti.-
Il volto di Tristan si distese, così come il suo bellissimo sorriso.
-Anche Lei sarà lì.-
-Intendi la ragazza che ci ha salvati?-
-Si.- Milos annuì, considerando la situazione. –Se quello che ho percepito è corretto.-
-E sarebbe?-
-Non così di fretta. Ho idea che avrai modo e tempo per scoprirlo.-

-E ricordati, Tristan: un vero Gryffindor non mette mai i piedi nel fango, sporcandosi le scarpe nuove di pelle italiana.- la voce di suo fratello, dal timbro altamente ironico, risuonò leggera davanti alle barche che immobili attendevano la salita dei loro temporanei padroni.
Tristan ebbe la decenza di arrossire. Le varie gradazioni di rosso erano fortunatamente nascoste dal buio. Milos ridacchiò sguaiatamente.
-Comunque hai ragione. Tutto quel rosso starà bene con l’ oro della divisa…-
-Chiudi il becco.-
Tre secondi dopo, le sue scarpe nuove di pelle italiana necessitavano di una bella lavata inglese.

Se, all’ età di venti anni avessero chiesto a Tristan qual era stato il momento più significativo della sua vita, la sua mente sarebbe sicuramente corsa a quella cerimonia dello smistamento che lo aveva cambiato per sempre.

I suoi occhi vagavano inquieti sui possibili compagni di casa, o di malefatte, ben attenti a non farsi scoprire in quel assurda operazione di spionaggio. I gesti visibilmente irrequieti, tanto che per ben due volte aveva rischiato di capitolare a terra.
La professoressa McGranitt era passata, sbandierando ai quattro venti il regolamento scolastico.
Non ne aveva ascoltato una sola parola.

Fu lì che la vide.
Inchiodando il suo sguardo addosso ad una bambinetta alta poco più di un metro e cinquanta.
Così smilza, quasi indifesa.
Eppure così eterea, con quelle scarpette nere, e la gonna grigia come il golfino che ne pronunciava appena le forme. Un nastro argento le serpeggiava, proprio come un serpente, fra i boccoli castani luminossimi.
Incontrò il suo sguardo così per caso, per sfida, e capì che il volto che si era immaginato quando l’ aveva vista col cappuccio era semplicemente un’ offesa a tanta bellezza.
Sentì le sue guance arroventarsi, ma non poté far nulla.
Non poteva attingere acqua, per rinfrescarsi, da quelle pozze così azzurre. Così dannatamente perfetta in ogni sfumatura, persino nella posa da regina.
Fu costretto a lasciar cadere il contatto visivo, imbarazzato dalla forza di quello sguardo.
Aveva anche una sorella gemella, notò un secondo più tardi. Più disinibita nei modi, più socievole, con uno sguardo malizioso e un sorriso stiracchiato dolcemente a contorno di un viso altrettanto delicato.

-Lancaster, Lucilla!-
Come un felino che si muove fra gli agnelli, pensò completamente perso nella contemplazione della ragazzina.
I boccoli sfioravano a più riprese la pelle bianca come quella di un angelo. Se non avesse avuto quel espressione così dannata.
Così malinconica.
Così assurdamente perfetta, rarefatta a tal punto da sembrare di scomparire ad ogni attimo.
Il Cappello Parlante fu posato con delicatezza sulla sua testa.
I minuti scorrevano, inesorabili. Lei era sempre lì, ferma, rigida nella posa.
Il suo fiato sembrava evaporare, tanto a Tristan pareva freddo.
Avrebbe voluto sfiorare quella pelle di marmo, ed era sicuro che l’ avrebbe trovata fredda al tatto, liscia come solo la pietra perfetta poteva essere.
Infine dalla pezza strappata uscì un mormorio di assenso.
-Molto bene… se così desideri… SLYTHERIN!!!-
Un colpo prese il cuore di Tristan.
Slytherin.
La casa dei dannati, dei superbi, di coloro che volevano avere successo nella vita.
Lei lo avrebbe avuto.
-Lancaster, Lumia!-
Neppure un battito di ciglia.
-SLYTHERIN!!-
La gemella della Sua Ragazzina corse verso di lei, un bel sorriso sul volto, spensierata e contenta.
Quella che loro avrebbero avuto modo di conoscere nel futuro, solo un’ ombra di quella che correva armoniosa, la gioia più pura negli occhi azzurro scuro.
-Deve essere un vizio di famiglia. Eppure ho sentito dire che loro padre è stato un famoso Gryffindor.- il commento di Milos superò il frastuono generale per colpire le orecchie di Tristan.
-Hai ragione!!- In effetti, considerò, Maximilian dei Lancaster era un uomo famoso nell’ ambiente di suo padre.
-Chissà come mai le figlie sono finite a Slytherin…-
-Forse loro hanno solo scelto la loro strada…- mormorò incredulo.
Per essere stato così cieco davanti a quello che lui voleva davvero.
-McKay, Tristan Nathan!- il suo passo non era così sicuro come lui stesso voleva ostentare.
Rischiò per la seconda volta una caduta sugli scalini che lo portavano fino allo sgabello.
Poi il buio calò sotto i suoi occhi.
-Allora, vediamo… -
-Salve signore…-
-Un altro McKay! Dannazione, non so più quanti ne ho visti in passato!!-
-Quindi sa bene cosa fare, giusto?-
-Direi di si, giovanotto!! Non dovrei, per caso?-
-No, niente, mi smisti pure a Gryffindor.-
-Non mi sembri molto convinto… c’è qualcosa forse che ti turba?-
-Nulla, signore.-
-Ah!! Gryffindor, per chi ha coraggio nelle vene e un orgoglio incontenibile!! Hufflepuff, i custodi della lealtà della famiglia, per chi ha fede nei primi valori!! Ravenclaw, colei che detiene la saggezza all’ interno di questa scuola!! Slytherin, per chi non vuole mollare. Qui si riuniscono coloro che desiderano ardentemente realizzare i loro sogni. La casa per chi non accetta di essere al secondo gradino. Personalmente, la mia casa preferita, ma non dirlo a nessuno.-
-Ma Slytherin è malvagia, signore.-
-E cosa mai ti fa pensare una cosa del genere, Tristan McKay?-
-Tutti i maghi oscuri di questo secolo hanno studiato a Slytherin.-
-McKay!! Non essere così sciocco da farti condizionare da superstizioni vecchie più di me!!-
-Signore?-
-Nessuna casa è malvagia. È la magia che sceglie il mago, così come il mago decide per il proprio destino!! Vuoi sapere perché tutti i maghi oscuri sono stati creati a Slytherin?-
-…-
-Slytherin è la via per il successo. La Casa che da più possibilità di scegliere!! È solo questo che ne ha fatto covo di malvagi!!-
Tristan chiuse gli occhi, paralizzato.
Slytherin non era malvagia, la Casa della Sua Ragazzina non era malvagia, lei non lo era. Non era falso il sorriso che aveva visto negli occhi della sua gemella. Non era falso l’ orgoglio che aveva visto nei suoi occhi di un azzurro incredibile.
Non era falsa la felicità per essere state smistate in quella casa.
Loro avevano deciso.
Lui voleva decidere.
Voleva gridare al mondo che voleva diventare grande. Con la Sua Ragazzina.
-Signore…? E se io scegliessi una Casa per un motivo?-
-Ci sono delle scelte, Tristan McKay, che sebbene prese da piccoli, ci condizionano per tutta la vita. Raramente ci arrischiamo a prenderle, e raramente sbagliamo.-
-Certo, Signore.-
-Allora, ragazzino, cosa devo fare con te…? Vuoi avere la coscienza pulita con tua madre e tuo padre?-
-Vede, Cappello Parlante, la famiglia…. Io volevo tanto essere Gryffindor… lei capisce…-
-Dunque?-
-Per favore, mi metta a Slytherin!!!!-
-Ne sei sicuro? Sei pronto?-
-Pronto come uno Schiopodo Sparacoda che sta per gettarsi in acqua!!!-
-Tristan?-
-Si Signore?-
-Gli schiopodi Sparacoda vivono nel fuoco.-
-Appunto.-
Il Cappello tremò un attimo, ridacchiando. –In fondo, quando mai siamo sicuri di qualcosa?- fece mesto.
-E così sia, Tristan McKay!! SLYTHERIN!!!-

Quando la professoressa McGranitt gli tolse il cappello dagli occhi, una specie di buco nero di creò intorno alla Sala Grande.
D’ un tratto, Tristan divenne consapevole di dover modificare la scala delle priorità per quel anno.
Primo: doveva capire come evitare un infarto precoce ai danni di sua madre.
Secondo: fare altrettanto con nonne e zie.
Terzo: cambiare tutti quei dannatissimi leoni in serpenti.
Quarto: insegnare al suo corvo a rispondere al nome Serpens, e non più Leo.
Quinto: trovare un modo soddisfacente per neutralizzare una Strillettera nel giro di due ore.

Le Orchidee Profumose scendevano solo al sesto posto.




 
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COMMENTI:
Trovato 1 commento
igraine - Voto: 24/03/21 15:54
Esiste un continuo?
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