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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: L`ANGE AMOUREUX
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: petit-ange galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/11/2002 18:45:18 (ultimo inserimento: 09/11/02)

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CAPITOLO PRIMO
- Capitolo 1° -

I.
Melania e Chiara si erano incontrate la prima volta ad un corso quando entrambe frequentavano ancora il Conservatorio di Firenze, la loro città natale.
La musica era, per Melania, il solo motivo che la faceva sperare in un mondo migliore; fin da bambina la cercava, nei momenti belli e brutti della vita, quando si sentiva triste o sola. Poi, un giorno, le si presentò l’occasione di una vita: frequentare il Conservatorio. Naturalmente sua madre non era d’accordo: senza un motivo apparente, odiava i musicisti, e non le avrebbe mai permesso di diventare una della categoria. Li riteneva “pinguini in livrea, che si mettono in mostra per due soldi e un niente in fama, senza cultura e nessun senso pratico”. Se non fosse stato per suo padre e per il suo buon cuore (e soprattutto per l’influenza che aveva su sua madre), di certo Melania non avrebbe mai varcato il portone della Scuola di Musica Statale, che ben presto divenne la sua seconda casa. Aveva tredici anni e, secondo il suo maestro, “un’inclinazione all’arte e al bello non comune”.

L’ambiente era solenne, e maestoso, come s’addice al luogo che meglio rappresenta il desiderio di godere delle piccole cose, d’emozioni appena accennate, di una voglia remota del cuore che si esprime solo nelle corde…
Naturalmente, non tutte le lezioni di violoncello erano un idillio: molte volte la giovane Melania saliva lo scalone con il cuore gonfio d’emozioni contrastanti, tra la gioia estrema per l’onore di prender parte alla Musica e quel senso d’inadeguatezza che si riversava con tutta la sua potenza nelle mani, tremanti e sensibili, che davanti al maestro non concludevano nulla d’accettabile, soprattutto per lei che non si perdonava il minimo sbaglio.
Quante volte aveva percorso il cortile, il corridoio, oltrepassando la segreteria, la biblioteca, il salone dei concerti, dove, un triste pomeriggio di novembre, conobbe Chiara.

Fra loro, soprattutto per l’idea che Melania s’era fatta dell’amica, di tre anni più grande, non era scoccata quella scintilla che invoglia le persone a vedersi una seconda volta, per conoscersi. Il discorso, durante una di queste lezioni-concerto, era caduto sul significato profondo del termine “Musica”. C’era chi pensava alla musica come un mezzo di comunicazione, e ai musicisti come messaggeri –moderni Ermes-, e Chiara avvalorava questa tesi, sognando un futuro da orchestrale o da solista.
La parte contrapposta sosteneva che la musica è un “affare privato”, un piacere personale per i pochi che la possono capire ed apprezzare appieno: i concerti, semmai, sono una sorta di “pubblicità” per invitare allo studio approfondito di quest’arte. Melania era combattuta fra le due tesi, non approvandone in toto nessuna delle due, ed ascoltava attentamente gli argomenti di tutti, avendo però la consapevolezza, in cuor suo, che non avrebbe mai intrapreso una carriera da concertista. Per le sue opinioni, riteneva Chiara uno di quegli “animali da palcoscenico” che non amavano la musica, ma la fama che la musica ad un certo livello comporta. Tuttavia, quando le si presentò l’opportunità, non rifiutò di parlarle, e da quel pomeriggio le loro vite non si separarono più, anche se Mela, che non riusciva più a vivere in casa con sua madre, decise di trovarsi un posto da impiegata, mettendo da parte i soldi per andare a vivere in affitto, al contrario di Chiara, che subito dopo il diploma ebbe l’occasione di diventare secondo contrabbasso di un’importante orchestra.


II.
La loro era un’amicizia particolare: le univa una strana complicità che nemmeno loro riuscivano a spiegare; un filo impercettibile le aveva unite quel giorno, ed era destinato ad unirle per sempre, come l’amore di una madre per il proprio figlio non diminuisce se questi è lontano. Se non potevano vedersi spesso, si scrivevano lettere colme d’affetto reciproco, ma preferivano di gran lunga vedersi, perché il solo stare seduta l’una di fronte all’altra aveva un effetto terapeutico sul loro umore.
Erano così profondamente diverse che nessuno, la madre di Melania per prima –che proprio non sopportava l’amica della figlia, per “il temperamento troppo libertino e per la brutta influenza che ha su di te, Melania”-, avrebbe scommesso in un loro rapporto duraturo; e la loro diversità, quasi agli antipodi, era forte sia fisicamente sia nell’animo. Chiara era biondissima, dai tratti scandinavi, un grazioso nasino, piccolissimo e a patata e un sorriso contagioso; amava profondamente la vita con tutti gli ostacoli che poteva incontrare, voleva provare tutto, conoscere più persone possibili ed imparare da loro ciò che avevano da offrirle, forse con fare un po’ indifferente ma profondamente onesto.
Melania aveva grandi occhi scuri, che brillavano nel suo volto come stelle, e lunghi capelli neri ed ondulati, che spesso teneva raccolti, “per praticità”; la sua voglia di vivere, al contrario dell’amica, era, in una parola, un vulcano inesploso, ma non per questo pericoloso.
Fin da piccola le era stato insegnato a “comportarsi bene”, a non attirare l’attenzione su di sé e a “non far fare brutte figure alla mamma”… I suoi pensieri più profondi, probabilmente, non li aveva mai espressi per non urtare la sensibilità altrui, reprimendo così la sua personalità; era un animo gentile, riservato, come quelle damine ottocentesche pallide e fragili, timorate di Dio, in perenne attesa di un uomo protettivo. Amava stare in compagnia degli amici di sempre, forse perché faticava a stringere nuovi rapporti; proprio per questo, fino ad allora, ventisei anni da compiere, aveva avuto due soli fidanzati, il primo quando era ancora una liceale dell’ultimo anno, piena di speranze per l’avvenire, e l’altro…la loro storia era appena finita.
Ancora non si spiegava come avesse potuto mettersi con uno del genere: era un bel ragazzo, questo è vero, ma si era lasciata trasportare soprattutto dal suo fascino di dongiovanni. L’aveva conosciuto per caso nella tavola calda, sotto il suo ufficio, in cui pranzava abitualmente; fu lui a proporsi per primo, chiedendole se poteva sedersi al tavolo con lei, giacché non c’erano posti liberi. Stupidamente acconsentì, ascoltando più il cuore che la mente: iniziarono a vedersi con regolarità, ma da subito sentì che la loro storia non poteva durare, Biagio era troppo libertino, lei troppo gelosa ed esigente. Desiderava un ragazzo serio, con cui condividere tutto, più amico che amante; invece Biagio era chiaramente più interessato a provare più ragazze possibili, noncurante dei loro sentimenti. Il suo pregio maggiore, che gli consentiva il successo, era la retorica: poteva incantare chiunque, con le sue belle quanto vuote parole, promettendo un amore da film ma smentendo tutto quanto con le azioni. E lei, Melania, quella volta ci cascò in pieno. Si fidava di quel ragazzo, le piaceva davvero tanto, sarebbe stata disposta a qualunque cosa per lui. Poi una sera di dicembre, pochi giorni prima di Natale, la chiamò perché doveva parlarle: nel giro di cinque minuti aveva distrutto un anno d’amore, con poche e sommarie spiegazioni –non scuse, spiegazioni- sulla fine della loro storia, la passione non c’era più, era diventato un rapporto troppo serio, non dovevano correre e menzogne di questo genere. Il vero motivo si venne a sapere di lì a poco: Biagio vedeva un’altra quando ancora stavano insieme, una ragazzina appena maggiorenne, ma sicuramente molto più “disponibile” di lei.
Inutile dire quanta rabbia abitava il suo cuore: in realtà non portava rancore a Biagio, lui era stato coerente con se stesso: non poteva perdonarsi di essere caduta in una trappola così grossa, doveva capirlo subito che Biagio non era l’uomo della sua vita. In fondo, si meritava tutto quel dolore, per essere stata tanto ingenua e sprovveduta.

 
Continua nel capitolo:


 
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