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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: InuYasha
Titolo Fanfic: LA BILANCIA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: reamao galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/01/2006 16:43:33 (ultimo inserimento: 21/06/06)

2 ragazze uguali nella loro diversità, che sorreggono la bilancia degli equilibri, tra inuyasha e sesshomaru.
 
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DUE VITE A CONFRONTO
- Capitolo 1° -

Bellissima gente amante delle ff, ecco a voi una nuova storia su inuyasha e tutti i sui personaggi (o quasi!)!!
Questo racconto parla di due ragazze, amiche separate da giovani, che si troverano a sorreggere la bilancia tra Sesshomaru e Inuyasha; in questo primo capitolo si parlerà delle diverse vite che le due seguono.
Vostra Reamao!
p.s. i personaggi (tranne quelli da me inventati!) appartengono a Rumiko Takahashi!!



Che schifo di giornata...pensò Oney scendendo dal letto, e facendo penzolare i piedi, per alcuni minuti, poi si cambiò in pochi attimi, scese a fare colazione, discusse amabilmente con i genitori e uscì velocemente.
Si fermò davanti ad un'edicola, sfogliò alcuni giornali e ne prese uno a caso, per poi dirigersi a scuola.
Sono in anticipo...sempre schifosamente in anticipo! Osservò la sua immagine riflessa in una vetrina. Una ragazza di 20 anni con dei lunghissimi capelli di colore rosso sangue, ricci come le fiamme vermiglie che danzano nei camini le sere d'inverno, che ricadevano attorno ad un viso dalle fattezze marcate ma sensuali, la guardava con due occhi grandi e splendenti del colore delle ametiste, ma nei suoi occhi non brillava una viva luce violetta, ma il viola splendente di quegli occhi sembrava invecchiato molto velocemente, si era scurito come quello di gioielli antichi e preziosi, e l'energia travolgente che aveva quel giorno lontano si era trasformato in uno stanco languore, in un torpore malinconico e avverso. Un tatuaggio sul lato sinistro della faccia la rendeva un'attrazione per tutti. Il suo corpo era un'opera d'arte! Sotto la pelle bianchissima guizzavano muscoli ben foggiati, alta un metro e settanta, con il seno giusto per la sua figura. Aveva un passo elegante e silenzioso, e un carattere simile al vento.
Tutti la chiamavano Oney perché all'apparenza sembrava dolce e indifesa tanto da sembrare come il miele, ma lei era tutt'altro che dolce e comprensibile! Il suo vero nome era Oneide Artemis Juno ed era campionessa nazionale di Kung Fu, vincitrice di varie gare di scherma medievale e insegnante di Tai Chy Quan. Molti anni prima era stata dolce e comprensiva, ma dalla morte del suo venerato maestro del tempio, si era chiusa in se stessa; era stata nominata al tempio come Sacerdotessa e ora si ritrovava là quasi tutti i giorni, per lavorare con i giovani alunni o aiutare gli anziani maestri.
Indossava un abito settecentesco lungo, aderente sopra, la gonna abbastanza larga, è scollato; le maniche erano strette ai polsi da dei laccetti neri, con alcune roselline nere, molto lunghe.
Abitava in una casa insieme ai suoi genitori adottivi, provvista di un grande giardino, ove a lei piaceva andare a giocare con il suo 'cuccioletto': ella si era presa cura di una piccola tigretta, che crescendo aveva rivelato una pelliccia di colore nero, e venne chiamato Seth.



Dall'altra parte della città...
"Aaaaaaaaaaaah! Ritardo... ritardo.. ritardo..." urlò Lela, saltando velocemente giù dal letto. Si vestì in fretta e furia, corse a prendere un toast dalla colazione, baciò i genitori, e corse fuori velocemente.
Si fermò davanti ad un'edicola, prese un fumetto e corse velocemente a scuola, ove le sue compagne l'aspettavano davanti al cancello d'entrata.
"Lela sei di nuovo in ritardo!" scherzò una di queste.
"Non è vero Val!! oggi sono in perfetto orario." Asserì lei.
La giovane si fermò vicino alla fontana commemorativa e si specchiò nel riflesso dell'acqua: era una ragazza di 20 anni, bella nella sua stranezza, con dei lunghi capelli fucsia dalle punte nere, come l'alba nel suo massimo splendore, quando è ancora legata alla sua amata notte, e una frangettina lunga le copriva in parte gli strani occhi dello stesso colore dei capelli, con le pupille lunghe, simili a quelle dei gatti, lanciando sguardi carezzevoli e ammalianti.
Dai capelli perennemente legati o acconciati in modo stravagante, spuntavano due orecchiette a punta, interamente ricoperte da percing e ne aveva uno sotto il labbro, al naso e uno sul setto nasale; sul lato destro del viso aveva, vicino all'occhio, un tatuaggio tribale, come uno di quegli astronauti alieni, pieni di disegni e orecchini, dei fumetti, uguale a quello della giovane Oney. Amava portare le unghie lunghe, perché diceva che il mondo non si piò graffiare senza, e vestiva con pantaloni larghi e strette maglie di ogni tipo; aveva un carattere vivace e allegro, ma era anche ambigua e la sua anima era perennemente pervasa da una rabbia repressa, che difficilmente mostrava.
Il suo corpo aveva le fattezze perfette delle sculture e le dolci curve del corpo si adattavano perfettamente a tutto l'insieme.
Il suo nome era Laila Young, ma tutti preferivano chiamarla Lela; essa era insegnante di
kick boxing e cintura nera di karate, oltre che suonava il basso in una band.
La campanella della scuola suonò, e tutti gli studenti presenti nel giardino entrarono compostamente, dirigendosi verso le loro aule; anche lei abitava in cuna grande casa con giardino e gli unici animali da compagnia erano un merlo indiano di nome Alkar e un cane bianco, molto più grande di un normale cucciolo da compagnia, dato che la sua testa arrivava alle costole della padrona, ed il suo nome era Shiva.

Lela si dondolava stancamente sulla sua amaca nel giardino godendosi le carezze dei bei raggi caldi del sole, mentre Alkar era acciambellato sulla sua pancia e Shiva le faceva la guardia accucciata li vicino, scrutando in ogni momento il giardino con i suoi occhi ambrati.
"Questa sera c'è una festa al vecchio tempio della Tigre Nera... cosa ne pensate se facciamo una capatina a vedere cosa fanno quelle mummie con i loro allievi?" chiese la ragazza accarezzando le piume del merlo, che gracchiò infastidito, volando verso i rami più alti di un albero.
Shiva alzò velocemente la testa e osservò la padrona con i grandi occhi chiari, come a dirle: Per me non c'è problema!
"Sapevo di poter contare sulla tua presenza!"
Laila scese dall'amaca e si fece trasportare in groppa al cane fino alla casa bianca, che si stagliava come una grande nuvola nivea, tra il verde degli alberi; si avviò verso la sua camera e al suo interno prese alcuni abiti, andando a cambiarsi nel piccolo bagno adiacente.
Quando uscì il grande cane bianco abbaiò contento.
La giovane dai capelli fucsia si avvicinò allo specchio e con un sorriso disse:
"Hai ragione, Shiva! Questi abiti sono stupendi..."
Vestiva di un bustino di pelle nera, che le fasciava dolcemente i fianchi e le metteva in risalto il bel seno, con una scollatura vertiginosa, mentre un paio di comodi pantaloni le rivestivano le gambe perfette con una stoffa elastica, adatta ai movimenti veloci e improvvisi, dello stesso colore del corpetto; ai piedi calzava degli stivali alti al ginocchio, col tacco semi alto e la punta.
Si avvicinò furtivamente alla bacheca della armi del padre, ove teneva qualunque tipo di arma da taglio e da lancio; aprì le ante di legno e osservò i vari oggetti, scartandone uno dopo l'altro.
"La spada a doppia mano è troppo pesante... il fioretto è troppo leggero... l'arco è lento... la balestra non ha custodie... la lancia è ingombrante... le mazze sono troppo grandi... il bastone è troppo lungo... i coltelli da lancio sono futili... la katana in un inseguimento non va... ma cosa posso prendere!?" sbuffò stizzita, non trovando nessuna arma giusta alle sue esigenze.
Shiva si avvicinò e con una zampa grattò una scatola di legno chiaro, lunga quanto il suo avambraccio, poi annusò un pugnale malese appoggiato li a fianco.
Lela prese tra le mani la scatola e l'aprì: al suo interno si trovavano un paio si Say gemelli, rari e affilati, con disegni e decorazioni preziose.
"Questo era un regalo da parte di una mia amica... più che un'amica era quasi una sorella, e come patto ci fecimo tatuare lo stesso disegno sulla faccia, ma al momento della separazione qui in Giappone, lei mi regalò questo paio di say e io le regalai un kimono che feci fare apposta per lei! Da allora me ne ero dimenticata..."
Prese in mano le due lame e le fece vorticare attorno al volto, poi prese il pugnale e lo assicurò alla cintura dei pantaloni, mentre i due 'gemelli' vennero messi in due fondine ascellari.
"Ottima scelta, Shiva!"
Prese un kimono e alcuni abiti e li mise in uno zaino: una strana sensazione gli diceva che doveva prendere dietro tutta quella roba.

Oneide camminava lentamente per i corridoi del tempio, accompagnata dalle voci degli alunni che facevano esercizio nei vari giardini, e lo scandire del tempo dell'orologio ad acqua, era diretta verso la camera commemorativa del suo Sensey.
Indossava uno youkata invernale, di un colore grigio argento, con l'emblema del tempio; i capelli erano legati in una coda bassa e sulla sua testa era posato il diadema, che la riconosceva come sacerdotessa del tempio, da cui scendevano dei pendenti dorati.
Entrò nella stanza e si inginocchiò davanti alla foto del maestro, poi accese alcuni bastoncini di incenso e aprì una custodia di legno davanti simulacro, ove vi era riposta una spada dalla lama del colore della notte, affilata e dall'aura maligna.
"Questa fu la spada dell'uomo che ti uccise, maestro... e io farò lo stesso con lui trafiggendogli quel cuore marcio!"
Alcune lacrime argentate le scesero lungo le guance, prese l'arma e la nascose in un pannello scorrevole del pavimento.
Quella sera ci sarebbe stata la cerimonia commemorativa per il suo maestro, che aveva dato la vita per salvare quel tempio; avrebbe indossato la sua tuta da combattimento e avrebbe nascosto la spada sotto il kimono da celebrazione.

Oneide apriva la fila del corteo, indossava un kimono molto pregiato con il disegno del mare oscuro sormontato da un bellissimo sole lucente, alcuni alberi si affacciavano da una scogliera e oltre il mare si alzavano nere montagne dalle cime bianche... esso era il ricordo della sua amata Italia! Un'amica molto speciale lo aveva fatto confezionare apposta per lei dicendole che se lo avesse indossato avrebbe ricordato le terre italiane e che si sarebbe ricordata di loro due, e infatti quel kimono portava ancora l'odore del suo mare e dei suoi agrumi, non ché delle giornate trascorse con la sua migliore amica!
Sulla testa portava un diadema d'oro, con disegni più complicati dell'altro e teneva stretto un velo bianco di seta, che copriva le rosse chiome e il tatuaggio vicino all'occhio; tra le mani stringeva un rosario buddista di colore nero. La sua voce si alzava dolce e cristallina, come il vento che scuoteva gentilmente gli acchiappa sogni, facendo risuonare il vuoto di infinite note limpide, e se si ascoltava attentamente lo si poteva sentire parlare.
Sentiva la spada sbattere contro la sua coscia e il tessuto della divisa da battaglia sfregare contro quella del kimono ad ogni passo; sapeva che quel supplizio sarebbe cessato tra poco, ma avrebbe sopportato per il suo maestro e la sua memoria.

Laila osservava seduta a cavalcioni di un ramo il lungo corteo della cerimonia.
"Sembrano tutte delle bellissime bambole di porcellana, pronte a rompersi con nulla... e quella donna davanti a tutti sembra la più fragile!" bisbigliò puntando la sua attenzione su Oneide.
A fine rito il Sommo Sacerdote la richiamò nella Sala delle Cerimonie.
"Lady Juno!" disse lui invitandola a sedersi.
"Sommo Sacerdote Oyshin!" disse lei sedendosi.
"Volevo che tu sapessi che il tuo precettore deve essere felice che tu sia diventata Sacerdotessa e spero che tu sai felice dello stesso! Non chiudere il tuo cuore alle emozioni, dolce Sacerdotessa..."
"Certo, signore."
Oneide abbassò il capo, ringraziò il sommo sacerdote e andò nella stanza del maestro, si tolse il kimono e lo mise insieme ad un altro in uno zainetto, uscì silenziosamente dalla camera e scomparve nella notte.

Girava ormai da ore per il bosco e non aveva ancora trovato nulla, ma sapeva che l'assassino veniva ogni cerimonia e subito dopo spariva nel bosco; girò ancora per alcuni minuti, fin quando non vide che davanti a lei vi era un portale dalla luce azzurra accecante. Andava contro ogni suo insegnamento entrare in quel varco, ma sentiva che presto si sarebbe chiuso e che vi sarebbero stati spiegati molti interrogativi, e le sua sensazioni erano sempre giuste.

 
Continua nel capitolo:


 
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