torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: UN INCUBO...
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: nimphadora galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 20/01/2006 18:16:37

hermione si rizzò in piedi alla centesima domanda della signora weasley su cosa lei e harry stessero facendo nella stanza di ron, e prese ad urlare. .
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
UNICO
- Capitolo 1° -

Un incubo...
Ecco come la sua vita poteva essere sinteticamente definita.
Un avvicendarsi di disgrazie. Di solitudine.
Di odio.
Frustrazione.
La testa si faceva pesante e la cicatrice doleva.
Bruciava come mai aveva fatto prima di allora. Anche se colui da cui il dolore, e la stessa cicatrice, scaturivano era ormai un ricordo lontano.
Era sparito.
E insieme a lui, tante altre persone.

Era tutto accaduto così velocemente che era pressoché impossibile ricostruire i fatti.
Molti avevano chiesto delucidazioni, ma non aveva mai saputo chiarire le idee a nessuno.
Neanche le sue erano chiare.
Avevano insistito con l’unico risultato di provocare una crisi isterica alla ragazza che sedeva accanto a lui.
Hermione si rizzò in piedi alla centesima domanda della signora Weasley su cosa lei e Harry stessero facendo nella stanza di Ron, e prese ad urlare.
A quelle urla si aggiunsero le furenti parole di Ron che, rosso in viso e in zona orecchie, si era avvicinato, pericolosamente a Harry e Hermione.
Tra la confusione generale e le risatine dei gemelli, un uomo spuntò fuori da un vorticare di fiamme verdi dal camino.
“Arthur!” la signora Weasley raccontò l’accaduto al marito. Di come fosse andata a chiamare “quei due” per avvertirli della cena trovandoli avvinghiati sopra il letto del figlio. Di come avesse urlato per riscuoterli dalla passione. e, infine, lo informò degli ultimi risvolti: la scenata di Hermione.
“Ingrata!” urlava la donna, quasi come se la ragazza non fosse neanche presente “accolta come una figlia ed è così che ci ripaga!”.
“Molly cara, ragiona. Sono solo ragazzi” il signor Weasley stava tentando di placare l’ira della moglie parlando col tono più dolce che possedesse. “Infondo cosa stavano facendo di male? Anche noi alla loro età…” sussurrò infine aspettando, coraggiosamente, una risposta.
“Erano sul mio letto, papà!” urlò Ron al padre, voltandosi con uno scatto verso l’uomo.
“Ti da fastidio che fossimo sul tuo letto?! Ron sei un idiota!” Hermione brandiva un dito contro il ragazzo che ora la fissava esterrefatto.
“Cos… cos’altro dovrebbe darmi fastidio?” domandò impettito.
Harry, che fino a quel momento era restato in silenzio ad ascoltare, parlò per la prima volta.
“Forse ti da fastidio che qualcuno si sia accorto che è una ragazza prima che lo facessi tu” disse in un soffio.
Ron aprì e chiuse la bocca diverse volte poi, dopo essere sbiancato violentemente, concluse dicendo “ Bene… anzi benissimo. La tua ambizione, Hermione, è ceca a quanto pare. Non ti bastava Krum per le tue smanie di onnipotenza, vero? Alla tua lista vuoi aggiungere anche lui, eh? Cosa gli hai fatto bere, una pozione confondente? Perché nessuno sano di mente starebbe con… con un insopportabile…”.
Ma Hermione corse via appena prima che Ron riuscisse a completare la frase.
Corse verso una folta chioma di lunghi capelli rossi.
Ginny aveva sentito tutto.

I giorni che vennero dopo furono orrendi. Orribili, a dir poco.
I Weasley avevano perdonato i due ragazzi, ma Ron non era propenso.
Ginny non parlava più con nessuno.
È strano sentirsi tanto soli quando si è attorniati da così tanta gente.
Eppure Harry poteva ancora contare su qualcuno. Hermione era lì. Pronta ad ascoltarlo e a non fare inutili domande. A proteggerlo dagli attacchi di Ron.
Non aveva mai pensato a lei come ad una vera ragazza. Insomma, lo sapeva, ma… la guardava come se fosse una sorella. Una confidente.
Erano cresciuti insieme.
Ed ora faceva uno strano effetto stringerla e posare le labbra sulle sue. Sentire l’odore dei suoi capelli. Arrossire nel guardarla e scoprire che non è più una bambina. Non ha più undici anni. Non ha più i denti sporgenti e quella voce leziosa.
No.
Ora era sicura di sé. Padrona delle sue emozioni e delle sue azioni.
Aveva lottato con tutta se stessa per reprimere i sentimenti che provava per Harry.
Per amore di Ron e di Ginny.
Per proteggerli.
Ma quando si vive in tempi del genere non hai la certezza di esserci il giorno dopo. Allora hai fretta.
E lei, risoluta come sempre, era entrata nella stanza dove Harry e Ron dormivano, aveva chiuso la porta alle sue spalle e…
Aveva parlato incessantemente per due ore filate.
Era arrossita vistosamente.
Aveva balbettato in preda al panico quando aveva alzato lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi.
Infine, lui si era fatto avanti e lo aveva fatto.
La baciò.
Un po’ perché era un desiderio intimo.
Un po’ perché Hermione sapeva essere logorroica quando si metteva di impegno.

Ma Harry sapeva di non essere destinato ad un lieto fine, ad un “e vissero felici e contenti”.
Il suo destino era stato profetizzato. e lui non poteva far altro che attendere… attendere che le parole che la Cooman aveva pronunciato quel giorno alla locanda Testa di Porco prendessero a concretizzarsi.
Era lui l’unico in grado di sconfiggere l’Oscuro Sire. Come e quando ancora non lo sapeva, ma era il Prescelto.
Bambino che è sopravvissuto… Prescelto.
Per tutti non era altro che un idolo. Non come un componente delle Sorelle Stravagarie, bensì come un… un volto rassicurante. Un volto senza nome.
Lui era Harry Potter. Non era altro che un normale mago diciottenne. Un comune ragazzo che aveva avuto la sfortuna di perdere i genitori da piccolo. Un bambino che era cresciuto, per undici lunghi anni, nella casa degli zii.
Al suo arrivo ad Hogwarts non immaginava minimamente ciò a cui sarebbe andato incontro.
Aveva visto morire persone innocenti.
Vivida nella mente si materializzava l’immagine di Cedric. Riverso in terra. Ucciso da quel lurido traditore. Peter Minus.
Poteva, sforzandosi, rivedere Sirius varcare il Velo dell’Arco. E morire. Semplicemente andarsene. Bellatrix. Era stata lei a causare quella morte così assurda. In questa guerra non ha importanza il sangue. La sola cosa importante è uccidere per non essere uccisi…
Poi c’era Silente. Mentore e protettore. Amico e professore. Persona fidata. Un uomo la cui priorità sembrava essere dare una possibilità a tutti. Cercare del buono là dove vi si scorge solo marcio. Ucciso da colui in cui riponeva maggiore fiducia. Da colui che aveva protetto sotto le sua ali. Si fidava ciecamente di Piton. E lui aveva semplicemente levato la bacchetta e pronunciato quell’incantesimo.
Aveva scagliato l’anatema che uccide.
“Avada Kedavra”.

Era strano che la morte che gli causava meno dolore fosse quella dei suoi genitori. Eppure era così.
Non li aveva conosciuti. Aveva sentito la voce di sua madre durante una partita di Quidditch al terzo anno. I Dissennatori avevano varcato il confine che Silente aveva imposto scatenando in Harry una serie di flashback in cui udiva sua madre dialogare con Voldemort.
Ma si rese conto che quelle erano le ultime parole di Lily Evans solo dopo che su ripreso dallo shock.
Si era svegliato in infermeria e aveva ricollegato tutto. Ricordava le ogni singola parola… e forse quell’atto di estremo amore era la cosa che lo faceva soffrire di più.
Il Signore Oscuro non avrebbe ucciso la donna se lei non si fosse messa in mezzo.
Sarebbe stata ancora viva se non lo avesse amato così tanto.
Ma la protezione che lo rendeva invulnerabile agli attacchi di Lord Voldemort era stata aggirata.
E sulla terra non c’era più nessuno capace di un sacrificio simile. La protezione non poteva essere rinnovata. E lui… lui non aveva possibilità di sconfiggerlo.

Ma Harry non sapeva… non era cosciente dei piani che altri avevano disposto per proteggerlo e per renderlo abbastanza forte da poter affrontare Voldemorte come suo pari.
Che l’unica cosa di cui si sarebbe dovuto munire erano coraggio e forza di volontà… e un pizzico di buon senso.

La lotta fu estenuante. Dura.
Stremato.
Il suo stato fisico era duramente provato, ma sapeva di dover trovare il coraggio. La lotta non era che all’inizio.
Erano solo Mangiamorte quelli con cui stava duellando.
Solo le sue pezze da piede.
Li aveva mandati all’avanscoperta, a cercarlo.
E lo avevano trovato fin troppo facilmente.
Alla Tana.
Ginny li aveva visti arrivare in massa dalla finestra della cucina.
Era corsa per tutta la casa a dare l’allarme.
Il Signor Weasley, raccogliendo tutto il coraggio di cui era a disposizione, corse fuori insieme a Malocchio e Tonks.
Lo seguirono Bill e Remus.
In casa, con una tremante Signora Weasley, rimasero Harry , Ron, Hermione, Ginny, Fred e Geroge. La donna teneva stretta la figlia. Hermione gemevaa convulsamente. Ron era pallido come non mai.
Tutti tendevano le orecchie come per carpire il suono che avrebbe dato inizio alla battaglia.
Appena udirono Tonks urlare “Expelliarmus!” seppero che era meglio riscuotersi e tenersi pronti.

Harry stringeva la bacchetta così forte che il sangue pareva non circolasse più. Sarebbe corso fuori se Hermione e Ron non l’avessero bloccato afferrando il suo mantello.
“Harry no…” sussurrò la ragazza con voce flebile.
“Non fare lo sciocco… dobbiamo aspettare” concluse l’amico tremando quasi impercettibilmente.
Allora doveva fare questo, aspettare.
Aspettare cosa, poi?
Che gli altri morissero per proteggerlo?
Non poteva permetterlo. Non poteva di nuovo accadere. Avrebbe urlato se ne avesse avuto la facoltà.
“Dobbiamo aspettare…” rispose lentamente ai due amici.

Qualcuno fu scaraventato con veemenza nella cucina dei Weasley. Sentirono la porta abbattersi. Il corpo scivolare in terra… nessuno aveva il coraggio di andare a vedere cosa stesse accadendo.
Harry, velocemente, si districò dalla presa di Hermione e Ron e corse in direzione del rumore.
Vide, riverso in terra, un alta e slanciata figura dal mantello nero. Il cappuccio sulla testa e, poco lontano dal baraccio che poggiava inerme sul freddo pavimento di pietra, la bacchetta.
La prese e rivoltò il corpo con la punta del piede, così da renderne visibile il volto. Il cappuccio scivolò dal capo rendendo visibile una fluente chioma di capelli castani.
Era Bellatrix, l’assassina del suo padrino.

Fu riscosso dalla baraonda di pensieri che convulsamente fiorivano nella sua mente dalle urla della Signora Weasley che l’ammoniva di allontanarsi da dove si trovava. Lì era visibile.
Ma non lo ascoltò, bensì corse fuori. Era destinato a quello, dopotutto.
Prima di varcare la soglia udì Ron dire alla madre di nascondersi e che lui sarebbe andato con Harry.

Era consapevole che sia Ron che Hermione erano in grave pericolo. Che rischiavano la morte, ma non poté non essere felice di averli ancora una volta uniti al suo fianco. Sentiva di essere più forte, come se nuova linfa vitale lo stesse ricostituendo.
A testa alta andarono in aiuto dell’Ordine.

La scena che gli si parò dinanzi agli occhi aveva dell’incredibile.
I Mangiamorte, in numero nettamente superiore, combattevano in ranghi serrati scagliando anatemi a destra e a manca.
Sembravano attenti a coprire qualcosa. Come se dietro quelle schiere vi fosse…
Senza farsi notare da nessuno, Harry raggirò gli uomini e la battaglia.
Come aveva sospettato.
In fondo lo sapeva che sarebbe successo, prima o dopo.
Non poteva dire che tale certezza lo rassicurasse in qualche modo in quel momento ma…
Non era stata una sorpresa.

In tutta la sua rinnovata grandezza si ergeva la figura di Lord Voldemort. La faccia serpentina era scattata verso il trio ancora prima che si rendessero vagamente visibili.
Avrebbe voluto intimare agli amici di andarsene, e dopo quel giorno si pentì amaramente di non averlo fatto.
“Harry!” sibilo in preda all’eccitazione “quanto tempo!”.
Gli occhi iniettati di sangue lo fissavano e sembravano attraversarlo. Una forte fitta trafisse la cicatrice sulla fronte. Era pronto ad attaccare, in qualunque modo. Anche se sapeva che “qualunque modo” era alquanto inutile.
Ma prima che potesse mettere insieme più di un pensiero accadde qualcosa che lo avrebbe segnato a vita.

Voldemort stava per puntare la bacchetta su Harry. Come a rallentatore vide la sua bocca articolare l’incipit di un anatema. E sentì, ai lati, qualcosa scattare.
Una massa scomposta di capelli castani sferzò il suo viso.
Hermione e Ron gli si pararono davanti.
La bacchetta di Voldemort scattò con veemenza nella loro direzione.
Un fascio di luce verde ne scaturì.
Come tubi di plastica i corpi dei due ragazzi si afflosciarono in terra.
Non riuscì a pensare… né a respirare.
Restò immobile con lo sguardo fisso sui loro corpi.
Poi accadde qualcosa…
Sentì come se qualcosa di caldo e rassicurante lo avesse avvolto.
Sentì che ai muscoli si tendevano come pronti ad attaccare.
Tutto gli fu chiaro.
Sollevò lo sguardo dai due cadaveri e lo posò sull’assassino.
“Grazie” mormorò agli amici poco prima di correre incontro a Voldemort.

Fu così che l’Impero di terrore crollò, questa volta definitivamente.
Nessuno si era accorto di nulla. Voldemort era morto. Aveva dovuto affrontare ciò che più temeva al mondo. Ciò da cui per anni aveva rifuggito: la morte.
Se ne era andato distrutto da ciò che tanto odiava, disprezzava e, più di ogni altra cosa, ignorava. L’amore.
Tom Orvolosan Riddle, in fondo, non era mai stato né oggetto né soggetto di alcuna inclinazione di tipo affettuoso.
Neanche sua madre, Merope, lo aveva amato, tanto che si era lasciata morire. Lo aveva abbandonato, solo al mondo.
Era vissuto e cresciuto in un orfanotrofio babbano. Era stato da tutti etichettato come strano, anzi, pazzo.
Chissà… chissà che, se Merope non fosse morta, lui sarebbe stato diverso.
Ma era solo un ipotesi.
Forse Harry stava diventando come Silente, alla ricerca del buono che esiste in ognuno di noi.

Fu solo quando Peter Minus urlò, che i Mangiamorte e membri dell’Ordine si accorsero di quello che alle loro spalle era accaduto.
Harry vide molte figure ammantate smaterializzarsi appena dopo aver appreso della sconfitta del Signore Oscuro.
Altri, in preda al panico e alla confusione, furono Schiantati.
Ora, in piedi di fronte ai resti scomposti del suo acerrimo nemico vi erano cinque persone affannate e insanguinate. Tutti osservavano la raccapricciante scena di un Peter Minus prostrato ai loro piedi implorante pietà.
Pietà che Harry non era più disposto a concedere.
Il ragazzo si era trascinato verso due corpi accasciati in terra, a poca distanza. Durante il breve tratto nutrì la vana speranza che si potessero risvegliare. Ma aveva appreso diversi anni prima che neanche per i maghi è possibile resuscitare qualcuno che sia morto.
Si lasciò scivolare e iniziò a singhiozzare tanto forte che non udì nient’altro. I suoi singhiozzi coprirono qualunque altro rumore.
Anche le urla di Tonks…

“In memoria di Ronald Biliu Weasley,
Figlio adorato e amico fedele.
Ci mancherai”

“In onore di Hermione Jane Granger,
Amata figliola e amica leale.
Ci mancherai”

Leggere quelle poche frasi era un tormento.
Eppure, ogni volta che si trovava di fronte a quelle due lapidi non poteva farne a meno.
Quelle poche righe non dicevano niente di loro.
Non erano parole di conforto, non per lui, almeno.
Ma continuava a leggerle, e lo avrebbe sempre fatto.
Nutriva la speranza che un giorno avrebbe rivisto il viso lentigginoso di Ron imbronciarsi perché Hermione non gli faceva copiare gli appunti di Storia della Magia…
“Ma tu sei l’unica che sta attenta, Hermione!”
“Se anche tu lo facessi, una volta ogni tanto, non ti farebbe di certo male”

 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: