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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Cavalieri dello Zodiaco, I (Saint Seiya)
Titolo Fanfic: L`ALLEANZA DELLE TRE DEE
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: gemini82 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/11/2002 22:44:42 (ultimo inserimento: 19/11/03)

la guerra contro ades è finita, ma una nuova,terribile battaglia attende atena e i suoi saint. e stavolta nuovi eroi dovranno sventare la minaccia...
 
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PROLOGO
- Capitolo 1° -

SAINT SEIYA: L'ALLEANZA DELLE TRE DEE

Nota dell'autrice: già dalla scorsa estate io e mio fratello avevamo cominciato a pensare ad un possibile seguito di Saint Seiya, ma solamente dopo aver letto la conclusione del manga(che, ad essere sincera, non ho ben capito :) ), ho deciso di cominciare a scrivere questa storia, che era già delineata nella mia mente. Nelle intenzioni originarie essa dovrebbe essere la prima di sei storie ambientate dopo la conclusione del manga, e spero di riuscire effettivamente a scriverle tutte :) .
Spero che mi facciate sapere cosa ne pensate(naturalmente sono ammesse anche critiche!! :) ) e, soprattutto, che la mia storia vi piaccia :) !!
Un ringraziamento particolare a mio fratello, che mi ha aiutato nell'ideazione del racconto, a chi mi ha permesso di pubblicarlo e a tutti i miei futuri lettori :)
Un bacione a tutti!! Gemini

PROLOGO
Le radici di questa battaglia risalgono al tempo della mitologia. Il potente Zeus, signore degli dei e degli uomini, era sposato con la nobile Hera, la dea dalle bianche braccia. Questo però non gli impedì di unirsi ad altre donne, fossero esse divinità o mortali, e di generare con loro dei figli. Figli che la legittima sposa detestava, perché costituivano la prova vivente delle infedeltà del marito. La figlia più detestata era Atena, nata dalla stessa testa del padre: la più potente, la più intelligente, la più amata ed ammirata da Zeus.
Quando il signore del tuono desiderava un consiglio, era alla figlia che si rivolgeva, alla dea che più di tutti amava gli uomini e la terra, al punto da intervenire in prima persona in guerre e conflitti. Quando gli dei si riunivano in assemblea, il primo parere, e quello che più Zeus teneva in considerazione, era quello di Atena. Ogni desiderio della giovane dea veniva immancabilmente esaudito dal nobile padre.
Questo mandava la nobile regina degli dei su tutte le furie. Lei, signora dell'Olimpo, legittima consorte del sommo Zeus, messa in secondo piano da una ragazzina! Oh, quanto odiava Atena! Quanto avrebbe desiderato liberarsi di lei per sempre!
La dea ne ebbe la possibilità subito dopo la fine della guerra santa che vide Atena contrapposta a Ades. Atena e i Saint che la proteggevano erano stati messi a dura prova e indeboliti dalla lunga e sanguinosa guerra contro il potente dio degli inferi, e Hera vide finalmente l'occasione giusta per attaccarla, e vendicarsi di lei.
Così, di nascosto dal sommo Zeus, e contando sulla collaborazione del figlio Efesto, lo zoppo fabbro, radunò un esercito di potenti cavalieri scelti tra gli uomini mortali più valorosi, e ordinò al figlio di forgiare le armature e le armi più potenti che si fossero mai viste, più forti e invincibili di quelle dei Saint di Atena. Quando l'esercito fu pronto, Hera ordinò un attacco contro il grande tempio di Grecia, il luogo consacrato ad Atena dove i suoi Saint più forti, quelli insigniti del Gold Cloth, difendevano le dodici case dello zodiaco. Ella stessa raggiunse le stanze della dea decisa a mettere fine ai giorni dell'odiata figliastra.
La battaglia fu dura, lunga e cruenta. Per un anno intero i due eserciti si scontrarono nel sacro territorio del Santuario, che alla fine del combattimento era ridotto a un cumulo di rovine, dove regnavano solo morte e desolazione. Zeus era furioso con la consorte, ma non poteva far nulla per porre fine alla battaglia: l'esercito di Hera era estremamente potente, e una presa di posizione del signore dell'Olimpo avrebbe, ad ogni modo, rischiato di scatenare una terribile guerra tra divinità.
Intanto, al pari dei loro guerrieri, Hera e Atena conducevano una strenua battaglia, senza un attimo di tregua o di riposo, dando fondo a tutti i loro poteri e a tutte le loro energie. Poi, allo scadere di un anno di lotta, i Saint di Atena ebbero la meglio sui guerrieri di Hera. Corsero allora alle stanze della loro dea per darle man forte. Hera, circondata, si vide perduta, ma non voleva demordere: continuò a lottare strenuamente, approfittando del fatto che i Saint della figliastra, per quanto potenti fossero, erano comunque troppo deboli per riuscire a sconfiggere lei, una dea immortale, la sposa del nobile signore del tuono.
Ma, alla fine, Hera dovette cedere. Atena si era dimostrata più forte e potente di lei. Zeus, alla fine del combattimento, raggiunse le due dee al Santuario e inflisse a Hera una crudele punizione:lo spirito della dea fu infatti sigillato in una pergamena. Tuttavia, per concederle la possibilità di tornare in libertà qualora si fosse redenta e avesse compreso i suoi errori, il sigillo non fu effettuato da Zeus, ma da Atena: per quanto potente, infatti, il sigillo della dea era comunque meno potente di quello del nobile signore degli dei.
Hera, però, non cambiò idea. Nel suo spirito, imprigionato nella pergamena nel corso dei secoli, l'odio e il desiderio di vendetta nei confronti della figliastra continuò a crescere. Crebbe, crebbe, crebbe a dismisura, nell'attesa che venisse finalmente qualcuno in grado di rompere il sigillo e riportare la dea alla sua antica potenza. Nell'attesa che, finalmente, la sua vendetta fosse consumata.
E così rimase, per secoli e secoli.

La pergamena che imprigionava lo spirito di Hera passò di mano in mano, di famiglia in famiglia. La dea attendeva, fiduciosa, ma sembrava non arrivare nessuno in grado di rompere il sigillo di Atena. Poi, un giorno, un ricco gentiluomo inglese acquistò la pergamena a un mercatino in Grecia, dove si trovava in viaggio per affari. Tornato a casa sua, a Londra, mise la pergamena nel cassetto in cui custodiva la sua collezione di antiche testimonianze. Non sapeva spiegarsi il perché, ma, nel momento stesso in cui aveva visto quella pergamena sulla bancarella, aveva sentito fortemente il desiderio di possederla. Era come se da quell'incartamento si fosse sprigionato un richiamo, un richiamo potente, irresistibile, cui egli non sapeva resistere. Ogni tanto apriva il cassetto, per sincerarsi che la pergamena fosse ancora lì. Aveva notato che era sigillata, e più di una volta era stato tentato di togliere il sigillo, ma qualcosa l'aveva sempre frenato. Sua moglie, Fiona, una splendida donna sulla trentina, notò l'ossessione del marito per la pergamena. Da quando era tornato dalla Grecia, James non pensava ad altro. Lo vedeva spesso andare verso la cassettiera, aprire il cassetto in cui teneva la sua collezione e osservare a lungo, con sguardo vacuo, la pergamena sigillata. Finché un giorno, decisa a scoprire a tutti i costi quale fosse il mistero che aleggiava intorno all'oggetto, aspettò che il marito fosse uscito di casa per aprire lei stessa quel cassetto e prendere in mano la pergamena. Non appena la toccò, sentì come una scossa elettrica attraversarle tutto il corpo.
Profondamente turbata, Fiona lasciò cadere l'oggetto in terra. Lo osservò a lungo con attenzione, scossa da un violento tremito. Poi si chinò, e lo raccolse. Lo strinse tra le mani con cura, e poi, in silenzio, molto delicatamente, con il respiro che si faceva man mano più affannoso, tolse lentamente il sigillo.
In un primo momento non accadde nulla. Fiona, tranquillizzata, tirò un lungo sospiro, e svolse la pergamena. Una luce accecante invase tutta la stanza. Era una luce argentea, abbagliante, che sembrava risucchiare ogni cosa al suo interno. La giovane donna si sentì sollevare da terra da una forza invisibile, e cominciò a volteggiare in alto. Voleva urlare, ma dalla sua bocca non riusciva ad uscire alcun suono. Spaventata, guardava i muri dello studio del marito che continuavano a girare intorno a lei. Poi, la forza che l'aveva sollevata la lasciò scivolare lentamente sul pavimento. La luce si attenuò a poco a poco. Fiona, con il cuore che le batteva tumultuosamente nel petto, affannata e terrorizzata, si guardò intorno con ansia, ma non vide nulla e nessuno. Tentò di alzarsi in piedi, ma le gambe non la ressero,e cadde nuovamente sul pavimento. Poi, una voce chiamò il suo nome. Era una voce femminile, fredda come il ghiaccio e acuta, che risuonò nella stanza a volume altissimo, nonostante fosse poco più che un sussurro.
La donna girò la testa di scatto, ma non c'era nessuno intorno a lei.
-Chi sei?-, sussurrò spaventata, cercando di strisciare verso il muro.
-Fiona...-, ripeté nuovamente la voce misteriosa.
-Co...cosa vuoi da me?-, balbettò la poveretta terrorizzata.
-Tu hai tolto il sigillo magico, e mi hai dato la possibilità di tornare in libertà. Io ti ringrazio. Ma tu puoi, anzi devi, fare ancora qualcos' altro per me-, disse la voce.
Fiona sgranò gli occhi. -Chi sei?-, chiese ancora, senza smettere di tremare.
-Io sono Hera, la regina di tutti gli dei, la signora dell'Olimpo. Atena, la mia odiata figliastra, ha imprigionato il mio spirito in quella pergamena, e lì sono rimasta per secoli e secoli, in attesa che giungesse qualcuno in grado di rompere il sigillo e farmi tornare libera e potente-, spiegò la voce, facendosi ancora più gelida.
La giovane donna tremò. "Sto impazzendo, oppure si tratta di un incubo", pensò ansiosamente. Cercò di gridare per chiedere aiuto, ma nuovamente la voce rifiutò di obbedirle.
-Ora però mi serve il tuo corpo, mia cara Fiona. Io entrerò dentro di te, e tu cesserai di essere Fiona Kent, una comune donna mortale, per diventare Hera, la sovrana di tutti gli dei immortali. Non sei contenta?-, disse la voce di Hera ridendo.
Il corpo della donna fu scosso da un brivido violentissimo. -No, non voglio!-, esclamò, ma quello che nelle sue intenzioni doveva essere un veemente grido, si ridusse a un flebile sussurro.
-Non vuoi?-, domandò la dea, mentre il suo tono diventava cattivo. -Mi dispiace deluderti, mia cara, ma la tua volontà conta ben poco rispetto alla mia-.
Un bagliore di luce argentea attraversò improvvisamente il corpo di Fiona. La donna cercò di urlare, ma non vi riuscì. Tutto il suo corpo fu scosso da convulsioni, mentre i suoi occhi si facevano vitrei e perdevano ogni espressione. I capelli, raccolti in uno chignon, si sciolsero, e fluttuarono intorno a lei come una corona di fiammeggianti riccioli rossi, mentre Fiona veniva sollevata in aria e cominciava a girare su se stessa. I suoi occhi si chiusero, e la donna scivolò nuovamente sul pavimento, inerte, con il capo reclinato, come morta. Rimase così per alcuni minuti, poi i suoi occhi si riaprirono con uno strano luccichio al loro interno. L'espressione del suo viso si fece dura, mentre il suo sguardo vagava per la stanza con una luce cattiva negli occhi. Poi, quella che un tempo era stata Fiona Kent si alzò in piedi, e, alzando le braccia al cielo, proruppe in una risata trionfante. Hera, signora degli dei, era di nuovo libera, e grazie al corpo di Fiona era tornata alla sua antica potenza.
Una settimana dopo, tutti i giornali di Londra riportarono la notizia della scomparsa di Fiona Kent, trentadue anni, moglie di James Kent, discendente di una nobile famiglia e figlio di un membro del parlamento. In prima pagina appariva una fotografia della donna, ritratta con i capelli raccolti in uno chignon, lo sguardo dolce illuminato da un pallido sorriso e un vestito sobrio di seta nera. La nuova Fiona, quella in cui abitava lo spirito di Hera, aveva visto la foto della vecchia se stessa sul giornale,e aveva reagito con una squillante risata. Non aveva paura che qualcuno potesse riconoscerla, era impossibile. Era praticamente irriconoscibile. Aveva tagliato i capelli, che ora le arrivavano appena alle spalle formando una corona di riccioli scomposti, era accuratamente truccata e vestita con un luminoso abito giallo limone, e portava un paio di grossi occhiali da sole dalla montatura piuttosto vistosa. Ora doveva solo trovare il modo di andare in Grecia, trovare Atena e portare finalmente a compimento la sua vendetta. Nonostante la sua natura divina, il suo corpo restava quello di un comune essere umano, e quindi per andare in Grecia doveva per forza prendere l'aereo. Per farlo, però, aveva bisogno di documenti falsi. Non poteva usare il passaporto di Fiona Kent, la donna di cui aveva preso il corpo, perché era ricercata da mezza Inghilterra.
Un colpo di fortuna la portò ad entrare in contatto con un uomo che forniva documenti falsi. Hera lo pagò con parte del denaro che aveva portato via dalla casa di Fiona, e riuscì ad avere i documenti che la facevano passare come Emily Carter, trent'anni, di professione giornalista. Pienamente soddisfatta, partì una settimana dopo per la Grecia.
Appena scesa dall'aereo, ad Atene, si rese conto però che non era questo il modo più giusto per affrontare Atena. I suoi poteri erano ancora piuttosto arrugginiti dopo i secoli di sonno forzato, e non bisognava dimenticare che Atena aveva uno stuolo di potentissimi guerrieri a difenderla. Aveva bisogno di trovare ed addestrare alla lotta dei guerrieri suoi che potessero combattere contro quelli della figliastra, e anche di trovare potenti alleati che la supportassero.
Utilizzando i suoi poteri, cercò di scoprire se altre divinità si fossero incarnate nel corpo di comuni esseri umani, e dove si trovassero.
Scoprì che Atena, la sua odiatissima nemica, si era incarnata nel corpo di Saori Kido, una ricca ragazza giapponese, e attualmente non si trovava al Santuario in Grecia, ma in una città chiamata Nuova Luxor. Nella stessa città viveva un altro ragazzo, Julian Solo, in cui un tempo si era incarnato lo spirito di Poseidone, dio dei mari, che era stato però nuovamente sigillato dopo una durissima battaglia con Atena e i suoi Saint. Anche lo spirito di Ades, il signore dei morti, colui che più di tutti aveva fatto tremare Atena, era stato nuovamente sigillato dopo una terribile guerra santa. Sembrava che la ricerca di alleati fosse decisamente infruttuosa, quando un giorno, passeggiando per le vie di Atene, non avvertì un cosmo a lei familiare. Un cosmo potente, superiore, sicuramente appartenente ad una divinità dell'Olimpo. Seguì la direzione del cosmo, e alla fine si ritrovò di fronte una donna. Dall'aspetto sembrava coetanea di Fiona Kent, colei di cui si era impadronita, o poco più giovane. Era alta, snella e bionda, con lunghi capelli leggermente mossi e freddi occhi cerulei. Era seduta su uno sgabello davanti ad un piccolo negozio di antiquariato, e la osservava con interesse.
-Ti stavo aspettando, Hera-, disse con un sorriso quando la vide.
-Afrodite...non pensavo che ti fossi incarnata anche tu-, rispose la signora degli dei.
La giovane donna si alzò e la prese a braccetto, invitandola a passeggiare con lei. -Sono già due mesi che ho preso possesso di questa donna, e ti stavo aspettando da un pezzo-, disse tranquillamente.
-Perché sei tornata sulla terra, Afrodite?-, domandò Hera fissandola dritto negli occhi.
Afrodite fece una risatina. -Atena ha sconfitto Ades, ma immagino che questo tu lo sappia-, rispose.
La donna annuì. -Vuoi dirmi che sei tornata per questo?-
-Esattamente. Atena ha sconfitto Poseidone, e ora anche Ades. Sta prendendo decisamente troppo potere, e questo non mi piace affatto. Sono tornata per fermarla, ma so che i miei poteri e quelli del mio esercito non sono sufficienti. Ma ho trovato un'alleata, e ora, se anche tu ti unisci a noi, saremo in tre, e avremo ottime possibilità di fermare Atena-, spiegò la dea dell'amore e della bellezza.
-Hai trovato un'alleata? E chi è?-, chiese Hera incredula.
Afrodite fece un sorriso cattivo. -Persefone, la signora degli inferi-, disse.
-Persefone è tornata in vita?-, domandò la dea sgranando gli occhi.
L'altra annuì. -Subito dopo la sconfitta di Ades, lo spirito di Persefone si è incarnato nel corpo di una ragazza greca, una certa Sofia, e appena mi sono incarnata anch'io è venuta a cercarmi. Mi ha proposto un'alleanza contro Atena, per poterla sconfiggere una volta per tutte. Si sta costituendo un esercito fedele e potente. Ma solo col tuo aiuto possiamo veramente farcela, Hera-, spiegò.
Hera tacque per un istante, pensierosa. Allearsi con Afrodite e Persefone era senz'altro una buona mossa, anche se avrebbe dovuto fare molta attenzione a che le due dee non la tradissero. Era sicuro comunque che nessuna di loro, da sola, aveva la minima speranza di piegare Atena e i suoi Saint. -D'accordo, mi alleerò con voi-, rispose alla fine.
Afrodite sorrise. -E' la scelta giusta-.
-Ho bisogno di tempo, però, per radunare il mio esercito e addestrare i miei guerrieri alla lotta. Sarà una battaglia durissima, e forse occorreranno anni per essere pronti-, proseguì la signora degli dei.
L'altra dea annuì. -Già. Io e Persefone abbiamo calcolato almeno tredici anni prima di lanciare un'offensiva contro Atena-, disse.
-Tredici anni basteranno-, rispose Hera con sicurezza.

Mentre accadevano questi eventi, nell'Olimpo intanto Zeus osservava il difficile ritorno alla vita di tutti i giorni di Atena e dei Saint sopravvissuti alla battaglia contro Ades. Era stato tutto durissimo, terribile. Le dodici case dello zodiaco sembravano così vuote, ora che non c'erano più i cavalieri d'oro a presidiarle, nel Santuario sembrava regnare solo desolazione. Non avevano nemmeno dei resti da seppellire, delle tombe sulle quali piangere gli eroi scomparsi.
Ma quello che faceva più male, era la scomparsa di Seiya. Il dolore per la sua morte era una ferita aperta e lacerante per tutti. Avevano pianto così tanto da non avere più lacrime, ma non c'era modo di trovare consolazione ad un dolore talmente immenso, talmente forte da spaccare l'anima. Non era stato nemmeno possibile riportare indietro il suo corpo, per restituire almeno le sue spoglie a Seika, la sorella che per tanti anni aveva cercato e, destino crudele, non era riuscito a riabbracciare.
Saori Kido era tornata a Nuova Luxor, sola. Non voleva vedere nessuno, nemmeno i suoi amati Saint. Il dolore e il senso di colpa la tormentavano giorno e notte, sognava Seiya che l'accusava, le gridava che per causa sua non era riuscito a rivedere la sorella che tanto aveva cercato, e non era stata in grado di reggere lo sguardo smarrito e straziato della povera ragazza.
Hyoga era tornato in Siberia, sperando di trovare conforto al suo dolore accanto alla tomba di sua madre, ma non era servito a nulla. Suo fratello era sempre nei suoi pensieri. Alla fine, aveva deciso di recarsi ad Asgard, dove Freya l'aveva accolto a braccia aperte, felice di rivederlo finalmente sano e salvo. Ma anche ad Asgard regnavano il dolore e la disperazione per la triste scomparsa dei God Warriors fedeli a Hilda, disperazione che si poteva leggere chiaramente negli occhi tristi e scavati dal senso di colpa della giovane regina.
Shiryu era tornato in Cina, ai Cinque Picchi, dove aveva potuto ritrovare un istante di pace riabbracciando la sua adorata Shunrei. Ma la sua serenità era durata ben poco: la mancanza del suo anziano, venerato maestro e di Seiya, suo fratello e amico, era troppo forte, troppo insopportabile. E poteva vedere il dolore dell'assenza anche negli occhi della sua compagna, quando Shunrei, con gli occhi tristi e velati di lacrime, guardava il punto su cui era solito sedersi l'anziano Dohko mentre seguiva gli allenamenti di Shiryu.
Shun era andato all'isola di Andromeda, a pregare sulla tomba del suo maestro Albione, e lì aveva trovato June ad attenderlo. Alla vista della sua amica, il dolore l'aveva sopraffatto, ed era scoppiato in lacrime tra le sue braccia, sfogando tutta l'angoscia e la disperazione,e il senso di colpa, perché lui era Ades, lui aveva in sé lo spirito di quel dio malvagio, e non aveva potuto impedire che si manifestasse in tutta la sua potenza, e portasse morte e distruzione.
Anche Ikki se n'era andato, senza dire dove. Era partito per un viaggio solitario, come sempre, con una ferita in più a lacerargli l'anima. Dopo sua madre e la sua adorata Esmeralda, dopo Pandora, colei che per un istante gli aveva acceso nel cuore la speranza di poter tornare ad amare una donna, anche Seiya, colui che con il suo coraggio e il suo eroismo l'aveva riportato sulla retta via. Era troppo, anche per un uomo forte come lui, anche per un guerriero. Il suo cuore era pieno di croci.
Zeus, dall'alto del suo trono, osservava tutto questo, e rifletteva. Non poteva sopportare il dolore di Atena, la sua figlia prediletta, colei che aveva sempre combattuto per proteggere il mondo e gli uomini che lo abitavano. E non era nemmeno giusto il dolore dei suoi Saint, uomini buoni e giusti che erano pronti a qualunque sacrificio, anche a dare la propria vita, per i loro ideali. Decise allora di concedere loro un'altra possibilità: i dodici Gold Saint, i God Warriors di Asgard e Seiya sarebbero potuti tornare in vita. Avrebbero potuto nuovamente combattere al servizio di Atena e dell'umanità.
Grande gioia ci fu ad Asgard quando i God Warriors si alzarono dalle loro tombe e tornarono in mezzo alla loro gente. La più felice fu la stessa Hilda, che si gettò tra le braccia di Orion singhiozzando e ringraziando Zeus e gli dei immortali. E la stessa gioia ci fu anche al Santuario di Grecia, quando i dodici Gold Saint ritornarono nelle loro case come se nulla fosse accaduto.
Tutti si aspettavano da un momento all'altro di veder ricomparire anche Seiya. Erano certi che, allo stesso modo in cui erano tornati in vita gli altri Saint, anche lui sarebbe tornato, e aspettavano con ansia di rivederlo. Ma passavano i giorni, le settimane, e Seiya non tornava. Dopo cinque mesi di inutile attesa, i suoi amici lasciarono cadere ogni speranza. Seiya era morto, e non sarebbe più tornato.

Questo però non era ciò che era veramente accaduto. Come i Gold Saint e I God Warriors, anche Seiya era tornato in vita. Si era risvegliato in Grecia, sulla sommità della collina dove aveva combattuto per la prima volta indossando il Cloth di Pegasus appena conquistato. Aveva aperto gli occhi e si era guardato intorno come se riemergesse da un sogno, e per un istante si era chiesto che fine avesse fatto Ades, e dove fossero Saori e i suoi compagni. Aveva cercato di capire dove si trovasse, e alla fine si era reso conto di essere in Grecia, nei posti in cui si era addestrato duramente sotto la guida di Marin. Un pensiero l'aveva folgorato immediatamente...Seika...aveva sentito la voce di sua sorella durante la battaglia con Thanatos, quando quest'ultimo cercava di ucciderla alla distanza, aveva saputo che era viva e lo stava aspettando al Santuario. Da quanto tempo aspettava questo momento...da tutta la vita. Seika lo stava aspettando. Lo stava aspettando al Santuario. Sua sorella. L'avrebbe rivista. Presto, prestissimo. L'avrebbe riabbracciata. Sua sorella. Finalmente, dopo tanti anni di sofferenza, di ricerca, di illusioni e disillusioni...come quando aveva creduto che fosse Marin sua sorella. Finalmente l'aveva ritrovata.
Si alzò di scatto, e cominciò a correre velocemente giù per il pendio, mentre la sua mente turbinava. I suoi amici sapevano che era ancora vivo? O lo credevano morto nel corso della battaglia con Ades? L'unica cosa che ricordava era la spada del crudele dio che gli trafiggeva il petto, un dolore sordo che gli toglieva il respiro, che gli risucchiava lentamente le forze, e la voce disperata di Saori che gli gridava di non arrendersi, di vivere per coloro che lo amavano. E ce l'aveva fatta, non sapeva come, ma era ancora vivo,e poteva tornare da coloro che lo amavano. I suoi fratelli...aveva potuto sentire la forza dei loro cosmi, e le loro voci che gli dicevano "lo vedi, Seiya? Abbiamo vinto!". Saori... la sua dea, colei che aveva giurato di seguire e proteggere per tutta la vita, colei che all'inizio era solamente una ragazzina viziata ed egoista, ma che poi era maturata, fino ad arrivare al punto di rischiare la sua stessa vita per salvare il mondo e gli uomini. Marin...la sua maestra...per un periodo l'aveva creduta sua sorella, ma in fondo era come se lo fosse. Doveva tutto a Marin, non solo la sua investitura, ma tutto quello che sapeva fare, tutto quello che era riuscito a diventare. E Shaina...l'ultima volta che l'aveva stretta tra le braccia, prima di partire per il regno degli inferi, lei tra le lacrime gli aveva raccomandato di stare attento, e di tornare sano e salvo. Lui sapeva quanto avrebbe desiderato seguirlo per proteggerlo, per sacrificare la vita al posto suo se fosse stato necessario, ma non poteva permetterglielo, non quella volta.
Continuava a correre e pensare, correre e pensare, sentendo il vento che gli soffiava tra i capelli, e l'inebriante sensazione di essere vivo. Si figurava nella mente l'istante in cui sarebbe giunto al Santuario, e avrebbe riabbracciato tutti coloro che lo amavano, lo assaporava come se fosse stato reale.
Fu un istante. Uno stupido, banalissimo istante. Il suo piede inciampò su un sasso posto nel pendio, perse improvvisamente l'equilibrio, capì di cadere ma non riuscì ad evitarlo. Batté violentemente il capo sul selciato, e poi cominciò a rotolare giù per la scarpata, gridando e cercando di puntare le gambe al terreno per fermarsi, inutilmente. Continuò a rotolare per centinaia e centinaia di metri, fino al fondo del pendio. Poi rimase a terra, privo di conoscenza, immobile, come morto.
Riaprì gli occhi dopo lungo tempo. Aveva già fatto buio. Si guardò intorno smarrito, massaggiandosi la fronte dolente e controllando di non avere niente di rotto. Quando vide che andava tutto bene, si alzò in piedi, lentamente, un po' esitante. Guardò la strada di fronte a sé, chiedendosi dove si stesse dirigendo prima dell'incidente.
Nella sua mente il vuoto. Il vuoto assoluto. Non riusciva a ricordare niente. Chi fosse, come si chiamasse, dove si trovasse e dove stesse andando. Assolutamente niente. Si frugò nelle tasche sperando di trovare un indizio che gli svelasse la sua identità, o che perlomeno lo aiutasse a capire qualcosa, ma erano desolatamente vuote. Si lasciò cadere nuovamente a terra, esausto e preoccupato. Si sentiva tutto indolenzito, e aveva gambe e braccia segnate da tagli ed escoriazioni. La testa gli pulsava dolorosamente, e i suoi vestiti erano praticamente stracciati. Ma quello che più lo angosciava era il desolante vuoto della sua mente. Il buoi completo che la ottenebrava.
-Chi sono? Che ci faccio qui?-, si domandò angosciato, distendendosi sull'erba a lato della strada. Guardò il cielo sopra di lui, e gli parve che le stelle si stessero facendo beffa del suo smarrimento. Si sentiva profondamente stanco e svuotato.
Chiuse gli occhi. -Forse domattina ricorderò chi sono...-, pensò, un attimo prima di cadere in un sonno profondo e senza sogni.

Allora, come vi è sembrato questo prologo? Spero che vi sia piaciuto!! Fatemi sapere, mi raccomando, aspetto commenti, critiche e suggerimenti! Un bacione :)


 
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