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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: LA GEMELLA PERDUTA
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: lothien galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 07/01/2006 13:28:12 (ultimo inserimento: 10/05/06)

scusate se i primi cap. sn un po` statici, ma ho grandi progetti!! leggete e recensitemi!!!!!!!!!!!
 
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PRELUDIO
- Capitolo 1° -

Cap. 1
Preludio

- Nadia, sei tra noi?
Nadia era seduta al bar, con lo sguardo perso nel vuoto. Era uscita con le sue amiche, ma non si stava divertendo molto. Sentiva il bisogno di avventura, azione, ma quelle erano cose da film; cosa mai poteva infatti succedere in quel piccolo paese dai tetti spioventi, nella bassa Bretagna? Il nulla assoluto, o almeno così Nadia quantificava la vivacità di quello sparuto gruppetto di case abitate da pescatori.
Era seduta ad uno dei pochi tavolini dell'unico bar dei dintorni, a bere litri su litri di thè nero, l'unica bevanda analcolica del posto che non fosse sidro di mele o acqua di sorgente.
Chi fosse passato di lì, l'avrebbe facilmente riconosciuta: l'unica ragazza del paese dalla pelle scura, che tradiva la sua origine africana, aveva la particolarità di avere capelli ricci rosso rame, e un paio di profondi occhi grigi. I colore dei suoi occhi, dicevano i vecchi pescatori che sedevano al bar per le partite a scacchi, ricordava il colore delle nuvole quando scoppia una tempesta in mare. Il viso ovale, il nasino all'insù, la pelle perfetta e le labbra ambrate la rendevano molto graziosa agli occhi dei giovani, che la vedevano sovente passeggiare lungo le banchine, mentre spostavano casse di pesce o pulivano i pontili.
Il fisico snello e scattante mostrava la sua attitudine allo sforzo fisico; non pochi avevano notato che la ragazza, che il ventisei di gennaio avrebbe festeggiato i diciassette anni, ogni mattina, all'alba, partiva per una corsetta di una ventina di chilometri lungo la costa.
Era stata adottata dai coniugi Delacroix, Etienne e Susanne, quando aveva appena due anni, e da allora aveva sempre vissuto in quel paese, con la compagnia di chi l'aveva conosciuta che non sapeva ancora camminare.
In quel momento indossava una gonna corta azzurro cielo e una camicetta arancione che faceva risaltare le sue forme.
- Nadia, sei con noi?
A parlare era stata Annette, la migliore amica di Nadia. Nadia e Annette si conoscevano fin dall'asilo, quando la bimba di colore difese l'altra dal bulletto della classe; da allora erano inseparabili. Era il primo giorno di scuola, e il bulletto dell'asilo era venuto a riscuotere le merende degli altri; a un certo punto il ragazzino se l'era presa con Annette. La piccola si era messa a piangere disperatamente, e Nadia era accorsa strappando le merende di mano al bullo e rifilandogli un pugno nello stomaco, dopodiché, aveva restituito il maltolto alla bimba in lacrime. Inutile dire che il ragazzino non provò più a togliere la merenda alle due neo- amiche. La ragazza aveva origini celtiche, infatti suo padre, anche lui pescatore, era Irlandese, e quindi la giovane aveva ereditato i capelli rossi e le lentiggini dei suoi avi. Anche lei alta e slanciata, accompagnava spesso l'amica nelle sue corse mattutine attraverso la brughiera, e non mancava mai di farle notare un ragazzo carino ogni volta che passavano dal porto. I suoi genitori si erano trasferiti in quel piccolo paese da un villaggio costiero vicino a Belfast, nella penisola Airds. Il padre, pescatore navigato e padrone di una piccola flotta di pescherecci, nonché cattolico fervente, era dovuto venire in Bretagna a causa dei conflitti religiosi. Appena arrivati, ospitati da alcuni parenti della moglie, il padre di Annette aveva trovato lavoro grazie alla compagnia di pesca del signor Delacroix. Quindi le due ragazze si conoscevano praticamente da sempre.
Annette era seduta di fianco a Nadia e agitava una mano davanti al volto di lei, senza successo. Sembrava che l'amica fosse entrata in una sorta di trance, senza possibilità di risveglio.
- Nadia, Nadia! - insisté.
Nadia si risvegliò dal suo torpore: stava osservando il mare, la cui vista era godibile solo dal bar, che si trovava sul promontorio che dominava il golfo di Saint Malo. L'isola di St. Helier apparteneva politicamente al regno d'Inghilterra, ma gli abitanti si ritenevano più Bretoni che Inglesi e quindi, ufficiosamente, l'isolotto era di proprietà della Bretagna. Jersey, l'unico paese degno di nota di quello sputo di terra strappato al mare, era la vera patria di Nadia, e anche se lei sapeva di essere nata altrove, il paese e tutti i suoi abitanti erano la sua unica famiglia. Tuttavia, quando osservava il mare, la sua mente spaziava lontano, sognando avventure che probabilmente non avrebbe mai vissuto. Sognava spesso di essere un gabbiano, e aveva tappezzato la sua camera con ritagli da riviste di viaggi e di avventura. Il gabbiano, con il suo corpo candido e leggero, era il suo animale preferito e gli invidiava la capacità di volare dove voleva, libero, senza costrizioni.
Stava fantasticando appunto sulla vita senza freni dei gabbiani, quando Annette la riportò con i piedi per terra:
- Nadia, sei ancora in questo mondo, o stai già immaginando la tua prossima vita da gabbiano?
Sognante, la ragazza rispose, con voce chiara e limpida - La seconda che hai detto...
- Ascolta - disse Annette, seria -, visto che tuo padre e il mio vanno a Cherbourg per la festa dei pescatori, potresti venire a stare a casa mia finché non tornano!
Nadia smise di fissare il mare e posò il suo sguardo sulla sua migliore amica, poi, mostrando un sorriso che avrebbe conquistato chiunque, le rispose: - Sarebbe fantastico!! Devo solo dirlo a mia madre, ma sono sicura che mi lascerà venire!!
- Perfetto! - rispose l'altra, al settimo cielo.
- Dove dormirò?
- Visto che mio padre non ci sarà, potremo dormire nella camera da letto dei miei, che ne dici?
- Il letto a tre piazze? Fantastico!- rispose Nadia.
- Certo, e poi potremmo organizzare un pigiama party in piena regola... Nadia?
Ma Nadia era tornata a fissare il mare, pensierosa. A Nadia piaceva la vita tranquilla dell'isola, ma desiderava anche qualcosa di più: desiderava l'avventura, un viaggio indimenticabile in luoghi sconosciuti, qualcosa che potesse scuoterla dal di dentro. Ma la vita di quel fazzoletto di terra emerso dal mare cominciava a starle stretta. A volte si aspettava che arrivasse qualcuno a strapparla dalla monotonia, portandola attraverso paesaggi da sogno verso un'avventura quale non fu mai vissuta da nessuno. Ma questi erano solo sogni, e persino i sogni cominciavano a starle stretti.
Dispiaciuta di non essere stata più loquace, quel pomeriggio, introdusse l'argomento preferito dell'amica: i ragazzi.
- Hai visto qualche ragazzo interessante ultimamente? - chiese.
- Mah.. ala fine sono sempre gli stessi - Disse Annette -. Ma ho sentito che è appena arrivato un ragazzo molto carino, e dicono anche che abbia una passione per le ragazze di colore. Essendo tu l'unica di colore su quest'isola, direi che hai ottime possibilità di piacergli. - Aggiunse, complice.
- Non so.... Tu dici che gli piacerei?
- Dirlo??!! Ma io lo affermo, lo dichiaro - Rispose, accalorandosi -!!!! Ma non ti sei accorta che metà dei ragazzi dell'isola ti fanno la corte?
- D-dici davvero? - Chiese Nadia, arrossendo.
- Certo! Credi che ti mentirei su un argomento importante come i ragazzi!
Nadia si mise a ridere dolcemente: - Hai ragione. Non lo faresti mai.
Si avvicinò la proprietaria del bar, una certa Dorothy Winslow, che si era rifugiata sull'isola durante la seconda guerra mondiale. Si diresse proprio verso le due ragazze, con passo felpato. Troppe volte, infatti, pensava, i ragazzi fuggivano senza pagare; quindi, aveva trovato un modo, che consisteva nell'avvicinarsi silenziosamente e bloccarli lì, in modo da non lasciarli andare prima che avessero pagato. In quel momento, stava utilizzando il suo metodo brevettato, quando Nadia, senza girarsi, le chiese: - Qualcosa non va, signora Winslow?
La barista, ultrasesantenne, sorpresa di essere stata colta in flagrante, rispose:- Niente, niente. Vi ho solo portato il conto. Vi avverto, il locale sta per chiudere.
- Grazie. - risposero in coro le due amiche.
Dopo aver pagato il conto, le due amiche si accomiatarono:
- Allora ci sentiamo domani? - chiese Nadia.
- D'accordo, così ci organizziamo per la settimana senza padri, okay?
- Okay.
- Allora a domani!
- A domani. Ciao!
- Ciao!
Si lasciarono, all'entrata del bar, "le petit prince", e si diressero ognuno a casa propria. La casa dei Delacroix si trovava appena fuori Jersey, lungo la costa. Avevano trovato una villa patronale abbandonata e l'avevano rimessa in sesto. La casa aveva anche una spiaggia privata, dove Nadia e suo padre si allenavano a vela. Mentre si dirigeva verso casa, Nadia lanciò uno sguardo verso il porto: era sera, e i lampioni cominciavano ad emettere il loro biancastro bagliore, mentre il faro indicava alla flotta di pescherecci di ritorno la via più sicura. Mentre osservava affascinata le piccole luci delle barche che si avvicinavano ai moli, lo sguardo le si puntò su un piccolo peschereccio che galleggiava appena, quanto era piena di pesce. La riconobbe come la barca di suo padre; dipinta di bianco e azzurro, la piccola nave si chiamava "La petite Nadia". Le era stato dato questo nome, perché il giorno che il padre la mostrò in paese, orgoglioso dell'affare che aveva fatto con un marinaio inglese a St. Malo, un vecchio pescatore, roso dall'età e costretto quindi a stare seduto davanti alla porta di casa propria, disse che " le bateau c'est beau comme la petite Nadia". Il signor Delacroix decise quindi di dare il nome della sua unica figlia al peschereccio più bello che aveva.
La sera continuava a scendere, e ben presto la ragazza non riuscì più a distinguere una nave dall'altra; decise di percorrere il resto del tragitto che separava il bar da casa sua di corsa.
Arrivò appena in tempo per vedere sua madre uscire di casa e dirle:
- Oh, ciao tesoro! Sto andando al porto, tuo padre dice che è la miglior battuta dell'anno e sta cercando gente che aiuti a scaricare. Dai un'occhiata al forno, mentre non ci sono. Tuo padre vuole arrosto, per festeggiare. Se hai bisogno c'è il signor Lorein. - scocco alla figlia un bacio sulla fronte - Ciao tesoro! - e scomparve, con la macchina, oltre una curva.
Nadia entrò in casa, diede un'occhiata al forno per evitare che l'arrosto bruciasse, salì in camera sua e si distese sul letto. Alzò la testa e si guardò intorno: la sua camera era grande, con un camino di marmo bianco da una parte e un'alta porta-finestra dall'altra, che dava sul mare. L'arredamento era caldo e accogliente, segno che Susanne (la madre di Nadia) aveva un buon gusto. Nadia si alzò dal grande letto abaldacchino e si cambiò, indossando un largo pigiama di tweed.
Scesa di sotto, stava leggendo " Il gabbiano Johnathan Linvigstone", senza dubbio il suo libro preferito, quando i suoi genitori rincasarono. Appena suo padre fece capolino nel salotto la ragazza dimenticò la lettura e corse ad abbracciarlo.
- La mia bambina! - esclamò il padre.
- Papa!!
- Come sta la mia piccola?
Continuarono così, finché la signora Delacroix non li chiamò per la cena.
Dopo aver mangiato e aver visto un film, Nadia andò a dormire.
Coricata sul letto, volse lo sguardo alla finestra, e vide il mare calmo, luminoso per il riflesso della luna sull'acqua. Poi vide una stella cadente e desiderò di poter vivere l'avventura più bella che si possa immaginare. Poco dopo, rosa dal sonno e dalla stanchezza, si addormentò.
Nulla lasciava presagire che la stella cadente avrebbe avverato il desiderio della ragazza, e nulla lasciava immaginare la meravigliosa avventura che stava per iniziare.







 
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