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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: DragonBall
Titolo Fanfic: SOLO
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: flamia galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/01/2006 11:10:58

regalino di natale (in ritardo, sorry ^__^)...ma com`era pucci piccolo da bambino!!! ^0^
 
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SOLO
- Capitolo 1° -

Nota della Traduttrice
Ciauuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu ragazzi!!! Anche se con grave ritardo (causa punizione, nemmeno adesso potrei stare al computer ^^’’’) ecco a voi una storia di Natale di Volcanic, come sempre da Fanfiction.net!!! Auguri a tutti e…beh, buon ritorno a scuola ç_____ç uffa…


Nota dell’Autrice
Questa non è una storia di Natale a lieto fine, dato che a me non piace il Natale.

Volcanic: Non posseggo Piccolo, DBZ, il Natale né Gesù, ma posseggo un computer e Microsoft Word, e mi venga un accidente se non mi basta! (A dire il vero il computer è di papà ;;)

Mi ci sono volute 4 ore filate per dattiloscrivere tutta sta roba fuori dalla mia testa, quindi per favore per favore commentate!

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Solo

“È freddo” Pensò un bambino molto piccolo mentre camminava nella foresta. Non indossava scarpe né una sciarpa o un maglione, solo una tuta da combattimento con un simbolo molto curioso sul davanti. Il ragazzo non aveva idea di dove stesse andando, certo non si era ancora perso, stava solo meditando su dove dormire per la notte. Non aveva né una casa né una famiglia propria, nessun amico o compagno di giochi; la sola cosa che aveva era sé stesso, e gli piaceva così. Se aveste guardato il bambino percorrere la pineta innevata avreste potuto non vederlo, dato che il colore della sua pelle era esattamente identico a quello degli alberi. Il suo nome era Piccolo, ed era solo.

Sebbene Piccolo fosse uscito dall’uovo solo 7 mesi prima, era alto quanto un bambino di 7 anni di media statura e aveva l’intelligenza di un giovane uomo, la forza di un guerriero di arti marziali esperto e un istinto di sopravvivenza che rivaleggiava quello di qualunque animale. Mentre i suoi piedi nudi facevano scricchiolare la neve, cercò di avvistare una caverna dove poter accendere un fuocherello e riposare per la notte.

Piccolo cercò di fare meno rumore possibile per non farsi sentire da qualche possibile umano nei dintorni. Gli umani che si addentravano così tanto nella foresta avevano con loro dei fucili, e Piccolo se li era fatti scaricare addosso parecchie volte. Gli umani gridavano e glieli puntavano contro, facendo seguire poi il bruciore delle pallottole sulla pelle di Piccolo. Le pallottole non erano fatali per Piccolo; lui era troppo forte per farsi uccidere da delle misere pallottole, ma a volte gli uomini lo coglievano di sorpresa e lasciavano un livido dove colpivano. Dopodichè Piccolo inceneriva colui che si era messo sulla sua strada. Non che a Piccolo non piacesse uccidere gli umani, solo che diventava tedioso dopo un po’.

Dopo aver camminato ancora un po’ Piccolo trovò una caverna adatta. Era piccola, e l’entrata era parzialmente coperta di foglie. Era messa sottovento e sembrava relativamente asciutta. Immediatamente Piccolo iniziò a raccogliere ciocchi secchi e ad impilarli nel suo temporaneo rifugio. In un paio di minuti Piccolo ebbe un fuoco di media taglia per scaldarsi.

Controllò la caverna, per assicurarsi di essere l’unico occupante. Quando il sopralluogo fu completo, Piccolo allungò una mano artigliata fuori dalla caverna e raccolse una manciata di neve per poi iniziare silenziosamente a masticarla. Quando quella roba bianca aveva cominciato a cadere dal cielo circa un mese prima, Piccolo aveva scoperto un’alternativa commestibile all’acqua. ‘Neve,’ una voce nella testa di Piccolo lo corresse, ‘la roba bianca che stai mangiando si chiama neve’.

La voce non era una novità per Piccolo. Fin quando riusciva a ricordare la voce lo aveva guidato e gli aveva detto cosa fare. La voce lo aveva aiutato ad imparare tante cose, gli aveva detto costantemente che avrebbe dovuto diventare forte e sconfiggere un ragazzo, il ragazzo che aveva ucciso suo padre e costretto Piccolo ad essere solo. A volte la voce mostrava delle cose a Piccolo, specie quando Piccolo si addormentava. Soprattutto immagini di sangue e violenza; un uomo che assomigliava a Piccolo, solo più vecchio, era sempre presente in queste visioni, e uccideva, distruggeva e rideva degli umani mentre cadevano a terra in preda al dolore o morti. Piccolo capì che l’uomo che vedeva nei suoi sogni era il proprietario della voce, e cosa più importante, suo padre.

Piccolo si distese nella caverna e si raggomitolò, pronto a dormire. Piccolo aveva segretamente paura di dormire. Alcune delle immagini lo spaventavano, non aveva problemi a uccidere gli umani che lo facevano arrabbiare, ma suo padre sembrava provare piacere nell’uccidere persone che non avevano fatto nulla per meritare quel fato. La voce gli aveva spiegato più e più volte, ‘Gli umani sono tutti uguali, tutti gli umani vogliono farti del male e ucciderti, figlio mio. Tutti gli umani meritano di morire’.

Piccolo aveva qualche difficoltà a crederlo. Aveva fatto qualche brutto incontro con gli umani, ma nessuna esperienza lontanamente sufficiente da condannare l’intera umanità a morte. Ma come ogni altra notte, più Piccolo cercava di restare sveglio, più scopriva di essere stanco.

Quando Piccolo si svegliò rifletté sulla notte passata. Era stata una di quelle rare notti senza sogni o immagini che gli infestassero la testa. Era un piacere davvero raro dormire senza i ricordi di suo padre. Piccolo si stiracchiò, e fece per uscire dalla caverna ed iniziare la sua giornata di allenamenti. Ma le sue orecchie sensibili colsero uno strano suono.

Piccolo si appiattì contro il muro della caverna e sbirciò attraverso il fogliame che ricopriva l’entrata. Si impose di restare calmo: magari era solo un animale, ma Piccolo non aveva mai sentito un animale fare un suono come quello prima d’allora.

Piccolo non era preparato a quello che vide. C’erano almeno una ventina di uomini nella foresta. Tutti con oggetti affilati che Piccolo riconobbe come asce (gliene avevano lanciata qualcuna in passato), e tutti attorno agli abeti, ad abbatterli. Quando un albero cadeva, gli uomini gridavano ‘cade!’ e tutti gli altri indietreggiavano. Dopo aver abbattuto un abete lo legavano a una slitta e iniziavano a trascinarlo lungo una pista che conduceva a nord.

Questo era il più strano rituale che avesse mai visto tra le prestazioni umane. Che cosa ottenevano dall’abbattere un albero? Molti degli alberi che avevano tagliato erano inutili per accendere il fuoco. Se poi fossero andati in cerca di legna per il fuoco, perché non tagliare i tronchi in pezzi più piccoli e poi trasportare i ciocchi?

Sebbene gli umani lo spaventassero, Piccolo era intrigato. Quindi attese pazientemente tenendo un occhio sulla folla di uomini progressivamente in diminuzione. Non appena l’ultimo uomo iniziò a trascinare la sua slitta lungo la pista, Piccolo uscì con prudenza dalla caverna e seguì il boscaiolo a distanza di sicurezza.

Piccolo andò dietro all’uomo per almeno mezz’ora prima che avvistasse del fumo all’orizzonte. E quando Piccolo raggiunse la cima di una collina particolarmente grande, finalmente scoprì dove fosse diretto quell’uomo. Annidata in una depressione tra due colline, c’era una piccola valle. Abitazioni umane fatte di legno e mattoni erano disposte vicine tra loro. C’erano strade percorse da macchine e svariati grandi edifici che sembravano compattati assieme nel mezzo dell’insediamento.

Piccolo non aveva mai visto tanti umani in un unico posto in vita sua; ne aveva avuto delle visioni, ma vederlo di persona era qualcosa di stupefacente. Era tentato di tornare indietro e dimenticare la faccenda degli abeti. Ma la curiosità di Piccolo ebbe la meglio su di lui e così si avventurò cautamente giù per la collina e nella vallata.

Piccolo si nascose tra gli edifici mentre seguiva l’uomo con la slitta verso un piccolo casolare umano. Poi accadde qualcosa di ancora più strano: l’uomo trascinò l’albero fin dentro casa. Piccolo era scioccato! Quale possibile ragione poteva avere un umano per portarsi un albero in casa? In cerca di risposta, Piccolo corse verso la finestra più vicina e vi guardò attraverso.

La casa era molto ben illuminata e sembrava calda e confortevole. Un fuoco bruciava dentro a una scatola attaccata al muro, e sul muro sopra la scatola-fuoco c’erano delle sgraziate calze rosse. Mentre l’umano trainava l’albero in casa venne accolto da altri due umani: una donna e un bambino che non doveva avere più di sei anni in età umana.

Il gruppo di umani, ‘Famiglia’, lo informò la sua mente, circondarono l’albero e iniziarono ad appendere dei cosi sui rami. Ogni membro della famiglia sembrava felice e spensierato come se solo lo stare insieme portasse loro gioia. Piccolo era attonito: com’era possibile che appendere roba su di un albero rendesse le persone così felici.

Piccolo osservò rapito. Non notò il freddo o il tempo: era ipnotizzato da quel quadro di perfezione. Tutti sembravano andare d’accordo, tutti avevano un posto dove stare. Guardò l’umano maschio, ‘il padre’, sollevare il piccolo umano, ‘il figlio’, sulle spalle. Al figlio quest’azione sembrò piacere immensamente. Piccolo restò lì mentre il tempo passava, immerso nella contemplazione. Ma la campana del paese lo risvegliò bruscamente.

La campana suonò sei volte e la famiglia prese e uscì dall’abitazione. Piccolo balzò dall’altra parte della casa così che non lo potessero vedere. La famiglia, dopo essere uscita di casa, chiuse a chiave la porta d’ingresso, montò in macchina e si diresse verso un edificio con una strana torre sulla cima.

Piccolo si guardò attorno: sembrava che ogni famiglia in città si stesse dirigendo verso lo stesso edificio. Quando la campana rintoccò le 6:30 le strade erano completamente vuote. Piccolo si avventurò fuori dal retro della casa e iniziò a camminare con naturalezza verso la costruzione con l’alta torre.

Quando finalmente Piccolo raggiunse l’edificio vide un finto fienile nel cortile antistante. C’erano dentro un uomo e una donna vestiti in modo molto strano, che fissavano un bambino adagiato a quanto sembrava in una specie di mangiatoia per animali. C’erano anche altri tre umani sul lato sinistro della scena, ognuno vestito di abiti eleganti e con in mano degli oggetti che porgevano al bambino. Attorno agli umani c’erano svariati animali nell’aia. Sul tetto del finto fienile c’era un cartello con su scritto: “Buon Natale Dalla Chiesa Di Pine Valley”.

Piccolo si avvicinò all’edificio chiedendosi cosa mai fosse una chiesa. Mentre si avvicinava al fianco della costruzione venne accolto da delle voci in canto. Piccolo continuò a camminare fino a giungere ad una finestra di vetro colorato vicino al retro della chiesa.

Piccolo guardò attraverso il vetro e vide un uomo su di un piccolo palco rialzato. L’ometto si muoveva lungo il palco e parlava al pubblico che ascoltava con attenzione.

“Buon Natale” iniziò l’uomo “prima di cominciare, meravigliose persone, vorrei ringraziare ognuno di voi per essere venuto qui in questo giorno importante.” La folla applaudì. “Come tutti voi sapete, stanotte è la Vigilia di Natale, una notte sacra per noi Cattolici, poiché domani Cristo nascerà! Gesù, il figlio di Dio e il redentore dell’umanità!”

Piccolo rifletté: ricordava che suo padre gli aveva parlato di un dio, sebbene si riferisse a lui come Kami. Non riusciva a ricordare se Kami avesse un figlio o no.

“Signori e signore” declamò il prete “Alla Vergine Maria fece visita un angelo……………” il prete parlò per ore raccontando alla folla che “non c’era posto in nessuna taverna per i genitori di Gesù”, così avevano dovuto darlo alla luce in una stalla. E di come una moltitudine di pecore si era riunita per rendergli tributo, poi parlò di come tre re avessero seguito una stella fino a Gesù e gli avessero portato doni preziosi. Piccolo ascoltò l’intera messa finché non sentì il prete dare a tutti la buonanotte e lo strascichio delle scarpe.

Piccolo si tuffò velocemente in un cespuglio e restò nascosto finché non fu sicuro che il campo era libero. Poi fece lentamente ritorno alla casa di cui aveva visto l’interno. La famiglia era arrivata a casa e sedeva attorno all’albero. Tutti esibivano grandi sorrisi e reggevano scatole ricoperte da carta luccicante e fiocchi. Una ad una, la famiglia aprì le scatole. Ogni scatola fece loro allargare i sorrisi e qualche volta la madre abbracciò il padre. Quando il figlio aprì un pacchetto molto grande sembrò sopraffatto dalla contentezza e saltò in piedi per abbracciare suo padre e sua madre.

Piccolo vide la famiglia lasciare la stanza, probabilmente per andare a letto. Spensero tutte le luci ed entrarono in stanze diverse. Per ore dopo che l’ultima luce fu spenta Piccolo restò seduto alla finestra, finché tutta la casa non fu addormentata. Piangendo, Piccolo corse come una furia lungo la strada principale, verso la chiesa.

Quando finalmente arrivò alla cattedrale andò dritto verso la scenografia della stalla. Piccolo fissò il bambino nella mangiatoia.

“Perché tutti pensano che tu sia così speciale?” gridò alla figura. “Solo perché sei nato in un fienile tutto il mondo è in ginocchio a venerarti! Almeno tu avevi una casa e delle persone che ti amavano! Almeno avevi qualcuno lì a curarsi di te! Almeno andavi d’accordo con tutti!”

Piccolo lasciò che la rabbia gli bollisse in corpo, calda e penetrante. Infine liberò la sua furia in un unico raggio di Ki diretto alla finta stalla. Esplose, ed immediatamente la chiesa prese fuoco come qualche altro edificio là attorno. Piccolo si lasciò sollevare in aria dal proprio Ki mentre sparava sfere d’energia ad ogni edificio che vedeva, finché tutto non fu immerso nelle fiamme. Si sentì riempire di gioia ad ogni grido che udiva.

“Li farò soffrire quanto ho sofferto io, meritano tutti di morire, tutti gli umani meritano di morire” pensò sorridendo mentre volava verso la foresta.

Piccolo atterrò esausto nella caverna che aveva occupato la notte prima. Era pronto a crollare ma una scossa di pura adrenalina lo tenne sveglio. Il brivido di nuovo potere. Infine, Piccolo si addormentò e le ultime parole che sentì furono:

‘Ottimo lavoro, figlio mio.’

Da qualche parte nelle profondità dell’Inferno il Grande Mago Piccolo rise. La risata spedì dei brividi lungo la schiena di ogni anima che la sentì.

“È davvero mio figlio” disse tra sé e sé il Grande Mago Piccolo “a volte è meglio lasciare che i bambini capiscano da soli le cose.”

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Riferimenti

(Cose che potreste non aver capito leggendo la storia)

In Dragon Ball Piccolo aveva solo tre anni quando combatté contro Goku, ma era cresciuto a ritmo accelerato.

A mio parere le pallottole non perforano la pelle di Piccolo, non gli sono fatali né gli causano serie ferite, gli fanno solo male quanto un pungiglione d’ape ne farebbe a una persona; non dolore, solo fastidio.

Piccolo non sa nulla della religione cristiana o della Pasqua o della vita di Gesù; sa solo quello che ha sentito dalla messa di Natale.

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Veloce Nota dell’Autrice: Per favore non commentate dicendomi che non so nulla della religione cristiana. Sono stata battezzata in una chiesa cattolica, frequento una scuola media cattolica e formalmente una classe cattolica. Sono andata in chiesa da quando sono nata ogni settimana fino all’età di 13 anni. Non sono cattolica dal momento che sono ateista, ma per favore non mi sbraitate in faccia che non comprendo la religione.

Grazie a tutti coloro che hanno curato la storia prima della sua edizione, ossia i ragazzi rockettari del Merry Christmas Sierra’s Darkness e Chris-chan, Jen-chan e Patty-chan! Vi amo tutti tantissimo, specialmente Jen!


Velocissima Nota della Traduttrice:
Flamia: Siiiiiiiigh, che storia triiiiiiiiiiiiiiiiiiiiste ç_________ç …fortuna che quand’è cresciuto l’ho consolato io!! Pi-chaaaaaaaaaan, amoreeeeeeeeee!!!! ^0^
Piccolo: Oh, no, RIECCOLA!!! O__o GOKU, AIUTOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!

 
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