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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: UN PO` GRIGI, UN PO` VERDI... UN PO` AZZURRI
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: semirhage galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 28/12/2005 22:54:08

ho scritto perchè sentivo il bisogno di scrivere... la potrei definire.. una grande metafora.
 
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ONE SHOT
- Capitolo 1° -

La luce che passava attraverso quelle due piccole aperture rischiarava appena il buio. Anche in pieno giorno l’ambiente non era mai luminoso, come se la luce passasse attraverso due vetri sporchi.
Stava lì, in terra, appoggiata ad una parete umida osservando sconsolata quelle due finestrelle irraggiungibili. Non tanto irraggiungibili in altezza, le bastava alzarsi in piedi per poter vedere il mondo attraverso le due fessure, ma si doveva limitare a guardare.
Gridò ancora una volta contro quella prigione. Urlò tutta la rabbia, il risentimento, il rancore… il dolore.
Sentendo quelle urla arrivò a farle compagnia la carceriera.
- Perché urli ancora? Non lo capisci che ormai non c’è niente da fare?-
La carceriera aveva uno sguardo ferito, dispiaciuto. Le faceva male tenerla prigioniera. Tutto questo non la calmò.
Non voleva che stesse male nel tenerla prigioniera. Se fosse stata contenta di quello che faceva, se solo fosse stata soddisfatta, se solo traesse piacere da lasciarla languire in quella triste agonia avrebbe potuto arrabbiarsi, urlare l’avrebbe finalmente liberata da quel peso che sentiva su di se. E invece no… le dispiaceva sul serio. E a lei dispiaceva che stesse male.
Cominciò ad urlarle contro milioni di frasi che le giravano per la testa, miliardi di parole che aveva immagazzinato stando lì dentro; nate dalla musica che gli arrivava sino alla sua prigione umida e sporca o semplicemente dalla rabbia che alimentava una pericolosa scintilla negli occhi.
Cercava di ferirla… il più profondamente possibile.
E se anche ci riusciva lei si piegava come un giunco sotto la tempesta. Le dava ragione. Addirittura sorrideva in mezzo alle lacrime, pregandola di continuare, di infierire. Glielo doveva dato che l’aveva rinchiusa in quella prigione.
E mentre ancora urlava le lacrime presero a scenderle sul viso. Non era certa di essersene accorta. Non sapeva se fossero reali o semplicemente la ripetizione di quella scena, ormai vissuta troppe volte.
Quando per la carceriera si avvicinava il punto di rottura, se ne andava. Lasciandola distrutta dentro e fuori.
Un piccolo ammasso di stracci sudici singhiozzante. E pensare che prima della prigionia quello era un vestito che mostrava con fierezza, e che avrebbe difeso a tutti costi dalla più piccola macchia. Si sentiva così sporca. Aveva permesso che quel vestito diventasse vecchio e malridotto. Eppure era ancora così affezionata a quella stoffa.
- Come reagiresti se tutto ti fosse strappato piano piano, mentre tenti di afferrarlo con le unghie?- urlò verso il soffitto, verso quelle due finestrelle, sperando che il messaggio filtrasse da quei vetri sporchi, un po’ grigi un po’ verdi… un po’ azzurri, nei giorni di sole, ed arrivasse sino alla sua carceriera.
- Rispondimi!-
Silenzio. Solo l’eco del suo urlo disperato.
- RISPONDIMI, DANNAZIONE!!-
Non seppe per quanto tempo rimase singhiozzante in un angolo di quella prigione umida. Ad un certo punto decise di farsi del male ed affacciarsi a quei due vetri sporchi.
Vedeva tutto il mondo, quello che un tempo era stato suo scorrerle accanto.
Vedeva il suo passato diventato il presente di qualcun’altra. Della sua carceriera.
Vedeva quella che un tempo era stata sua sorella sorridere dolce all’altra. Vedeva chi era stato suo fratello consolare l’altra. Vedeva impotente dalla sua prigione la sua vita in mano a qualcun altro che la viveva meglio di quanto aveva fatto lei. Sapeva di non aver più alcun diritto su di loro.
Ma era quella la sua pena.
Dover vedere mentre tutto questo accadeva.
Quanto aveva sperato che la carceriera la uccidesse. Lei non poteva. I vincoli le impedivano simili minacce. Ma la carceriera avrebbe potuto eliminarla. L’unica via per essere liberata.
Ma in fondo era giusto così, no? Anche se la carceriera era l’altra, la colpa della sua cattura non era forse esclusivamente sua? Non era forse lei che aveva emanato quell’ordine?
Si… la colpa era decisamente sua.
Si accasciò lì, in terra, appoggiata ad una parete umida osservando sconsolata quelle due finestrelle irraggiungibili da cui passava poca luce per via dei vetri sporchi e scheggiati.

Gli occhi sono lo specchio dell’anima.

 
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