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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: SE L`AMORE CHE AVEVO NON SA PIÙ IL MIO NOME
Genere: Sentimentale, Poesia
Rating: Per Tutte le età
Autore: farnesev galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 14/12/2005 21:10:31

era poesia / il suo dolore muto / non rispondeva
 
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- Capitolo 1° -

Era poesia
il suo dolore muto
non rispondeva

Sakura boccheggiò, respirando con affanno l’aria melmosa che le galleggiava intorno; balbettava suoni confusi, soffocati in un singhiozzo, condannati sull’orlo delle sue labbra secche e assetate; aveva gli occhi fermi, Sakura, fissava la pianura arida davanti a se cercando un punto d’appoggio per i suoi sguardi stanchi, fissava quel volto che tanto a lungo aveva cercato, inseguito, aspettato e guardandolo negli occhi ora desiderava dimenticarlo, fissava l’espressione presuntuosa del ragazzo che amava, quell’espressione che ora apparteneva ad altri occhi, ad altri gesti, ad altri scopi e lì fra quei ricordi abbandonò il suo sguardo… vuoto.
Le labbra si piegarono appena, socchiudendosi senza impeto, con una sorda disperazione; era uscita una voce irriconoscibile, disarticolata e agonizzante, una voce amputata, incompleta, con la gola stritolata dai morsi di un dolore che per tanto tempo aveva negato e rinnegato, una voce che usciva a fatica, senza ossigeno, esausta; un lamento che nasceva e moriva nei suoi occhi, che si strappava dalla sua bocca, con feroce desiderio di uscire e si tramutava in debole fiato, sillabe confuse nelle quali si riconosceva ugualmente il suono storpiato di quel nome così familiare… così familiare.
Ingoiava lacrime e conati di vomito stringendo la terra fra le mani come se fosse rimasta l’unica cosa a cui aggrapparsi, l’unica cosa da abbracciare davanti allo spettacolo straziante di quegli occhi che non conosceva e non riconosceva, avidi, meschini su quel viso così familiare… così familiare

…………Sa – su – ke – kun

Era tutto finito, in pochi minuti, lo spettacolo straziante che vanificava ogni attesa, ogni sacrificio, ogni immotivato attimo di ottimismo, debolezza, stupore, paura…
Era, banalmente, tutto finito; il profilo sottile del viso di Sasuke delineava la spietata realtà che avrebbero dovuto affrontare in quel momento e il fantasma del senso di colpa che li avrebbe perseguitati in futuro, l’incredibile sconfitta, l’intollerabile errore su ciò che tutti si aspettavano;
quello sguardo che Sakura non riusciva a sostenere e i suoi occhi, gli occhi di Orochimaru, crudelmente estranei su quel viso così familiare…
Eppure di quella sofferenza tanto intima e tanto profonda, non vi era traccia sul suo viso, il suo tormento restava qualcosa di intoccabile; scorreva sottopelle e non si mostrava in superficie se non in quell’impercettibile piega agli angoli degli occhi, dove lei non poteva guardare.
Non trovò il coraggio di gridare e non ne cercò la forza perché tutto d’un tratto le era parso inspiegabilmente inutile accanirsi; aveva lasciato cadere il capo verso il basso e chiunque l’avesse vista avrebbe pensato che la sua testa non si sarebbe alzata più, come se non fosse più valsa la pena costringersi a combattere, come se si fosse rotto qualcosa, un gesto stanco che non fece alcun rumore, ma che, in futuro, riecheggiò con dolore negli occhi di chi la aveva vista arrendersi.

Tutto in quel momento sembrò immobile e imperfetto; anche quando Naruto le scrollò violentemente le spalle ed ebbe l’impressione di stringere un corpo vuoto, Sakura si lasciò dondolare, sentì il rumore delle sue ossa che sbattevano le une contro le altre, era il rumore di speranze che andavano in pezzi, senza poesia, senza grazia, con le dita come morte sulla terra smossa, secca, sola
Ogni movimento, ogni fremito attorno a lei, le appariva distante, così inspiegabilmente irraggiungibile, freddo; C’era rumore, e adesso riusciva a sentirlo, grida, le solite, aria che si sposta, graffi, lividi… eppure le sembrava che tutto fosse lontano, oltre
…insignificante.
Quando si rinuncia a qualcosa di così grande il dolore sembra insopportabile e guardare avanti appare impossibile; Sakura non sentiva niente di tutto questo,
non sentiva più niente.
C’era qualcosa di profondo nei suoi pensieri convulsi mentre il sangue della battaglia che la circondava le graffiava la fronte, qualcosa di immobile e imperfetto; una voce, la sua, che le ripeteva instancabilmente quanto tutto fosse ormai inutile, mentre il sudore della battaglia le bagnava le guance, mentre un filo di lacrime si raggomitolava sotto le sue palpebre.
Con gli occhi fissi, spiritati, tremava accasciata sulla terra fredda, come un animale ferito, muoveva le labbra in cerca di aiuto senza che la sua bocca emettesse alcun suono; fissava lo spazio intorno a se, vuoto, mentre le grida della battaglia rimbombavano atroci nelle sue orecchie; non aveva più ragioni, nessuno da proteggere, nessuno da salvare, solo il suo cuore accartocciato e sbriciolato sulla terra fredda, fra le sue dita che tremavano convulsamente e l’umido delle sue lacrime che cadevano, pesanti, senza che lei chiudesse gli occhi.
Non c’erano più rumori nel suo corpo, solo quell’insistente e fastidioso battito che spezzava in frammenti indistinguibili ogni urlo di guerra e di dolore che la circondava.

Lei aveva lanciato un grido, uno solo, in cui le si era spezzato il fiato
un grido, cercando di impedire quella metamorfosi che era durata qualche istante e che si era consumata davanti a lei, inerme, inutile, straziata dallo stesso dolore che lacerava le carni della persona per cui, fino ad allora, aveva vissuto
un grido, che non era arrivato da nessuna parte, perso nella piana che si stendeva sotto i loro occhi increduli. Era stato tutto brutalmente veloce, incontrastabile, tutto quello che avevano potuto fare era stato guardare, indifesi, fragili, il viso sfigurato di Sasuke, la sconfitta, il vuoto incolmabile.

Qualcuno diceva che si deve sempre avere uno scopo nella vita, una persona da proteggere, da salvare, per diventare più forti, essere invincibili…
Avevano promesso di lottare a costo della vita, di non abbandonarsi, di non abbandonarlo, ma ormai quella promessa aveva perso importanza.
Con quegli occhi gialli, vitrei, trionfanti, ancora piantati nella testa, Sakura aveva dimenticato tutte le speranze alle quali si erano aggrappati durante quegli anni; la convinzione che, davvero, sarebbe finito tutto bene, era caduta nel vuoto, senza rumore, senza grazia, con la disarmante consapevolezza della sconfitta più grave in un pomeriggio di tanti anni fa, pesantemente sdraiati a leccarsi le ferite, stanchi, oppressi, traditi, disillusi su terra della pianura, smossa, umida, sola.
 
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