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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: PAROLE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: nimphadora galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 12/12/2005 13:03:02

era lo spettatore che, pur non condividendo l’accaduto, non poteva far altro che guardare e tacitamente accettare.
 
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UNICO
- Capitolo 1° -

Parole… un vortice di parole si propose imperterrito nella sua mente.
Erano tante.
Troppe per essere intese.
Per essere capite.
Non assumevano l’ordine giusto.
Stavano lì, in attesa di una soluzione.
Una soluzione che non poteva… o meglio non voleva giungere.

La Tana.
Quanti aggettivi potevano essere utilizzati per descrivere la casa dei signori Weasley?
Ad Harry ne vennero in mente almeno un centinaio, ma aveva la certezza che sforzandosi, ne avrebbe trovati altri mille..
Stramba.
Diroccata.
Instabile.
Ma, più di ogni altra cosa, “Accogliente”.
Non era tanto la struttura a dare questa impressione, ma ciò che vi era contenuto.
La famiglia Weasley…

Forse trovava i Weasley tanto simpatici perché era cresciuto con i Dursley.
Orridi ed infidi individui.
I suoi zii, per esattezza, odiavano ogni cosa di Harry.
Dai capelli ribelli alla cicatrice che aveva sulla fronte.
Ma ciò che più disprezzavano era la sua magia.
Il fatto di essere mago li aveva sempre posti in atteggiamento negativo nei suoi confronti.
Non sapeva bene quale fosse il motivo di tanto e tale disprezzo per la comunità magica…
Eppure Harry avrebbe dovuto ringraziare zia Petunia e zio Vernon per avergli dato un luogo da poter chiamare casa.
Infatti grazie all’abitazione al numero quattro di Privet Drive e all’accettazione molto poco spontanea della zia, Harry era sopravvissuto all’ira di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Il numero quattro di Privet Drive era l’unico luogo a cui Voldemort non sarebbe potuto accedere, grazie ad un potente incantesimo di Albus Silente.
Ma quando il ragazzo compì i diciassette anni e divenne legalmente un mago adulto, l’incantesimo si annullò.
I suoi zii lo misero alla porta in balia del mondo, che irrimediabilmente, dopo il ritorno di Voi-Sapete-Chi, scivolava nell’oblio e nel caos dilagante.
Ma Harry trovò rifugio tra le braccia di una donna che lo aveva amato come un figlio… l’ottavo per esattezza.

I suoi movimenti erano seguiti. Ad ogni suo passo un membro dell’Ordine della Fenice gli veniva dietro.
Per tale motivo, la notte del 31 Luglio, Nimphadora Tonks lo raggiunse appena svoltato l’angolo di Magnolia Crescent.
Si materializzò davanti ai suoi occhi. I capelli rosa shocking…
“Andiamo Harry… Molly ti attende!” disse lei.
Harry accettò di buon grado l’offerta proveniente da casa Weasley e si smaterializzò alla Tana.

Al suo arrivo venne accolto con somma gioia da tutti.
Era una strana sensazione quella…
Quella di essere benvoluto.
Certo aveva passato molto tempo alla Tana da quando aveva conosciuto Ron, ma viverci era ben diverso. Era entrare in comunione con una famiglia. Una famiglia da cui non veniva disprezzato.
“Sono a casa…”.

Ma Harry avrebbe dovuto sapere che la gioia, per uno come lui non è che passeggera.
Ma l’enfasi del momento lo distolse da ciò che era e che stava accadendo…
Per la prima volta nella sua vita si sentiva tranquillo e protetto.
Era stato accolto in seno alla famiglia del suo migliore amico… niente poteva andare male.
Eppure qualcosa era in agguato. Qualcuno attendeva vendetta.
Bramava e desiderava la sua morte più di ogni altra cosa al mondo.
L’unico suo desiderio era di procurargli dolore…

Osservava immobile in una sfera il suo nemico…
Ascoltava attentamente le sue parole soppesandole.
Cercava il punto debole… una qualunque corda che, sfiorata, avrebbe fatto vibrare il suo mondo fatto di certezze.
Era paziente.
Attendeva al buio, sicuro che il momento sarebbe giunto…

Le giornate alla Tana trascorrevano tranquillamente… un aggettivo che Harry non aveva mai utilizzato per descrivere la sua vita.
Era divertente assistere alle liti tra la signora Weasley e il marito…
Harry simpatizzava per il padre di Ron poiché in confronto alla moglie poteva essere paragonato ad un mite agnellino.
Anche i gemelli davano pieno sfogo alle loro risorse testando, senza permesso, le loro ultime scoperte.
Un giorno Harry, dopo aver mangiato una fetta di crostata alla marmellata preparata dalla signora Weasley si ritrovò senza testa… riapparve solo qualche ora più tardi dopo aver provocato urla di paura in Ginny ed Hermione e le risate convulse dei gemelli e di Ron.
Da quel giorno in poi Harry evitò di accettare cibo se non in presenza dei signori Weasley…

Quei giorni di spensierata felicità… giorni in cui tutto non può che andare bene.
Come se tutto quello che accadeva fuori dalla porta della Tana si annullasse.
Harry si sentiva al sicuro.
E questo lui lo sapeva…
Aveva preso mentalmente nota delle sensazioni che il ragazzo provava da quando si era trasferito in casa dei rinnegati.
A volte era come se lui stesso sentisse quello che il ragazzo provava… e ciò gli metteva i brividi.
Ma questo legame era più che utile in questo momento.
Presto avrebbe distrutto l’unico essere che era sopravvissuto alla sua ira.
Lo avrebbe distrutto nella maniera più crudele che conoscesse…
Avrebbe procurato in lui un dolore talmente forte da non poter essere retto.
Un dolore che non sarebbe scaturito da un Anatema Illegale…

Si era appena svegliato. La fronte imperlata di sudore.
Era strano…
Da quando era arrivato alla Tana non aveva più avuto un solo incubo ma quella notte…
Strane sensazioni si erano susseguite scuotendolo emotivamente ma non lasciandolo svegliare.
Era come se qualcuno lo avesse trattenuto nel sonno, trattenuto a forza… contro la sua volontà.
Non poteva dare a quel vortice di immagini e di sensazioni una spiegazione chiarificatrice ma il risultato era una totale angoscia.
Un vuoto interiore… un tunnel mentale senza via di scampo.
Guardò nel letto accanto al suo in cerca di qualche parola di conforto nell’amico…
Ma Ron non era nella stanza.
Probabilmente era già sceso a fare colazione.
Riluttante e scosso da tremiti involontari si accinse a vestirsi per raggiungere la famiglia Weasley…

Appena aprì la porta della camera e si ritrovò nel pianerottolo ed un odore acre inondò le sue narici.
Non ci fece molto caso, associò il tutto ad una portata bruciata a causa di uno sciocco scherzo di Fred o all’arrivo del piccolo gufo di Ron, Leotordo.
Quella bestiolina da sola era come un esercito di schiopodi!
Non poté che ridere a questo pensiero.
Si aggrappò al corrimano e scese di corsa le scale che lo avrebbero portato al piano inferiore…

“Harry Potter!” una voce gelida.
Fredda e sibillina.
“Ben svegliato, ragazzo” concluse.
Harry non capì subito quello che era accaduto.
Aveva sceso le scale e poi…
Poi era arrivato in una stanza buia.
Non era il salotto della Tana.
No… non lo era affatto.
Poi il flusso di pensieri venne interrotto da quella voce…

“Voldemort” mormorò Harry a sé stesso.
I suoi sensi si misero in allerta.
Non ebbe tempo di pensare a che diavolo fosse accaduto.
Un gruppo di Mangiamorte gli fu addosso.
Lo bloccarono prima che potesse sfoderare la bacchetta.
Lo costrinsero ad ascoltare ciò che l’Oscuro Sire voleva dirgli…
E a volte le parole feriscono più di mille schiantesimi.

“Il famoso Harry Potter… guardalo Minus!” si rivolse a quell’infigardo traditore di Codaliscia “si sentiva tanto potente quando l’Ordine e quel mezzo pazzo di un preside garantivano per lui… ma ora! Ora è impotente di fronte al Signore Oscuro. E china il capo al mio cospetto… come si addice davanti ad un re”.
Avrebbe voluto rispondere. Gridare.
Torcergli il collo.
Avrebbe voluto ripagarlo con lo stesso incantesimo che sedici anni prima aveva scagliato contro i suoi genitori…
Ma quegli uomini erano troppi e troppo forti perché potesse ribellarsi. Era sopraffatto.

Oramai attendeva la morte.
Aspettava passivamente che una luce verde fuoriuscisse dalla punta della bacchetta di Lord Voldemort.
Ma lui non faceva altro che parlare.
E le sue parole erano inutili.
Vedeva le sue sottili labbra schiudersi ma non udiva ciò che pronunciava.
Un forte dolore lo scosse da quel torpore…
Lucius Malfoy aveva scagliato la maledizione Cruciatus sul ragazzo.
Si contorceva. Si dimenava mentre ogni fibra del suo corpo si tendeva in preda a quella nuova sensazione di straziante male.
“Devo resistere… non urlerò.
Non devo farlo. Io sono forte” la sua mente formulava queste parole.
Poi il dolore cessò.
Improvvisamente.
Si rese conto che i Mangiamorte si erano allontanati.
Aveva la vista annebbiata e, quando tentò di rimettersi in piedi, tremò vigorosamente.
Quando gli occhi si abituarono al buio, scorse una figura ammantata che si avvicinava.

“Alza il capo, ragazzo. Guardami negli occhi!” ordinò Voldemort.
Ma Harry non avrebbe obbedito a quell’essere.
No.
Non lo avrebbe fatto.
Avrebbe combattuto. Lottato.
Sarebbe morto.
Ma non avrebbe ceduto al suo potere.
Lo doveva a tutte quelle persone che, per salvarlo, avevano dato la loro vita.
Lily Evans.
James Potter.
Sirius Black.
Albus Silente.
Frugò nella veste e ne estrasse la bacchetta.
Una bacchetta gemella a quella dell’Oscuro Sire.
“Cosa vorresti fare? Tu sai che sono IMMORTALE, vero?” chiese con tono canzonatorio, provocando in Harry una serie violente scosse dovute alla paura.
“Se non mi sbaglio non eri presente anche tu, il giorno del mio ritorno…”

Come poteva dimenticare quella notte.
La lama che Codaliscia aveva conficcato nel suo braccio…
Il suo sangue era servito per rendere il Signore Oscure ancora più potente del periodo precedente il suo declino.
La figura di un ragazzo sui diciassette anni, steso in terra, inerme affiorò nella sua mente.
Un monito…
Cedric Diggory, Campione Tremaghi, era morto quella notte.
Minus aveva scagliato su di lui un Avada Kedavra.
Ben presto anche lui avrebbe affrontato la morte.

“Vuoi affrontarmi? Non sarai tanto sciocco, vero?”.
Harry non rispose.
Formulò un incantesimo e lo scagliò sul suo nemico.
Ma, come ben sapeva, non servì a nulla.
Ma il diversivo gli concesse il tempo necessario per mettere un po’ di distanza tra i due.

Corse.
Il buio era rischiarato solo da qualche torcia appesa al muro.
Era come se tutto gli vorticasse intorno.
Avrebbe voluto che tutto finisse…
Voleva tornare a casa.
Il pensiero della Tana lo rinvigorì.

Qualcosa lo colpì in pieno petto.
Perse l’equilibrio e si ritrovò steso a terra.
Era inutile combattere.
Doveva affrontare la situazione ed accettare che ben presto tutto sarebbe finito…

I Mangiamorte levarono in alto le bacchette.
Dei passi si fecero sempre più vicini.
Harry si puntellò con le mani sul pavimento di pietra. Con la coda dell’occhio vide qualcosa.
Un oggetto di forma sferica… sembrava un boccino, ma senza ali.
D’un tratto un barlume di speranza si riaccese nella mente del ragazzo.
Prese l’oggetto tra le mani ed uno strattone nei dintorni dell’ombelico gli annunciò che la sua non era solo una sensazione.

Era finito… non definitivamente, ma per il momento.
Era alla Tana.
Ansante si rimise in piedi.
Con le lacrime agli occhi si guardò intorno.
Il pianerottolo dove si trovava la stanza di Ron.
La felicità lo invase.

Scese le scale di corsa.
Doveva raccontare a tutti quello che gli era accaduto.
Alla signora Wealey sarebbe venuto un infarto.
“Come aveva fatto Voldemort ad incantare il pomello delle scale?” chiese una voce nella sua testa.
Ma la voglia di essere confortato era troppo forte e vinse tutti gli interrogativi.

Era come se tutto stesse andando a rallentatore.
Man mano che si avvicinava alla cucina, era come se i suoi passi si stessero facendo sempre più lenti.
Una strana sensazione lo invase.
Un silenzio di tomba pervadeva l’enorme abitazione.
Quando l’interno della cucina Weasley divenne visibile, per Harry fu come se un masso di enormi proporzioni lo avesse colpito tra capo e collo.

Si fermò.
Nella mente il vuoto più assoluto.
Lo sguardo si volse ad ammirare attonito la scena raccapricciante che gli offriva.
Avrebbe voluto avere la forza di cavarsi gli occhi…
Ma le braccia ricadevano immobili lungo i fianchi.
Era lo spettatore che, pur non condividendo l’accaduto, non poteva far altro che guardare e tacitamente accettare.

Il tavolo era stato rivoltato a terra.
Le stoviglie erano sparse per tutta la cucina.
Le sedie erano state spezzate...
Probabilmente usate da armi durante la lotta.
Ron aveva lo gli occhi semichiusi e dalla bocca colava un rivolo di sangue.
La schiena poggiata al muro.
Accanto a lui, stretta in un abbraccio che neanche la morte aveva sciolto, Ginny.
La piccola Ginny…
Poco lontano un’altra ragazza era riversata in terra. Gli occhi aperti e vuoti… i capelli, quella sua massa scarmigliata di capelli… era Hermione.
Fred e Geroge erano stesi in terra a faccia in giù, le dita strette attorno le bacchette.
Fleur e Bill…
Charlie…
Percy…
I signori Weasley…
La sua mente rifiutò di prendere nota dalla posizione che la morte aveva fatto assumere ai loro corpi.

Tutto era stato progettato fin nei minimi dettagli.
La passaporta.
La lotta.
Il ritorno.
Tutto questo per dare il tempo agli accoliti di Voldemort di sopprimere l’unico barlume di speranza che illuminava la vita di Harry.
Si accasciò a terra.
La soluzione venne… nella sua mente si propose imperterrita ed impettita…
“Lui non voleva ucciderti… troppo facile! No, lui vuole che tu impazzisca, soffra…”
Ora Harry Potter era davvero solo…
Ora era davvero inutile lottare.
Non aveva più un luogo da poter chiamare casa…
Rimpianse l’abitazione al numero quattro di Privet Drive.
Per un attimo la prospettiva di farvi ritorno non fu tanto sgradevole…
Forse… forse la zia lo avrebbe accolto.
Già, forse…

 
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