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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: TEMA DI II SUP AL LICEO CLASSICO
Genere: Comico
Rating: Per Tutte le età
Autore: meris galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 21/11/2005 20:26:14

questo tema mi ha fruttato un 7,5... commentate!!!
 
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REALITY SHOW
- Capitolo 1° -

Il sole entrava dalla finestra e batteva sul mio cuscino. Forse fu questo a indurmi a svegliarmi, o l’ intenso odore di incenso alla cannella, o il tintinnio dei campanelli che si udiva nel corridoio. Nel dormiveglia mi si affacciò nella mente un pensiero tutt’ altro che confortante: chi ha acceso gli incensi, e cos’ è questo continuo scampanellio? Poi mi accorsi che dormivo in un letto con le coperte leggere come seta, di colori molto caldi,come il rosso, l’ arancione, il giallo, ed era ricoperto di cuscini. Quello non era il mio letto! Mi alzai di scatto e mi guardai intorno, senza parole: ero in una stanza enorme con le pareti gialle e arancioni; in un angolo c’ era una sedia a dondolo di legno con intagli filigranati d’ oro; grandi quadri raffiguranti paesaggi esotici;una pelle di leopardo ai piedi del letto che si appoggiava su un enorme tappeto indiano finemente ricamato; dalla porta- finestra si vedevano solo palme, sabbia, casupole, piante di cui ignoravo l’ esistenza e ancora sabbia. Io indossavo una veste di lino grezzo color porpora. Mi voltai. Di fianco a me c’ era un uomo brutto, grasso, flaccido, pallido come l’ intestino delle mosche, con la bava alla bocca, che russava come un trombone. A quella vista alquanto sgradevole cominciai a urlare e a dimenarmi, e così caddi dal letto. Quell’ uomo abominevole si svegliò di soprassalto e urlò anche lui. allora io mi alzai e urlai più forte. Lui mi guardò storto e poco convinto urlò di nuovo. Tutto questo urlare aveva fatto accorrere diverse persone nella camera che rimasero attonite. Una di loro mi prese per un braccio e mi portò via. Senza rispondere alle mie domande mi trascinò in un’ altra sala, piena di vestiti e abiti dai mille colori. Dimenticai temporaneamente il tizio orribile e mi persi in quel mare di stoffe arcobaleno. La ragazza che avevo seguito mi disse:
-Regina Rubina, padrona, perdonatemi se oso con insolenza disturbarvi, ma il Grande Sovrano ha già predisposto i vostri vestiti per la festa di oggi-.
La guardai meglio e … porca miseria! Ma quella era una delle mie migliori amiche, Federica!
-Ehm…scusa… ma… mi spieghi… dove… ecco… dove Cristoforo sono finita?
-Regina, padrona, siete nel vostro palazzo in Egitto, siete ne Palazzo sul Nilo!padrona, state bene?
-beh, no…che accidenti ci faccio in Egitto? E perché mi chiami Regina Rubina? Fede, ci sei? E chi è quell’ obbrobr… quell’ uomo che era nel mio letto?- stavo per avere un attacco isterico.
Federica, spaventata, mi rispose:-Ma io mi chiamo Guendalina, non Federica! Oh Regina, Rubina, mia Signora, siete in Egitto per la festa dei cento anni! Voi siete la regina d’ Egitto, principessa dell’ India e del Medio Oriente… Rubina è il vostro nome, Signora! L’ uomo che era nel vostro regale letto era vostro marito, il Sultano! Siete la sua moglie più giovane, padrone, la più recente: le altre quattrocentonovantanove sono molto gelose della vostra perfetta bellezza ed eleganza.
-Eh lo so… no aspetta un secondo: mi stai dicendo che quel… quel coso là sarebbe mio marito? Cioè, ora capisco perché lo chiamate Grande…
-Co-come?
-Lascia perdere. Però… certo che è strano.
Non ci capivo più niente, mi sentivo la testa come imbottita di ovatta (ma tu ce l’ hai sempre così!! Nd tutti) (zitti! Ndr). D’ improvviso squillarono le trombe e la mia amica, che ormai era diventata la mia serva (che soddisfazione! Ndr) (per me un po’ meno…! Nd Fede), fu raggiunta da altre due persone,che riconobbi come Giovanna e Cristina, altre due mie grandi amiche. Tutte e tre mi vestirono alla velocità della luce con una tunica di seta rossa lunga fino ai piedi, scollata con i bordi dorati. Ai piedi avevo un paio di sandali intrecciati attorno al polpaccio, e bracciali d’ oro alti quattro dita alle braccia e alle caviglie. Al collo avevo una medaglione pesantissimo raffigurante le insegne del mio potere, in testa una corona ed ero più truccata di Moira Orfei. Mi scortarono fuori dal palazzo, dove si teneva la celebrazione. Presi posto a fianco di quell’ essere rivoltante, che anche se era truccato più di me e ben vestito era brutto lo stesso. Lo guardai bene per la prima volta: se gli si toglieva il trucco, le rughe e il grasso (che era davvero TANTO) somigliava vagamente al mio professore di latino… no, non poteva essere: quello era un incubo! Ahhhhh! (ma povero prof nd tutti) (non penso questo del mio prof, penso solo che sia uno s+ŗ0n20…era solo per mettere un po’ di pepe alla storia! Ndr) (etcì! Etcì! Nd tutti che starnutiscono) (ma che razza di gente idiota c’ è al mondo? ndr)
Mi trattenni dall’ urlare di nuovo e mi rilassai. Mentre mi annoiavo da matti mi guardai intorno e in lontananza vidi un cartello. Afferrai il binocolo del Gran Visir e guardai di nuovo. C’ era scritto “REALITY SHOW NEL SAHARA- ANTICO EGITTO”. All’ improvviso mi fu tutto chiaro: non so come, ma ero finita in un reality. Ora dovevo solo trovare il momento giusto per scappare e tornare indietro. Dopo interminabili ore finì la cerimonia e qualcuno disse: -Ora il nostro Grande Sovrano può baciare la nostra amata Regina!
Eh no, questo è troppo, pensai. Mica sono scema? Chi ma lo fa fare? E scappai nel deserto, verso il sole al tramonto, tirando calci e pugni alle persone che mi bloccavano il passaggio. Corsi e corsi come il vento finchè non andai a sbattere contro una specie di lastra invisibile di ghiaccio. Ci passai attraverso, provando la strana sensazione di essere risucchiata in un vortice di ghiaccio, e mi trovai in camera mia (magia! Nd tutti) (no, pura tecnologia ndr) (ma ci devi sempre per forza rovinare i momenti romantici?!?!?! nd tutti). Il giorno dopo a scuola raccontai la mia avventura alle mie amiche. Scoppiarono a ridere dicendo che sicuramente era solo un sogno. Forse era stato davvero solo un sogno, ma se invece avessi avuto ragione io? Se fosse stato un Reality show? Quando tornai a casa non c’ erano più né i vestiti né i sandali né i gioielli che avevo posato sulla sedia, ma per terra, vicino al punto in cui ero ricomparsa attraverso la lastra di ghiaccio, c’ era un mucchietto di sabbia dorata.

 
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