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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: NO ONE ELSE COMES CLOSE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/11/2005 15:19:07

``...non era più come l’aveva vista l’ultima volta, era cambiata. era diventata bellissima. peccato che il suo carattere fosse rimasto lo stesso...``
 
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ME, MYSELF AND I
- Capitolo 1° -

«Tenga il resto», disse Elena, quando tutti i suoi bagagli furono sistemati davanti al cancello di ingresso.
Il giovane tassista che l’aveva accompagnata ricambiò con un sorriso la generosità di quella bella straniera.
La ragazza aspettò che l’automobile bianca si allontanasse e sospirò. Non c’era che dire, i giapponesi erano proprio brutti, e tutti uguali, come se non bastasse. No, suo padre non avrebbe avuto proprio nulla da temere: era già assodato che lei non si sarebbe mai innamorata di nessuno, fosse anche stato il suo adorato Tom Cruise, e comunque, sempre che si volesse essere possibilisti, nel suo futuro non ci sarebbe mai stato un giapponese. Non era razzismo, era senso dell’estetica.
Scampanellò un paio di volte prima che un ragazzo altissimo e dal fisico atletico corresse lungo il vialetto di cotto e le andasse ad aprire. No! Non poteva aver sbagliato indirizzo, accidenti! Dove lo andava a beccare un altro taxi, adesso?
Lui si fermò poco prima del cancello, e si avvicinò con circospezione.
«Sì?» domandò, imbarazzato: chi era?
«Perdonami, credo di aver commesso un errore», rispose Elena, prima di riprendere in mano le sue valigie. «Ti sembrerà una domanda un po’ strana, ma… sai per caso dove abita un certo Akira Sendoh? Mi aveva lasciato questo indirizzo, ma conoscendo quell’idiota irresponsabile, egoista idiota –questa l’ho già detta– temo che mi abbia fatto uno scherzo.»
Il ragazzo intanto era impallidito, e si era portato una mano sui capelli impomatati di gel.
«Elena? Sei davvero tu?» domandò, e quando la guardò meglio la sua perplessità si trasformò in un sincero stupore.
Dov’era la piccola peste che era andato a trovarlo a Tokyo ogni estate? Dove erano le onde scure dei suoi capelli, i suoi occhi dorati? Dove era andato a finire quel maschiaccio? Lisciatura, colpi di sole, lenti a contatto colorate di viola, vestiti e portamento da giovane diva, occhiali da sole maliziosamente scesi fino alla punta del naso… Elena non era più come l’aveva vista l’ultima volta, era cambiata. Era diventata bellissima. Peccato che il suo carattere fosse rimasto lo stesso.
«A… Akira??» balbettò lei, mentre le cadevano di mano tutti i bagagli.
Ma quanto accidenti era cambiato? Quando aveva smesso di vederlo era un nanerottolo basso più o meno quanto lei, un bambino che correva dietro un’enorme palla arancione… adesso, invece…
«Sei… sei migliorato», osservò, portando le mani ai fianchi. «Non lo credevo.»
«Anche tu», rispose Akira, ed aprì il cancello. «A quanto pare i miracoli avvengono.»
Elena lo freddò con lo sguardo.
«Io potrò anche essere un miracolo, ma tu cosa sei? Un principe coi residui di rospo? Chi ha avuto tanto fegato da baciarti?»
«Chiunque sia stata non ne ha avuto comunque tanto quanto la persona che ti ha rifatta da capo a piedi. Ricordati di fargli i miei complimenti, quando la vedi.»
La ragazza, furente, si alzò sulle punte e gli afferrò la t-shirt.
«Un’altra battuta di queste e ti picchierò così forte che l’osso sacro ti farà cin cin col pomo di Adamo, signor Akira Sendoh», gli sibilò a denti stretti. «Sarà divertente rendere la tua vita un inferno.»
«Tranquilla, signorina Elena», sorrise lui. Elena provò una strana sensazione allo stomaco: non sembrava un sorriso di scherno. «Non dovrai sforzarti. Per rovinarmi le giornate ti basta tanto così.»

Ma Elena Strauss ed Akira Sendoh non si odiavano: la loro era meglio definirla antipatia per inerzia.
La signora Strauss era appassionata di arte giapponese, e quando la figlia era diventata abbastanza grande per viaggiare aveva iniziato a portarla con sé.
La prima volta che aveva messo piede in Giappone, Aura aveva legato immediatamente con la madre di Akira, che dirigeva una galleria d’arte a Tokyo. Anche i padri dei due ragazzi avevano fatto subito amicizia, e così un viaggio che si preannunciava esclusivamente culturale si era trasformato in un mese di escursioni continue e lunghe conversazioni tra due coppie di amici che sembravano conoscersi da sempre.
Ma le due coppie di amici non avevano fatto i conti con i loro figli. O meglio, con la prepotenza di Elena e la passione per il basket di Akira.
Ogni volta che i due bambini si incontravano finivano per litigare: Elena aveva sempre avuto spiccate manie di protagonismo –anche prima di convincersi che doveva diventare un’attrice– e vedere Akira assolutamente indifferente alla sua presenza, interessato soltanto al suo pallone da basket, la indispettiva da morire. Allora cercava di impossessarsene a tradimento, ma il più delle volte Akira glielo toglieva di mano, e tornava a giocare come se nulla fosse successo.

Quando si svegliò, Elena aveva una strana sensazione addosso.
Adorava dormire, ma quando si alzava troppo tardi stava male per tutto il resto della giornata. Strano organismo, il suo.
Stropicciò gli occhi per guardarsi intorno, in cerca di un orologio per vedere se avesse battuto o meno il suo ultimo record.
«Ah, però, battuto alla grande!» esclamò: era quasi l’una.
Akira entrò nella sua stanza in quel momento.
«Pensavo che avresti dormito di più», esordì, avvicinandosi alla finestra.
«Non posso permettermi di dormire molto», rispose lei, e raccolse i capelli in una coda. «Rischierei di trascinarmi come una mummia per tutto il giorno.»
«Allora dobbiamo correre ai ripari», scherzò il ragazzo. Elena lo invitò a sedersi. «Quando diventerai un’attrice sai quante levatacce dovrai fare, eh?»
«Lo so», miagolò lei. «Anche tu stamattina dovrai alzarti presto… dobbiamo andare alla tua partita.»
«Elena… la mia partita c’è già stata.»
Quelle parole riportarono bruscamente Elena alla realtà.
«Che dici!»
«Ti dico di sì. Abbiamo vinto, ed io sono appena tornato.»
«Cosa?»
«Ti ho lasciata dormire perché so bene che detesti il basket. E poi dovevi riprenderti per via del fuso.»
«Io non dovevo riprendermi da un bel niente!» replicò la giovane, e si alzò dal letto con impeto: Akira la stava prendendo in giro. Forse aveva addirittura manomesso tutti gli orologi della casa perché lo scherzo riuscisse ad hoc. «Ora noi andiamo in pales…»
«Non ce n’è bisogno», la zittì lui, posandole un dito sulle labbra. «La partita c’è già stata davvero.»
Il profumo della sua crema di mandorla gli si insinuò nelle narici, riempiendolo di lei, mentre le sue dita affusolate gli percorrevano dolcemente la schiena.
Quella notte non aveva chiuso occhio per un solo istante, perché aveva continuato a vedersi la sua nuova Elena perennemente accanto. Non sapeva da quanto, e non sapeva se il suo cambiamento fisico avesse influito, ma una cosa era certa: ne era innamorato. Si era innamorato perdutamente di Elena, ed ignorarne il motivo lo lacerava. L’avrebbe lacerato finché lei non gli avrebbe detto la stessa, identica cosa. Non si sarebbe dato pace finché non sarebbe riuscito a conquistare il cuore della ragazza che forse aveva sempre amato.

«Come on baby, work it for me…»
Lettore cd in mano, auricolari ben piantati nelle orecchie, Elena scendeva le scale accennando qualche passo di hip pop.
Non l’avrebbe mai fatto se avesse saputo che ad aspettarla in soggiorno non c’era Akira: seduto al tavolo quadrato, un altro ragazzo aveva fatto cadere il suo libro di matematica a terra, e la guardava inebetito.
La ragazza spense immediatamente il walkman, e si tolse gli auricolari con tanta violenza che rischiò di romperli. Buttò tutto quello che aveva in mano sulla prima poltrona che le capitò a tiro, e si avvicinò al suo ospite come se nulla fosse stato.
Koshino restava a fissarla imbambolato: e quella sarebbe stata la PICCOLA Elena di cui gli aveva parlato Sendoh?!?! Quella… quella… QUEL GRANDISSIMO PEZZO DI FIGLIOLA?!?! LA DEA DELL’AMORE?!?!
«Il mio coinquilino non mi aveva avvertita della visita», si scusò lei, e gli si sedette accanto. «Sei Kosh?»
«Kosh, il caffè sarà pronto tra cinque min… ehi, Elena!» Akira posò sul tavolo il vassoio pieno di biscotti. «Se fossi scesa un po’ prima vi avrei presentati meglio.»
«Se tu mi avessi avvertita mi sarei presentata meglio io. Tu che dici, eh Kosh?» gli chiese Elena, puntandolo con un biscotto al cioccolato.
«B-benissimo così », balbettò il povero ragazzo, la bocca completamente asciutta.
«Vediamo un po’ su cosa vi stavate scervellando», riprese lei, chinandosi a raccogliere il libro. «Algebra! Grandioso!»
«Elena adora le materie scientifiche», gli spiegò Akira. «E’ un vero genio.»
«L’hai detto, sono un vero genio», ripeté la giovane, portandosi le mani dietro la nuca. «Serve aiuto?»
«Beh, una mano in più non guasterebbe visto che l’amico è una vera schiappa», rifletté lui.
«E’ vero, sono una schiappa!» intervenne Koshino. «UNA PIPPA NERA!!!»
«Una pippa nera… questa me la devo scrivere», scherzò Elena, mettendosi in piedi. «Porto il caffè e ci mettiamo al lavoro, d’accordo?»
Koshino aspettò che fosse uscita da soggiorno per diventare rosso come un peperone e dare fiato alle trombe.
«C’è qualcosa che non va, Kosh?» gli domandò innocentemente Akira.
«Qualcosa che non va?! QUALCOSA CHE NON VA?! HAI UNA SQUINZIA DI QUELLA PORTATA A STRETTO CONTATTO VENTIQUATTR’ORE SU VENTIQUATTRO E NON MI DICI NIENTE??!?!»
«Scusa, ma era da tanto che ti dicevo che sarebbe venuta Elena…»
«Mi avevi detto che sarebbe venuta la PICCOLA Elena, non Miss Universo!!!!»
«Hai ragione», gli sorrise lui. «Non avrei mai immaginato che potesse diventare così splendida.»
«Mi stai dicendo che da piccola era un mostro?»
«Sto solo dicendo che è cresciuta.»
«Cazzarola, se è cresciuta… possibile che tu sia circondato da belle ragazze?? Prima Miki, poi Elena… me ne lasci una?»
Akira sospirò, ed iniziò a giocherellare con un biscotto.
«Kosh, Miki è una mia carissima amica, e se osi solo sfiorarla con un dito puoi considerarti morto.»
«Ho capito, vada per Elena…»
«Ma Elena…» Il ragazzo diventò improvvisamente serio. Il suo sguardo si perdeva nel bianco candido del copritavola, in un mondo al quale Koshino non aveva accesso. «Elena è diventata la mia intera esistenza senza che me ne accorgessi nemmeno. Se provi a guardarla in un modo che non sia casto, puro e disinteressato non ti ucciderò: ti metterò a nuotare a dorso nell’acido. Finché ce l’avrai, un dorso.»
«Ho capito, ho capito…» si arrese allora lui. «Chi fa da sé fa per tre… se va al raddoppio fa sei… praticamente un’orgia!!»
«Allora non te la cavi così male», si complimentò Elena, con tre tazze di caffè fumante in mano.
Il ragazzo sbiancò: da dove ESATTAMENTE aveva iniziato ad ascoltare?

Koshino era semplicemente estasiato: Elena non era solo una bellissima ragazza, il che sarebbe bastato a fargliela adorare di per sé, ma era anche intelligente, spigliata e con un grande senso dell’umorismo… insomma, aveva tutte le ragioni per considerarsi un genio!
«Accidenti… il tempo non è mai passato così velocemente quando studiavo matematica», sbadigliò, provato.
«L’algebra è una materia splendida», disse Elena, mentre iniziava a sistemare i fogli che avevano martoriato. «Basta solo ragionare.»
«Sarà per questo che Kosh ci ha divorziato praticamente subito», osservò Akira.
«Aha… ma che simpatico umorista, Sendoh!»
«Comunque se hai bisogno di aiuto puoi venire quando vuoi», propose lei.
«Grazie!» Kosh aveva le lacrime agli occhi. «Ma avrai anche tu i tuoi compiti da fare, no?»
«I miei com… BUAAAH!!»
Mani ai fianchi, Elena scoppiò in una risata mefistofelica.
«C… che ho detto?»
«Vuoi offendermi? Come se avessi tempo da perdere con i compiti! Li metto da parte in quarantacinque minuti al massimo!»
Akira scosse la testa con un sorriso rassegnato.
«Lei è al di sopra di certe cose», spiegò.
«Perché?» osò chiedere il suo amico.
«Perché devo fare l’attrice», rispose Elena, tornando improvvisamente seria. «Lo studio mi distrae.»
«Ecco, vuoi dirglielo tu che…»
Ma Akira non poté terminare la sua frase: gli occhi di Koshino erano tornati a lacrimare, ed il povero ragazzo provato stringeva le mani di lei.
«Sono sicuro che ce la farai», disse, commosso.
«Già!»
«Oscar, subito!»
«Già!»

«E’ eccezionale», esclamò entusiasta Elena.
«E’ vero», dovette ammettere Akira.
«D’altronde, se così non fosse non sarebbe tuo amico.»
«Dici?»
Lei annuì.
«Dal momento che sei sempre così cortese con chiunque sarebbe facile pensare che vai d’accordo con chiunque. Ma chi ti conosce bene sa perfettamente qual è la differenza tra un sorriso sincero ed uno di circostanza.»
«Tu sapresti farlo?»
Elena gli prese una mano, e sorrise a sua volta.
«Io so fare tutto.» Esitò. «Grazie.»
«Di cosa?»
«Non credo che tu possa capire.»
«Mi stai dicendo che sono tocco?»
«No. Ti sto solo dicendo che non sei come me. Questo è stato un pomeriggio splendido, anche se non è successo niente. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita al centro dell’attenzione di qualcuno. Per la prima volta ho assaggiato una parte di quello che voglio diventare, e tu non puoi nemmeno immaginare quanto questo mi abbia reso felice.»
Akira le passò una mano tra i capelli.
«E tutto questo discorsone solo perché hai conosciuto Kosh? Se sapesse che hai detto queste cose si monterebbe la testa coi pezzi al posto sbagliato?»

 
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