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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Cavalieri dello Zodiaco, I (Saint Seiya)
Titolo Fanfic: ALI DI CRISTALLO-IL SACRIFICIO DELLA SIRENA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: andromedashun galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 29/10/2005 02:35:19

il suono dolce di un flauto, lo sciacquio delle onde, un nobile che non ricorda e che rinuncia ai suoi beni, una creatura in fin di vita...
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Il sacrificio della sirena

Le note delicate di un flauto si insinuarono dolcemente nei pensieri del giovane immobile sulla spiaggia, dapprima furtive, distanti, poi più decise e vicine, comunque prossime al suo cuore intriso di una sconosciuta nostalgia, un suono che conosceva tale nostalgia, che condivideva le sue sensazioni e con esse sussurrava, accompagnando il ritmico sciacquio delle onde sulla battigia.
Julian Solo non sapeva come fosse possibile, né perché, ma si fece strada in lui la certezza che quella soave musica aveva in qualche modo accompagnato gli ultimi quindici giorni della sua vita, giorni dei quali la memoria aveva cancellato ogni ricordo che potesse avere una minima parvenza di senso.
Si voltò; il misterioso musicista era già dietro di lui e il nobile ragazzo non poté fare a meno di sorridere a quel volto di delicato musico, i lineamenti quasi irreali, da creatura sorta per miracolo da una fiaba; non avrebbe provato il minimo stupore l’animo romantico di Julian, se fosse venuto a sapere che quel ragazzo nel fondo del mare aveva la sua dimora, forse sirena celata in sembianze umane per mostrarsi a lui.
Alla richiesta di presentarsi, il musico allontanò le labbra dal proprio strumento, chiudendo la melodia con un’ultima nota che si perse nel coro senza fine dell’oceano di fronte a loro e aprì gli occhi, accentuando in tal modo il sentore di magia che aleggiava intorno alla sua figura: tutte le possibili sfumature del rosa e del rosso fuse in uno specchio fatato e luminoso, inquietante e fascinoso, enigmatico e sincero al tempo stesso. Julian non aveva mai visto un colore simile… o forse sì? Anche questo aveva a che fare con i ricordi cancellati degli ultimi giorni?
“Mi chiamo Sorrento” la stessa voce era un canto, il sorriso con il quale rispose una perfetta armonia tra l’astuzia del dispettoso folletto e l’innocenza inconsapevole del bambino che non sa nulla del mondo e chiede solo di essere accettato “Sono studente alla facoltà di musica…”
Esitò un attimo a questo punto, abbassando un po’ il capo e socchiudendo gli occhi intimidito probabilmente da ciò che stava per dire ma riacquistò immediatamente coraggio e, tornando a scrutare con il suo sguardo ammaliante l’interlocutore, proseguì:
“Mi è giunta notizia della sua intenzione, signor Julian, di girare il mondo per portare conforto ai bambini infelici, rimasti orfani durante le ultime alluvioni…”
Adesso si faceva sempre più entusiasta man mano che proseguiva il proprio discorso e, nel concluderlo, compì un ulteriore passo in direzione di Julian, quasi investendolo con il trasporto gioioso della propria richiesta, pronunciata tuttavia con un briciolo di titubante incertezza:
“Mi chiedevo… se io posso aiutarla in qualche modo… se lei… ecco… mi permette di accompagnarla in questa esperienza?”
Julian sussultò, schiudendo appena le labbra, colto alla sprovvista da un approccio così bizzarro; chi era, dopo tutto, quel ragazzo? Tuttavia gli era impossibile non farsi contagiare da lui, era come se lo conoscesse da sempre e quella strana sensazione si faceva concreta, ogni istante di più. Per questo non fece in tempo a controllare il proprio istinto e, allungando le proprie mani, prese tra le sue quelle del musico che, intanto, aveva riposto il suo flauto. Il ragazzo accettò quel gesto senza esitazione e, assecondandolo, accentuò il proprio sorriso da monello mentre il nobile, ancora incredulo, lo interrogava:
“Davvero può farlo? Può venire con me in giro per il mondo?”
“Sì, con piacere” rispose Sorrento, con naturalezza e un briciolo di stupore, come se la propria richiesta dovesse essere scontata, come se l’incredulità di Julian Solo non avesse alcuna ragione d’esistere.
In realtà, Sorrento doveva aver previsto l’esito di quella conversazione con notevole anticipo; solo in quel momento infatti, Julian notò la grande valigia che il ragazzo aveva portato con sé, evidentemente preparato al viaggio che lo attendeva.
“Per quale motivo ha preso questa decisione signor Julian?” si levò ancora la melodia vocale del musico “Perché ha rinunciato ai beni della sua famiglia per dedicarsi esclusivamente a scopi umanitari?”
Forse ritenendosi troppo invadente ed indiscreto, Sorrento si fece più serio ma, nonostante questo, sembrava tenere moltissimo ad una risposta, come se da essa fosse dipeso qualcosa di molto importante.
Julian gli diede le spalle e il musico si morse le labbra, temendo di averlo fatto arrabbiare.
“Non lo so…” sussurrò invece il nobile, con gentilezza ma dimostrando, con ogni evidenza, che era stato toccato un punto dolente “ho sentito di doverlo fare… il motivo è sconosciuto anche a me…”
Lasciando quella frase come sospesa nel vuoto, sussultò, a causa di qualcosa che, evidentemente, aveva colpito la sua vista; lasciandosi guidare dal suo sguardo, anche Sorrento notò quasi subito ciò che aveva in tal modo calamitato le attenzioni di Julian.
Il pesce era immobile, mentre i raggi del sole, disperato per quella creatura che prematuramente aveva lasciato il proprio mondo, giocavano con le scaglie, ancor vive e luminose nella loro variopinta consistenza fusa con l’argento e l’oro più puri; forse l’astro angosciosamente cercava, tra quei colori non ancora corrotti, un barlume di vita?
Non soltanto il sole piangeva la vittima di un destino crudele: Julian si chinò, raccogliendo il corpicino straziato da tagli e ferite tra le nobili mani, con protettiva dolcezza; Sorrento seguiva le sue mosse, gli occhi umidi e accesi di cristalline stelle tremolanti.
“E’ bellissimo…”
“Ha ragione” assentì Sorrento, avvicinandosi a propria volta per scrutare meglio ciò che Julian carezzava teneramente con le lunghe dita femminee “Ma è pieno di ferite… forse ha sbattuto contro gli scogli… sembrerebbe che sia morto da qualche giorno…”
Rimasero in silenzio, per parecchi istanti; forse i cuori di entrambi volevano rendere onore ad una creatura che si era spenta, mentre la vita intorno correva senza accorgersi di lei. Poi Julian parlò ancora, la voce sottile e tremante, come se parlasse di un amico caro ormai troppo lontano:
“Mi sembra di conoscerlo… di averlo già visto…”
Ancora istanti passarono, durante i quali i due giovani lo osservarono, muti, fino alla consapevolezza che per la creatura del mare non vi era più alcuna speranza; quindi, Julian si chinò di più, fino a deporre la spoglia esanime tra le braccia accoglienti di un’onda che raggiungeva, in quel momento, la spiaggia, quasi a volerlo invitare a compiere esattamente quel gesto. Il flutto, con il suo sussurro, sembrò elevare una preghiera, la supplica di restituire alle sue cure un tesoro che gli apparteneva. E Julian acconsentì; poteva apparire, ad occhi estranei, come un padre che deponeva il proprio bambino nella culla o sul grembo materno per farlo allattare:
“Ora… torna nel mare… tu devi vivere nel mare… non salire mai più sulla terra…”
E parlando singhiozzava, confondendo le lacrime dei suoi specchi di zaffiro, con gli spruzzi della spuma gentile.
Gli occhi di entrambi i ragazzi erano ora intrisi di lacrime, impregnati di profonda nostalgia per una vita che si era spenta ma anche per qualcos’altro… forse la morte di una parte di loro stessi, di un frammento della loro anima così emotivamente sconvolta?
Ancora per qualche istante restarono ad osservare il pesce, mentre l’oceano lo rapiva, avvolgendolo tra le acque che amorevolmente cullavano la loro creatura. Il ritmico sciacquio dell’onda che si infrangeva costante era un pianto, levato in onore di una vita strappata a quel mare che avrebbe unicamente desiderato tenerla con sé.
“Sorrento” chiamò il nobile rampollo dei Solo, con voce ancora arrochita, ancora incapace di distogliere lo sguardo da ciò che avveniva sotto i suoi occhi. Il ragazzo più giovane si riscosse dal torpore, mentre il biondo caschetto leggermente ricciuto si mosse in una danza sulla scia della brezza marina.
“Anni fa” proseguì Julian, senza attendere risposta, quasi parlando a sé stesso, la mente che si perdeva lontano, tra memorie dolorosamente riaffiorate “ero ancora un bambino… era il giorno del mio compleanno e mi fu regalata una canna da pesca. Radioso come questo sole splendente, nella mia incosciente innocenza, giunsi su questa stessa spiaggia, cercando un luogo dove appostarmi, felice perché finalmente potevo fare come i grandi e trasformarmi in predatore…”
Sorrento chinò il capo, con un sospiro penoso, tendendo tuttavia l’orecchio alle successive parole.
“Mentre camminavo, ridendo inconsapevole di cosa ciò significasse, vidi quel pesce… singolarmente identico a questo… non mi stupirei se si trattasse della stessa creatura di allora…”
Il musico corrugò impercettibilmente la fronte e i suoi limpidi, grandi occhi, per un momento si offuscarono.
“Allora lo salvai e compresi, per la prima volta, quanto preziosa sia la vita, in ogni sua forma e quanto fondamentale il nostro dovere di salvaguardarla… soprattutto, mi sembrò improvvisamente così superficiale la sola possibilità di estirparla dal mondo per uno sciocco passatempo infantile… deposi la canna da pesca nell’armadio e non la toccai mai più… probabilmente è ancora là…”
Sorrento si limitò, nuovamente, ad un sospiro; difendere la vita… un’idea così nobile, degenerata, aveva rischiato di portare ad uno sviluppo contrario ad un tale principio: lo sterminio di ogni essere vivente e del mondo intero.
Julian non doveva ricordare, era meglio così; il recente passato non era altro che una follia scaturita per errore dal più puro degli intendimenti e grazie allo zampino di una mente malata che voleva approfittare di una situazione senza riflettere sulle conseguenze.
Dare un nuovo corso ad un mondo ormai irrimediabilmente corrotto… forse, la strada più giusta, era in realtà quella che stavano per intraprendere adesso, la strada dell’amore, del conforto, della compassione e solo su questo Julian doveva concentrarsi, su questa sua bontà, la genuina essenza del suo spirito, così contrario a ciò che, fino a pochi giorni prima, stava per accadere.
“Perché è tornato? Perché ha voluto correre ancora questo rischio?”
Sorrento sussultò e una paura senza nome gli impedì di formulare una qualunque risposta, un’angoscia così profonda che lo fece rabbrividire; un volto femminile si dipinse, con soffocante nitidezza, nei suoi ricordi e improvvisamente ebbe la consapevolezza che Julian avrebbe dovuto parlare di quel pesce in termini femminili. Si portò una mano agli occhi, la testa vorticava paurosamente.
Nel frattempo, con un gesto deciso, come per strappare sé stesso all’insopportabile commozione sospesa di quegli istanti, Julian diede le spalle all’oceano e, senza guardare il compagno, senza quindi avvedersi della momentanea confusione che Sorrento stava attraversando, si avviò:
“Andiamo amico mio, dobbiamo prepararci a partire… tra qualche giorno comincerà il nostro viaggio…”
Il flautista annuì ma non si mosse subito, era ancora immobile quando Julian scomparve oltre una barriera di scogli; qualcosa ancora attraeva il suo sguardo: una luminescenza, dapprima fioca, poi sempre più intensa, che si levava dalle increspature fluttuanti sulla superficie del mare. Non provava stupore, apparentemente calmo ed impassibile si preparò a scorgere ciò che si aspettava.
“Il contatto con l’acqua del mare mi ha concesso ciò di cui avevo bisogno… un frammento di vita in più…”
Il pesce ondeggiava, quasi in superficie, apparentemente mosso solo per inerzia dall’azione delle onde. Sorrento non aveva alcun dubbio sull’origine della voce femminile che gli aveva parlato e, senza titubanza alcuna, si rivolse alla creatura dell’oceano che ora emanava quella luce arcana e pulsante:
“Eri davvero tu… per salvare lui, hai donato la tua vita…”
“Ho solo ricambiato, a mio modo, ciò che lui anni fa fece per me; quella volta mi ero cacciata scioccamente nei guai, sfuggita per miracolo ad una rete di pescatori mi ero tuttavia arenata, dopo essermi ferita tra gli scogli, su questa stessa spiaggia…”
Julian aveva quindi visto giusto; il pesce salvato da un bambino innocente, anni prima, era lo stesso che adesso Sorrento riconosceva come compagno di battaglia, al servizio di quel medesimo bambino tramutato, suo malgrado, in spietata divinità.
“Io non credo che non lo avresti salvato, anche senza necessità di ricambiare un favore” ironizzò bonariamente il musico, ormai consapevole di parlare con chi conosceva bene e con cui, in più di un’occasione, aveva amichevolmente scherzato.
Tuttavia un silenzio pesante rispose, questa volta, ai suoi lazzi, interrotto da una preghiera:
“Stagli vicino Sorrento… la morte pone definitivamente al cospetto della verità, ogni cosa si mostra più chiaramente ai miei occhi… al mio spirito… lui non è ancora libero… sarà doloroso, per lui, ricordare ma dovrà farlo, perché presto altro sangue sarà versato. Per la Terra, per i sacri guerrieri di Athena, per chiunque sia o sia stato, in qualche modo, coinvolto nelle faccende divine, la più terribile delle battaglie deve ancora essere combattuta… il peggio deve ancora venire ed avrà l’amaro sapore di una tragedia collettiva… per questo dovrà ricordare… la sua coscienza gli imporrà di ricordare… e la sua stessa, generosa umanità che lo porta a rispettare in tal modo ogni forma di vita… tale generosità gli imporrà di non mostrarsi indifferente…”
Sorrento si alzò, tremante, gli occhi sgranati per il terrore provocatogli da una tale rivelazione; si portò al viso le mani frementi e, quando volle tornare a guardare il pesce, nuova angoscia si aggiunse al suo animo provato: la figlia del mare aveva assunto la posizione riversa che indicava l’ineluttabile, definitivo estinguersi di ogni linfa vitale. Si chinò ancora, a sfiorare l’acqua con un dito, mentre una lacrima scendeva, ad accompagnare quel gesto.
“Oh, Tethys” mormorò la voce gentile del musico dolce “Grazie ancora una volta… amica mia… ci rivedremo un giorno… ne sono certo…”
Il suo ultimo singhiozzo si fuse con il rombo fragoroso di un’onda, un autentico urlo di dolore levatosi dalle profondità dell’oceano; quando il flutto si ritrasse, il pesce non era più lì: il mare l’aveva ripreso con sé, per cullare il suo eterno sonno. Eppure, le ali di un angelo si aprirono, immense, davanti a Sorrento, ali fragili, che sembravano di cristallo, come le scaglie preziose di un abitante dei mari e lo avvolsero, come a volerlo carezzare e confortare.
“Andrà tutto bene…”
Lui sorrise ed annuì, in risposta all’ultimo messaggio di un’amica che stava volando via, eppure più che mai vicina al suo cuore. Anche il mare si era calmato; Sorrento estrasse il proprio flauto e, accompagnando lo sciacquio ora rilassato e sereno, intonò la più intensa melodia che mai il suo animo avesse partorito, una sonata soave messaggera di speranza, che anche gli angeli avrebbero potuto ascoltare.






 
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