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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: IL MIO PADRONE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: darkroses galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/09/2005 18:39:12

non è romatica, anzi, ma non sapevo che mettere…
 
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- Capitolo 1° -

Premessa: Sono nel mio solito stato confusionario post mezzanotte. Tutto quello che è scritto in questa fic è opera della parte di cervello che di giorno rimane inattiva per scatenarsi di notte [cioè quando scrivo]. Mi piace quello che è venuto fuori. Molto dark, di solito scrivo storie romantiche. Ma questo genere mi piace, credo che continuerò. Come ho detto è la mia prima fic sul genere Dark, quindi non so come sia venuta. Imploro perdono se fa schifo!


La storia dell'amicizia di due ragazzi…spezzata dal tempo e dal destino. O da qualcos'altro.


E sono di nuovo qui.
Su questa panchina, le mani appoggiate sul freddo metallo bagnato.
Sono di nuovo qui, come ogni maledettissimo pomeriggio.
Ma lui non c'è oggi.
Frammenti di ricordo misti a rabbia.
«Sei solo un falso,Devon. Uno stronzo ipocrita. Credevo di potermi fidare di te.»
Quelle tre frasi avevano fatto crollare il mio mondo come nessun'altra cosa avesse mai potuto fare. Nemmeno quando lei aveva detto di non amarmi più. Sono sempre lo stesso. Codardo, Idiota. Che aspetta troppo. Non coglie le occasioni. E poi le vede scivolare via lentamente, senza avere più il potere di far nulla. Quel potere che mostravo a tutti di avere, e invece non avevo nemmeno un po'.
«Se tu…»
«IO NIENTE DEVON! IO ERO IN QUEL LETTO DI OSPEDALE! IO HO RISCHIATO DI MORIRE QUEL GIORNO! E TU NON HAI FATTO NIENTE! NIENTE! IO PER TE SAREI MORTO!»
Tiro un violento pugno alla panchina. La mano sanguina, ma il dolore che sento in questo momento non è minimamente paragonabile a quello che sento dentro. Un altro pugno.
Questa volta più forte.
Sento le ossa cedere sotto il freddo acciaio.
Freddo, come me ormai.
Se potessi specchiarmi vedrei i miei occhi. E sono certo che sarebbero vuoti, come il vuoto che ora fisso di fronte a me.
Foglie ambrate degli alberi cadono bagnate ai miei piedi. Ma io non le vedo.
«Will…»
«Credo che non abbiamo più niente da dirci. Non cercarmi più. Mai.»
I miei occhi fissano il crudele luccicare delle goccie di pioggia. Buio nella luce. Osceno nella meraviglia. Feccia nella purezza.
Come un pupazzo in balia al suo burattinaio, mi alzo.
Le gente mi guarda.
I miei amici mi guardano.
Lei mi guarda.
Non mi interessa.
Forse per una volta anche Dio mi sta guardando ora.
Troppo tardi, non m'interessa.
Sento qualcuno che mi chiama, mentre salgo le scale.
La voce nella mia testa.
La sento da sempre.
Lo sento da sempre.
Mi parla.
E io lo ascolto, sempre.
È Lui il mio migliore amico.
La mia guida.
Il mio maestro.
Cosa dice ora?
Lo sento ancora…ha ragione.
Che uomo posso essere? Ho tradito il mio migliore amico.
“Hai tradito te stesso”.
Lui me lo ripete sempre.
La Sua voce martella nella mia testa.
Mi piace.
Mi aiuta.
Mi fa dimenticare di essere umano.
“Hai tradito Dio”.
Mi sussurra sempre anche questo.
Gli do ragione.
È soddisfatto.
Lo sento mentre entro in camera. Rido.
È una risata fredda, sadica. E me ne rendo conto.
È la risata di qualcuno che ha perso ogni cosa per cui vivere.
Ogni cosa che avesse un valore umano.
Ogni cosa per cui valesse la pena vivere.
Lui mi parla ancora.
Mi tenta.
Mi offre qualcosa di meglio.
Mi tenta.
Mi ripete assillante che Io non servo a nulla.
Mi tenta.
Mi dice che non posso tradire anche Lui.
Lui è il mio maestro.
Lui è l'unico di cui posso fidarmi.
Lui c'era anche quel giorno.
Mi parlava quel giorno.
Io lo ascoltavo, rapito.
Mi tentava anche quel giorno.
Mi ripeteva che senza di quello…
Mi tenta.
Il potere.
Dice che può darmi il potere.
Mi tenta.
Devo andare da Lui.
È il mio maestro.
Mi specchio. Non vedo realmente i miei occhi. Vedo nero. Tanto nero. Vedo morte. Vedo tradimento. Vedo sete di potere. Vedo rabbia. Vedo vendetta.
Vedo me.
Lentamente, mi giro.
Lo vedo.
Si riflette nel coltello poggiato sul mio letto.
Mi chiedo come quell'oggetto sia finito lì.
Lui mi risponde.
Mi risponde dall'acciaio tagliente della lama.
Lo vedo, ancora.
Lo ammiro.
Lo rispetto.
Lo venero.
I Suoi occhi di fuoco. Ora li posso vedere.
Voglio andare da Lui.
Devo andare da Lui.
Sono il Suo servo.
Ora vedo rosso.
Molto rosso.
Sangue.
Il mio sangue.
Sento il petto spezzarsi mentre infilo quella fredda lama tra le fragili costole.
Sento il cuore lacerarsi.
No.
Era già lacerato.
Era marcio.
Era nero.
Vedo ancora qualcosa intorno a me, mentre sento le forze abbandonarmi.
Sono felice.
Vedo ancora sangue.
La lama infierisce ancora di più tra la carne.
Tenera carne umana.
“No” mi dice.
Ancora Lui.
“Dopo quello che hai fatto, non eri degno di considerarti umano.”
Gli do ragione.
Lui ha sempre ragione.
Io ho sempre torto.
Lui ha il potere.
Io non ho niente.
Ho solo Lui.
E la mia anima.
“No” ripete.
“Nemmeno quella...”mi rispondo da solo.
Buio. Ora c'è solo buio.
Sono felice.
Sono da Lui.
Dal mio maestro.
Dal mio padrone.
Suo schiavo…per sempre.
Dannato…per sempre.

Fine.

NdA. Se non si era capito [ma io credo di sì], quello che parlava a Devon era Satana [tra l'altro a Satana io non ci credo].
Se non vi piace [e anche se vi piace, anzi meglio!] ditemelo!!!
Alla prossima!! ^_^


 
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