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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Final Fantasy
Titolo Fanfic: YARDFATE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: nanemi galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/08/2005 19:29:34

tredici pagine un solo capitolo, niente male eh?!la storia non è tra le più originali ma spero la troviate interessante. mi raccomando, commentate!
 
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LA DECISIONE DI MARWEN
- Capitolo 1° -

Y A R D F A T E
by Nanemi

A Massimo, il primo che non ha considerato il mio talento nel disegno solo un passatempo ma un investimento per il futuro. Spero che ora tu capisca perché ho scelto il classico!
Con affetto, la tua fumettista



Capitolo I
La decisione di Marwen


Il piccolo orologio da muro poco più in alto del frigorifero segnava le nove e un quarto. Avevano da poco finito di cenare e avevano ancora tutto il tempo di lavare i piatti e riordinare un po’, prima che scattasse il coprifuoco. Marwen stava togliendo dal tavolo le ultime posate rimaste, mentre ascoltava attentamente le notizie trasmesse dalla stazione radio militare; ancora qualche minuto e lo speaker avrebbe cominciato ad annoverare con voce smorta e parlare meccanico i nomi delle “vittime della giornata”. Ogni notizia su Zagat era stata abilmente glissata, segno inequivocabile che l’esercito non se la stava passando bene, cosa di cui comunque tutti erano ormai a conoscenza; era solo questione di tempo e presto la SUOMS avrebbe ottenuto la giurisdizione della città. Il giornalista stava per pronunciare il primo nome della trista lista quando la comunicazione s’interruppe bruscamente lasciando spazio ad un fastidiosissimo fruscio metallico. Un interferenza dovuta al temporale forse. Marwen fece scivolare le posate nel lavello e si avvicinò alla piccola radio. Spostò l’antenna in più direzioni per cercare di ritrovare la frequenza giusta ma l’unico risultato che ottenne fu quello di far lampeggiare nervosamente la spia rossa dell’apparecchio prima di vederlo spegnersi definitivamente
“Sono morte le batterie?” le chiese la madre distogliendo lo sguardo dalle stoviglie
“Probabilmente” la donna allora si asciugò entrambe le mani sul lungo grembiule verde che indossava e poi le si avvicinò. Prese in mano la radiolina portatile scrutandola attentamente
“Serve un cacciavite”
“Vado a prenderlo”
“Mi porteresti di sicuro quello sbagliato…tu continua a lavare i piatti tesoro, a cambiare le batterie ci penso io” le poggiò un bacio delicato sulla fronte e poi si allontanò con la radiolina portatile. Marwen obbedì e senza perder tempo immerse le mani nell’acqua gelida cominciando a strofinare un piatto. Quanto tempo era ormai che non avevano più acqua calda in casa? Due, tre settimane? I disagi della guerra ormai cominciavano a farsi sentire anche nella loro città: il coprifuoco, la limitazione forzata del consumo di elettricità…le loro abitudini e il loro stile di vita cambiavano giorno dopo giorno, tutti cercavano di adattarsi ma per nessuno la cosa si rivelava facile. Prima della comparsa di quegli esseri le cose andavano bene, la sua era una famiglia felice come tante altre, lei era piena di amici, faceva sport…ora invece era tutto diverso; la palestra di judo aveva dovuto chiudere perché quasi tutti i judoka si erano arruolati, molte sue amiche si erano trasferite altrove con le loro famiglie e come se non bastasse suo padre era… il sordo rumore del batacchio la distrasse dai quei pensieri e, tra l’altro, l’aiutò a rendersi conto d’aver strofinato il medesimo piatto per tutto il tempo. Si affrettò a sciacquarlo e lo ripose poi sullo scolapiatti. Restò immobile per un attimo ed ecco di nuovo quel rumore. Qualcuno stava bussando alla porta. Posò lo sguardo sull’orologio; le nove e venticinque. Ancora mezz’ora e sarebbe scattato il coprifuoco, fuori pioveva a dirotto e la città era ormai quasi completamente al buio, a chi diavolo sarebbe saltato in testa di andarsene ancora in giro a quell’ora? Supponeva che avrebbe dovuto scoprirlo. Si asciugò le mani sui fianchi della tuta, cosa che le avrebbe di sicuro fatto guadagnare qualche rimprovero da sua madre se fosse stata lì, poi si diresse verso la porta. Stava per aprire quando qualcosa la trattenne dal farlo. Paura? Si certo, come se i mostri bussassero…che stupida! Si diede una piccola pacca di rimprovero sulla fronte poi girò il pomello. Lasciò l’uscio socchiuso per qualche secondo così da poter sbirciare fuori e quasi non credette ai suoi occhi; un soldato della SUOMS. Non lo vedeva bene in volto ma aveva riconosciuto la divisa formale, grigia e lucida,decisamente troppo fredda e scialba. E se fosse stato…no, i capelli scuri del ragazzo la distolsero subito da quella pallida speranza, non poteva trattarsi di lui. Ma allora che diavolo ci faceva un SS sulla soglia della sua porta? La città fino a prova contraria era ancora sotto la protezione dell’esercito, e del resto non era una zona tanto a rischio da richiedere l’intervento dell’Unita Speciale. Senza indugiare oltre Marwen spalancò del tutto la porta. Il ragazzo si voltò subito verso di lei scattando sull’attenti, cosa che a dire il vero la divertì…quello che invece non la fece divertire affatto fu la smorfia che comparve subito dopo sul volto abbronzato del ragazzo, un’espressione sconvolta e spaventata che ne distorceva i lineamenti regolari e ne allargava a dismisura i profondissimi occhi blu. Il soldato indietreggiò, fissandola ancora con quello sguardo crucciato. Ma che diavolo gli prendeva? Fece per parlargli ma il soldato disse qualcosa, un balbettio incomprensibile a dire il vero
“Come? Non ho capito”
“S-sei tu? F-Ferio?” una stretta le strinse così forte il cuore che il dolore le sembrò terribilmente reale e terribilmente acuto. Quel soldato…quel soldato conosceva suo fratello e l’aveva scambiata per lui. Forse aveva interpretato male allora, magari quell’espressione era solo di sorpresa…del resto se si conoscevano era più che comprensibile che il ragazzo si stupisse nel vederlo lì sapendo che invece avrebbe dovuto trovarsi allo Yardfate. Già, doveva essere così. Si sciolse allora la lunga coda di cavallo, lasciando che le voluminose ciocche dorate le scivolassero lungo la schiena e le incorniciassero il viso, poi sorridendo al soldato disse
“No, io sono Marwen, sua sorella gemella” il giovane sembrò allora tranquillizzarsi un po’, sebbene quello sguardo confuso non lo abbandonò
“Gemella?”
“Mm” annuì lei
“Oh” disse il soldato cercando di ricomporsi, poi si schiarì la voce
“Cm cm, ecco, io…m-mi dispiace ma non lo sapevo, cioè, io…io sapevo che lui aveva una sorella ma non…”
“Aveva?” lo interruppe subito Marwen confusa. Il ragazzo sembrava in difficoltà. Voleva dirle qualcosa ma riusciva solo a boccheggiare. Marwen stava per incalzarlo quando la voce della madre la costrinse a lasciar perdere e a girarsi
“Marwen che ci fai davanti alla porta?” le chiese mentre si avvicinava e quando poi fu dietro di lei poté anch’ella vedere il soldato. Sua madre impallidì improvvisamente e lei cominciò davvero a preoccuparsi. Possibile che quel SS fosse lì per…per Ferio?
“Mamma…” prima che potesse dire altro sua madre la fece spostare ed invitò il ragazzo ad entrare,
“Prego, si accomodi” disse lasciando a lei il compito di richiudere la porta
“La ringrazio”
“Si figuri…”
“Zed, soldato Zed Goss, Yardfate 00022 SC di Kiusa” Marwen rabbrividì…il ragazzo prestava servizio nello stesso Yardfate del fratello. Che diavolo stava succedendo? Possibile che fosse accaduto qualcosa a suo fratello? L’avevano trasferito? Era rimasto ferito?
“Piacere, Kissma Val, e questa è mia figlia Marwen” disse sua madre impassibile, anzi quasi gentile, sebbene il pallore del suo viso ne tradisse la preoccupazione
“Il viaggio da Kiusa alla nostra piccola cittadina deve averla affaticata, desidera qualcosa da bere?”
“No grazie, non si disturbi”
“Si figuri, nessun disturbo…Marwen metti su del tè per favore” perché le sembrava che quella richiesta nascondesse in realtà l’intento di sua madre di tenerla occupata mentre lei conversava con il soldato? Ad ogni modo il tono risoluto di sua madre sembrava non lasciar spazio a repliche e così, mentre i due si sedevano sul divano nel salottino, lei tirò fuori dalla credenza una confezione di Willson verde quasi finita e mise l’acqua sul fuoco.

Si sedette sul morbido divano, sprofondando nel grande cuscino beige e lasciando che la schiena posasse contro lo schienale. La madre di Ferio si sistemò nella poltrona di fronte a lui. In effetti aveva ragione, il viaggio lo aveva davvero sfinito; il ritardo di oltre un’ora del treno, le quattro ore di traversata, il lunghissimo tragitto in autobus…un lasso di tempo interminabile, reso ancora più pesante dalla ferma convinzione che il peggio sarebbe ancora dovuto arrivare; un calvario che portava dritto alla crocifissione. Normalmente quell’ingrato compito sarebbe spettato al Capo Squadra, ma Karura era rimasta ferita durante l’ultima esercitazione e grazie al criterio d’ anzianità quell’amaro incarico era slittato verso di lui. Del resto chi oltre a lui avrebbe potuto adempiervi? Adina e Cid non di certo…Rei forse? Lui era senza ombra di dubbio il più scosso di tutti, come chiedergli una cosa del genere? Certo anche lui soffriva, come un cane, ma in fin dei conti era probabilmente quello che meglio avrebbe saputo nasconderlo, o almeno così sperava.
Nel salotto c’era un buonissimo odore, pensava fosse dovuto a qualche deodorante per la casa, ma poi si accorse del mobiletto alla sua destra che sfoggiava un bellissimo vaso di fiori, gerbere rosa e gialle e altre piantine più piccole e bianche che non riusciva ad identificare
“Sono Non Ti Scordar di Me” disse la signora Val quasi come se gli avesse letto nel pensiero
“Sono molto belli” rispose dopo un attimo d’incertezza
“ Sono i preferiti di mio figlio”
“…”
“Sei qui per lui, vero?” gli chiese, con un tono di voce questa volta quasi sommesso, spento. Doveva rispondergli, ma sapeva che nel momento in cui lo avesse fatto avrebbe dovuto procedere e dire tutto, e non era sicuro di esse ancora pronto. Le ossa ora che era seduto comodamente gli facevano meno male e i muscoli erano più rilassati, ma non il suo cuore. Sentiva il rombo del sangue nelle orecchie, ogni singolo battito rimbombava nella sua testa come una martellata. Aveva i brividi e per quanto si sforzasse di mantenere la calma dubitava seriamente che in quel momento il suo aspetto fosse quello di una persona serena e tranquilla. La donna davanti a lui attendeva ancora una risposta…
“Si” disse infine con un filo di voce. Non riuscì ad aggiungere altro. Nient’altro. Davanti agli occhi lucidi e tristi della donna si sentiva terribilmente impotente. Per quegli occhi lui ora doveva essere di sicuro quanto di più orribile e nefasto al mondo si potesse vedere. Si sentiva piccolo, incredibilmente piccolo, un po’ come si sente un bimbo quando si ritrova per la prima volta davanti ad un canestro. Se ne stava lì, a far rimbalzare maldestramente la sua palla cercando di trovare il modo di fare centro, di far entrare la palla nel cesto, e più si scervellava più si convinceva che non ce n’era modo, che non ce l’avrebbe mai fatta. Quel canestro era troppo grande, troppo anche per lui
“Cosa gli è successo?” disse improvvisamente la donna, guardandolo dritto negli occhi. Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto Karura lì vicino pronta a consolarlo, avrebbe voluto Cid accanto per chiedergli consiglio, ma nessuno di loro era lì ad aiutarlo. Era solo questa volta e doveva farcela, lo doveva a Ferio
“Suo figlio…” non riusciva a trovare le parole “…lui è…” accidenti!Era così difficile… la madre di Ferio tuttavia sembrava capire e non faceva nulla per mettergli fretta. Zed cercò allora di farsi coraggio. Fece un lungo respiro e cercò di ordinare le parole, poi, evitando di fissare la donna, continuò
“U-una settimana fa la nostra squadra è stata mandata in perlustrazione a Ghiza, una cittadina a nord di Zagat…”
“Si, la conosco, ne ho sentito parlare spesso alla radio ultimamente” disse la donna
“Si, bè.. è una…una zona molto pericolosa e la SUOMS ne ha ottenuto il controllo da poco. E’ ancora pressoché inesplorata così…bè noi ci siamo ritrovati nei pressi del fiume, più o meno nella parte antica della città, e…siamo stati attaccati” s’interruppe per riprendere fiato e rivolse un occhiata fugace al volto della donna. Sembrava cercasse di trattenersi e di mantenere un’espressione pressoché apatica, ma lo sguardo dolorante che avevano i suoi occhi la tradiva spudoratamente. Per evitare di ricominciare a pensare e farsi di nuovo attaccare dal panico distolse subito lo sguardo e ricominciò in fretta a raccontare
“Inizialmente si trattava di semplici mostri di secondo livello così… invece di restare uniti in coppie, dato l’elevato numero di mostri, ci siamo separati. Sembrava procedere tutto bene, i mostri erano facili da eliminare, ma senza accorgercene c’eravamo allontanati molto gli uni dagli altri… più andava avanti lo scontro e più quegli affari sembravano aumentare. Il tempo fra un attacco e l’altro era diminuito di molto e facevamo a stento in tempo a caricare le raygun per l’offensiva così ci siamo dovuti riunire ognuno al proprio compagno. Rei però, il compagno di coppia di Ferio, non riusciva più a ritrovarlo…alla notizia tutta la squadra si è riunita e abbiamo dato la priorità alla ricerca ma i mostri continuavano ad attaccare e aumentavano a dismisura …una squadra sola non era sufficiente e così abbiamo chiesto aiuto ma…ma si stava facendo buio e lo Yardfate si è rifiutato di inviarci i rinforzi, orinandoci altresì di ritirarci…”
“Così ve ne siete andati e lo avete abbandonato lì, vero?” quelle parole amare e piene di rabbia… per un attimo credette che si trattasse della sua coscienza, del suo senso di colpa, ma voltandosi in direzione del vaso di fiori intravide da dietro una bellissima gerbera il volto di Marwen. Dio quanto le somigliava…vederla gli faceva male al cuore
“No noi…”
“Marwen!” lo interruppe la donna
“Non usare mai più quel tono di voce in mia presenza, capito signorina? E ora chiedi scusa al soldato Goss, subito!”
“MAI!” disse perentoriamente la ragazza. Gli si avvicinò con un vassoio in mano. Per un attimo sospettò che volesse lanciarglielo addosso con tutte le tazzine di tè fumante…invece lo ripose, tutt’altro che delicatamente, sul tavolino di vetro davanti a lui
“Marwen!” la madre la rimproverò di nuovo ma la ragazza non sembrava averci fatto caso. Lo fissava con sguardo torrido di rabbia e gli occhi bagnati di lacrime
“Che cosa gli hai fatto? Che fine avete fatto fare a mio fratello eh? L’avete lasciato lì, abbandonato in mezzo ai mostri?” prima che la madre di Ferio e della ragazza la sgridasse nuovamente Zed si alzò in piedi per farle capire di voler prendere la parola. La ragazza fu costretta ad alzare il viso per sostenere il suo sguardo. Era molto bella in effetti e guardandola da vicino, con quei biondissimi capelli sciolti, cominciava a scorgere le differenze che la diversificavano dal fratello…i suoi lineamenti erano meno marcati, il naso un po’ più fino, le ciglia molto più lunghe ed inoltre era sicuramente molto più magra ed esile di Ferio. Aveva delle labbra lucide davvero invitanti, simili a quelle di Karura a dire il vero…ma che diavolo andava a pensare? Quello non era certo il momento adatto per mettersi a fare apprezzamenti su di lei, sulla sua ragazza o su chiunque altro…
“Noi non…non l’abbiamo abbandonato, non avremmo mai potuto…”
“Ah si? Allora co…” la interruppe subito prima che esplodesse di nuovo in un attacco di rabbia
“Abbiamo disobbedito agli ordini. Noi siamo rimasti lì a cercarlo, anche una volta subentrata l’oscurità” disse con un tono di voce molto più alto del normale, e di sicuro molto più alto di quello che avrebbe voluto usare ma che, tuttavia, sembrò sortire i suoi effetti lasciando momentaneamente Marwen senza parole
“…mi dispiace, non volevo alzare la voce” si scusò
“…”
“Ad ogni modo, come stavo dicendo” disse tornando a sedersi sul divano “ci siamo trattenuti nella zona contro gli ordini impartitici e abbiamo continuato a cercarlo…i mostri però erano sempre più numerosi e con l’oscurità era ancora più difficile attaccarli così…durante un attacco Rei è rimasto ferito. Non siamo riusciti a curarlo in tempo con le tecniche passive e abbiamo…abbiamo dovuto battere in ritirata” nessuna delle due parlava, né Marwen ne sua madre
“Non potevamo mettere a repentaglio la vita di Rei né quella di nessun’altro della squadra e siamo stati costretti ad allontanarci. Una volta seminati i mostri ci siamo accampati. Il giorno dopo lo Yardfate ha mandato i rinforzi. Rei è stato riportato al centro per essere curato mentre noi con l’ausilio dell’altra squadra siamo tornati a cercare Ferio. L’abbiamo cercato per quattro giorni ma senza…senza riuscire a trovarlo” ora le fiamme di rabbia che infuocavano lo sguardo di Marwen erano state spente dalle lacrime, che le riempivano gli occhi e le rigavano il viso. Abbassò lo sguardo per evitare di scoppiare in lacrime anche lui…doveva essere forte, doveva cercare di resistere, doveva farlo per il suo amico, per il suo compagno di squadra e di giochi…quante ne avevano passate insieme! In soli tre mesi dal suo arrivo allo Yardfate e nella squadra Ferio si era guadagnato la simpatia e l’affetto del gruppo…lui era il più piccolo della squadra, così mingherlino; lo prendevano tutti un po’ in giro e poi stavano a guardare divertiti mentre li sgridava tutti, offeso e furente; Rei era il migliore in questo, nessuno sapeva farlo esasperare come lui!Poi però quel piccoletto aveva stupito tutti con la sua abilità, la sua prontezza di riflessi… a scuola certo non brillava ma nelle esercitazioni era sempre e comunque tra i primi. Gli sembrava impossibile che ora non ci fosse più, che non l’avrebbe più rivisto alle folli festicciole di Cid, che non lo avrebbe più guardato litigare in mensa con Rei, che non l’avrebbe più sentito vantarsi della sua presunta relazione con Asiel…non doveva succedere, non sarebbe mai dovuto accadere, lui avrebbe dovuto proteggerlo, avrebbe dovuto opporsi quando Karura aveva proposto di dividersi durante l’attacco, avrebbe dovuto tenerlo d’occhio…
“Io…mi dispiace, tutti noi amavamo Ferio, lui era l’anima della festa, sempre pronto a…” il suo tentativo di consolare Marwen e sua madre fallì miseramente
“SMETTILA!” gli urlò in faccia Marwen
“S-smettila di…di p-parlare di lui co-come se fosse…” le sue parole erano interrotte dai singhiozzi
“…c-come se fosse…mio fratello è ancora vivo, E’ ANCORA VIVO CAPITO?” corse via in lacrime abbandonando la stanza e lasciandolo lì con un amaro in bocca insopportabile
“Ti prego di scusarla” disse la signora Val alzandosi in piedi a pugni stretti e con lo sguardo perso nel vuoto…stava per piangere, si vedeva, ma cercava comunque di rimandare il più possibile
“Questa guerra le ha già portato via il padre e ora anche…”
“Non si preoccupi” disse vendendola in difficoltà
“E’ comprensibile, anch’io sarei sconvolto al suo posto…anch’io lo sono” la donna si passò in fretta il dorso di una mano sugli occhi e poi lo guardò accennando ad un sorriso
“Il tè dovrebbe essere ancora caldo…la vedo piuttosto provato, ne beva un sorso”.

Quella donna era tanto perspicace quanto convincente. Alla fine era riuscita a persuaderlo a fermarsi lì per la notte. Del resto fuori il temporale imperversava ancora più forte di quando era arrivato, il coprifuoco sarebbe scattato di lì a venti minuti e difficilmente avrebbe trovato un mezzo disposto ad accompagnarlo in qualche albergo, ammesso poi che qualcuno volesse ospitarlo. In teoria gli SS avrebbero dovuto godere del privilegio di alloggiare gratis in qualsiasi albergo, ma a conti fatti tale franchigia era loro concessa solo nelle zone direttamente controllate dalla SUOMS quindi…tanto valeva accettare l’invito. Si sentiva tuttavia terribilmente a disagio…stava dormendo nella stanza di Ferio, sul suo letto e con addosso un suo pigiama…alle pareti erano attaccati poster e foto, sulla scrivania c’erano ancora i suoi libri di scuola, appesa al muro la sua chitarra...con tutte quelle cose che lo riguardavano attorno a lui non riusciva a pensare ad altro,non c’era verso, di quel passo non avrebbe chiuso occhio tutta la notte. Si mise a sedere sul letto, sistemando dietro le orecchie qualche ribelle ciocca di capelli. Si massaggiò il collo e inarcò la schiena, poi allungando una mano sul comodino accanto al letto prese in mano la sveglia…era mezzanotte meno venti. Ripose l’apparecchio al suo posto e si alzò in piedi. Guidato dalla pallida ed azzurrina luce lunare che filtrava attraverso le tende della finestra si diresse verso la porta. L’ingresso era terribilmente buio…si ricordò che la signora Val gli aveva detto che se ne aveva bisogno avrebbe potuto usufruire anche del bagno del piano di sopra; prima porta a destra. Chissà poi perché il bagno si trovava sempre dietro la prima porta a destra…si diresse a tastoni verso la porta, inciampando un paio di volte ma arrivando a destinazione pressoché sano e salvo. Non poteva accendere la luce così aprì la finestra. Una ventata fresca gli si riversò addosso come un’onda improvvisa in mare aperto. Inspirò ad occhi chiusi l’aria ancora umida di pioggia poi, guardando fuori, vide che il temporale era finalmente cessato. La luna era davvero bellissima, grande e bianca. Non c’erano stelle in cielo, o forse si? I nuvoloni neri sospesi in aria non gli permettevano di capirlo. Probabilmente presto sarebbe ricominciato a piovere. Si allontanò dalla finestra e fece scorrere l’acqua al rubinetto. A quanto pareva non c’era acqua calda in casa. Meglio così, l’acqua fredda gli avrebbe dato una scossa e magari l’avrebbe aiutato a cacciar via tutti quei pensieri, quei ricordi così belli eppure così dolorosi. Chissà se anche Cid era ancora sveglio… tra i due era sempre stato lui l’ultimo ad addormentarsi, a volte sospettava che lo facesse a posta, quasi come se volesse controllarlo, assicurasi che andasse tutto bene e che riuscisse ad addormentarsi senza problemi. Cosa avrebbe dato ora per averlo accanto, per potergli parlare…nessuno sapeva consigliarlo come lui, nessuno riusciva a comprenderlo così bene, probabilmente neanche Karura. Erano amici da così tanto tempo ormai, tre anni…tre anni che combattevano assieme, che condividevano la stessa stanza e Cid si era sempre rivelato per quello che era; un ragazzo simpatico e socievole, un compagno di squadra attento e scrupoloso e, soprattutto, un amico fidato e premuroso. Capiva subito quando aveva qualcosa che non andava e gli evitava l’imbarazzo di chiedere aiuto, sapendo che a volte l’orgoglio gli impediva di farlo, e così era sempre lui a farsi avanti. Per quanto a volte potesse sembrare puerile Cid era tutt’altro, sapeva dare consigli preziosi e sebbene qualche volta fosse capitato aveva sempre preferito impedirgli di versare delle lacrime piuttosto che offrirgli una spalla su cui piangerle. Averlo vicino in quel momento gli sarebbe davvero stato d’aiuto, ora come ora si sentiva perso, impotente… accidenti! L’acqua era proprio gelida! Asciugò il viso badando di lasciarlo comunque un po’ umido e poi chiuse la finestra. Stava per tornare in camera quando notò che dal piano di sotto proveniva qualche timido e fioco raggio di luce. Si avvicinò di più alle scale rischiando quasi di precipitare giù per i gradini. Eh si, di sotto c’era qualcuno…che si trattasse di un ladro? Non sentiva alcun rumore…meglio controllare; allungò il braccio ripiegandolo dietro la schiena come per prendere la raygun e si sentì terribilmente stupido nonappena si ricordò di essere in pigiama e di non aver portato con sé l’arma. Scese le scale a chiocciola prestando molta molta attenzione e badando a non fare rumore; era disarmato e se c’era davvero un malintenzionato nella casa sarebbe stato meglio che non l’avesse visto ( e anche nel caso in cui non ci fosse nessun malintenzionato sarebbe comunque stato saggio fare silenzio per non svegliare Marwen e sua madre). Arrivato al piano di sotto si guardò un po’ intorno. La luce veniva dalla cucina. Fece qualche passo in avanti e vide, seduta al tavolo, la signora Val. Con una mano reggeva una torcia e con l’altra sfogliava le pagine di un grande libro. Falso allarme. Stava per tornarsene su quando dovette constatare d’essere stato scoperto
“Soldato Goss!” lo chiamò la donna
“Mi chiami pure Zed signora” le disse lui facendo il finto tonto
“Bene, allora tu smetti di darmi del lei e di chiamarmi signora”
“Va bene signora…c-cioè, Kissma”
“Così va meglio…come mai sei ancora sveglio?”
“Io…ecco…mi sono svegliato per andare in bagno”
“Ma il bagno c’è anche al piano di sopra, prima po…”
“Prima porta a destra, si lo so” la donna lo guardò confusa
“Ci sono andato” aggiunse subito
“Allora che ci fai qui?”
“Niente, io…avevo…volevo solo bere un goccio d’acqua” disse in fretta, pensando che forse l’idea di dirle che pensava ci fosse un ladro in casa non era delle migliori
“Capisco. Prego, serviti pure, fai come fossi a casa tua” gli disse indicando il frigorifero
“Grazie” prese in mano una bottiglia di plastica, verde. Acqua minerale. Alla mensa dello Yardfate servivano solo acqua liscia. Levò il tappo e cominciò a bere a garganella, poi, quando fu soddisfatto e le bollicine che gli solleticavano la gola gli sembrarono abbastanza, richiuse il recipiente e lo ripose nel frigorifero. Sentì la donna ridacchiare e si rese conto che forse bere in quel modo non era stata una grande dimostrazione d’educazione da parte sua
“M-mi dispiace, io…”
“No no, non preoccuparti” gli sorrise malinconicamente
“Anche Ferio beveva sempre così…solo che lui non rimetteva mai la bottiglia a posto!” rise, e poi il riso le morì sul volto lasciando spazio ad un solco triste e nostalgico. Riportò lo sguardo (e la luce della torcia) sul libro davanti a lei.
“Lei invece come mai è ancora sveglia?” domanda stupida in effetti, ma sentiva come la necessità di fare un po’ di conversazione e qualcosa gli diceva che anche alla signo… a Kissma avrebbe fatto bene
“Per il tuo stesso motivo” disse senza distogliere lo sguardo dal libro
“Doveva andare in bagno anche lei?” chiese lui ingenuamente e la donna sembrò quasi…eh si stava ridendo, proprio ridendo
“No no…semplicemente non riesco a dormire” in quel momento si sentì un perfetto idiota; possibile che fosse così facile capire quando mentiva? O forse quella di leggere nel pensiero era una dote nascosta della madre di Ferio?
“Io…” io cosa? Che poteva dire a sua discolpa? Infondo quella era la verità, perché vergognarsene?
“Mi dispiace” gli disse la donna facendogli segno di sedersi accanto a lei per poi continuare
“Non avevo pensato che dormire nella stanza di mio figlio potesse metterti a disagio, anche se avrei dovuto immaginarlo…scusami”
“Non preoccuparti” le disse con il tono di voce più rassicurante di cui era capace mentre prendeva posto di fronte a lei
“Sai, sei davvero molto carino”
“C-come?” aveva capito male o la madre del suo amico gli aveva appena detto di trovarlo carino?
“Nel senso che apprezzo il fatto che ti sforzi tanto di trattenerti e di non mostrarti anche tu triste e sconsolato per la scomparsa di Ferio” ah, ecco in che senso!Che sollievo…
“Non avrai mica frainteso, vero?” eh si, quella donna sapeva proprio leggere nel pensiero!
“Cosa? No! No no, io…è solo che…” Kissma rise di nuovo
“Santo cielo caro, tu sei proprio negato per la disonestà!” questa volta rise anche lui
“Già, non è la prima a dirmelo!” in effetti la capacità di saper mentire bene gli sarebbe risultata utile in più di un’occasione ma, ahimè, lui non la possedeva proprio…del resto questo non gli era mai dispiaciuto troppo, anzi, aveva constatato con il tempo che, sebbene obsequium amicos veritas odium parit, si finiva sempre in casini peggiori mentendo che non dicendo il vero. Mentre rifletteva su questo lo sguardo gli cadde sul libro che Kissma stava leggendo scoprendo così che non si trattava esattamente di un libro, bensì…
“E’ il nostro album di famiglia” disse la donna sorprendendolo a sbirciare. Solo ora si accorgeva che aveva gli occhi rossi e gonfi. Doveva aver pianto davvero tanto su quell’album
“Ci sono moltissime foto, anche se più della metà dell’album è ancora da riempire” avvicinò l’album a lui tornando pressoché alle prime pagine. Gli mostrò moltissime fotografie, soprattutto di Ferio e Marwen da piccoli. Alcune erano davvero buffe; ce n’era addirittura una in cui Ferio cavalcava un cagnone bianco tutto peloso stringendo una spada di plastica in mano mentre Marwen se ne stava seduta a terra piangendo…o forse era il contrario? Dio, quei due da piccoli erano proprio identici, addirittura lo stesso taglio di capelli!Solo quando smise di sorridere si accorse che una lacrima aveva bagnato la pellicola di plastica che proteggeva la foto, alzò piano lo sguardo verso la madre di Ferio e la vide piangere. Non sapeva cosa fare…avrebbe voluto dirle qualcosa per tirarla su di morale, per consolarla, una di quelle frasi rassicuranti che Cid diceva a lui, ma non riusciva ad aprire bocca. L’unica cosa che fu in grado di fare fu quella di poggiare una mano sulla spalla della donna, che per tutta risposta se la tolse quasi subito di dosso. Zed era confuso, non riusciva a capire…che Kissma avesse frainteso quel gesto? Oh, andiamo!Ridicolo…quella donna non era certo una sciocca come lui…ma allora perché?
“Non…non sentirti in dovere di consolarmi soldato, prima di tutto perché non spetta a te e poi perché…” lunga pausa prima di riprendere “…perché il dolore di una madre che perde un figlio è inconsolabile”
“M-mi dispiace, io…io volevo solo…”
“Lenisci le tue di ferite Zed prima di cercare di curare quelle degli altri” e detto questo si alzò dal tavolo e si diresse verso le scale. Salì un paio di gradini poi si voltò verso di lui
“Puoi restare a guardare l’album se vuoi, ma ricordati di rimetterlo al suo posto. Secondo cassetto dal basso” disse indicando un mobile di massello poco distante dalla tv. Poi sparì nel buio. Era una frana. Non’appena sarebbe rientrato allo Yardfate si sarebbe fatto dare lezioni da Cid, poco ma sicuro. Rimase un altro po’ a guardare le foto. Più pagine sfogliava più Ferio e Marwen diventavano grandi; le ultime fotografie li ritraevano più o meno all’età di dodici, tredici anni, probabilmente qualche mese prima che iniziasse la guerra. Sembravano così felici…Ferio era arrivato allo Yardfate come volontario, aveva ancora due anni di tranquillità davanti a se, perché arruolarsi e rischiare di perdere la vita se non si è obbligati a farlo? Perché? Se l’era sempre chiesto, così come per Cid, per Adina e per Karura; nessuno di loro aveva l’obbligo di partecipare a quella guerra eppure erano lì, a rischiare ogni giorno la vita, a spaccarsi la schiena nelle esercitazioni, a studiare i dati del laboratorio…lui era stato costretto, a diciotto anni era stato chiamato ad arruolarsi ed erano ormai tre anni che andava avanti quella tortura, come si poteva offrirsi volontari per affrontare una simile vita? Lui non lo avrebbe mai…un rumore. Sentì degli scricchiolii provenire da fuori, dalla veranda. Che si trattasse di Ithwith? Sarebbe stato strano, sapeva che erano mostri che preferivano cacciare generalmente di notte ma non credeva che si sarebbero già spinti nel centro abitato. Strinse la torcia in mano e richiuse l’album.

Era bello starsene lì di fuori, al buio, da sola. Faceva un po’ freddo a dire il vero, ma la coperta che aveva indosso la riparava quanto bastava. Aveva sonno eppure non riusciva ad addormentarsi. L’aria sul viso bagnato dalle lacrime era ancora più fredda e le dava fastidio agli occhi. Avrebbe voluto smettere di piangere, in fondo non ne aveva motivo…suo fratello era ancora vivo, ne era certa. Magari in quel momento era già in viaggio verso casa, o forse verso lo Yardfate, o magari… forse era da qualche parte, ferito, bisognoso d’aiuto…ma ad ogni modo vivo. Vide la porta aprirsi e subito smise di cullarsi sulla sedia a dondolo cercando di alzarsi, ma non si era accorta di acciaccare un lembo di coperta con il piede e nel farlo era quindi ricaduta sulla sdraio come un sacco di patate. Che goffa! Da quando non faceva più judo le capitava molto più spesso di fare figuracce del genere, di cadere, di combinare qualche pasticcio…cercò di rimediare provando nuovamente a mettersi in piedi, ma era troppo tardi. La porta ormai era aperta e la luce di una torcia puntava dritta sulla sua faccia
“Mamma sei tu? Abbassa la torcia” la luce della torcia si spostò subito più in basso lasciandole intravedere chi la maneggiasse. Bè, non si trattava di sua madre
“Tu?” disse sorpresa nel vedere il soldato davanti a lei e asciugandosi in fretta il viso
“Mi dispiace…non volevo puntartela in faccia. Non sapevo ci fossi tu, ho sentito dei rumori così…”
“Che ci fai qui?” gli chiese cercando di mantenere il tono di voce il più freddo e distaccato possibile
“Ero…non riuscivo a dormire”
“E allora te ne vai in giro per casa mia?” disse aspramente, e per un attimo sembrò sortire l’effetto desiderato, poi invece il ragazzo le si avvicinò, sedendosi sulla poltroncina di vimini davanti a lei
“Io non sono bravo in queste cose” esordì “ma voglio che tu sappia che ti capisco, anch’io volevo molto bene a Ferio, lui era…”
“Tu mi capisci?!” che arroganza, che presunzione…pensava davvero di capirla? Di sapere cosa provava? Oh come si sbagliava!
“Pensi davvero di riuscire a capirmi?”
“Io volevo solo dire che…”
“Se tu riuscissi anche solo lontanamente a percepire quello che sento, a comprendere quello che provo…be’ se tu ci riuscissi davvero allora la smetteresti di usare verbi al passato e di parlare di mio fratello come se fosse… morto! Te l’ho già detto e te lo ripeto, Ferio è ancora vivo!” detto questo si alzò e senza degnarlo di uno sguardo si diresse verso la porta, pronta a varcarla e a tornarsene in camera sua, non fosse stato per quello che sentì aggiungere subito dopo al ragazzo
“Ferio non avrebbe voluto vederti reagire così” quelle parole scatenarono in lei qualcosa, come un incendio che le divampò nel corpo con una furia ed una velocità impressionanti. Era forse rabbia? Era così forte, indomabile; non aveva mai provato niente del genere prima, stava addirittura tremando…si avvicinò al soldato che subito si alzò in piedi e con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo gli diede uno schiaffo. L’impatto con la sua guancia fu così forte che anche lei si fece male, moltissimo, ma finalmente sentiva quel fuoco sciamare e i brividi abbandonarla. Si accorse di respirare affannosamente, quasi come avesse corso
“Smettila!” disse a denti stretti cercando di non badare alla mano ormai indolenzita
“Smettila di fare il compassionevole, smettila di fingere di sapere tutto su di me e su mio fratello… tu non sai niente, niente, NIENTE!” gridò. Stava per dargli un altro schiaffo ma questa volta lui le afferrò il polso, così forte da farle quasi male
“Ti sbagli” le disse
“Io so molte più cose su Ferio di quanto tu non creda” si dimenò riuscendo a liberarsi dalla presa
“Certo, sicuro!Tu capisci tutto!” disse in tono di sfregio
“No io…io non capisco niente, ma una cosa la so…non serve vivere sedici anni con una persona per imparare a conoscerla o per cominciare a volerle bene...ho capito subito che splendida persona era tuo fratello non appena è arrivato nella squadra; gli si poteva leggere negli occhi la voglia di vivere, di dare il meglio di se in tutto. C’era una luce particolare che brillava sempre nel suo sguardo, la stessa che ho visto brillare nel tuo quando sono arrivato”
“E queste frasi dove l’hai prese? Da un telefilm per ragazzini o dalla confezione di un cioccolatino scadente?” non poteva dargliela vinta, farlo sarebbe stato come ammettere che Ferio era…suo fratello era ancora vivo, lo sentiva, e poco le importava se gli altri non le credevano
“Non lasciare che la rabbia e la tristezza prendano il sopravvento, ti prego, fallo almeno per Ferio… e non fraintendere; non ti dico questo con la convinzione di aver capito tutto su di lui o su di te, ma semplicemente con la consapevolezza di chi ha visto il sorriso di un amico mentre parlava della sua famiglia e di come sarebbe stato contento di riabbracciarti una volta terminata questa dannata guerra ed essere tornato a casa” quelle parole, sebbene non avrebbe voluto, la sconvolsero. Sembrava davvero che quel soldato conoscesse bene suo fratello e solo ora, sentendo la sua voce tremare, cominciava a rendersi conto che forse quelle non erano solo frasi di circostanza…Ferio aveva la capacità d’ispirare simpatia un po’ a tutti, non aveva mai avuto difficoltà a farsi nuovi amici, la sua allegria e la sua vivacità erano disarmanti, a dir poco contagiose; infondo non si sarebbe stupita se davvero anche quel ragazzo, Zed, fosse sinceramente addolorato per la sua scomparsa, e in fin dei conti non c’era neanche da stupirsi se non riusciva a capire, a sentire che suo fratello era ancora vivo. Potevano anche essere amici, ma di certo lui non sapeva quello che sapeva lei, suo fratello non poteva essere morto, se lo fosse stato lei l’avrebbe…capito. Del resto sia per Zed che per sua madre rassegnarsi all’idea di averlo perso poteva forse risultare più facile che non sperare, credere che fosse ancora vivo per poi dover convivere con la paura che si tratti solo di un’illusione. Ma per lei non era così. Era disposta a soffrire, a sacrificarsi in qualunque modo pur di non cedere, di non arrendersi. Lei era l’unica che poteva aiutarlo, o se non altro l’unica a rendersi conto che lui ne aveva bisogno. Doveva fare qualcosa…non poteva starsene con le mani in mano mentre suo fratello era disperso chissà dove
“Tu gli assomigli molto” le disse Zed distogliendola dai suoi pensieri
“E non solo fisicamente”
“E tu che ne sai?Non mi conosci nemmeno”
“Ma conoscevo lui e non ci vuole molto a rendersi conto che ardete tutti e due della stessa tenacia e, soprattutto, della stessa testardaggine” era forse una frecciatina quella?
“A proposito” disse voltandole le spalle e cominciando ad allontanarsi
“Grazie per lo schiaffo” e se ne tornò in casa. Cosa c’era ora? Si sentiva in colpa forse? Quel ceffone se l’era più che meritato… l’aria si era decisamente fatta più fredda. Stava piovendo. Di nuovo. Rientrò in casa, cercando di non inciampare nuovamente sulla coperta, e notò che Zed aveva lasciato sul tavolo la torcia accesa. Quasi certamente quello voleva essere un gesto di premura nei suoi riguardi eppure lei riusciva solo a leggerci della compassione, cosa che la irritava incredibilmente…non solo non voleva la sua pietà, non ne aveva neanche bisogno accidenti! Ad ogni modo non poteva pensare di salire le scale senza luce, l’aveva fatto scendendole e per poco non si era ammazzata, meglio approfittare, per questa volta. Si avvicinò al tavolino e prese in mano la torcia, ma nel farlo calpestò una superficie fredda e liscia sul pavimento. Puntò la luce verso il suo piede scalzo e si accorse di aver calpestato una fotografia. Una fotografia? Ma che diavolo ci faceva sul pavimento della cucina? Tolse il piede da sopra la foto che però le rimase attaccata alla pianta, così dovette chinarsi per prenderla. Sorrise nel vedere di quale foto si trattasse; risaliva ad almeno quattro anni fa…erano stati invitati entrambi al compleanno di Raci, il bulletto delle medie che le andava dietro e che, invece, perseguitava suo fratello. Lo odiavano entrambi così, visto che si trattava di una festa in maschera, si erano messi d’accordo per organizzargli uno scherzetto tutto dire; lei si era vestita da maschio, mentre lui da femmina, in pratica si erano scambiati i posti e… un momento…ora che ci pensava…MA CERTO! Si si si! Poteva funzionare…ma perché non ci aveva pensato prima?!

Aprì la porta più velocemente che poteva, non perché avesse fretta, ma perché non voleva rischiare di farla scricchiolare. Le tende della finestra reagirono allo spostamento d’aria. Erano tirate ed una fievole luce cerulea illuminava la stanza, donandole quasi un’atmosfera onirica. L’unico suono che percepiva era quello delle gocce di pioggia che sbattevano sul davanzale della finestra, suono quasi ipnotico, piacevole. Per il resto silenzio. Entrò nella stanza quasi in punta di piedi e molto discretamente rivolse lo sguardo al letto. Zed dormiva. Aveva il viso rivolto verso di lei, le labbra leggermente socchiuse, un braccio abbandonato sul fianco, l’altro piegato sotto il cuscino. La luce lunare gli illuminava solo parte del volto che, nel sonno, sembrava estremamente sereno. Il rossore che aveva poco fa sulla guancia, a causa dello schiaffo, sembrava essere scomparso. In effetti… si be’…era indubbiamente un ragazzo molto attraente. E ora? Come faceva a svegliarlo? Chissà che avrebbe pensato nel ritrovarsela davanti nel cuore della notte…be’ poco importava, doveva assolutamente parlargli, cercare di convincerlo perché senza il suo aiuto non avrebbe potuto fare niente. Si inginocchiò ai piedi del letto e molto delicatamente posò una mano sulla sua spalla. Capì che probabilmente era arrossita…non si era mai ritrovata in una camera da letto sola con un uomo che non fosse stato suo padre o suo fratello. Vabbè, tanto al buio lui non se ne sarebbe accorto. Scosse un po’ il soldato nel tentativo di ridestarlo
“Z…zed” disse timidamente. Il ragazzo mugugnò qualcosa senza però svegliarsi
“Zed…zed svegliati per favore” fu un attimo e il ragazzo la intrappolò fra le sue braccia posandole la testa sul suo petto. Oh mio Dio! Ma cosa…
“Zed! Che fai? Lasciami!” disse tentando di non alzare troppo il tono della voce, ma il ragazzo la strinse ancora più forte a se
“Mm…Karura…” Karura? Ma per chi diavolo l’aveva scambiata? Che stesse sognando?Già, e pensava di sapere che genere di sogno fosse…doveva assolutamente liberarsi da quell’abbraccio
“Zed…Zed mollami maledizione! Sono Marwen!” disse premendo le mani sul materasso e tentando nuovamente di districarsi dalla presa del ragazzo, che era però incredibilmente forte…Zed quest’ultima volta sembrò desistere. Stava per staccarsi da lui quando fu nuovamente fra le sue braccia e non solo; lo strattone fu così violento che finì praticamente sopra al ragazzo. Tentare di dimenarsi era inutile, doveva trovare un altro sistema per liberarsi, anche se…stando lì, in quella posizione…era così dolce il profumo della pelle di quel ragazzo, così rassicurante e protettivo quell’abbraccio…
“Karura…” Ancora?!
“Zed, per l’amor di Dio io non sono…” improvvisamente le venne un’idea, un po’ assurda a dire il vero, ma del resto cosa c’era di non assurdo in quella situazione?
“Si…si Zed sono Karura” il folle piano sembrò funzionare
“mm…vieni qui…” disse il ragazzo
“No, aspetta…lasciami andare un attimo”
“…no…” Come sarebbe a dire no?! Razza di degenerato!
“Dai, per favore…voglio solo…mettermi più comoda” disse cercando di mantenere la calma. Il ragazzo mugolò un po’ poi allentò la presa e la lasciò andare, permettendole di posizionarsi ad una distanza di sicurezza dal letto. E ora? Non poteva avvicinarsi di nuovo e rischiare di essere catturata un’altra volta. Come lo svegliava adesso?Che razza d’impiccio!Ma proprio quella notte doveva mettersi a fare sogni erotici quel depravato?Avrebbe tanto voluto tirargli addosso qualcosa! Aspetta aspetta…in fondo non era un’idea così malvagia. Si guardò un po’ intorno; sulla scrivania del fratello c’erano un po’ di arnesi che potevano fare al caso suo, primo fra i quali un bel portalapis cilindrico di legno. Quello avrebbe dovuto svegliarlo. Lo prese in mano rovesciandolo e facendo così cadere tutte le matite e le penne che conteneva; voleva solo svegliarlo, non farlo diventare un colabrodo!Prese bene la mira cercando di colpirlo su un braccio o su una gamba ma quando lanciò il portapenne ci mancò poco che lo beccasse in viso! Il ragazzo si mise immediatamente a sedere sul letto, gli occhi aperti ed un espressione assonnata e spaventata insieme; lo aveva colpito al petto, poco più giù del collo
“Ma che caz…” fece appena in tempo a trattenersi quando la vide. Che stupido! Pensava forse che non avesse mai sentito imprecazioni del genere?Non era mica una ragazzina!
“Ehi,chi c’è lì” disse mentre vide che strizzava gli occhi per cercare di guardare meglio…allora non l’aveva riconosciuta…
“S-sono Marwen” disse avvicinandoglisi un po’ e dandogli il tempo di mettere a fuoco l’immagine
“Marwen?” disse con un tono di voce a metà strada tra l’assonnato e l’incredulo
“Si” rispose lei ora un po’ imbarazzata
“Mi…mi hai tirato addosso qualcosa o me lo sono sognato?” chiese ingenuamente
“Io…l’ho fatto per svegliarti” si affrettò a rispondere, sebbene con tono evidentemente colpevole
“E non potevi semplicemente chiamarmi?”
“Ci ho provato ma…” ripensò a quello che era successo ed arrossì senza riuscire a proseguire
“Ma cosa?”
“Tu…tu mi hai…” forse era meglio non dire niente “…tu non ti svegliavi!”
“Be’ ora sono sveglio…ma cosa vuoi? Ti senti male? Hai bisogno di qualcosa? E successo qua…”
“No no, stai calmo, non è successo niente” disse scuotendo velocemente le mani e avvicinandosi per farlo smettere di parlare, stava sparando domande a raffica! Quando fu sufficientemente vicina a lui e fu illuminata dalla luce della luna vide Zed spalancare i profondissimi occhi blu in un’espressione che la diceva lunga su quello che stava provando
“Ma cosa diavolo…” si strofinò gli occhi a pugni chiusi, come un bambino incredulo davanti al giocattolo che aveva tanto desiderato e che pensava non gli avrebbero mai regalato
“Marwen ma…sono io che ci vedo male per il sonno o tu…”
“Si, mi sono tagliata i capelli”disse prendendo tra le dita una ciocca bionda da dietro la nuca e mostrandone l’incredibile cortezza
“Oh santo cielo!” esclamò lui incredulo
“Ma perché l’hai fatto?”chiese poi confuso
“Dimmi, sembro mio fratello?” chiese speranzosa
“Come?”
“Ti ho chiesto se così sembro mio fratello”
“Be’….ecco…no, non preoccuparti,tu… tu ci stai bene, si, insomma il taglio ti dona…”
deficiente! Ma che diavolo aveva capito? Pensava forse che gli stesse chiedendo se stava bene con quel taglio di capelli nella speranza di non sembrare un ragazzo? Come diavolo gli era venuta in mente una cosa del genere? Le sembrava forse una di quelle ragazze?
“Non ti ho chiesto questo” gli disse spazientita
“Non voglio sapere se questo taglio di capelli mi dona, non mi interessa…voglio sapere se ora che ho i capelli corti sembro Ferio” il ragazzo sembrava ancora non capire. Marwen sospirò
“Se tu non sapessi che sono io, che sono Marwen, mi scambieresti per Ferio?” Zed non diceva nulla
“Rispondi!” lo incalzò infine spazientita
“Si, io…io credo di si…del resto ti ho scambiato per lui anche quando avevi i capelli lunghi” Marwen si sentì sollevata, come se il macigno che aveva avuto fino a quel momento sullo stomaco fosse finalmente scivolato via…ci teneva tanto ai suoi capelli; odiava ammetterlo perché questo la faceva sentire una frivola femminuccia, ma non li aveva mai portati corti in vita sua, l’aveva lasciati crescere e ne era sempre stata molto fiera, in un certo senso le davano coraggio, le infondevano fiducia in se stessa, un po’ come Sansone con la sua treccia. Ma ora c’era in gioco la vita del fratello e quel sacrificio in confronto era del tutto insignificante
“E pensi…” continuò verso Zed “…che anche i tuoi compagni di squadra mi scambierebbero per lui?” Zed sembrava davvero sorpreso della domanda
“Be’, io credo…” si bloccò e la gurdò dritta negli occhi. Che avesse capito?
“Perché mi fai questa domanda?” le chiese poi serio grattandosi un po’ la testa. Marwen si allontanò da lui e si diresse verso la finestra. Nonostante piovesse a dirotto la spalancò e lasciò che l’aria fredda della notte entrasse nella stanza, facendola rabbrividire un po’. Zed sembrava aver capito che stava per dirgli qualcosa e si alzò dal letto, avanzando qualche timido passo verso di lei. Era incredibile; quel ragazzo a volte sembrava così insicuro, indeciso…non credeva che avesse scelto di sua volontà di diventare un SS, anche se l’abbraccio di poco fa…quei muscoli…qualcosa le diceva che in battaglia sapeva farsi valere
“Zed…la vedi?” gli disse allungando il braccio fuori dalla finestra e puntando l’indice verso la luna. Zed a dire il vero sembrava nuovamente confuso, tuttavia non chiese spiegazioni e rispose
“Si, la vedo”
“E’ bella non credi?”
“Si, lo è” le rispose arrossendo. Che stesse pensando che quella voleva essere una situazione romantica? Sperava per lui che non fosse così
“Non è solo bella, è anche straordinariamente grande e luminosa” disse. Zed non aggiunse nulla
“Così grande e luminosa che sono sicura che, ovunque lui si trovi ora, anche Ferio può vederla”
“Marwen…” Zed sembrava pronto a rifilarle un altro sermone come quello di poco fa in veranda, ma non glielo lasciò fare
“Zed, so che non mi credi, o meglio…che non vuoi credermi. E’ più facile essere pessimisti che non ottimisti, perché si evitano un sacco di delusioni, ci si prepara subito al peggio ma…il mio non è ottimismo Zed, il mio è realismo…io sono certa che mio fratello è ancora vivo” Zed sospirò abbassando la testa e accarezzandosi la nuca
“So che non puoi capire e non ti biasimo per questo, ma ti prego…ti prego cerca di farlo, cerca di fidarti di me” il ragazzo sollevò di nuovo il capo e la fissò sconsolato
“Non si tratta di fidarmi di te Marwen…”
“Si invece!” lo interruppe
“Si tratta esattamente di questo; di fidarti di me e del mio rapporto con Ferio. Io e mio fratello siamo sempre stati uniti da un legame speciale, che col tempo si è rafforzato sempre più, soprattutto…soprattutto dopo la morte di nostro padre” disse triste e sentì subito la mano di Zed posarsi sulla sua spalla, sebbene con molta incertezza
“Perché credi che Ferio si sia arruolato come volontario? Ha solo sedici anni, secondo te aveva voglia di morire ammazzato in questa guerra? L’hai detto tu stesso, poco fa…Ferio ha sempre avuto una gran voglia di vivere e non avrebbe mai permesso che la morte lo cogliesse in battaglia perché…perché lui me lo ha promesso. Prima di partite mi ha promesso che non sarebbe morto, che sarebbe tornato a casa e avrebbe…avrebbe vendicato nostro padre. E’ questo il motivo per cui si è arruolato, ed è questo il motivo per cui sono certa che lui è ancora vivo” era certa più che mai di quello che diceva e sperava che la sua sicurezza bastasse anche per convincere Zed
“Capisco quello che dici, davvero…”
“Ma?” chiese lei intuendo che c’era dell’altro
“Noi abbiamo cercato dappertutto, abbiamo perlustrato l’intera zona… per quattro giorni!”
“Lo so, mi rendo conto che avete fatto il possibile, ma evidentemente non è stato sufficiente”
Zed sembrò essere davvero innervosito da quelle parole
“Non fraintendere, sono sicura che voi avete fatto tutto quello che potevate, davvero, ma sono altrettanto sicura che deve esserci dell’altro, qualcosa che magari vi è sfuggito”
“Ah si? E cosa? Cosa?!” disse davvero fuori di se. Non credeva che si sarebbe arrabbiato così…
“Io…io non lo so” Zed sorrise ironicamente
“Ma intendo scoprirlo” aggiunse allora. Il ragazzo la guardò alzando un sopracciglio
“E come?” ci siamo. Ora avrebbe dovuto parlargli del suo piano. Doveva assolutamente convincerlo; senza di lui non avrebbe mai potuto farcela. Lo fissò attentamente ripetendo mentalmente il discorso che aveva prestabilito per prepararsi a conferirglielo ma fu come se lui le avesse improvvisamente letto nel pensiero. Indietreggiò incredulo corrugando la fronte e fissandola a sua volta. Era visibilmente agitato
“No…non può essere…dimmi che non stai pensando a quello che credo tu stia pensando”
“E’ l’unico modo che ho per aiutarlo” disse lei capendo che Zed aveva già compreso tutto
“Non è vero…dimmi che non è vero…”
“Così facendo potrò entrare allo Yardfate, fare delle ricerche, indagare sui mostri che vi hanno attaccato…” Zed sembrava sul punto di svenire, si toccava il petto come se stesse per venirgli un attacco di cuore
“Zed l’hai detto anche tu…nessuno sospetterà niente…se tu mi aiutassi io…”
“Se io ti aiutassi?!” disse Zed ad occhi spalancati con un espressione che non prometteva nulla di buono
“Vuoi che io diventi tuo complice e ti aiuti a farti passare per tuo fratello?!” chiese sconvolto
“Si” disse lei semplicemente pregando che si calmasse
“Ma tu sei pazza! Sei uscita fuori di senno!Sai che mi fanno se dovessero scoprire che ti ho aiutato a fare una cosa del genere? Che ho aiutato una minorenne a spacciarsi per un soldato scomparso per farla arruolare illegalmente?Ne hai una vaga idea?”
“Si, probabilmente ti sospenderebbero dal tuo incarico ma…dimmi la verità, la cosa ti dispiacerebbe davvero così tanto?” Zed rimase senza parole nel sentirsi porre quella domanda
“Si vede subito che fare il soldato non ti piace…sei un tipo tranquillo, di sicuro sei stato arruolato in quanto maggiorenne e non certo per tua volontà quindi…se ci pensi non perderesti poi molto” Zed si era ammutolito. Forse aveva fatto centro
“Ti prego Zed, pensaci…il corpo di Ferio non è stato ritrovato, lui potrebbe essere davvero ancora vivo e tu come suo amico dovresti cercare di fare non il possibile ma l’impossibile per aiutarlo” il ragazzo sembrava pensarci seriamente ora
“Tu stesso mi hai scambiata per lui quando sei arrivato,e ora che ho tagliato i capelli come lui siamo praticamente identici…”
“Non ce la farai mai; tu non sai niente delle tecniche di guerra, dei mostri, delle raygun…” Marwen gli sorrise e gli si avvicinò
“E’ per questo che mi serve il tuo aiuto” disse in tono supplichevole
“Se mi appoggerai ce la faremo, ne sono sicura” il ragazzo la guardò attentamente, poi le si allontanò. Passeggiò su è giù per la stanza, senza dire una parola per almeno una decina di minuti. Lei avrebbe voluto parlargli ma non voleva mettergli fretta. Zed smise di camminare. Si voltò verso di lei. Lui ad un capo della stanza, lei in un altro. A stento riusciva a guardarlo in volto. Quell’attesa era snervante. Lo vide avvicinarsi piano e quando poi fu a pochi centimetri da lei potè vedere quell’espressione crucciata e rassegnata in volto. Non riuscì a trattenersi dal sorridere
“Qual è il piano?” le chiese a braccia incrociate tirando un lungo sospiro. Un secondo e Marwen gli saltò addosso aggrappandosi al suo collo e riempiendolo di baci!

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Fine primo capitolo! Wow! Pensavo che non ce l’avrei mai fatta…allora? Che ve ne pare ragazzi\e? La storia è iniziata in modo un po’ lento ma vi assicuro che se mi rimarrete fedeli saprò farvi divertire ed emozionare con i prossimi capitoli, statene certi!Per chi poi fosse curioso e volesse vedere che volti hanno i protagonisti di questa mia fic vi dico che potrete andare a visitare la mia fan art gallery dove troverete già quasi tutti i personaggi (ne mancano solo tre). Quindi se la storia vi interessa e i disegni vi piacciono (o anche se non è così) non siate timidi e scrivetemi, sarò felicissima di ricevere critiche, consigli, complimenti…tutto quello che vorrete, ok? Un saluto a tutti gli otaku del sito e al prossimo capitolo!

 
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