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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: L`ABBRACCIO
Genere: Sentimentale, Drammatico, Fantasy, Dark, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: razor galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/08/2005 01:15:01

e` una storia d`amore molto sopra le righe...ed è il sovrannaturale a farla da padrone! fatemi sapere che ne pensate
 
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SI STA
- Capitolo 1° -

Si sta…


Era una notte buia e tempestosa…

Tutte le storie dovrebbero cominciare così, ma purtroppo non è il caso di questa storia in particolare. Effettivamente non si può neppure affermare che fosse proprio notte…
Era la sera del 25 Luglio 1997 ed il sole era appena tramontato oltre l’orizzonte, mentre il cielo terso era ancora infuocato dai colori del tramonto.
Faceva caldo, molto caldo e nessuna brezza estiva ci accompagnava nel nostro peregrinare per le vie della Città degli Angeli.
Quella sera, la banda al completo si stava muovendo con un obiettivo specifico…
Certo…definirci banda era un eufemismo…non eravamo che quattro e di certo non avevamo l’aspetto di una banda, o almeno non di una di quelle bande di teppisti da film. D’altro canto, nessuno di quelli che ci chiamava “banda” sapeva esattamente cosa facessimo…ci consideravano teppisti per il nostro aspetto o per il nostro modo di parlare?
Chissà se, sapendo che di tanto in tanto ci occupavamo davvero di un po’ di pirateggio informatico e di svaligiare qualche bancomat, avrebbero usato quello stesso tono ironico nel definirci una banda…
Poco importa come ci chiamassero…teppisti, la banda degli sfigati, gentaglia…l’importante è che fossimo noi quattro, poiché insieme ci divertivamo e passavamo delle ore gradevoli.
La banda era composta, come dicevano scherzosamente i miei genitori adottivi, da due belle e due bestie.
Le bestie eravamo io, Michael “Mike” Hogan ed il mio migliore amico Anthony “Tony” Tyler…anche se non è che fossimo proprio bestie, quanto meno rispetto ai nostri compagni d’università.
Le due belle, ovviamente, erano le due rappresentanti del gentil sesso della compagnia: Sarah Tyler, sorella minore di Tony, nonché mia fidanzata, e Martha West, fidanzata di Tony.
Bisogna dire che, se io e Tony almeno fisicamente un po’ ci assomigliavamo (essendo entrambi alti circa un metro e ottantacinque, capelli lui castani ed io neri, ma entrambi tagliati corti e fisico ben allenato), non era quasi possibile trovare un punto in comune tra Sarah e Martha.
Sarah era minuta, circa un metro e cinquantacinque per quaranta chili, capelli di un biondo naturale quasi dorato, carnagione chiarissima e fisico snello e scattante. Non era molto formosa, tanto che spesso mi diceva di non indossare mai il reggiseno poiché, tanto, nessuno avrebbe notato la differenza, ma c’erano tre cose nel suo aspetto che mi facevano veramente impazzire, facendomi arrivare a pensare che fosse la ragazza più bella del mondo.
Non sto dicendo che lei fosse la più bella, o che ad un concorso di bellezza sarebbe arrivata prima, magari facendo voltare tutti quelli che passavano di la per caso. Non sono il tipo di persona che, perché è innamorata, perde qualsiasi senso dell’obiettività e di certo non sono uno che non sa apprezzare la bellezza femminile, di cui, tra l’altro, Los Angeles è straripante. Quando per strada vedo un’attrice che gira un film, riconosco che è una bellezza e, senza vergognarmi di dirlo (o di farlo in presenza della mia ragazza, cosa che in passato, prima di conoscere Sarah, mi aveva creato non pochi problemi…), se in spiaggia passa un bel bikini o un topless mi volto ad ammirare…solamente dico che per me lei era perfetta.
Tornando a Sarah, le tre cose di lei che mi facevano impazzire erano i suoi occhi, la sua camminata ed il suo aspetto generale.
I suoi occhi azzurri mi piacevano perché, come si dice quando si vuole essere romantici, erano profondi. Si, erano profondi…talmente profondi che attraverso di essi si riusciva a leggere nelle sue emozioni: la gioia, la tristezza, la malizia, l’amore, l’odio…tutto!
La sua camminata, secondo me ma non solo, a giudicare da come spesso la gente si voltava per osservarla quando passava per strada o in un grande magazzino, aveva un che di spettacolare. Per capire cosa intendo dire, bisogna prima aver presenti due cose: in primo luogo, Sarah aveva un gran bel sedere, tondo e sodo. In secondo luogo, i capelli biondi di Sarah erano molto lunghi e lei li portava sempre raccolti in una coda da cavallo che le arrivava fin al sedere. Inoltre, quella benedetta ragazza aveva la tendenza ad ancheggiare ad ogni passo, anche quando non lo faceva apposta. Ora, la cosa che mi faceva veramente impazzire della sua camminata era l’inspiegabile (almeno per me) fatto che ad ogni suo passo, il sedere avesse la tendenza a muoversi nella direzione opposta alla coda da cavallo, creando un contrasto che non mi sarei stancato mai di guardare.
Per quel che riguarda il suo aspetto generale, l’unica cosa che posso dire è che la trovavo fantastica, poiché la sua linea snella e la sua agilità, affinata in anni di ginnastica ritmica, mi facevano pensare a lei come ad una gatta…un bellissimo felino pronto a scattare.
Martha, come stavo dicendo, non poteva essere più diversa da Sarah neppure se fosse nata su un altro pianeta. Alta un metro e settantasette senza tacchi, la ragazza di Tony non sarebbe passata inosservata neppure al centro del carnevale di Rio.
Non solo portava una sesta di reggiseno e aveva due gambe tanto lunghe da sembrare due pali della luce, ma si era tinta i corti capelli castano scuro di un colore che non saprei definire bene neppure io che la vedevo quasi tutti i giorni…se proprio dovessi provarci, direi che era una via di mezzo tra il color rosa metallizzato ed il color melanzana.
A coronare il tutto, Martha aveva, tra orecchie, naso, bocca e sopraciglia, almeno una dozzina di piercing. Tony mi aveva in più occasioni assicurato che la sua bella ne aveva diversi altri in zone meno visibili, ma io mi sono sempre astenuto dal domandare alcunché in materia.
Ad ogni modo, eravamo veramente un gruppo ben assortito e non mi stupisco che la gente si voltasse per strada a guardarci.
Io e Sarah, che passeggiavamo in seconda fila mano nella mano, potevamo anche sembrare una coppia quasi normale, ma chiunque avesse visto Martha e Tony insieme, senza sapere come sapevo io che i due formavano una coppia fissa da più di quattro anni, si sarebbe chiesto che futuro potevano mai avere quei due insieme, o, più probabilmente, cosa ci facessero due persone così diverse sullo stesso pianeta.
Quella sera, Martha indossava quello che considerava un tipico abito da grand soirée (e che la maggior parte della gente avrebbe trovato più normale addosso ad una prostituta lungo l’autostrada): stivaloni a mezza coscia modello Pretty Woman con un tacco di dieci centimetri, mini gonna in pelle a vita bassa, un top elasticizzato che lasciava davvero poco spazio alla fantasia e sopra questo un giubbotto corto di jeans blu scuro ornato da brillantini.
Tony, al contrario, indossava quello che riteneva un abbigliamento da serata con gli amici: mocassini, pantaloni beige con cintura in pelle, camicia bianca con il collo aperto (senza cravatta, ovviamente, in fondo non stava certo andando ad una cena di lavoro!) e giacca sportiva ma senza toppe sulle maniche.
Quanto a me ed alla mia bella, eravamo vestiti più o meno come ci vestivamo ogni sera per uscire…io con anfibi, jeans blu con le tasche grandi ai lati, una maglietta nera a maniche corte e giacca di pelle, lei con un paio di stivaletti con un tacco di cinque centimetri, pantaloni di pelle attillati, canottiera nera senza maniche e giacchetta jeans.

Quella, doveva essere una serata speciale…
Non stavamo andando a ballare in una delle centinaia di discoteche della città, o ad una delle migliaia di feste organizzate ogni sera dell’anno, linfa vitale delle due belle ed incarnazione dell’inferno in terra secondo me.
Non stavamo andando in un bel pub tranquillo (di quelli dove non fanno storie per l’età) ad ingurgitare qualche decina di dollari di alcool, cosa che anche le due belle apprezzavano, ma che il nostro elegantone personale riteneva troppo noiosa.
Non stavamo andando in un cinema a vedere un film, la passione assoluta di Tony, ma la disperazione di Martha che non poteva nemmeno scambiare un bacetto col proprio fidanzato durante la proiezione, in quanto il nostro elegantone era uno di quei tipi che pensano che quando vai in un cinema è per vedere il film, quindi il film va visto dalla prima all’ultima scena e poi commentato con gli amici davanti ad una bella pizza o ad un panino (fase in cui, puntualmente, io e Sarah facevamo delle figuracce clamorose, scambiando il personaggio principale per una comparsa che in tutto il film aveva detto si e no due battute…ma d’altronde ognuno ha le sue priorità).
Non stavamo neppure andando in giro in macchina in cerca di un posto dove fare un po’ di casino…cosa che tutti apprezzavamo molto, specialmente quando il casino includeva fare qualcosa di illegale, così tanto per fare un po’ i ribelli.
Quella sera stavamo andando al “Gran Ballo delle Sirene del Ventriloquo Pazzo”
Lo spettacolo era stato calorosamente consigliato a Martha da un compagno di scuola che lo aveva definito come “l’apogeo dell’intrattenimento, più emozionante dello sbarco sulla Luna”, aggiungendo che quello del 25 sarebbe stato l’ultimo spettacolo a Los Angeles e che non se lo sarebbe dovuto perdere per nulla al mondo, anche se la scelta fosse stata quella tra vedere lo spettacolo e salire sull’Arca di Noe.
Ora, per quanto io fossi aperto a molti tipi di esperienze, e per quanto non avessi per la serata programmato di cercare di sfuggire al Diluvio Universale, non ero molto convinto che andare a vedere un balletto condotto da un imbecille qualsiasi con un pupazzo in mano fosse il massimo del divertimento.
Anche gli altri avevano delle riserve, ma, un po’ insistendo, un po’ facendo leva sulla nostra curiosità, affermando che lo spettacolo non era un semplice balletto ma uno spettacolo erotico-umoristico in cui il pubblico veniva spesso coinvolto direttamente divertendosi un mondo ed un po’ facendo leva sul nostro spirito ribelle, dicendoci che lo spettacolo veniva pubblicizzato solo su siti internet illegali e si teneva in un vecchio palazzo abbandonato, Martha riuscì a convincerci ad andare a vedere lo spettacolo.
Così, quella sarebbe stata la nostra grande serata di sballo e l’indomani, dopo esserci alzati ad un orario che avrebbe fatto vergognare anche un medico del turno di notte di un grande pronto soccorso, ce ne saremmo andati in spiaggia a fare una nuotata e a fare casino.

Dopo avere camminato per una buona mezz’ora, cominciammo ad addentrarci per i quartieri più poveri, con la spiacevole consapevolezza che parecchi occhi ci osservavano e che passeggiare con accanto Martha West era più o meno come essere seguiti dal proiettore di uno di quegli elicotteri della polizia…impossibile passare inosservati.
Non che fossi preoccupato che potessimo essere aggrediti o rapinati…ci eravamo già trovati in un certo numero di risse e ne eravamo sempre usciti in piedi, ma avevo una strana sensazione addosso…
Per combattere quell’istinto irrazionale, che mi diceva di andarmene il più in fretta possibile da quel posto e di insistere perché anche i miei amici mi seguissero, toccai con la mano sinistra l’ampia tasca dei pantaloni in cui tenevo il mio personale “portafortuna”.
I coltelli da lancio che tenevo in tasca, infilati nella loro custodia, mi riconfortarono subito.
“Ansia da prestazione?” mi chiese con un sorriso divertito Tony, che si era voltato indietro pochi attimi prima per capire come mai non avessi riso ad una delle sue stupidissime battute all’inglese…come se avessi mai una volta, nei tre anni in cui ci conoscevamo, riso del suo humor.
Ovviamente, il mio amico si riferiva al fatto che avevo accennato di esibirmi come lanciatore di coltelli durante lo spettacolo, se davvero al pubblico era permesso esibirsi. Tutti i miei amici avevano trovato la cosa divertente, in quanto sapevano che ero in grado di centrare (o mancare di un paio di millimetri se volevo) una mela ad una distanza di cinque metri.
Questa era una delle cose che avevo imparato a fare prima di diventare orfano e, anche dopo essere stato adottato dai miei genitori californiani, non avevo mai smesso di allenarmi con costanza nel lancio dei coltelli, una forma d’arte che mio padre mostrava tutte le sere nel circo in cui lavorava.
Lui e mia madre erano artisti circensi, l’uno era il lanciatore di coltelli, l’altra un’acrobata, ma entrambi erano morti in un incidente stradale fuori Los Angeles quando io avevo undici anni. In quell’incidente erano rimaste coinvolte anche undici altre macchine e quelli che divennero i miei genitori adottivi, essendo gli unici sopravvissuti di quella carneficina oltre a me, pensarono che in qualche modo il destino ci avesse legati e mi adottarono.
“Molto spiritoso” ribattei “fa attenzione, o potrei chiederti di farmi da bersaglio ed avere uno sfortunato starnuto proprio mentre sto lanciando nelle zone basse…”
La cosa finì con una risata ed una serie di battute sempre più pungenti sugli attributi sessuali di Tony, ma anche quando arrivammo al luogo dove si teneva lo spettacolo, quel senso di insicurezza non volle abbandonarmi.

Il palazzo abbandonato dove si sarebbe tenuto il “Gran Ballo delle Sirene del Ventriloquo Pazzo”, una volta doveva essere stato un piccolo teatro od un locale da cabaret piuttosto grande.
Dopo che all’ingresso un uomo pelato alto come una montagna e grosso il doppio ebbe trovato i nostri nomi nell’elenco che teneva con se, ci accomodammo in una sala che avrebbe potuto contenere comodamente tutta la casa dei miei genitori adottivi ed anche la cucina con tinello dei vicini. Le pareti vecchie e rovinate erano state ricoperte di fiori e di drappi di un rosso molto carico ed ogni pochi metri delle alte fiaccole in ottone rischiaravano l’ambiente bruciando allegramente.
Visto il caldo che faceva fuori, pensavo che le fiaccole sarebbero state solo una seccatura che qualche buon vecchio neon avrebbe potuto risolvere, ma la sala si trovava sottoterra e, come mi resi conto immediatamente, era piuttosto fresca.
Ci accomodammo ad uno dei tanti tavoli presenti nella grande sala e, dopo avere appoggiato le giacche sui bordi delle sedie di legno massiccio, cominciammo a guardarci intorno.
Il palco su cui si sarebbe tenuto lo spettacolo era grande come un terzo della sala e sembrava più un’aggiunta recente che qualcosa che era sempre stato li. Era completamente costruito in legno ed aveva la forma di uno spicchio di luna con la concavità rivolta verso la sala. Al centro di questo spicchio, proprio davanti alla fila centrale di tavoli, stava una passerella larga tanto da far passare una sola persona alla volta. Questa passerella conduceva ad una seconda pedana rialzata, questa volta più piccola e di forma circolare con un diametro di circa tre metri al cui centro era stata piantata una pertica in metallo simile a quelle usate nelle caserme dei pompieri.
‘O nei locali da lap-dance’ pensai tra me e me, ricordando che Martha aveva chiamato questo spettacolo uno “spettacolo erotico–umoristico”.
Mentre la sala continuava riempirsi, alcune cameriere con indosso abiti molto succinti che davano bella mostra delle loro forme rifatte ci portarono i menù.
Un po’ per non fissare troppo le cameriere, così da non mettere in imbarazzo Sarah, un po’ per una mia curiosità intrinseca, non feci molta attenzione ai menù e mi concentrai nell’osservare i clienti che entravano, stupendomi del fatto che fossero in buona parte donne. Dato che non avevo visto che ragazze in abiti sexy, avevo dedotto che lo spettacolo erotico fosse fatto solamente, o almeno principalmente, da donne e che quindi la clientela sarebbe stata quasi unicamente maschile…evidentemente mi sbagliavo.
Stavo ancora riflettendo su questo quando i miei amici attirarono la mia attenzione sul fatto che, nel menù, oltre ai soliti cocktail e agli snack, erano inclusi anche i prezzi di vari tipi di camere d’albergo con la dicitura “tutto compreso secondo le disponibilità ed i gusti”
“Secondo te significa che ti trovano anche compagnia per la notte?” mi chiese in modo malizioso Tony, mostrando quell’aspetto un po’ da brigante della sua personalità che faceva a pugni con il suo modo di vestirsi così elegante.
“Tutto compreso significa tutto compreso” gli rispose la sorella, fregandomi sul tempo di un decimo di secondo “frigobar, TV via cavo, colf personale, orgetta”
“Un vero hotel a cinque stelle…devo dire che sono impressionato” conclusi io.
Conoscendoci, saremmo andati avanti anche per mezz’ora con una pista come quella, se una bella mora vestita (o meglio svestita) da cameriera non fosse venuta a prendere le ordinazioni.
“Questo risponde alla domanda su come viene utilizzata tutta la plastica che noi scrupolosamente buttiamo nella raccolta differenziata” commentò un po’ acida Sarah. Lei era sempre stata fortemente contraria alle operazioni di chirurgia plastica, sostenendo che ognuno doveva accontentarsi di ciò che la natura gli dava e che, se si accontentava lei, nessuno aveva diritto a lamentarsi.
“Io poi non capisco perché uno spenda tutti quei soldi per farsi due tette così piccole” commentò Martha, osservando il seno in bella mostra della cameriera che stava tornando con le nostre ordinazioni.
Istintivamente, tutti fissammo il suo seno che, senza bisogno di interventi di un chirurgo, era di un paio di misure più grande di quello della cameriera e, come spesso facevamo quando la Ragazza dai Capelli di un Colore Impossibile da Nominare se ne usciva con commenti simili, facemmo finta di nulla.
In questo ci aiutò molto il fatto che, pochi secondi dopo, le luci si affievolirono e tre fasci di luce, proiettati da proiettori della cui esistenza non mi ero neppure accorto, si concentrarono sulla pedana circolare su cui, attraverso una cortina di fumo multicolore, comparve un uomo.

Il ventriloquo, un uomo alto e robusto sui trentacinque anni, era vestito con un impeccabile smoking e teneva nella mano destra un pupazzo di legno vestito allo stesso modo.
Il pubblico si ammutolì immediatamente per ascoltare l’intrattenitore ma questi, con mio sommo stupore, si limitò a cominciare a tossire quasi accasciandosi per terra.
Tra i rantoli dell’uomo si alzò invece alta e sicura la voce del pupazzo che, scossando la testa e muovendo le spalle in un gesto che sembrava d’impotenza, sospirò e disse “oh, dannazione…questa è l’ultima volta, ripeto, l’ultima volta che do retta a quei deficienti degli effetti speciali…altro che entrata ad effetto…beh…” aggiunse poi, ammiccando al pubblico ed indicando con la testa il burattinaio che ora tossiva più forte e sembrava sul punto di dare di stomaco “forse, in fondo in fondo quei fumi un effetto lo hanno avuto!”
Il pubblico scoppiò in una gran risata e, mentre sentivo anche il mio sorriso allargarsi e pregustavo la risata cristallina di Sarah, che già si leggeva nei suoi occhi, il burattino continuò “hei tu, deficiente…non vorrai mica metterti a vomitare qui in sala, vero? Cos’è, hai mangiato troppo prima dello spettacolo?”
Il pubblico si stava divertendo parecchio ma il burattino li interruppe facendo cenno alla platea di tacere “zitti, zitti” disse, fingendo di guardare attentamente e toccando persino il burattinaio che ora stava immobile “sapete che forse questa è la mia sera fortunata? Questo deficiente sembrerebbe morto…chissà che finalmente non possa condurre io da solo questo…oh no…eccolo che rinviene!”
Nuovo scroscio di risate mentre, con studiata lentezza, il burattinaio si rialzava.
“Hai detto qualcosa, Manny?” domandò con voce un po’ impastata l’uomo, rivolgendosi al burattino.
“Si, Theodor” gli rispose con sgarbo Manny, dandogli una scoppola che quasi lo fece cadere nuovamente “dicevo che tutta questa gente…tutti quegli uomini allupati tra il pubblico e tutte quelle belle figliole non sono certo venuti a vedere te che vomiti la cena degli ultimi cinque Capodanni, sono venuti per vedere…FANNY!!!”
Chiamata dal pupazzo e acclamata dai fischi degli habitué di questo genere di spettacoli, la ragazza che rispondeva al nome di Fanny, una bella ragazza di colore di forse venticinque anni uscì da dietro le quinte e si avviò a grandi falcate verso l’asta al centro della pedana che il ventriloquo aveva lasciato libera.
La ragazza indossava un completo chiaro che sembrava abbastanza casto, almeno a confronto con l’abbigliamento delle cameriere, ma non avevo dubbi che, presto, le cose sarebbero cambiate.
La musica attaccò da alcuni altoparlanti nascosti bene quanto i proiettori e, accompagnata dagli urli del pubblico e dai commenti osceni di Manny il pupazzo, la ragazza cominciò il suo spettacolo.

Molti spogliarelli, moltissime battute e parecchi litri d’alcool dopo, lo spettacolo aveva raggiunto il suo culmine e la platea era in fervore.
Ormai avevo smesso di stupirmi di come tutti fossero catturati da questo spettacolino erotico, comprese le ragazze al tavolo con noi, che sapevo non avere alcun tipo di tendenza omosessuale. Mentre Martha e Sarah, imitate da un certo numero di altri clienti, si erano messe a ballare sul tavolo, sul grande palcoscenico una dozzina di ragazze in costume adamitico stavano cercando di costruire una piramide umana.
Il mio io circense stava protestando per il modo in cui le ragazze cercavano di arrampicarsi una sull’altra, ma in quel momento era un’altra parte di me ai comandi della nave chiamata Mike Hogan, quindi mi limitai a cantare a squarciagola la canzone che stava suonando dalle casse nascoste.
Theodor il ventriloquo stava osservando la platea con occhi divertiti e fissava soprattutto le ragazze, cosa che notai quando lo vidi soffermarsi sul tavolo su cui si contorcevano le mie compagne. Colto da un’improvvisa gelosia, mi misi a fissare il burattinaio, per costringerlo a spostare lo sguardo dalla mia ragazza, ma incrociai invece lo sguardo con il burattino che teneva in mano e, per un attimo, ebbi come l’impressione di percepire un fuoco dietro a quegli occhi di legno.
Per qualche secondo il mio sguardo fu come rapito da quello di Manny, poi burattinaio e burattino si voltarono verso la piramide umana che era stata ormai completata e tutto finì.
“Bravissime” commentò Theodor, mentre Manny utilizzava commenti meno eleganti per definire le ragazze che si stavano tenendo in equilibrio in piedi una sull’altra “non sono veramente incredibili queste ragazze? Forza gente, voglio un bell’applauso!”
La musica cessò e tutti, me compreso, ci mettemmo ad applaudire per quello spettacolo che io sapevo essere anche estremamente difficile da realizzare.
“Bene, brave ragazze potete andare…” disse il burattinaio, congedando la piramide umana con un gesto e rivolgendosi nuovamente al pubblico “…è stato davvero un grande spettacolo e voi siete un pubblico meraviglioso…siete stati bravissimi ed avete partecipato con grande spirito allo spettacolo…”
In effetti, nelle ore precedenti, parecchi membri del pubblico erano stati chiamati a provare alcuni giochi, a cantare o a raccontare barzellette e tutti erano stati agli scherzi, a volte anche molto pesanti, di Manny.
“E’ quindi un grande dispiacere comunicarvi che lo spettacolo è finito…”
Ci fu un coro di urla di disappunto e di fischi…nessuno voleva che lo spettacolo finisse.
Dal canto mio, io ero come diviso su questo fatto. Da un lato non volevo che lo spettacolo finisse così presto (erano appena le cinque del mattino), dall’altro da quando avevo “incrociato lo sguardo” col dannato pupazzo avevo cominciato a provare nuovamente quella sensazione di disagio che mi aveva colto nelle strade e che era svanita solo una volta iniziato lo spettacolo.
“Zitti zoticoni!” urlò allora Manny con voce imperiosa, tacitando il pubblico “ho appena avuto una idea super geniale!”
Ciò detto, il burattino si avvicinò all’orecchio di Theodor e cominciò a dirgli qualcosa. Il ventriloquo ogni tanto faceva si con la testa, poi provava a dire di no, ma il burattino gli dava un pugno in testa per farlo tacere e continuava a spiegargli la sua idea.
Diversi pugni in testa dopo, Theodor annunciò “bene signori, faremo un ultimo spettacolo, ma avrò bisogno del vostro aiuto…per favore, tutte le ragazze che se la sentono di finire alla grande la serata vengano con me dietro le quinte e tutti gli uomini comincino a spostare i tavoli in fondo alla sala…ci serve molto, molto spazio…”

A tuttora non so perché, ma in quel momento il mio timore era divenuto abbastanza forte da sopraffare il senso di piacere che quella serata mi aveva dato, quindi avevo chiesto a Sarah e a Martha di non partecipare allo spettacolo e di restare con noi.
A quanto pare, ero l’unico ad essere in apprensione per lo spettacolo, poiché quasi tutte le ragazze sotto i trentacinque anni si stavano dirigendo verso il palcoscenico per prepararsi.
Con un sorriso affettuoso che voleva essere rassicurante, Sarah mi abbracciò e mi diede un bacio, poi mi disse di non preoccuparmi e, presa a braccetto Martha, si accodò alle altre.
Dovemmo aspettare quasi mezz’ora prima che il piano di Manny venisse svelato.
Quando il burattinaio rientrò in scena, tutti noi maschi, insieme ad un paio di signore un po’ avanti con gli anni, eravamo raggruppati nella parte in fondo della sala.
“Ecco a voi l’ultimo spettacolo della serata…” annunciò Theodor.
“Un finale col botto!” concluse Manny ed i suoi occhi sembrarono nuovamente prendere vita.
Non ebbi il tempo di pensare a quel fenomeno, poiché subito entrarono sul palcoscenico almeno una cinquantina di ragazze. Tutti i membri del gruppo del burattinaio, cameriere comprese, esattamente come le altre ragazze, arruolate volontarie per l’occasione, erano vestite all’awayana, con bikini, gonnellino di foglie e collane di fiori.
Subito partì una musica allegra e le ragazze cominciarono a ballare nello spazio che avevamo ricavato spostando i tavoli.
Con lo sguardo, cercai immediatamente Sarah e la vidi intenta a danzare insieme ad una coppia di ragazze di cui almeno una, ne ero quasi certo, era una spogliarellista. I suoi lunghi capelli erano sciolti ed il suo corpo dalla pelle di un colore simile a quello della porcellana si muoveva sinuosamente come se quella musica le scorresse nelle vene assieme al sangue.
Tutti gli spettatori erano entusiasti dello spettacolo e cercavano di guardare tutte le ragazze contemporaneamente, ma io, un po’ per la preoccupazione, un po’ perché la vedevo come una bellissima dea, non facevo che guardare lei, senza staccarle per un secondo gli occhi di dosso.
Ciononostante, mi accorsi di una cosa che mi sembrava strana…tutte le ragazze del burattinaio potevano essersi allenate assieme, ma come era possibile che riuscissero a ballare in perfetta coordinazione con quelle ragazze che non avevano mai visto prima e che, soprattutto, non erano tutte ballerine?
Provai a chiedere a Tony cosa ne pensasse, ma mi accorsi che era come perso a guardare lo spettacolo…anzi, non era solo lui…tutti sembravano…
Ipnotizzati.

Qualche minuto dopo, lo spettacolo finì e, senza che nessuno dicesse nulla, le ragazze seguirono Theodor dietro le quinte gettando a terra gonnellini e corone di fiori e rimanendo solo in costume da bagno.
Poiché nessuno tra il pubblico sembrava accennare a muoversi, cercai invano di scuotere Tony dal torpore in cui si trovava.
Dopo diversi tentativi decisi che c’erano cose più pressanti da fare. Con un balzo salii sul palcoscenico e mi lanciai dietro le quinte, mentre la mano sinistra e la destra volavano alle borse dei coltelli che, in un istante, aprii e fissai ai due lati della mia cintura. Presa una lama in ogni mano attraversai la tenda rossa e mi trovai in uno spazio grande quanto il palco e deserto. A terra c’erano, sparpagliati qua e la, gli indumenti e la biancheria intima delle ragazze che avevano partecipato allo spettacolo. Tra i vari mucchi riconobbi anche quello di Sarah e la cosa mi stupì, perché lei non era solita lasciare le sue cose in disordine…mi ricordo ancora che, una volta, dopo essere tornati da ventiquattr’ore non stop di concerto, lei aveva avuto la forza di spogliarsi e piegare i propri abiti, mentre io ero crollato sul letto completamente vestito.
Mentre il senso di panico si faceva sempre più intenso ed il mio “senso di ragno” cominciava a pizzicare all’impazzata, vidi una porta e vi entrai. Dall’altro lato c’era un corridoio che superai di corsa fino a giungere in una specie di garage. Qui diversi camion erano allineati e le ragazze, ancora in bikini ed in fila indiana, vi stavano salendo come tanti automi.
Vedendo la capigliatura color melanzana di Martha e, li vicino, una massa sciolta di capelli biondi, mi precipitai in quella direzione urlando ad alta voce il loro nome, ma nessuna delle due si voltò. Le avevo quasi raggiunte quando un energumeno, identico alla montagna calva che ci aveva fatto entrare a inizio serata se non per il grosso paio di baffi che adornavano la sua faccia, mi placcò al suolo con forza.
Il peso del tizio, unito alla forza del colpo mi tolse il fiato e, mentre cadevo, uno dei coltelli mi scivolò di mano cadendo a terra con un rumore che, nelle mie orecchie ovattate, suonò come una cannonata.
Colto dal panico e rafforzato dall’adrenalina che, a quel punto ne ero certo aveva sostituito il sangue nelle mie vene, strinsi con forza il secondo pugnale e lo conficcai nel braccio dell’energumeno che si trovava sopra di me. La lama di pregiata fattura penetrò la carne come fosse burro e raggiunse l’osso, strappando all’uomo un urlo di dolore lancinante e costringendolo a togliermisi di dosso.
Stavo cercando di riprendere fiato per correre dietro a Sarah quando udii una voce vicino a me.
“Ti avevo detto che ci avrebbe dato dei problemi” disse il burattino con un tono che non aveva più nulla del tono amichevole o beffardo della serata.
“Ma come potevo sapere che avrebbe resistito all’ipnosi?” si lamentò Theodor, come se veramente dovesse giustificarsi con il pupazzo.
Per quanto in un altro momento avrebbe potuto interessarmi la discussione tra le due diverse personalità di uno psicopatico, in quel momento avevo cose ben più importanti a cui pensare, quindi scattai verso il pugnale che mi era caduto e, con un unico fluido movimento, dopo averlo raccolto lo lanciai addosso al burattinaio.
Con un movimento che all’epoca non riuscii a spiegarmi, il burattino afferrò la spalla destra del proprio burattinaio e lo tirò con forza, trasformando quello che sarebbe dovuto essere un colpo al cuore in una brutta ferita alla spalla sinistra.
Il burattinaio si accasciò a terra addolorato ed io mi affrettai ad estrarre altri due pugnali e a correre verso i camion che, nel frattempo, stavano partendo…in fondo bastava che ne bloccassi uno per poter interrogare l’autista…sarei stato in grado di farmi dire dove stavano portando quelle ragazze!
Stavo per fare un passo quando una voce ipnotica disse “fermo li!”
Con orrore scoprii di non riuscire a fare un altro passo nella direzione dei camion, così mi voltai di scatto con i pugnali pronti ad essere lanciati.
Non so se fu l’ipnosi o ciò che vidi a paralizzarmi, fatto sta che rimasi bloccato come un cretino a guardare una cosa che, in vita mia, non avrei mai creduto possibile.
Il burattinaio era accasciato al suolo, forse moribondo, ma il burattino, Manny, era in piedi e mi stava fissando con occhi che, questa volta non avevo dubbi, erano vivi.
“Hai fatto un bel casino, sai?” mi disse, mentre preoccupato osservava la ferita dell’uomo “sarebbe un guaio se morisse prima che io riesca a trovare un nuovo ospite adatto…ma cosa credevi di fare?”
Con ogni oncia di volontà cercavo di muovermi, di scagliare un altro pugnale su quel mostro di legno, ma quegli occhi fiammeggianti mi tenevano imprigionato come se la mia coscienza, il mio stesso esistere non contassero nulla.
“Sei fortunato…vorrei ammazzarti, ma cercare di tenere in vita questo idiota è prioritario…” disse, caricandosi in spalla con difficoltà il burattinaio e arrancando verso l’ultimo camion che era rimasto, evidentemente, ad aspettarlo.
“…ma non venirmi più tra i piedi, o te ne pentirai” concluse.
Non riuscivo ancora a muovermi, ma avevo cominciato a ritrovare la parola, quindi, con uno sforzo, urlai “ti ritroverò bastardo!” urlai “mi senti? Ti ritroverò, ti ammazzerò e la salverò!”
Come se non volesse lasciarmi neppure quella piccola speranza, il burattino rispose “spiacente, ma di certo non in questa vita…e poi, anche se ci riuscisti, non potresti più riaverla…lei sarà mia per sempre!”

 
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