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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: RUGIADA E SIERO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: shasa87 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/08/2005 19:09:49

un ragazzo, e il suo passato, un triangolo d`amore portato alla decadenza
 
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- Capitolo 1° -

Shasa87: hi boy...allora questa è una ff corta, un capitolo autoconclusivo
spero vi piaccia fatemi sapere

RUGIADA E SIERO
SHASA87

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Questa città sembra parlarmi. Anche oggi. Non esistono giorni anonimi vissuti in questo posto colmo di solennità. Ogni giorno è storia, qua dentro.
Poi, che posto tu abbia nella storia, quello non conta. Anche perché nessuno può capirlo. O almeno io non ci riesco.
Anche tu, fratello, puoi dirmi che posto hai nella storia?
Dovremmo vivere tutti postumi delle nostre azioni. Questa è la risposta. Questo è il dogma che cercavo…. Servisse a qualcosa trovare risposte.
E la mia storia? Quella non è giocata su risposte. Ma su domande fatue di un importanza irrisoria.
No grazie. Non voglio risposte.
Sollevo le braccia stiracchiandomi, sentendo tutti i muscoli tesi ed assonnati. Reduci da un'altra notte insonne, durante la quale penso ancora a lei.
Lei, fautrice di sventura. Ma non può andare avanti così.
Ricordo di notti passate agonizzando un suo sguardo.
Ricordo notti il cui silenzio così opprimente e chiassoso mi hanno impedito di vivere il giorno.
E ricordo giorni di cui non voglio conservare memoria alcuna.
Sento l'emicrania salirmi fredda e pungente dal collo e sfociare in un esplosione allucinante nella mia mente.
Questo non sono più io e camminando lo capisco.
Fin da quando ero un bambino, camminare è sempre stato il mio passatempo preferito. Solitario, silenzioso ,timido; così parlano i miei di me. Raramente giocavo con gli altri bambini e ancor più di rado quella compagnia mi procurava diletto. Mi accontentavo di me stesso.
E camminavo, proprio come faccio adesso. Illudendomi che il posto dove mi dirigo sia a me sconosciuto. E intanto ammiro la nobiltà di questa città racchiusa in un cielo oggi plumbeo ed inquieto.
Devono apparire così i miei occhi adesso, a quelli che mi guardano. Arricciati e capricciosi, nuvolosi nel loro pensiero cinereo.
Ma non mi infastidisce tutta questa gente. Anzi, sin da bambino, è sempre stata una forte attrattiva per me. Il vociare assiduo, la frenesia imperterrita un mondo così distante da me.
Tutto ciò a cui, per lei, ho detto addio. Ai miei amici, alle mie serate..ai miei tempi.
Alla mia vita e a me stesso.
Ma ogni volta, ogni notte che allo specchio mi scruto. Con quell'altezza distaccata e quei ricci scuri che mi caratterizzano.
Ogni notte che mi riconoscevo allo specchio e mi chiedevo:
- Dai Stefano, ti sei pentito? - giuro ogni volta, la risposta era no.
Lei, colei che ha segnato la mia decadenza, il cui amore mi ha portato sulla riva del fosso.
Qualcuno mi spieghi perché non me ne sono mai pentito, per favore ,qualcuno lo faccia.
Un sorriso bieco e aperto mi si disegna sul volto quando finalmente il mio percorso si arresta.
Sono arrivato.
Alzo lo sguardo scorgendo la grande insegna un po' arrugginita e dai colori ormai tenui e opachi della stazione.
Già....la stazione.
Non so perché questo posto ha segnato un fascino sempre magnetico nel mio inconscio, ma i treni mi incantano. E la gente che parte ancora di più.
E mentre la mia mente vaga sullo Stefano bambino che ha trascorso più seghe da scuola lì che altrove, a veder la gente che parte, il mio metro e ottanta va a cozzare con qualcuno che, non so come, non si era accorto di me.
- Oddio scusi - Sento la voce femminile di questa ragazza che raccoglie da terra gli oggetti caduti dalla borsa.
- No scusi lei, stavo qui impalato...- Accenno aiutandola a raccogliere chiavi, rossetti. La mia voce è quella solita, calma e profonda, proprio quella di cui vado tanto fiero, ma oggi non la riconosco. Il contenuto della borsa di una donna rivela tutta la sua personalità. In questa scorgo decine di portachiavi, un portafoglio zeppo di foto e un pacchetto di aspirine.
- No, non si preoccupi - afferma. Alza lo sguardo e io le sorrido. La vedo arrossire. È molto carina, avrà una ventina d'anni come me. Mi piacciono i suoi capelli un po' disordinati e la pelle fresca.
Finisce di raccogliere le sue cose e si alza. Io la sovrasto con la mia altezza e sorridendole la saluto. La vedo un po' impacciata ma poi ritrova la sua strada. Mi volto verso la stazione e sospiro.
Ma perché non posso innamorarmi di una come lei? Dolce, leggermente malinconica e a volte con una vita un po' frenetica. Quelle ragazze che vivono con i genitori, che ridono molto in compagnia e portano mogliettine scollate per far vedere l'abbronzatura .
Ma non c'è risposta neanche a questa domanda.
Quando mi sento perduto, e ultimamente capita di frequente, è qui che vengo. Si, perché vedere la gente che corre a destra e sinistra per uno scopo a me ignoto mi fa credere che il mondo intero sia troppo grande per noi. Che la condizione di uomo perduto sia, per me, l'unica condizione in quanto ognuno di noi è perso in questo caos.
Mi avvio, tra la marea di gente in fuga dalla consapevolezza, verso la mia panchina.
Adoro quel posto perché anche d'inverno vi batte un po' di sole chiarificatore. Mi sento Dio seduto su quella panchina.
Il suo legno castano eroso dal tempo mi rilassa.
E dire che una volta, qui su questa panchina, io e lei abbiamo fatto l'amore.
Era una sera d'estate, e questa stazione è sufficientemente piccola per non raccogliere molta gente in quell'orario e con quel caldo.
Solo di rado ci si riuniscono un gruppo di ragazzi con il pantalone griffato ed insicurezze malcelate. Ma quella sera la stazione era deserta, complice e spettatrice della nostra passione.
E lei era così bella ed io così innamorato. La guardavo come si guarda il primo amore, con gli occhi offuscati e i sensi a mille. La guardavo come si guarda l'ultima alba dell'estate o il primo sorriso di un bambino.
Mentre la baciavo avevo solo voglia di lei, di impregnarmi nel suo odore, di morire e rivivere quella notte.
Tutto questo fu molto prima della decadenza. Fu prima di Diego e delle sparizioni. Fu prima del dolore e dell'odio. E forse anche dell'amore vero.
Perché si sa, non si può amare se non si odia veramente.
E questo me lo ha insegnato Daphne.
Non esistono giorni anonimi vissuti in questo posto colmo di solennità.
Ogni giorno è storia, qua dentro.
Anche oggi...
Questa città sembra parlarmi!

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Sha: stavo pensando di farlo divenire una ff a capitoli e srotolare per benino tutta la storia...intanto commenti al fp
baci

 
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