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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Fullmetal Alchemist
Titolo Fanfic: WHITE INNOCENCE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Yaoi
Autore: ruky-chan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 16/07/2005 15:07:39

urlava di averne bisogno, ma non si rendeva conto che era stata quella stessa roba a ridurlo così.... -yaoi- royxed
 
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- Capitolo 1° -

Titolo: White Innocence
Serie: Full Metal Alchemist
Rating: PG
Pairing: RoyxEd
Note: Prima fic anca per FMA*__*… E’ una cosa che non sta né in cielo né in terra me ne rendo conto, ma provateci voi a scrivere qualcosa su quei due maledetti avendo visto soltanto meno della metà delle puntate dell’anime e chiedendovi ancora… Ma come caspita si scrive Hawkeye é_è?? Cosa, dite che è possibile e che solo io sono così tonta da non riuscirci>.< ? Ci credo T__T! Ma torniamo alla fic é_è! Non so che avevo in mente in realtà, volevo fare qualcosa di strano e diverso, volevo spiegare cosa vedevo… ma ad un certo punto sta roba ha preso a scriversi da sola e tutto mi è sfuggito di mano, gomen T^T… è solo che… Kami, quella canzone è troppo bella e commovente, l’adoro ç_ç! Per cui se sta cosa è nata prendetevela con la song di turno che mi mi ha ispirata: Bratja ^^. Enjoy X3!
p.s. Non ditemi che i pg sono un pò OoC… Lo so anche io e per di più anche i luoghi e la situazione è troppo poco sviluppata per essere verosimile T^T Vi prego, abbiate pietà di me!
***

Candide tende bianche come la neve si lasciano accarezzare dal vento.
Ballerine di freddo cristallo scivolano sul terreno e l'aria della sera soffia sulla sua pelle come un respiro lontano o un sussurro delicato.
I piedi nudi poggiano sul pavimento reso speculare dalla cera e la sua immagine si riflette scorrendo via come un bagliore luminoso, passo dopo passo.
Sposta l'esile mano al tendaggio scostandolo, mentre tutto quel candore lo circonda e la seta delle tende cade delicata sul suo corpo cingendolo in un tenero abbraccio e liberando la finestra da cui il ragazzo lo sta guardando.
I suoi occhi lo fissano, osservano ogni movimento di lui e le labbra si increspano in un sorriso rivolto alle sue spalle. Guarda lui ma indica qualcos'altro, indica un'ombra alle sue spalle che si muove, cammina, fluttua veloce verso di lui.
Allora lui si gira.
La vede.
L'ombra che fluttua e alza le mani in un abbraccio stringendo il suo corpo e affondando il capo nella sua spalla aspirando a fondo il profumo dei suoi capelli, spighe di granoturco che il sole ha fatto crescere.
Anche lui sorride, si lascia abbracciare e socchiude gli occhi spostandosi più indietro come a far combaciare il proprio corpo con quello dell'altro. Un'ombra zaffirina che lo stringe e lo circonda cacciando via tutto quel bianco troppo candido, rimescolando i colori impalliditi della stanza che lo sta ospitando.
Chiude gli occhi in un sussurro, il respiro lento ed inudibile si mischia con le sue parole ed insieme volano via cantando con il vento.
Chiude gli occhi e si lascia cullare dall'ombra azzurrina, ora sereno, ora tranquillo e al sicuro tra braccia forti che lo stringono a sé come a non volerlo farlo fuggire nel mondo in cui Morfeo regna padrone, e lo stringe trattenendolo disperato.
Ma chiude gli occhi lui, li chiude e sorride con la tenerezza di un bambino e la stanchezza lo porta via, lontano ancora una volta da quel mondo bianco a cui l'ombra ha provato a donare i suoi colori.
Chiude gli occhi e si addormenta docilmente mentre l'ombra e il ragazzo lo chiamano a gran voce e lo rivogliono indietro, urlano il suo nome che ovattato riecheggia più volte senza riuscire a giungere alle sue orecchie.
Chiude gli occhi... e tutto sparisce lasciandolo da solo in quel mondo bianco...
"Dannazione!" impreca l'ombra prendendo forma, rivelando due forti braccia con cui stringe il corpo esile del ragazzino abbandonato sul pavimento.
"Nii-san..."
Di fronte a loro una vecchia armatura parla e si inginocchia muovendo esitante la grossa mano guantata per sfiorare il più piccolo che il sonno ha portato via con sé.
"Stupido ragazzino, dovresti ascoltare gli adulti una volta tanto..." mormora la voce dell'ombra diventata uomo e sospira sollevandolo in braccio, riportandolo al letto caldo da cui l'altro si era alzato, ricoprendolo con lenzuola bianche e vuote, riscaldandolo con il tocco di una mano coperta da un guanto altrettanto bianco che gentile accarezza la sua guancia.
Sospira ancora e lentamente si volta lasciando soltanto una vecchia armatura a vegliare sul sonno del giovane sdraiato tra le coperte, a vegliare su un sonno imposto dalla polvere degli angeli che crea visioni e dona la morte...
...
"Come sta?" la domanda di Hughes venne percepita soltanto dopo molto tempo dall'udito dell'uomo, con sguardo vago lo guardò e una scrollata di spalle ne fu la risposta seguita da qualche parola detta con tono elusivo, fingendo di cancellare la preoccupazione che opprimeva l'animo di un soldato.
"Non è cambiato molto." affermò percorrendo con passo calmo il corridoio che lo portava alla sala centrale dell'edificio. Dietro di lui Hawkeye e Havoc lo seguirono in silenzio, scambiando soltanto una fugace occhiata al Tenente Colonnello che si era limitato a scuotere la testa.
Si preannunciava un'altra nottata in bianco per molti...
La sala era illuminata tenuemente da un grosso e raffinato lampadario al centro, cristalli che riflettevano l'arcobaleno tintinnavano tra di loro mossi dal vento che li sfiorava entrando dalle ampie finestrate.
Sulla lunga tavolata plichi e posaceneri erano sistemati in un ordine che appariva casuale e, a volte, la sigaretta di Havoc si appoggiava al posacenere a lui più vicino lasciando che la polvere grigiastra ne imbrattasse la trasparenza dell'oggetto.
"Cosa abbiamo in mano fin'ora?"
Calcando maggiormente gli occhiali da vista alla radice del naso il Tenente Colonnello scrutò i volti stanchi dei militari attendendo una qualche risposta soddisfacente. Anche il Colonnello rimase in attesa, appoggiando stancamente il mento sulla mano mentre il gomito era sostenuto dal tavolo.
"Non molto." iniziò Hawkeye leggendo il rapporto di un qualche loro subordinato riguardo al caso che si erano ritrovati a seguire quasi per forza.
L'inchiostro nero di una penna alquanto scadente macchiava di insoddisfacenti parole la carta bianca da cui la donna leggeva e sempre le solite notizie venivano riportate da quei rapporti pressoché inutili.
Una donna, probabilmente sulla ventina, ed un giovane con un orecchino a forma di croce e capelli corti neri, due strani ambulanti che vendevano l'illusione e la morte, vendevano la polvere degli angeli bianca come la neve e mortale come la falce della Vecchia signora...
"L'ultima volta che sono stati visti erano nella parte ovest della città, ma la notizia risale a stamattina. Ormai avranno fatto in tempo a spostarsi nuovamente."
Non rimanevano mai nello stesso tempo per più di qualche ora. Questa era la regola e per questo anche Ed aveva faticato parecchio prima di trovarli e trovare con loro un'altra amara delusione.
"Avete fatto perquisire la zona?" si inserì Mustang alzandosi in piedi e voltando lo sguardo ad una delle finestrone. Lo spettacolo che gli si mostrò era lo stesso dei tre giorni precedenti, il manto freddo della neve copriva ogni cosa rendendola surreale, incantando il tempo che sembrava addirittura fermarsi e rallentare il suo percorso.
Un grosso orologio a pendolo batté la mezzanotte.
Appoggiò la mano al vetro della finestra lasciando l'impronta delle sue dita sulla patina opaca che il freddo aveva formato a contatto con il caldo dell'interno.
"Sì, abbiamo anche lasciato dei soldati a controllarla per sicurezza."
"Uhm."
Un uomo dai capelli corti e una donna... Non avevano niente in mano... soltanto il corpo di un ragazzino che nella notte veniva scosso brutalmente e con affanno respirava ed urlava il suo lamento, allora Al corse attraversando il corridoio per irrompere nella sala con voce tremante dalla preoccupazione.
"Sta male! Sta di nuovo male!" gridò stridulo e spaventato.
L'ennesima crisi.
"Non credi che dovremmo portarlo all'ospedale, Roy?"
Il Colonnello rivolse uno sguardo seccato a Hughes mentre a grandi falcate si dirigeva nella stanza che per quei giorni era diventata quella del Fullmetal Alchemist.
"Hai dimenticato che quei due sono proprio medici dell'ospedale?" domandò stizzito di questa mancanza da parte dell'altro.
"Lo so bene anche io, ma sarebbe meglio per Ed."
"Sciocchezze. Non sappiamo se altri medici sono coinvolti. Non possiamo rischiare."
Terminò così il discorso con aria di rimprovero e una voce resa fredda come la neve che candidamente ricopriva tutto della sua ipnotica bellezza.
Volteggiando come una delicata danzatrice si posava su tutto ciò che toccava e lo nascondeva al mondo, e lo celava agli occhi della gente finché il sole non l'avesse sciolta di nuovo e tutto sarebbe tornato come prima...
"Fermatevi! Fermatevi! Dovete darmela, io ne ho bisogno!!!"
Appena aprirono del tutto la porta, rimasta socchiusa da Al, lo videro sdraiato tra le lenzuola che incurvava violentemente il corpo e si dimenava parlando al vento, muovendo le braccia contro l'invisibile, come un pazzo incatenato alla sua follia.
"Ne ho bisogno! Dovete darmela!!! Mi serve!!!" urlava e si dimenava rimbalzando da una parte all'altra del letto e rischiando persino di cadere a terra.
Roy sospirò pesantemente.
Lo guardò lì, muoversi in quel modo. Era un disperato e quelle urla non facevano che aumentarne l'apparenza. Urlava di averne bisogno, ma non si rendeva conto che era stata quella stessa roba a ridurlo così.
Dannato moccioso incosciente.
"Nii-san..."
Anche Al era arrivato alle spalle del Colonnello e guardava con occhi che sarebbero apparsi languidi suo fratello, ma i suoi occhi non erano che due sfere biancastre prive di emozione e quell'armatura che lo imprigionava non sarebbe servita certo a far comprendere quanta paura avesse per quello che stava vedendo.
"Non... non dovremmo fare qualcosa...? …Lui... lui sta male... sta molto male. Dovete aiutarlo..." balbettò con voce rotta dai singhiozzi, ma le armature non piangono e le lacrime non fecero mai capolino dai suoi occhi di latta.
Nessuno gli rispose.
Quei due, il Colonnello soprattutto, sembrava soltanto una statua, lì immobile a fissare il suo sguardo al ragazzino che non smetteva di muoversi ossessionato da qualcosa che non riusciva ancora ad ottenere.
"Dovete darmela!!! Vi prego... vi prego..."
Finché anche le sue urla non divennero bisbiglii e soltanto il suo braccio destro rimase rivolto verso il soffitto rumoreggiando per il metallo che si muoveva muovendo le dita.
Allora Roy si mosse a corti passi verso il letto sedendosi sulla sponda per stringere quella mano ancora tesa.
"Dell'acqua." affermò laconico "Portatemi dell'acqua."
Né Hughes, né Al sembravano volersi muovere da lì. Rivolse loro un'occhiata ammonendogli di fare presto e subito i due sparirono dietro la porta, fuori dalla stanza bianca che avvolgeva candidamente il corpo di Ed.
Lunghe dita di una mano si strinsero intorno al freddo metallo dell'altra, più piccola rispetto a quella dell'uomo ed occhi dorati si schiusero fissandolo spenti e vacui.
"Tu..." mormorò flebile la voce di Ed "Tu... sai dove..." stanco respirava a fatica, ansimava e lo fissava senza realmente vedere davvero il viso del Colonnello che assumeva un'espressione preoccupata "...sai dove... si trova... non è vero?"
Roy scosse la testa in un movimento involontario.
Non era la risposta alla domanda del ragazzo, era soltanto un modo per esternare i suoi pensieri e tutto si riassumeva in quel no che il capo manifestava.
Ma non era la risposta che l'altro cercava.
"Tu... tu lo sai... vero?" ripeté stanco sciogliendo la stretta alla mano dell'altro per stringergli la stoffa della divisa e strattonarlo con le poche forze che gli rimanevano.
Ancora la cercava.
Nonostante tutto era sempre nei suoi pensieri come un'ossessione che non se ne andava mai, come un fantasma che continuava a tormentarlo e bisbigliargli nel sonno parole confuse che comunque lo riportavano a lei.
Stupido moccioso testardo...
"Dov'è... Devo averla..."
L'aveva assaggiata una volta e già ne era diventato schiavo. Era polvere bianca come le ali degli angeli e come un canto dal Paradiso succhiava le anime e donava loro l'ultimo respiro. Era polvere degli angeli e droga per il corpo.
Ma ben altra droga aveva invaso il corpo di Ed.
Lui combatteva contro la polvere bianca e intanto ancora cercava quella pietra creata con il sangue, quella pietra nata nel sacrificio e rossa come le fiamme dell'Inferno.
Cercava la verità in quella favola per bambini in cui si diceva che una pietra miracolosa era in grado di esaudire ogni desiderio e con riverenza e timore veniva chiamata Pietra Filosofale...
Eppure era chiaro che le favole non potevano che essere tali e che nessuna verità poteva celarsi in esse.
Soltanto i sognatori potevano credere in una tale esistenza, i sognatori e i bambini…
“E per averla ti sembra il caso di farti ridurre così?” domandò atono Roy ricevendo soltanto uno sguardo vago da parte dell’altro “Cosa ti servirà se morirai?”
“Tu non sai niente…”
Dorate pozze profonde e vuote si impressero negli occhi del Colonnello mentre l'espressione di Ed mutava e il suo respiro si faceva più ravvicinato, stringendo con più forza la divisa dell'altro.
"Non hai fatto altro che mentire... Tu... non sai niente... niente!"
Il respiro era diventato un ruggito e i pugni del ragazzo andavano a colpire violentemente il petto dell'uomo con tutta al forza che in quel momento poteva risiedere nel suo esile corpo. Lo colpiva accusandolo di cose che nemmeno lui capiva, lo colpiva urlandoli il proprio disprezzo che serviva soltanto a camuffare la propria disperazione e parlava per mezzo della droga che circolava nelle sue vene e lo teneva sotto il suo controllo.
"Tu mi stai soltanto usando! Cane dell'esercito! Cane dell'esercito!"
Parole rivolte al Colonnello, parole rivolte a sé stesso...
"Maledetto bugiardo..."
E Roy non faceva nulla per fermare quell'attacco di ira immotivato contro di sé, si lasciava docilmente colpire e lo guardava in quella sofferenza che ne aveva segnato il corpo marchiandolo del suo segno ben visibile in tutto quel metallo.
"Sei solo... un bugiardo..."
Lento il corpo di Ed scivolò nuovamente sul letto, incontrando prima la resistenza delle braccia del Colonnello che ne sorressero il peso e per un impercettibile misero istante si richiusero intorno a lui in un abbraccio, come a nasconderlo al mondo e a tenerlo per sé soltanto per un attimo... Un solo secondo e poi lo ripose nuovamente tra le coperte ascoltando il battito accelerato del proprio cuore che si mescolava con quello del cuore di Ed, martellante, fastidioso anzi.
Un cuore non dovrebbe battere così forte...
"Ehm..."
Dovrebbe starsene in silenzio e far finta di niente, proprio come spesso faceva lui.
"Co... Colonnello..."
Dovrebbe tacere e smettere completamente di esistere.
"Colonnello..."
"Sì."
Era tornato Al e con lui l'acqua.
La grossa armatura porse il bicchiere col liquido trasparente all'uomo e lui passò con un braccio sotto alla nuca di Ed per aiutarlo a bere.
"Non lo voglio il tuo aiuto..." riuscì a borbottare il ragazzo fissandolo con sguardo di fuoco. Gli occhi erano ancora lucidi forse per lo sfogo che aveva avuto o forse perché stava ancora male, e tanto... ma qualcosa era tornato a brillare nei suoi occhi... e quel qualcosa era rivolto tutto al Colonnello che invece sorrideva.
Che lo odiasse pure quel Fullmetal, che lo disprezzasse e gli desse del bugiardo, del bastardo, del cane... Era così infondo. Per quello sorrideva, come se non ci fosse niente di male in quello che faceva, come se le ingiurie di Ed fossero tutte meritate, come se lui non avesse cuore.
Un cuore dovrebbe starsene al suo posto, in silenzio e sottomesso al suo padrone. E se qualcuno dice di non avercelo, allora così dev'essere.
"Ragazzino muoviti a bere quest'acqua, non ho tutta la notte da sprecare con te."
"E allora..." Ed prese respiro e tentò di ritrovare quella lucidità che aveva perso qualche giorno prima quando due medici gli avevano promesso l'accesso per la lampada dei desideri che prendeva la forma di una pietra scarlatta "...che ci stai a fare qui...?"
L'altro non rispose.
Appoggiò delicatamente il bicchiere alle labbra del ragazzo che obbediente ne bevve il contenuto, ma non lo ingoiò mai. Voltatosi verso di lui glielo sputò in faccia e tornò a chiudere gli occhi, a dormire e allontanarsi ancora una volta da quel mondo strambo che si era vendicato di lui per il peccato commesso.
"Colonnello...?"
"Hn..."
Con il dorso della mano si pulì il volto alzandosi per uscire, senza nemmeno ascoltare la frase di scuse di Al.
Che importanza potevano avere le parole di un ragazzo di latta?
"Ci sei riuscito?"
Fuori Hughes era rimasto appoggiato al muro ad aspettare e lo guardò malizioso, facendo finta per un attimo di non trovarsi in quella situazione, pensando soltanto per un attimo che quello fosse un giorno come tanti altri e che quel tipo lì, il Colonnello, anzi, Roy, si stesse ancora impegnando per parlare di un certo argomento piuttosto delicato al piccolo Ed. Se solo quello fosse davvero stato un giorno come tanti altri, senza la polvere degli angeli, senza la ricerca dei due medici, senza la neve... oppure anche con la neve, che avrebbe reso tutto più romantico... Un giorno come tanti con i fiocchi di neve che cadevano abbracciando tutto... E se così fosse stato allora sarebbe stato anche divertente, ne avrebbe potuto persino ridere. Il grande Roy Mustang alle prese con una cotta da ragazzine in marinaretta, uno spasso!
Ma quello non era un giorno come tanti...
E subito dopo la pressione ripiombò su di loro come un grosso macigno che li opprimeva e li imprigionava in una buca scavata con le loro stesse mani.
"Torniamo dagli altri."

Dall'orizzonte sorgeva la palla solare che si spegneva davanti a tutta la luminosità del manto bianco che aveva innevato la città.
Un'altra notte se n'era andata. Un altro giorno era stato sprecato e i capi pesanti dei soldati erano poggiati dormienti sul tavolo, scappati per un paio di ore dal dovere.
Il primo ad aprire gli occhi fu Roy che, in completo silenzio, si alzò dalla sua sedia per andare a controllare la stanza di Ed.
Gli stivali sembravano non avere peso mentre camminava senza far alcun rumore e apriva la porta della camera.
Con una spinta leggera la porta si aprì, cigolando appena e rivelandone l'interno.
Tende di un soffice bianco venivano pigramente risucchiate dalla finestra e placidamente svolazzavano coprendola in parte. Pareti dello stesso colore imprigionavano un letto disfatto e ad attenderlo nessuno. Non Ed, non suo fratello.
Nessuno.
"Ma dove diavolo...?"
Quanti pensieri può formulare una mente nel giro di pochi secondi?
La sua centinaia, ed ognuno di esso non era nulla di piacevole, ognuno di esso portava quel ragazzino borbottante chissà dove alla ricerca di una maledettissima pietra con le sue sole maledettissime forze.
Pochi secondi che lo distanziarono da una voce piuttosto familiare e infantile...
"Nii-san è pericoloso... Non sporgerti così!"
Fuori dalla finestra.
Lì si precipitò all'istante riconoscendo la vocina di Al e trovandosi davanti l'esile corpo di Ed che si protendeva verso il vuoto, tentando di scavalcare il balcone per buttarsi in tutta quella neve che sembrava così morbida. Panna montata in cui nuotare e dimenticare ogni cosa.
"Che diavolo state combinando?" domandò il Colonnello stupito.
Tra le braccia di Al, tenuto stretto da quell'imponente armatura per evitare che cadesse, il visino di Ed si voltò verso l'uomo, lo sguardo illuminato e, la stravaganza per non comprendere cosa fosse realtà e sogno negli occhi, ma sulle labbra riposava il sorriso.
E allora il respiro di Roy si fece sottile, scomparve trattenuto per la sorpresa, come se si fosse trovato improvvisamente davanti alla realizzazione di un sogno.
I lunghi capelli biondi venivano lusingati dal vento che li accarezzava e li spostava a suo piacimento in una cascata dorata che ricadeva sulle spalle del ragazzo.
Le dita di freddo metallo si allungavano a voler sfiorare la casacca della divisa del Colonnello e le labbra morbide del ragazzo pronunciavano parole a cui a stento qualcuno avrebbe trovato significato.
"Mi dai troppo da fare marmocchio." mormorò Roy ostentando un atteggiamento che non possedeva a pieno in quel momento "Tornatene a letto e vedi di starci per i prossimi dieci anni."
Fu allora che Ed rise.
Non c'era un motivo. Rise soltanto perché aveva voglia di farlo o forse perché la droga che gli circolava in corpo aveva distrutto ogni cellula cerebrale atta a provare tristezza, come il liquido giallognolo che spesso fuori servizio si ritrovava ad ingurgitare l'uomo, affogando i propri pensieri infondo ad un bicchiere, o anche più, di Jack Daniels.
Il ragazzo piegò il capo di lato senza capire la frase che gli era stata detta e si voltò allora nuovamente verso un mondo tanto bianco da riuscire ad accecarlo. Era così candido là fuori che, guardandolo con i suoi occhi resi opachi dalla polvere degli angeli, aveva la sensazione di poterlo sporcare da un momento all'altro e macchiarlo di qualcosa che non sarebbe più andato via.
Un colore difficile il bianco...
Un colore che faceva paura per la sua purezza.
Veniva corrotto immediatamente e poi... e poi niente riusciva a farlo tornare al candore di prima...
Così la sua incomprensibile felicità si sciolse come neve al sole e dolci lacrime salate gli accarezzarono il viso ora triste.
Era pazzo il suo umore ma le lacrime, quelle erano vere, nessuna droga avrebbe potuto simularle, nessun angelo reso polvere... Piangeva e con occhi spalancati ricadde in ginocchio sul balcone, scosso dai tremiti mentre parole appena sussurrate chiedevano il perdono.
E dopo la tristezza il passo per cadere nella completa disperazione era corto.
"No... non è vero... State zitti... state zitti... Vi ho detto di stare zitti!!!"
Voci bisbigliate riempivano la sua testa. Voci già udite che tornavano a tormentarlo e alimentavano quel potere distruttivo che la droga portava con sé. Conduceva all'autodistruzione, come se fosse stato una candela dalla fiamma flebile, soffiava sul corpo finché stanco di resistere non si sarebbe spento...
"Non è vero, io ci sto provando... non... non... non è come dite voi!!!"
Ma di cosa parlava?
Cosa volevano significare quelle sue frasi dette al nulla o al vento ghiacciato che profumava di neve?
Piangeva e parlava di cose che Roy e Al non conoscevano, piangeva e raccoglieva le gambe al petto sembrando ancora più piccolo di quanto già non fosse, ancora più piccolo di un bambino, così indifeso... così fragile...
Roy mosse un passo nella sua direzione.
Stupidamente lui e Al erano rimasti lì senza fare nulla per placare il pianto del ragazzo e, prima che la grossa armatura potesse muoversi in direzione del fratello, lui l'aveva già superata. Con un paio di falcate era arrivato a troneggiare sull'esile corpo di Ed e con una mano gli aveva sfiorato il capo.
Riflesso condizionato, soltanto così avrebbe potuto chiamarlo...
Con uno scatto la testa di Ed si alzò verso di lui.
Lo sguardo di un cucciolo smarrito e impaurito sul volto...
"Tu... tu lo sai che io sto... sto facendo di tutto per trovarla... Tu lo sai che... che ci sto provando..."
Qualsiasi cosa gli avessero detto quelle voci che nella sua testa si erano fatte più forti nessun altro oltre a lui avrebbe potuto sentirle. Ripetevano parole che qualcun altro gli aveva detto. Gli avevano parlato di cose casuali, credendo forse che in quel modo quel ragazzino impiccione si sarebbe allontanato da loro senza collegare una donna di vent'anni ed un medico con un orecchino a forma di croce alle morti degli ultimi giorni.
Un sospiro e nient'altro fu la vaga risposta di Roy che non sarebbe servita a niente... a niente... come la sua presenza lì, il suo starsene vicino a quel ragazzino e sentirsi comunque inutile, quelle ricerche sui colpevoli che non avevano portato da nessuna parte... Non serviva a niente... Ma non riusciva nemmeno a fare diversamente.
"Devi tornare a letto." pronunciò come un ordine sollevando Ed per un braccio e accompagnandolo personalmente di nuovo nella stanza. Nemmeno un ospedale sarebbe sembrato così bianco e vuoto come quella stanza... come il Colonnello...
"Ti chiedo soltanto di dirmelo..." aveva detto flebilmente il piccolo Alchemist con lo sguardo rivolto al pavimento e il braccio stretto dall'uomo, mentre si lasciava trascinare docilmente e affianco a lui Al che a stento tratteneva lacrime che un'armatura non avrebbe mai pianto.
Il Colonnello lo fece sdraiare nuovamente tra coperte che riscaldavano poco il suo esile corpo ora scosso più flebilmente dai brividi e dai singhiozzi che andavano morendo in gola.
"Smettila di fissarmi..." mormorò mentre penetranti ambre lo guardavano intensamente ricacciando le lacrime da dove erano venute.
La stoffa del guanto sfiorò la guancia morbida di Ed e andò ad appoggiarsi brevemente accanto al suo capo, sul cuscino, quando Roy si abbassò su di lui dicendo in un sussurro "Non guardarmi così..."
Con quegli occhi in cui l'oro si fondeva, con quello sguardo in cui l'innocenza nasceva, con quelle labbra dischiuse... che accarezzò con le proprie in un bacio appena accennato, ma che scaldava più di qualsiasi coperta...
Si ritrasse immediatamente.
Lo sguardo maturo incredulo.
Occhi dorati che non capivano perché quel contatto fosse finito tanto presto.
Vuote cavità di latta che non potevano credere a quello che avevano visto.
Uscì senza guardarsi intorno, cercando di evitare le occhiate di Al e scomparendo dietro la porta e a grandi falcate giù per il corridoio ritrovandosi in uno degli ampi saloni della villa in cui avevano trovato posto per caso, dopo la nevicata che li aveva bloccati lì, ospitati da un ricco anziano e indisponente che ricordava a malapena di aver visto sì e no due volte in quei giorni di tormenta.
"Colonnello."
Hawkeye lo aveva cercato a lungo per tutte le stanze, ma quella villa sembrava non finire mai ed ogni porta la conduceva ad altre porte, ad altre stanze e sembrava sempre di camminare in cerchio.
"Colonnello, finalmente." affermò tirando un sospiro di sollievo quando all'ennesima porta aperta la divisa blu di Roy spiccò tra i colori chiari delle pareti.
L'uomo non ci fece caso più di tanto, scoprendo che anche lui si era ritrovato in una stanza che non lo riguardava uscì per scendere al salone.
"Abbiamo scoperto dove si trova uno dei recapiti delle persone che cerchiamo." disse con tono serio la donna, ma Roy era perso nei meandri dei suoi pensieri e non l'ascoltò nemmeno, né le fece un qualche cenno per farle capire che aveva afferrato le sue parole.
"Colonnello mi ha sentito?"
"Uhn." mugugnò soltanto per farla tacere, mettendosi davanti a lei e aumentando il passo.
"Colonnello..."
Nessun'altra risposta.
"A questo punto..."
Bang! Bang! Bang!
Tre colpi a bruciapelo conficcarono le loro pallottole al muro sfiorando il viso del superiore che rimase shockato ad un'azione del genere.
"Finalmente ho la sua attenzione."
Avrebbe voluto ribattere a gran voce l'uomo, ma forse annuire mesto ed in silenzio era una migliore soluzione.
"Di... Dicevi?" domandò preoccupato per la sua incolumità.
"Abbiamo scoperto dove si trova uno dei recapiti dei ricercati."
Finalmente avevano qualcosa di più concreto tra le mani.
"Bene, andiamoci subito."
"Non dovremmo avvisare i superiori, Colonnello?"
Anche Hughes si era introdotto e con tono di chi già aveva capito come stavano le cose gli aveva posto quella domanda. Retorica. Conosceva già la risposta. Era ovvia.
"Lo faremo a cose fatte."
Quando tutto avrebbe raggiunto la sua naturale fine.
"Andiamo."

La bettola davanti a cui si trovarono era piena di uomini ubriachi e violenti che si picchiavano contendendosi una bottiglia mezza vuota di un qualche intruglio velenoso e scadente.
Entrarono soltanto Roy ed Hawkeye nel locale, lasciando fuori numerosi soldati per scongiurare la fuga di chiunque avessero trovato lì dentro.
"Cosa vi porto?" domandò senza nemmeno dargli uno sguardo la grassa donna al banco, passando indaffarata uno straccio su dei bicchieri bagnati.
"Cerchiamo un uomo con un orecchino a forma di croce, ha dei capelli neri tagliati corti e con sé c'è una donna sulla ventina." affermò Hawkeye senza troppi giri di parole. La donna li guardò bene prima di rispondere.
"Li ha visti?"
"Sì."
"Sa dirmi dove possiamo trovarli?"
"Si trovano qui."
"Dice sul serio? Me li indichi allora."
La donna spostò l'indice ad indicare affianco al militare, indicava Roy ed i suoi capelli corvini e corti.
Era poca la descrizione che avevano dato dei ricercati, ma sembrava che lei volesse piuttosto prendersi gioco di loro.
"Signora non ci prenda in giro, abbiamo bisogno di trovare quelle persone, sappiamo che hanno passato qui la scorsa notte!"
"Allora mi dispiace, io non so niente."
Una smorfia disapprovava le sue parole e Roy si fece più vicino al bancone per far meglio notare la divisa che indossava. Anche la donna lo comprese, non era stupida, ma non voleva nemmeno collaborare... e forse aveva i suoi buoni motivi.
"Se credete che non sappia chi siete vi sbagliate e ancora meglio so quanto vi disprezzo, mio marito e mio figlio sono morti a causa vostra."
"Se erano dei criminali non dovrebbe prendersela con noi."
"Erano militari!"
Soldati come loro, che indossavano quella stessa divisa di un governo in piedi soltanto perché ancora nessun altro era riuscito a sopraffare la sua forza, ma tutto prima o poi ha fine. Anche le cose belle. Anche le cose brutte.
Tutto.
I due militari guardarono a lungo la donna senza dir niente. Non avrebbe parlato... ma forse non sarebbe servito ugualmente e allora era meglio lasciarla lì in quel posto che puzzava di marcio, di fumo e di alcol.
Alla fine il Colonnello le diede le spalle, ma non si mosse. Attese qualche lungo secondo prima di parlare, lasciandole soltanto una frase.
"Il suo odio non basterà per tenere nascosti quei bastardi."
E si avviò verso l'uscita incrociando per quello che non fu nemmeno un attimo uno sguardo nocciola, e qualcosa brillò all'orecchio di un uomo, una piccola croce d'argento.
"Merda..."
Lo sentì distintamente imprecare e poi via, scappò buttando giù sedie, tavoli, persone, tutto quello che gli capitava a tiro correndo via verso l'uscita sul retro.
Quella fu la sua tomba.
Il proprio futuro dipende dalle azioni che si sono compiute nel presente e nel passato... Le sue lo avevano condotto direttamente tra le braccia della morte, in un inferno ardente che si sprigionò intorno a lui quando le dita del Flame Alchemist schioccarono.
Casse di spazzatura e di vino presero fuoco bloccandolo all'interno di un cerchio di fiamme e terrore.
"Fabbricatore della Polvere degli Angeli, sei accusato della morte di sette persone soltanto in questa e nelle città confinanti, come ti dichiari?"
Domandò Roy per una pura formalità. Soltanto per osservare la sua reazione e in base a quella decidere sul futuro di quell'essere.
"Io non ho fatto niente di male." rispose lui fingendosi calmo mentre invece il suo sguardo nervoso analizzava celermente ogni via di fuga e, prima che il Colonnello potesse decidere sul da farsi si era già lanciato con un salto verso uno dei balconi che si sporgevano sul vicolo cercando nuovamente e stupidamente di scappare.
"Risposta sbagliata..."
Sono le proprie azioni che decidono il proprio futuro...
Si sentì appena lo schiocco di dita, come un flebile sparo tra il crepitio del fuoco e le urla disperate, poi tutto finì in cenere e una leggera polvere bianca come la neve scivolò via con il vento lasciando cadere a terra soltanto una bustina di plastica...
"Non crede che avremo dovuto consegnarlo vivo?" chiese Hawkeye atona.
Ma semplicemente il Colonnello Roy Mustang, no, non lo credeva.
Soltanto verso sera appresero cosa ne era stato della donna che stava con quel ricercato.
Era morta.
Uccisa.
Chi dona la morte, se non ne ha il pieno controllo, rischia di venirne sopraffatto... e nessun essere umano potrà mai dominarla.
"Dove l'avete trovata?" domandò Roy al Tenente Colonnello mentre dava velocemente qualche ultima occhiata alle scartoffie che gli avrebbero riempito la serata.
"Mah, in un qualche vicolo giù in periferia. Siamo arrivati quando ormai era troppo tardi, è morta dissanguata."
"Capisco."
"Ma sembra non sia tutto."
Roy alzò gli occhi dai fogli e guardò Hughes comodamente seduto su una poltrona nel suo ufficio.
"Un testimone ha visto la scena." iniziò il collega tenendolo sulle spine.
"E allora?"
"Allora dice che la donna ha fatto tutto da sola, urlava a qualcuno di smettere di tormentarla e di lasciarla vivere perché si era pentita e si agitava con esagerazione."
"Quindi qualcuno l'ha uccisa."
"E' questo il punto... il testimone dice che si è tagliata i polsi da sola, i polsi e poi la giugulare, con un bisturi."
"Da sola?"
"Sì... Le sue ultime parole sono state... dunque..." fece una pausa per cercare gli appunti dell'interrogatorio su un taccuino dalla copertina nera e in pelle e annuì trovandole "Ah sì, eccole: Lo sapevo... Sapevo che ci avrebbe trovato... Non si può rubare l'identità al diavolo..."
Così tutto si era risolto con un'altra morte, un suicidio e il caso venne archiviato. Non avrebbe nemmeno dovuto riguardarli direttamente, c'erano altre sezioni per quei tipi di problemi e per essersene impicciato il Colonnello aveva rischiato anche pesanti rimproveri che forse sarebbero arrivati, o forse no, poco importava.
Il piccolo Fullmetal era stato ricoverato in ospedale, stava meglio. Questo già contava di più.
Stava bene. Questo era l'importante.

"Ahaaaaaa, basta!!! Voglio uscire di qui!"
"Ma Nii-san, il medico dice che devi ancora riposare."
"Chi se ne frega, mi sono riposato abbastanza!!!"
"Ma Nii-san, forse sarebbe meglio se..."
"No, no, nooooo!!!"
Il piccolo Alchemist continuava a rigirarsi da una parte all'altra del letto nell'ospedale della città, annoiato e stanco di restare sdraiato ad occupare la mente con il nulla più assoluto e urlando a tutti i suoi capricci.
Era guarito, quindi che lo facessero uscire da quel posto!
"Scommetto che è stato quel maledetto Colonnello a farmi rinchiudere qui, lo so, lo sento, vuole tenermi imprigionato in questo ospedale per sempre!!! Maledetto!!!"
"Ma dopo quello che ti è successo è normale che tu stia in ospedale..."
Le pozze ambrate di Ed si puntarono in quelle dell'armatura.
"Al, ma tu da che parte stai?" borbottò mentre il fratello si prodigava in mille scuse e giustificazioni, e parole che non lo portavano da nessuna parte.
Sì, il piccolo Fullmetal era davvero guarito.
Un sorrisino divertito dipinse il volto dell'uomo appoggiato al muro, affianco alla porta chiusa di una delle camere di ospedale, una mano era tenuta in tasca e l'altra stringeva un piccolo garofano bianco.
Hughes giunse nel corridoio notandolo e arrivandogli incontro con uno "Yo!" mentre alzava la mano in segno di saluto.
"Non entri?" gli chiese il Tenente Colonnello.
"E farmi spaccare i timpani con le sue noiose lamentele? No, grazie, ho cambiato idea." ghignò soddisfatto anche solo di aver sentito con le propri orecchie la conferma alla guarigione del ragazzo e si avviò alla ricerca delle scale, per uscire poi dall'edificio.
"Ah, Roy!"
"Uhn?"
"Il fiore, non era per Ed?"
Occhi penetranti guardarono il piccolo garofano che teneva in mano.
"Già."
"Vuoi che glielo dia io?"
E un altro sorriso gli ridisegnò le labbra mentre con le dita faceva un segno di diniego lasciandolo su una sedia solitaria dimenticata lungo il corridoio, abbandonandolo lì senza dargli molta importanza.
"E' un fiore troppo bianco."
Bianco come la neve che per un istante si era fermata intorno a loro mentre le sue labbra avevano assaggiato quelle di Ed rubando il frutto del peccato e tenendolo per un infinito attimo soltanto per sé.
Anche la purezza più bianca un giorno verrà sporcata.
Anche l'innocenza un giorno maturerà.
Il bianco è un colore troppo difficile, forse... era meglio il blu...
Fece una scrollata di spalle scendendo i primi gradini, sentendo soltanto Hughes che entrava nella stanza di Ed e si annunciava con allegria.
"Allora, come state ragazzi?" domandò il Tenente Colonnello sorridendo gaio.
"Uhm..."
Ed lo studiava attentamente pronto a chiedergli quando lo avrebbero dimesso e se lui avrebbe potuto mettere una buona parola per farlo uscire prima di subito, ma l'altro lo precedette.
"Ecco, ti ho portato un regalo."
"Un regalo?"
"Certo, su, su, apri!"
Un pacchetto chiuso tra le braccia di orsacchiotti e topini che ridevano dalla carta regalo venne aperto con sospetto dalle mani del ragazzo. Con cautela estrasse il contenuto e si fermò ad ammirare la bellissima torta che gli avevano preparato.
"Mia moglie pensava ti sarebbe piaciuta."
"Sì, sembra squisita!" affermò pensieroso mentre guardava sulla superficie di panna e cioccolato qualcosa che sembrava un fiore strabico o un cuore deformato... oppure era un coniglietto a sei zampe? Non era facile capirlo...
"Ohohoh, e vedi quel disegno sopra? Non è bellissimo? E' stata la mia Elisya a farlo! E' stata brava vero? Mi dispiace persino fartela mangiare!"
"Ah... Ehm... che... che brava..."
Huges passò soltanto qualche sparuto minuto con loro a parlare e sparlare dell'adorata figlia e, uscito dalla stanza, il ragazzo era più che mai deciso a svignarsela da lì. Non fosse mai che dopo di lui gli toccasse subirsi anche la visita del Colonnello e le sue battutine del caso. Non lo avrebbe sopportato anche se, quando era sotto l'effetto della droga, non ricordava bene ma di una cosa era certo... per quei giorni il suo mondo si era tinto di un fastidioso ed abbagliate bianco... e spesso a salvarlo da tutto quel vuoto che si era formato anche nella sua mente, e che ora ricopriva la sua memoria, c'era un'ombra azzurrina, alta e calda, che gli parlava con voce profonda...
"Al...?"
"Sì?"
Ed scese dal letto avvolto dagli abiti ospedalieri che non avrebbero certo riscaldato fuori da quella struttura.
"Quando stavo male... Il Colonnello..."
Se il suo fosse stato un viso umano sarebbe sbiancato ad udire come la frase del fratello fosse iniziata. Certo, lui non ricordava nulla... però... però il Colonnello...
"No niente."
Era meglio così.
Anche Al sospirò scongiurando il pericolo di confessargli ciò a cui aveva assistito. Per un po’ era meglio non dirgli niente, per un po’ e forse per sempre... tanto non era importante... non gli aveva fatto del male e lui non era nemmeno sicuro di aver visto ciò che pensava. L'unica cosa che i suoi occhi di latta avevano visto era il Colonnello Mustang che si abbassava sul viso del suo nii-san e poi si rialzava... nient'altro...
"Bene. Andiamo!"
"Eh???"
"Dai Al, spicciati o ci beccheranno!"
La fuga era iniziata.
"Dottore, dottore, il paziente della camera ventiquattro non c'è più!"
"Cosa sta dicendo infermiera?"
"E' scappato!"
"Di nuovo? Avverta la vigilanza."
"Eh, eh, bene, ora Al!"
"Ah... nii-san aspetta..."
"Sbrigati, non devono trovarci!"
Un cespuglio di capelli biondi fece capolino dalla porta girevole che precedeva l'uscita più esterna dell'ospedale.
"Uhn?"
Roy sorrise rimasto ad aspettare che Hughes lo raggiungesse lì fuori e tornassero insieme al Quartier generale, ma a quanto pare anche il piccoletto non aveva intenzione di rimanersene buono in quel posto.
Le agili gambe del ragazzo scattarono per percorrere i pochi metri che lo separavano dall'uscita, ancora poco e sarebbe stato nuovamente libero.
"Mi scusi, infermiera, ha per caso visto un ragazzo piuttosto basso dai capelli e gli occhi dorati?"
A poca distanza da loro, più indietro, la ricerca del Fullmetal era partita e le parole gli erano arrivate come un pesante masso sulla testa.
"Chi sarebbe così basso da non riuscire nemmeno ad arrivare da solo al letto?!?" gracchiò Ed rischiando di farsi scoprire mentre Al lo nascondeva con il proprio imponente corpo sorridendo alle donne che si erano voltate verso di loro.
"Eh, eh... Ehm... scu... scusate..."
Ma un'armatura che sorrideva a quel modo, se di sorriso si sarebbe potuto parlare, era sospetta... specie se ricordavano che era con lui che il biondino stava.
La giovane infermiera si avvicinò a loro attirandone l'attenzione.
"Mi scusi, per caso lei ha visto un..."
"Infermiera."
Ma venne interrotta dalla voce profonda del Colonnello. Rientrato nell'edificio si era fermato alla reception chiamandola e facendola voltare verso di sé.
Lei lo raggiunse e di un'imponente armatura di metallo non rimase nulla allora Roy sorrise e si dimenticò perché aveva chiamato quella ragazza...
"Ce l'abbiamo fatta!"
Era bello il cielo azzurro quando non si era costretti a stare a letto.
Gli scarponi del ragazzo tornarono ai suoi piedi mentre si era finalmente rivestito con i propri soliti abiti, abbandonando quelli dell'ospedale.
Allargò le braccia assaporando a pieni polmoni l'aria fresca del mattino ed insieme ad Al si avviò per tornare al suo posto e ricominciare una ricerca impossibile, rincorrendo un sogno che molto difficilmente sarebbe diventato realtà.
Si voltò giusto il tempo di un’occhiata. Un ultimo sguardo all’interno della struttura in cui Roy sorrise rivolto a lui e il ragazzo si chiese soltanto se… Se l’ombra zaffirina che gli aveva tenuto compagnia nelle notti di delirio… se la sua grande mano gentile e il suo calore… fossero come quelli del Colonnello…
Ma si voltò nuovamente e alle sue spalle qualcun altro si avviava all'edificio immacolato che rappresentava l'ospedale.
Penetranti occhi profondi come l'Averno lo guardarono distrattamente ributtando la sua immagine da qualche parte tra ricordi inutili che presto avrebbe perso. Una mano guantata passò le lunghe dita affusolate tra i sottili capelli corvini accarezzando con la stoffa del pesante giubbotto scuro un orecchino d'argento, un orecchino a forma di croce. Penetranti occhi in cui l'acquamarina si mischiava con l'oro sorridevano e lui scompariva all'interno di un ospedale per indossarne il camice ed iniziare la sua giornata.
Non si può rubare l'identità al diavolo.
Non si può rubare l'anima al diavolo... Perché lui non ce l'ha...

---THE END---

Ebbene sì, finisce proprio così! Con un pirla qualsiasi che entra nell’ospedale e con Roy ed Ed che non hanno risolto nulla di nulla-__-! Sono sadica, sono masochista, quello che volete ma… Ma in realtà questo è soltanto l’inizio di un’altra fic molto più lunga che un giorno si spera inizierò*__*v anche perché il mio piano diabolico sta lentamente prendendo forma e di idee ne ho un bel po’ sulla coppia RoyxEd *ççç*!!!
 
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