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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Gundam
Titolo Fanfic: THUNDER MASTER
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: momachan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/09/2002 14:26:50

c sono i piloti ma nn i gumndam..(siamo in un mondo diverso ^^`)..per ora è tranquilla...poi chissà...
 
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IL CACCIA TORNEO
- Capitolo 1° -

I.
Il caccia torneo


Si era in estate. Il sole splendeva allegramente e l'aria sapeva di terra scaldata. A Stylfaen la gente era indaffarata perché, come ogni Giorno della Luna, davanti alla chiesa nella Piazza degli Aranci (la piazza più grande del paese), c'era una stesa di merce pronta per essere venduta che aspettava impazientemente il futuro padrone. Era il giorno di mercato. Mercanti, venditori, ciarlatani chiasseggiavano, tenendo banco, nel tentativo di accaparrarsi più clienti possibili e, magari, acchiappare qualche ingenuo credulone pronto a farsi truffare. Gaie, le donne si attardavano in ciarle ad ogni banco, ad ogni volto conosciuto: era il giorno di mercato! Bimbi che correvano spensierati tra le gonne delle madri, giocavano creando una festosa confusione. La vita scorreva semplice, serena, senza grosse sorprese. La nostra impertinente curiosità ci farà posare l'occhio su Mastro MacErold, che, come ogni giorno di mercato, bisticciava con la consorte che mai capiva quale fosse la stoffa giusta da mostrare alle clienti, o ancora, possiamo notare la signora Mayer intenta nel comprare tre dozzine di uova per la merenda a base di frittelle della sua numerosa banda di scalmanati. Si sarebbe detto proprio un giorno di mercato come tutti gli altri.
Proprio allora, però, accadde qualcosa che, per qualche minuto, avrebbe reso quel giorno un pò diverso. Dalla via dell'oratorio, quella che costeggiava il fianco destro della chiesa arrivarono dei banditori. Si portarono al centro della piazza, sotto la secolare Quercia Grande e, dopo aver richiamato l'attenzione su di loro, strillarono un proclama che arrivava dritto dritto dall'Impero di Romfeller:
''Anno Decimo Quinto sotto l'imperatore Dermail.
Il nostro illustre sovrano,
Per celebrare il quindicesimo anniversario
Dalla sua incoronazione indice
Il caccia-torneo più grandioso di tutti i tempi,
In palio ci sarà il favoloso tesoro
Del pirata Van de Kyrian.
I fortunati vincitori parteciperanno altresì
alla festa in onore di sua Eccellenza l'imperatore.
Chi volesse prendervi parte faccia pervenire
un certificato di cittadinanza e
una richiesta di partecipazione in carta bollata
alla cancelleria del proprio principato "
"Ehi tu! Da un pò qua!". Dall'alto di un ramo della Quercia Grande spuntò un ragazzo che reggendosi all'albero con le gambe afferrò il proclama e, a testa in giù si mise a rileggerlo con molta attenzione.
''... Ehm... Milord... Scusi - Cominciò il banditore - Prego, restituisca il documento..."
''Si, si, sta un pò buono Freddy, ...... ho quasi finito.....", lo interrupe infastidito il ragazzo.
''Veramente non mi chiamo Freddy...", tentò di nuovo di dire la sua il povero messaggero.
Quello, però, non ascoltava: si era lasciato cadere dall'albero, facendo una capriola riuscita a malapena (e, infatti, aveva rischiato di rompersi l'osso del collo), che, in ogni modo, gli valse molte occhiate estasiate da parte delle ragazze presenti, ma di cui peraltro non s'accorse. Senza guardare niente e nessuno si diresse verso il suo cavallo, Varenne, e partì al galoppo gettandosi dietro con noncuranza il proclama, lasciando alle sue spalle silenzio e perplessità. Dopo qualche minuto, invero, più nessuno pensava a tali stranezze nel frenetico andirivieni tipico del giorno di mercato. Ci si sarebbe ripensato solo a sera, nella quiete della casa, con calde vivande in tavola e l'affetto dei propri cari attorno. Ma su questo il nostro occhio curioso non deve indugiare e lasciamo a questa semplice gente la propria tranquillità.

Dopo un quarto d'ora di soffici prati verdi, il ragazzo giunse ad una collinetta sulla quale si ergeva la dimora estiva dei Winner. Entrò correndo, ignorò lo stalliere, il maggiordomo, il sovrintendente che gli si erano affollati attorno chiedendo il perché di una tale furia. Rispose solo: ''Uhm, l'immaginavo'' ad una cameriera che cercava invano di sbarrargli l'accesso agli appartamenti dei Winner giacché 'il signorino aveva lezione di musica' e si catapultò, appunto, verso il pianeta delle note, come solevano chiamare lui e Quatre da bimbi la sala della musica. Irruppe nell'armonica tranquillità della sala un uragano imponente: ''Hai sentito che vuole fare il vecchio Dermail, eh?''
Quatre rivolse uno sguardo implorante al suo maestro che prontamente abbandonò la sala, lasciando come ultimo omaggio un rispettosissimo: ''Vossignoria, alla prossima, i miei ossequi'', legato ad una torva occhiata ai danni dell'intruso, che naturalmente non si accorse di questo sguardo assassino. Il principe lasciò il piano e andò a chiudere le porte. ''No, ma tu sì, altrimenti non saresti piombato così in mezzo alla mia lezione di musica.'' Il ragazzo non rispose ma in piedi vicino alla finestra guardava assorto le valli erbose attorno a Castel Winner-Elalhyn. Quatre gli si avvicinò." Su Duo! Non vuoi dirmelo?''.
Richiamato alla realtà, il signorino Maxwell disse: ''Scusami tanto per aver disturbato la tua lezione. Ora il tuo maestro mi odierà a morte...''. Sorridendo gentilmente Quatre rispose: "Non preoccuparti" e soggiunse con un sospiro "tanto ti odiava già. Con lo scherzo della rana avevi già raggiunto il fondo...".
"Mah, sarà come dici...però con quel fare da 'signor-so-tutto-io' se le va a cercare...., non riesco davvero a resistere...",Duo non tentava neanche di giustificarsi, stava infatti argomentando scuse ben poco convincenti persino per lui; col suo modo di fare, accorto e gentile, Quatre pose fine all'argomento: "Maestro Palladyn è fatto così, molto permaloso e difficile, non devi fartene un cruccio- ormai, in ogni caso, non ha davvero più senso -; pertanto ti prego di dirmi che vuole fare Dermail".
"Uhm. Hai ragione. Dunque,.....Dermail vuole festeggiare i quindici anni al trono", annunciò il ragazzo d'un fiato, ma rimase deluso dalla reazione dell'amico. Quatre infatti non si scompose, ma disse con franchezza: "Beh, non ci vedo nulla di strano. Quindici anni alla guida di un regno, esteso poi come è l'impero di Romfeller, sono tanti e, sebbene a noi la sua politica aggressiva non piaccia, non possiamo negare che il suo popolo goda di una condizione di benessere diffuso. Anche mio padre ha deciso che, se ci arriverà, celebrerà i vent'anni dell'ascesa al trono".
"Ma allora perché indire un caccia-torneo? E' dai tempi di Saul il Grande che non se ne vedono più".
"Un caccia-torneo? E cosa mette in palio? La mano della principessa?", domandò scettico Quatre, non credeva possibile Dermail volesse veramente organizzare un caccia-torneo.
"Quatre parlo seriamente. Ho visto il documento ufficiale con i miei occhi" insistette Duo. "Quindi" continuò "ti arriverà sicuramente una comunicazione ufficiale a momenti" concluse convinto.
"Un caccia-torneo dici, eh?"
"Sì e in palio c'è il tesoro di Van de Kyrian".
"Cosa?", ora il biondo principe era più sbalordito che mai. Non riusciva a credere ad una cosa del genere. Come mai una posta così alta per uno stupido caccia-torneo? Mentre ancora cercava qualche motivazione politica che avesse deciso l'attuazione di questo piano un lampo gli attraversò la mente: "Duo, non dirmi che mi stai per chiedere quello che penso".
"Mi capisci al volo, eh vecchio mio!", l'uragano precipitatosi nella stanza appena dieci minuti prima stava ora nervosamente passeggiando su e giù per il salone, giocherellando con una ciocca di capelli uscita dalla lunga treccia castana, gli occhi erano accesi e guardavano qualcosa che ai nostri occhi sarebbe parso invisibile, guardavano dritto alla sfida e l'accoglievano. "Voglio partecipare! Non mi interessa il tesoro, la mia quota te la dono per aiutarti a sostenere le spese di allestimento della squadra".
"Vuoi andare ad Oz, vero?"
"Se vinciamo entrerò in Oz come ospite onorato e nessuno potrà nuocermi in alcun modo".
"Dermail ti renderebbe tutti gli onori, siccome sei Lord Maxwell di Deathschyteland", rispose laconicamente Quatre, poi un'incrinatura nella voce, dovuta forse a rammarico: "Duo, non me lo chiedere. Cosa direbbe mio padre?".
Il ragazzo si fermò di colpo e si girò a guardare il principe, in piedi, vicino alla finestra. Si fissarono qualche istante poi il signorino Maxwell ruppe il silenzio: "Ah....Scusami... non dovevo proprio chiederlo. Scusa davvero, ma sai, volevo vedere Oz, vedere il popolo, la reggia, accertarmi che le cose vadano bene, rendermi conto che è meglio così. Fai finta di nulla", guardava in basso, gli occhi erano spenti ora, la voce grave e controllata. Ci fu un attimo di silenzio che durò un'eternità. Alla fine Quatre si volse a guardare attraverso il vetro della finestra, fissando il vuoto disse piano: "Cosa dobbiamo fare per partire?"
Duo alzò di scatto la testa e confuso cercò di dire qualcosa: "Ma no! Senti, cosa diremmo a tuo padre? Non è che importi più di tanto..."
"Ma sì che importa" gli fece eco la voce gentile "sì che importa. Si vive solo una volta dopotutto. Questo dirò a mio padre. Allora, mi dici cosa dobbiamo fare una volta per tutte?".
Il signorino Maxwell, per la gioia, non si trattenne e dimentico di ogni etichetta, corse ad abbracciare l'erede al trono dei Winner. "Grazie! Sei un angelo!".
Dopo avergli schioccato un sonoro bacio sulla guancia, come era solito fare sin da quando erano bimbi, quando Quatre gli veniva in aiuto, tirandolo fuori dei guai. Duo si mise nuovamente a consumare il pavimento della sala di musica e parlava come se si rivolgesse a se stesso: "Dobbiamo mettere su una bella squadra! Ci servono una bella ciurma di valenti marinai, un esperto capitano, un abile stratega, un armaiolo senza pari, un buon cartografo e un maestro di spada eccezionale (per questo ho già in mente una persona), dobbiamo inviare una richiesta ufficiale a Oz e, dopo di che, non ci resta che attendere una risposta, suppongo".
"Bene", disse il principe, si avvicinò al comunicatore installato sulla parete, vicino alla porta; schiacciò il pulsante bianco e parlò nel foro quadrato: "Sì? Ah, Madelene? Per favore cerca Rashid e mandalo nel mio studio. .....Sì, subito, grazie!", si allontanò quindi dal comunicatore e disse al ragazzo che lo fissava contento: "Beh, ora siamo in ballo, giusto?".
Duo gli si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla destra e fissandolo negli occhi gli disse con un sorriso accattivante: "Vedrai che ci divertiremo anche, cugino!"
"Lo spero"gli fece eco l'altro sorridendo e scotendo la testa con fare rassegnato ".....lo spero...."

Rashid era in viaggio verso Heavyarmsville da due giorni. Stava cavalcando da una settimana in giro per tutto il paese su ordine del principe. Doveva formargli una squadra di ottimi elementi per partecipare a quel torneo. E lui intendeva farlo nel migliore dei modi, giacché anche dalla qualità dei membri della squadra dipendeva la vita del signorino Quatre. Stava non a caso dirigendosi nel territorio dei Barton, essendo da secoli rinomata la loro abilità di armaioli, sebbene di fondo fossero gente tranquilla e pacifica; questo era uno dei motivi per cui erano fuggiti da Romfeller. Ricordava per filo e per segno la conversazione avuta col principe. Era entrato nello studio, a dir la verità piuttosto impensierito dalla chiamata così urgente e insolita per quell'ora. Il principe e Lord Maxwell parlavano tranquilli di imbarcazioni e marinai. Gli era sembrato tutto molto strano, ma per lo meno si era calmato vedendo l'atmosfera così rilassata. In realtà, sebbene da quando il signorino Duo si era trasferito lì tutti lavorassero il doppio, c'era un'aria di spensierata giovinezza che rendeva l'atmosfera del castello molto allegra e piacevole. Di certo nessuno l'avrebbe mai ammesso. Detto sinceramente, inoltre, il signorino Quatre era molto più felice. I due ragazzi erano sempre stati ottimi amici e il carattere aperto di Duo compensava la timida riservatezza di Quatre; da quando lo scorso inverno era deceduto il vecchio Lord Maxwell, Duo era rimasto come ospite insieme al seguito del cugino e lo aveva seguito persino lì, a Castel Winner-Elalhyn, Dove, gli anni precedenti a questo, era solito passare l'estate l'erede tutto solo, ad eccezione di qualche fugace visita del cugino.
La notizia della volontà di partecipare a quella caccia lo aveva lasciato senza fiato. Non gli sembrava davvero il caso che il principe ereditario di un regno, candidato poi alla reggenza dei setti domini federati intraprendesse un simile viaggio. "E' uno scherzo, signore?" aveva esordito stupito. Quatre gli aveva risposto ridendo: "No, vecchio mio, non è uno scherzo. Vogliamo partecipare al caccia-torneo di Dermail. Oggi stesso invierò una lettera al Palazzo d'Amministrazione delle Attività Ricreative di Oz. Devi partire il prima possibile, domani stesso, se riesci a preparare l'occorrente per la partenza".
Rashid aveva chiesto poi, come se a parlare fosse un altro per sua bocca: "Ma, e il Re vostro padre che dice di questo?". A quel punto il principe s'era abbuiato: "Partirò alla volta di Sandrock Town domani e glielo comunicherò, non credo che avrà da dire qualcosa". E lì, aveva capito bene Rashid, la conversazione era finita.
Oltre la collina, erano ormai visibili gli stendardi, appesi alla torre più alta del Palazzo del Consiglio, appartenenti alle famiglie più in vista della popolazione degli HeavenArm. Dieci minuti più tardi si stava dirigendo proprio verso quel palazzo scortato dalla guardia militare. L'avevano accolto con gli onori dovuti a un sovrano, ma l'atmosfera era informale, piacevole. L'aria limpida sapeva di buono. Chiacchierando con le guardie si informò sulla stato della contea. Le notizie erano buone. Prima di entrare nel palazzo si rivolse al capitano delle guardie: "Ti prego, fa riposare i miei uomini. Portali alla locanda più vicina al palazzo, li raggiungerò in seguito".
Si volse a guardare la città. Le costruzioni in legno erano a pianta circolare. All'interno sapeva bene che erano variopinte e allegre. Muri interni, anch'essi lignei, dividevano le stanze nelle quali si accedeva attraverso porte ad arco alla cui intelaiatura erano appesi teli colorati.
I tetti di quelle abitazioni erano aguzzi e in cima c'erano dei segna-vento di ogni tipo. Entrò nel palazzo, unico edificio a pianta quadrata. All'interno vi si trovava la sala delle udienze. Fu accompagnato dalle guardie giurate dal capoclan, che si trovava proprio nella vasta sala. Il capoclan, un uomo sulla cinquantina, grosso e vigoroso, accolse cordialmente Rashid.
"Rashid, amico mio! Allora come te la passi? Dal tuo girovita così abbondante direi proprio che te la passi piuttosto bene! Come sono i cibi della capitale?"
"Usopt, vecchio balordo che non sei altro! Vedo bene anche te!". Il capoclan rise della grossa toccandosi la prominente pancia: "Sì, direi che non c'è male; la mia nuova moglie è una cuoca sublime. Ma cosa ti porta qui? Non è ancora tempo di tributi. C'è forse qualche problema alla corte?". Usopt condusse Rashid nella stanza per il ricevimento degli ospiti e lo fece accomodare attorno al tavolo, in un piano ribassato al quale si accedeva scendendo i pochi gradini situati alla destra dell'entrata. Rashid si sedette senza bisogno di complimenti sui morbidi cuscini di piume d'oca. "No. A corte tutto bene. S'era persino discusso di evitare la riscossione dei tributi per quest'anno. Ma il re ha giustamente pensato di usare le tasse come riserva se dovessero presentarsi periodi di crisi. Una parte sarà dedicata a interventi pubblici come il potenziamento delle vie di comunicazione, per facilitare i collegamenti tra i domini; o ancora per la costruzione di infrastrutture sanitarie efficienti, rispettose delle varie culture dei popoli dei domini. Sicuramente però sarà abbassato il tasso dei contributi da versare. In realtà sono qui per mia iniziativa, su ordine del principe". Sorpreso, il capoclan: "E vale a dire?". Rashid si apprestò a spiegare: "Non credo che tu ne sia al corrente. Dermail ha indetto un caccia-torneo. Il principe ha deciso di prendervi parte. Io sono stato incaricato di formare la squadra che parteciperà ai suoi ordini. Naturalmente la presenza di un armaiolo è fondamentale, quindi, senza cercare troppo in giro, mi sono diretto qua, certo che il migliore si trovi in questo luogo". Usopt restò in silenzio per qualche minuto. Rifletteva sulle parole del capo della vigilanza del principe ereditario. Poi scoppiò a ridere e annunciò: "Hai detto bene vecchia volpe! Non troveresti un armaiolo migliore del peggiore dei nostri anche cercandolo in tutto il mondo conosciuto! Sai bene il motivo della mia riluttanza ad avere a che fare con Romfeller. Non ignorerò comunque la tua richiesta. Dobbiamo molto ai Winner. Soprattutto al giovane principe, che pur non essendo mai venuto nella nostra regione ci manda i suoi rispetti ogni volta e ci aiuta se ne abbiamo bisogno. Stasera al banchetto in tuo onore ti presenterò l'uomo che manderò insieme al tuo principe. Avrei mandato mio figlio, se solo non fosse morto cinque anni fa; ho già in mente qualcuno di adatto, ma devo lasciare scegliere a lui". Rashid ringraziò sentitamente: "Grazie. Sapevo di non sbagliare venendo qui. Ora, se non ti dispiace, vorrei andare dai miei uomini". Il capoclan chiamò un servitore e fece accompagnare Rashid alla locanda dove erano alloggiati i suoi soldati; salutato l'amico, suonò il campanello, di corsa arrivò una domestica: "Comandi, signore"
"Dunque, " disse deciso Usopt "mandami subito mio nipote, devo parlargli di una questione della massima importanza".

"Ti ha dato di volta il cervello?!"
"Non riuscirai a trattenermi qui"
"Tu e Duo non potete permettervi il lusso di farvi ammazzare, pezzi di idioti che non siete altro. Avete delle responsabilità verso il vostro popolo". Il Re, un uomo solitamente tranquillo, ora tuonava più che mai. Era inammissibile che a quei due scellerati fosse venuta un'idea del genere. Partecipare al caccia-torneo avrebbe messo in pericolo le loro vite. E non c'erano altri eredi che avrebbero potuto assicurare una discendenza diretta. Come potevano pensare che li avrebbe lasciati partire? E dire che erano ormai uomini. La cerimonia di passaggio all'età adulta, celebrata ritualmente il diciassettesimo compleanno, non era stata formalizzata per Duo solo a causa del lutto che il ragazzo aveva dovuto portare per i novanta giorni seguenti al decesso di Lord Maxwell, ma il ragazzo era ora a tutti gli effetti maggiorenne (e a dimostrarlo stava il fatto che non ci fosse un tutore a controllarlo), per quanto riguardava suo figlio la cerimonia avrebbe avuto luogo tra alcune settimane, una cerimonia semplice: il battesimo nel fiume Peaceriver e una cena tra parenti. Era tutto fissato da più di un anno. E quell'imbecille di suo figlio ora gli veniva a dire di voler partire per un caccia-torneo.
In tono imperioso disse, scandendo ogni sillaba: "Voi non partirete. E questo è tutto. Non avete ancora legittimato alcun erede. In caso di una vostra morte i vostri regni sarebbero davvero in grosse difficoltà".
"Non sono più un bambino! Sono libero di scegliere. Ti ricordi quello che provavi alla mia età?" disse ostinatamente Quatre.
"Hai degli obblighi verso la tua casata e il tuo regno. Smettila di comportarti in modo infantile" il sovrano aveva riacquistato la propria calma.
"Non sono un oggetto" sibilò in risposta il ragazzo. "Quando salirò al trono non potrò più permettermi di fare nulla di simile. Ho sempre rispettato il tuo volere. Ho sempre esaudito le tue richieste. Ora ti chiedo di rispettare questa mia scelta".
Il Re guardò negli occhi di suo figlio. Sapeva che aveva detto la verità, ma ancor di più aveva la certezza che non sarebbe riuscito a fermarlo. Questa testardaggine li rendeva simili. Di certo c'era un motivo sottaciuto dietro alla partenza, Quatre non avrebbe mai fatto tante moine per uno sciocco capriccio. "So che partirai e ne prendo atto. Non chiedermi però di darti la mia benedizione".
Gli occhi azzurri del principe tradivano la delusione che provava. Senza dire altro uscì dallo studio del padre e si diresse verso l'ala ovest di Castel Eedyssai, dove erano situati gli appartamenti dei Maxwell. Duo era intento sul divano del salotto del suo appartamento privato a leggere un libro di leggende. All'annuncio da parte del servitore della visita del principe, balzò in piedi e corse all'ingresso per accoglierlo. "Hai un'aria sconvolta, Quatre. Immagino che avrai litigato duramente con tuo padre". "Sì, ma ti prego non chiedermi di riferirti la nostra conversazione, per ora", fu la risposta asciutta. Duo condusse il cugino nella saletta dove si trovava poc'anzi e lo sistemò sul divano, poi con un cenno chiamò il paggio e ordinò: "Stasera il principe cenerà con me. Preparate la sala verde per le diciotto e trenta". Uscito il domestico, Quatre sorrise gentilmente all'amico: "Ti ringrazio".
"Sono io che sono in debito con te. So che fai tutto questo per me", affermò semplicemente Duo. Gli occhi limpide erano sereni, le iridi color blu di prussia emanavano un senso di fermezza e di dolcezza insieme. Duo intavolò una conversazione sul tempo e altre cose di scarsa rilevanza. Quatre gliene fu grato dal profondo del cuore, anche perché qualche minuto dopo, impegnato nella conversazione, aveva relegato la discussione col padre in un angolino profondo della sua mente.
"Signore, è tutto pronto" esordì il giovane valletto dopo quasi un'ora dall'improvvisa comparsa del principe nelle stanze di Lord Maxwell. "Bene" esclamò il lord in questione "Arriviamo" poi si rivolse a Quatre "Su, andiamo, vedrai che dopo un buon pasto tutto ti sembrerà diverso".
Erano seduti a tavola da appena qualche minuto quando in maniera formale Duo si rivolse all'amico: "Spero che non ti offenda una tavola così frugale, ma non era previsto che avessi ospiti a cena e il cuoco s'è dovuto arrangiare con quello che aveva"
Divertito Quatre gli fece: "Questo non è proprio quello che chiamerei pasto frugale", mentre diceva questo guardava all'abbondanza di vivande che empivano il tavolino, sapeva quanto si erano adoperato gli inservienti di Duo per imbandire una cena che gli facesse onore, nonostante il poco tempo a loro disposizione "raramente trovo ad attendermi una cena più gustosa nelle mie stanze. Senza contare che l'atmosfera incide molto sul pasto, ad esempio durante il nostro primo viaggio, quando non c'era nessuno a cucinare per noi, i nostri esperimenti erano ben spesso un vero disastro, ma io ricordo quei pasti con immenso piacere."
"Sapevo che avresti detto così, d'altro canto non mi lamento, mio padre diceva di avere al suo servizio il cuoco migliore dei sette domini. Ma ha insistito affinché dicessi così. Immagino che avrebbe preferito sapere che avresti cenato qui già stamattina, è un tipo un po' pignolo,ma è un brav'uomo" , gli rispose Duo e iniziò a mangiare la zuppa di erbe delle colline dell'Hilgaard, le sue terre, il sapore di casa sua, poi d'un tratto guardo Quatre e gli disse: "Ti fermi a dormire qui? Ti faccio preparare la stanza degli ospiti?"
"Grazie," a bassa voce il principe rispondeva all'amico "anche se la mia camera da letto è a due stanze da qui l'idea di vedere mio padre mi innervosisce. Ma ti prego" la voce ora era un alito di vento " non farmi preparare una stanza, dormiamo insieme come quando eravamo bambini. Se nono ti da noia..." concluse in fretta, imbarazzato. Duo rimase un poco sorpreso , poi rise e rispose: " non siamo più bambini, Quatre, ma non credo che mi darà noia dormire con te, anche perché quando dormo non sento nulla, neanche le cannonate. Ah e, ti avverto, parlo nel sonno!".
Sollevato Quatre gli fece: "Non mi creerà alcun problema, tranquillo!"
"Si dice: chi va incontro a pericolo noto nn ha scuse in fronte alla palese sventura", disse Duo alfine e si mise di buona lena a rendere onore alla cena preparata con tanta cura, invitando il cugino a fare altrettanto.
Finito di mangiare, il principe allietò gli appartamenti dei Maxwell con una musica paradisiaca, regalando serenità agli abitanti di quelle stanza, una serenità che però non sentiva, sebbene la cena, il pianoforte e la compagnia gli avessero donato una buona dose di tranquillità. Pur ritiratisi per andare a dormire abbastanza presto, i due ragazzi si addormentarono ch'era già mattina. Per tutta la notte parlarono della sfuriata del Re, ma ancor di più del viaggio che stavano per intraprendere.
Entrambi capivano il punto di vista del sovrano, sentivano, però, su di loro il peso di un destino che non avevano scelto. Erano come oggetti in balia delle correnti, fili di un fato che non apparteneva loro.
Quatre non si sentiva davvero tagliato a diventare sovrano. Aveva paura di non essere all'altezza. Di deludere il padre. Di portare lo stato alla rovina a causa di scelte sbagliate. Tutti si sarebbero appoggiati a lui e si sarebbero aspettati qualcosa da lui. Non credeva di poter soddisfare le loro aspettative.
Duo, invece non riusciva a sconfiggere i suoi demoni personali. La morte di lord Maxwell lo aveva lasciato nello sconforto, senza contare le rivelazione che il vecchio gli aveva fatto. Sempre più cupo e inquieto, sentiva un desiderio sempre più pressante di giustizia e di recare aiuto agli altri.
Temevano e attendevano impazientemente il futuro. Sapevano che il mondo fino all'ora così ovvio nel quale avevano vissuto protetti da parenti e amici stava finendo. Presto avrebbero dovuto mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti e cercare di ricambiare le amorevoli cure divenendo uomini retti e giusti. Non vedevano l'ora di dimostrare che tutti quei sacrifici erano valsi a qualcosa, ma nello stesso tempo, avevano il timore di deludere tutti quanti. Stavano fuggendo dalla realtà? Forse sì. Forse cercavano di posticipare quel paventato momento. Forse, però potevano anche voler credere che questa esperienza li avrebbe aiutati in futuro o, per lo meno, sarebbe rimasta quale ricordo di un tempo felice.

Rashid diede ordine di preparargli un bagno. Non sopportava più quell'orrida puzza di cavallo che aveva addosso da giorni. Tirò fuori dalla sacca l'abito per le occasioni importanti, l'aveva portato in previsione di serate come quella che lo aspettava quella sera, e lo consegnò al garzone della locanda con la raccomandazione di ripertarglielo stirato entro un'ora. Quando si presentò nella grande casa di Usopt era ora di cena. Lindo e pulito, si sentiva finalmente a suo agio, piacevolmente profumato e in ordine. Riconobbe qualche persona che, cortesemente si fermò a salutare e proprio una di quelle, un uomo, che conosceva bene, lo accompagnò dal capoclan. Come al solito, Usotp salutò Rashid con una sonora risata. "Bene, possiamo iniziare a mangiare. Avrei giurato, però, che ci avresti fatto allungare il collo ancora un po', Rashid!...", si rivolse ai commensali "...il nostro ospite è arrivato, amici..." la voce vigorosa rimbombava per tutta la sala "...possiamo accomodarci a tavola. Tu sederai accanto a me" disse nuovamente rivolto a Rashid. Lo condusse nel salone adibito a banchetto facendolo sedere al posto d'onore. Rashid era infastidito da tutta quella reverenza, ma non si permetteva di dire nulla, sapeva bene, infatti, che la grande ospitalità di quel popolo era pari solo alla sua suscettibilità, e l'ultima cosa che voleva era ripagare quella generosità con ingratitudine. Si lasciò pertanto servire e viziare quasi fosse un principe. Durante la cena parlarono di cavalli, raccolti, allevamenti, tutte cose care agli HeavenArm e, sebbene le portate erano molte e abbondanti, il tempo volò via piacevole. Finita la cena s'inizio a ballare. Usopt gli si avvicinò e gli disse: "Vieni, ti presento io mio erede".
Rashid e il capoclan lasciarono il salone e uscirono nel parco. Gli HeavenArm amano il verde e, infatti ogni casa ha il suo angolino di giardino. Nel caso di Usopt la sua era immersa in un grandissimo e curatissimo terreno, vialetti alberati, fontane, cascatelle, un vero angolo di paradiso.
"E' un Barton", stava dicendo il capoclan " i suoi genitori sono morti quando era piccolo. Ho invitato sua sorella e lui a vivere qui in casa mia dopo la loro morte. Suo padre era mio fratello minore". Mentre parlava, si erano addentrati per il giardino ed erano quasi giunti, passeggiando lungo un porticato, ad uno spiazzo in cui il torrentello, che attraversava il parco, si trasformava in piccola cascata, dando vita ad un laghetto.
Gli volgeva le spalle un ragazzo, intento nel lanciare coltelli ad un albero a circa 5 metri di distanza. Erano diretti verso segni invisibili, dipinti sulla corteccia. Alto e snello, i muscoli tesi nella concentrazione dell'esercizio. I movimenti sciolti ed eleganti. Si era accorto degli uomini ancor prima che quelli si affacciassero sullo spiazzo, lo si capiva dal suo sguardo, sembrava controllare ogni centimetro cubo d'aria nel raggio di un un km quadrato, nonostante il buio.
Usopt lo chiamò: "Trowa, avvicinati".
Il ragazzo sistemò alla cintura di stoffa i coltelli e senza fretta si diresse verso l'uomo che aveva parlato.
"Trowa, ti presento Rashid, capitano della guardia del corpo dei Winner". Il ragazzo fece un lieve inchino. "Onorato di conoscerla".
"Alzati, ragazzo. Sono io che ringrazio Usopt dell'onore di conoscere il suo erede"; il ragazzò chinò leggermente il capo in segno di gratitudine, ma non disse altro.
"Rashid" riprese la parola Usopt "Trowa è il migliore dei miei armaioli, ho chiesto a lui di unirsi a voi. Gli ho dato tutto questo pomeriggio per pensarci. E' solo un ragazzo, ma è già più in gamba di me, se per te, però, è troppo giovane penserò a qualcun altro".
"Di sicuro", rispose Rashid "la tua scelta è stata guidata dalla saggezza. So per certo che dici il vero. Mi chiedo però se sei convinto di volere mandare il tuo erede. E' un viaggio rischioso". "se è lo stesso erede dei domini a partire, per la sua incolumità io posso solo offrire il meglio che ho. Trowa sa badare a se. La scelta è sua. Che hai intenzione di fare, ragazzo?".
Trowa rimase in silenzio qualche secondo, poi disse: "Non temo il rischio signore. Partirò, zio. Sono onorato di servire il principe Winner. La mia spada sarà la sua".





























 
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