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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: ORGOGLIO
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: flamia galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/05/2005 21:34:02

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DAGLI OCCHI DELL`ANTAGONISTA
- Capitolo 1° -

Premetto che non è mia, ma di una ragazza americana (quindi io ho solo tradotto il testo) che su Fanfiction_net si fa chiamare AllisonfromRavenclaw. Spero solo ke non si offenda se la posto sotto il mio nome...
Good reading!

Cap. 1: Dagli Occhi dell’Antagonista

Resisti ancora un poco, ragazzo…

La carrozza sobbalza, e le sue palpebre bluastre tremolano, il suo respiro distorto dal movimento improvviso del calesse in un sibilo affannoso. Il suo corpo giace, avvolto da un drappo, sul sedile e sulle mie ginocchia, esanime e irradiante vulnerabilità. Le sue labbra ceree sono appena socchiuse, e molto spesso un sospiro sfugge attraverso di esse. Un rivolo cremisi danza fuori dall’angolo della bocca, tracciando la morbida curva fanciullesca del suo viso e andando a formare una stilla sul mento. Cade sul mio mantello, anche più malridotto di quel suo fragile corpo. È incredibile davvero quanto lui sembri diverso da questa prospettiva.

Sono abituato a guardarlo a occhi stretti, la mia personale e ben calcolata chiave di intimidazione. Intimidazione, ovviamente, allo scopo di mettere un freno alla minaccia che pone alla mia sanità con ogni parola che dice. Ogni mossa che fa, io lo osservo e lui osserva me. Odiandomi. Proprio com’era destinato a fare sin da prima di nascere. Era previsto, e io certo non lo incoraggio a fare altrimenti. Non gli ho mai fatto del male, ma ho fatto in modo che lui me ne credesse capace. Lui mi detesta, e io ho alimentato il suo odio così come ho fatto con l’odio di chiunque sia mai entrato nella mia vita. È la mia sagacità che mi rende così odiato. Essa mi ricorda del mio posto nel mondo. Lui mi ricorda del mio posto nel mondo, ed è per questo che lo odio. E se non posso odiarlo, posso compensare odiando tutto me stesso, e io stesso sopravvivo su questo delicato equilibrio concettuale.

E adesso… disorientato. Scombussolato. Non mi minaccia più, adesso, ansimante, sussultando mollemente con la carrozza. La sua sopravvivenza dipende da me, esattamente come io sono dipeso da lui negli ultimi quattro anni, anche se in maniera differente. Il suo orgoglio non gli permette di ammetterlo, ma è fragile. Oh, se è fragile. Si fida persino di me. Mi correggo: si fidava di me. Se la sua fiducia è sopravvissuta agli eventi di stanotte è ancora da vedere. Ho spezzato l’equilibrio. Gli ho fatto del male.

Gli ho fatto del male per salvargli la vita, anche se non credo che potrà mai capirlo, né me l’aspetto. Ma lui ha capito che mi ha fatto del male ogni giorno della sua vita, salvando la mia vita? Io gli ho fatto del male in punto di morte, forse, ma lui non morirà. Guarirà, anche se solo psichicamente. Mi chiedo se potrò mai spiegargli tutto questo. Ma ne dubito: lui non è il solo che soffra della dannazione dell’orgoglio.

Perché lo compatisco? Lui non ha certo sofferto più di me! Non c’è nulla che io non abbia dovuto affrontare. Ho sofferto lo stesso fato, giorno per giorno; solo la mia resistenza sembra essere più grande di tutto ciò. Sono sempre stato bravo a torturare… Così tante diversi criteri nell’arte della Cruciatus. Così tanti diversi modi di fare del male.

E questo gli fa male. Gli nuoce ancora nel suo inconscio. Ora sta sognando, probabilmente. Mi chiedo se riesce a vedere i miei occhi, neri, scintillare da dentro un profondo cappuccio mentre si contorce ai miei piedi, in una cantilena di sghignazzi che lo circonda. Povero ragazzo. Povero dannato ragazzo, sempre in mezzo ai piedi.

Siamo arrivati alla scuola. La carrozza si arresta. Silente attende, con un aspetto teso ed esausto al tempo stesso, gli occhi scavati dalla preoccupazione. Accanto a lui c’è Black, che probabilmente mi ucciderà quando uscirò dalla protezione di questo veicolo. Non corre rischi a girare liberamente, ora che la scuola è vuota di studenti e di gran parte del personale.

Un gesto della mia bacchetta e il corpo del ragazzo si innalza dal sedile, le braccia spioventi, la testa ciondolante. Chiudo gli occhi, e giro la maniglia dello sportello. Esco fuori, e la sua silhouette cadaverica fluttua dietro di me.

“Bastardo!” sibila Black precipitandosi dietro di me per prendere tra le braccia il suo figlioccio.

“Severus,” sussurra Silente mentre lo supero a grandi passi. Non do segno di riconoscerlo. “Severus, aspetta.”

Non sento altro che la parola bastardo echeggiare ripetutamente nella mia testa. Bastardo, aspetta. Mi fermo, ma non mi giro.

“Hai fatto quello che potevi–”

“BASTARDO!”

“Basta, Sirius!”

“Io vado dentro, preside.”

“Severus, Harry si risveglierà domattina senza un’idea di quello che gli sia accaduto. Ha bisogno che tu sia lì, per spiegargli–”

“Perché non glielo fate spiegare da Black? Sembra aver colto il nocciolo della cosa.”

“Non è divertente, Severus.”

“Non dovrebbe, infatti.”

“Promettimi che sarai nell’ala dell’infermeria domani.”

“Vado a dormire.”

“Severus!”

“Ditegli quello che vi pare. Non voglio imporgli la mia presenza. Buonanotte, preside.”

“Non pensare di filartela come se non fossi responsabile, schifoso pezzo di mer–”

“SIRIUS, SMETTILA! Severus, aspetta…”

Ma io sono già lontano.


 
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