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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: 3 LIBRAS
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: acidrain galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/05/2005 09:52:32

non ho voglia di stare qui a fare il riassuntino.é il continuo di una mia fic che parla della storia d`amore di due gemelli.
 
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CAPITOLO 1
- Capitolo 1° -

Ricordo bene il giorno in cui Patrizia arrivò nella nostra clinica.
Venne accompagnata da noi in una giornata di maggio , mentre pioveva a dirotto , uno degli ultimi acquazzoni primaverili . Io e altre tre infermiere la aspettavamo sotto il portico del vecchio edificio. Eravamo stati avvisati del suo arrivo tre giorni prima dal mio ex-compagno di università ,il dottor U., che aveva visitato la ragazza nell’ospedale in cui lavorava in quel periodo. L’avevano portata da lui alcuni suoi amici , gli stessi che adesso la stavano accompagnando da noi, dopo che era rimasta per una intera settimana in uno stato di semicoscienza (non mi addentrerò troppo nello specifico perché non credo che questa sia una sede appropriata ). Ma le visite che il mio amico le fece non condussero a nulla. La ragazza non rispondeva agli stimoli. Era come fuggita da stessa , il suo corpo era un oggetto vuoto,una bella bambola adagiata su una poltroncina.Fu così che venne suggerito agli amici di portarla qui . Il mio centro non è grandissimo. Possiamo ricoverare un numero limitato di pazienti ( una ventina in tutto) , per poterli seguire nel miglior modo possibile.sinceramente di solito qui viene trasferita gente piuttosto agiata , ma ci venne detto che la ragazza possedeva denaro a sufficienza per poter pagare il ricovero qui. Il nostro centro sorge su un colle. E’ circondato da un bel parco , ben recintato e sorvegliato , per permettere ai pazienti ,nei momenti consentiti, di poter passeggiare in libertà, senza rischi. L’edificio era un ex-convento che risaliva al tardo medioevo, ristrutturato più e più volte. Il portico sotto al quale aspettavamo l’arrivo della macchina portava a un cortiletto interno quadrato, munito di alcune panche , al quale i pazienti potevano accedere in ogni momento . Ogni paziente aveva la sua camera, ben arredata e munita di diversi confort . Il personale alloggiava o nelle villette vicine o , qualcuno, negli alloggi del centro .Io ad esempio abitavo con tutta la mia famiglia in una bella villa a un centinaio di metri dalle mura. Eravamo come una grande famiglia. I miei figli venivano spesso da me a lavoro , a giocare con infermieri e pazienti e anche le festività spesso le passavamo tutti insieme. Nel centro c’erano diversi luoghi comuni, come la biblioteca , la sala della televisione , quella della musica, la mensa . Eravamo tra i migliori centri di questo genere .
Dal citofono la nostra guardia, che controllava l’entrata principale, ci avvisò che stava arrivando la macchina dei ragazzi. Ero in compagnia dell’infermiera capo, Anna , una donna ormai in là con gli anni con tanta esperienza sulle spalle, e dell’infermiera Teresa,che era anche la nostra migliore cuoca.Quando la macchina si fermò davanti a noi la signora Anna si diresse verso di loro col suo ombrello per aiutarli,seguita subito dopo da Teresa.Scese prima di tutti una ragazza robusta , di cui ora non ricordo il nome che aiutò poi a far uscire l’altra ragazza, la paziente dalla macchina . Aveva uno sguardo vacuo ,i capelli raccolti in una mezza coda ordinata . Fragile. Ecco la prima parola che mi venne in mente non appena la vidi . L’amica le sistemò il golfino di cotone bianco che indossava e , con una altro ragazzo e le infermiere, venne aiutata ad arrivare fin sotto il portico senza bagnarsi. Camminava in modo così leggero da sembrare precaria; era come se camminasse su una nuvola, galleggiava , ondeggiava. Tutto nei suoi movimenti dava questa impressione. Ogni gesto , come ebbi modo di notare sin da subito , era eseguito a rallentatore , con incredibile posatezza. Mi ricordava tanto un alga che veniva mossa dalla corrente . Elegante ma tremendamente triste e privo di vita. Passando sotto i portici entrammo nell’edificio . Salimmo le scale e ci dirigemmo subito verso quella che sarebbe stata per lungo tempo , o almeno così ero portato a pensare dalla prima impressione che la ragazza mi fece, la sua stanza. Le camere dei pazienti erano tutte uguali. Non molto grandi , quattro per sei , con un letto , un comodino, scrivania , armadio, libreria e una porta che portava al bagnetto personale, munito di vasca ,lavabo , sanitari e un appendi-asciugamano riscaldato . Gli indumenti sarebbero stati lavati nella lavanderia dal personale autorizzato , nel quale risultavano anche alcuni pazienti che avevano risposto bene alle cure e cercavano di riprendere gradualmente un ritmo di vita più mondano per essere poi successivamente dimessi. Tutte le camere erano bianche e pulite , con una finestra munita di inferriate e di tendine svolazzanti. Appena entrata la mia nuova paziente si andò a coricare nel suo nuovo letto. Senza che gli dicessimo niente si diresse lì da sola,come se fosse la cosa più naturale del mondo, un dovere , sempre con la solita camminata morta ,e si rannicchio in una sorta di posizione fetale , per poi cadere in quello che in un primo momento mi parve sonno. Invitai tutti gli amici a seguirmi nel mio studio per poter parlare e lasciai all’ infermiera Teresa il compito di sistemare le cose della ragazza e mentre la signora Anna era libera di andare dagli altri pazienti .
Il mio studio si trovava al piano terra. Non avevo rivolto neanche un saluto alla ragazza, avevo preferito osservarla attentamente . Non sapevo molto di lei. Ero stato informato dal mio amico solo delle sue attuali condizioni ma niente di più. Speravo che interrogando gli altri ragazzi avrei potuto scoprire qualcos’altro. Si accomodarono tutti davanti alla mia scrivania. Mi sembra che in tutto fossero in tre : la ragazza cicciotella, il giovane dai tratti mediterranei che guidava e un altro ragazzo dai capelli rossi e lentigginoso con gli occhiali. Erano tutti tre molto tristi e preoccupati per la loro amica, lo si vedeva subito. Non ricordo altro di loro.
- Mi potreste parlare di Patrizia?
-Cosa vorrebbe sapere di lei?
-Per esempio vorrei sapere qualcosa sulla sua famiglia.
-Sinceramente non ha mai parlato molto, anzi per niente, della sua famiglia. – mi spiegò la ragazza – Da quando la conosciamo , un bel paio di anni, non si sono mai fatti vedere. So che le spediscono mensilmente un bel po’ di soldi ma non credo che da quando si è trasferita all’università li abbia più visti o sentiti.
-Quindi non sareste in grado neanche di rintracciarli, per avvisarli delle condizioni della figlia almeno .
I tre si scambiarono uno sguardo e dissentirono.
-Da quando è in quello stato?
-Ormai quasi un mese.
-Avete la minima idea di cosa possa averla ridotta così?
-Era sola a casa il giorno in cui è cambiata – spiegò il ragazzo moro- e quando io me ne andai a lavoro stava bene , come sempre . Poi è piovuta in negozio molto turbata . L’ho accompagnata a casa ma non si è mai ripresa. Non vi era alcunché nell’appartamento di insolito. Non so . Non capisco.
La ragazza portò le mani al viso e cercò di nascondere gli occhi lucidi.
-Come era prima?
-Bravissima a scuola e gentile con tutti, simpatica, discreta. Una ragazza davvero speciale .
La discussione si prolungò così per quasi un ora. Ma i ragazzi non mi seppero dire niente di veramente importante.In realtà non la conoscevano , lei aveva fatto sì che nessuno potesse conoscerla. Non sapevano niente della sua famiglia, della sua vita prima di trasferirsi all’università; Patrizia era apparentemente senza passato , e ora anche senza un futuro. Dissi al gruppetto di andare in mensa per rifocillarsi , così intanto io sarei andato a dare il mio ben venuto a Patrizia.La porta , come sempre durante il giorno, non era stata chiusa a chiave, così bussai piano e entrai . L’infermiera aveva già finito il suo lavoro ed era probabilmente andata a preparare con le altre la cena .
Patrizia era coricata sempre nella solita posizione, dando le spalle alla porta. Non si era mossa di un solo millimetro .Presi la sedia dalla scrivania e mi sedetti davanti a lei.
-Patrizia…
La chiamai piano .
Aprì gli occhi. Le pupille erano così dilatate che facevo quasi fatica a vedere il colore dei suoi occhi. Non si mosse ulteriormente .
-Io sono il dottor Ghisi . sai dove ti trovi?
Nessun segno .
Non riuscivo a capire se non capisse o non riuscisse a comunicare.
Mi alzai dalla sedia e la vidi farmi un piccolo sorriso. Ero già pronto a risedermi e riprovare a instaurare un minimo di interazione ma lei per tutta risposta richiuse gli occhi.
Uscii dalla stanza senza insistere oltre per oggi. I ragazzi stavano raggiungendo l’amica per salutarla.
Seguii il loro congedo in silenzio , dalla soglia della porta.
Erano riusciti a farla sedere e dava una parvenza di presenza , almeno maggiore di quella dimostrata con me.
I ragazzi la abbracciavano e le sussurravano che sarebbero tornati a trovarla spesso. Che aspettavano un suo ritorno .
Avevo già visto centinaia di volte scene come quella e sapevo come sarebbe andata a finire, la storia si ripeteva sempre uguale.
Scrollai il capo e li lasciai soli a cullarsi nell’illusione di poter rimanere uniti .
Dopo poco più di un ora la stanza di Patrizia rimase vuota. Dalla porta socchiusa la si poteva intravedere nella sua posizione fetale.
Non mi sembrava nella condizione di poter mangiare in mensa con gli altri, così chiesi all’infermiera Carla di aiutarla a cenare nella sua stanza e di prestarle più attenzione che agli altri.
Non sapevo assolutamente niente di lei. Nessuno sapeva niente di lei. Avrei dovuto partire dal nulla, ricostruire il suo passato , solo allora avrei potuto aiutarla. Ammetto che ero veramente preoccupato. Riflettevo già che se avesse continuato a essere così distante , a non comunicare , avrei dovuto ricorrere all’ipnosi, metodo che sinceramente non ho mai appoggiato .
Dopo aver effettuato un giro in mensa per scambiare due parole con gli altri pazienti mi diressi subito a casa . Ma nè mia moglie, nè i miei tre bambini riuscirono ad allontanare la mia mente dalla stanza di Patrizia , che continuavo a vedere coricata nel suo letto.





Ok, questo è il primo capitolo del sequel di “Diario di Patrizia F.” (per chi non l’avesse letto consiglio di leggerlo, così può capire qualcosa della nuova storia).E' un pò breve , ma mi rifarò.
E’ da un bel po’ che non pubblicavo ,spero di non essermi troppo arrugginita.Vi prego di commentare e se vi interessa di continuare a leggere.
Ah io sono troppo emozionata per aver ripreso in mano Patrizia e Luca ^_______^ , che scema , no?
Per l’altra fanfic (The Black Angel’s death song)…mi scuso ma mi sono proprio arenata! Ma appena riesco continuerò anche quella ,ve lo prometto .
A presto!

 
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