torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: GUERRA
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: alexandra91 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/04/2005 13:49:07

cosa succederebbe se si scatenasse una terza guerra mondiale?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
CAPITOLO UNO
- Capitolo 1° -

Guerra

Di Alexandra91


Aly- ciao, come ve la passate? Io sono molto in vena di scrivere questa fic, e dovete scusarmi se è tanto che non continuo le altre…vi dico subito che è una fic che sarà un po’ diversa dalle altre…ma prima di cominciare vi faccio vedere i ruoli dei vari personaggi. Prima era a capitolo unico, ma ho deciso di dividerla in due capitoli!

Kay- generale del blocco C del fronte russo
Yuri e Boris- due soldati agli ordini di Kay
Rey- capo medico del blocco C
Takao e Hitoshi- due fratelli che combattono nell’esercito giapponese
Max- soldato americano
Mao- infermiera cinese
Brooklin- civile
Aly e Arty (Già, ci siamo anche noi dentro…)- due sorelle che abitano in un paese russo vicino al fronte dove combatte il battagllione di Kay e che lavorano come volontarie per il blocco C

Aly- ora posso cominciare… buona lettura!


-Kay-


è il settimo anno di guerra, per i soldati del blocco C. Già, una guerra che aveva coinvolto tutti i paesi del mondo, che avevano ormai sfruttato tutte le risorse che il terreno poteva offrire… era una guerra al potere, iniziata fra pochi stati… ma troppo violenta. In breve tempo gli stati hanno conquistato altri stati, sfruttandone le risorse…quante cose sono accadute da allora…
Ormai, solo alcuni paesi sono dominanti… il mondo si è diviso in quattro blocchi, ormai…l’ intera America è stata conquistata dagli USA, così come l’Inghilterra e la Francia, divenute un unico paese, l’ EFS, hanno conquistato l’intera Africa, la Sapgna, il Portogallo, il Belgio, L’Olanda e il Lussemburgo…mentre il resto dell’Europa si è aggiunto allo stato russo…il giappone, infine, ha già conquistato gran parte dell’Asia, e si muove pretenzioso verso la Cina…così come noi, la grande Russia, e anche gli altri due grandi stati vorrebbero avere in possesso quel territorio, per installarvi basi militari vicine alle grandi nazioni nemiche con cui il paese confina…ovvio dire che i cinesi non hanno alcuna intenzione di farsi conquistare…
E così, i soldati russi del blocco C combattono su questo fronte da tre anni. Il nemico non è definito, ci si trova in una sorta di tutti contro tutti…
Io, generale Kay Hiwatari questo lo so bene. è diventata una guerra assurda, un giorno attacchiamo i giapponesi, un altro gli americani, un altro ancora i ribelli cinesi, un quarto l’EFS…ma io sono ben consapelvole che la russia non arrenderà mai… e questo, bisogna accettarlo…
“Fuoco!” dissi. Dal primo carroarmato, parte la prima bomba. Poi segue il secondo, e poi il terzo.
Una bomba colpisce un muro di legno, che cade sollevando polvere.
In fretta, l’esercito nemico giapponese spunta dal forte che bombardiamo, e parte alla carica.
“Avanti, all’attacco!” do l’ordine. HO sempre paura in questi momenti. Ti trovi davanti a uomini che per salvarsi ti devono uccidere, e sono sicuro che molti di loro pensano lo stesso che penso io…
Impugno più forte la mia mitra F5 appena ricaricata al massimo. 1000 proiettili…
E mi avvicino ai nemici.
Inizio a sparare senza guardare in faccia gli uomini che uccido, cerco solo di colpire e non farmi colpire… in meno di dieci minuti ho già scaricato la metà dei proiettili, avrò ucciso almeno tre o quattrocento uomini…vedo vicino a me Yuri, il soldato che qualche giorno fa avevo mandato in punizione perché non aveva obbedito ad un ordine. È un ragazzo simpatico, che emerge fra gli altri, un buon amico, da quello che so.
Ma ora è freddo calcolatore, non spreca proiettili. Divisa giapponese, mira grilletto sapro, e il nemico cade a terra con un ultimo grido di dolore.
Mi faccio largo verso di lui, uccidendo tutti i nemici che mi si avvicinano.
“Tutto a posto, Ivanov?” chiedo, quando lo raggiungo. Devo urlare, a causa delle bombe e degli uomini che urlano…
“Si signore! Ne ho uccisi 450” con un’occhiata furtiva guardo l’indicatore di proiettili rimasti. 550. Non ha sbagliato neanche un colpo, incredibile…in quel momento si avvicina Boris, il suo migliore amico.
“hei, Yu! Quanti ne hai fatti fuori? Io sono a 324!” gli dice. Yuri lo guarda. Un soldato giapponese spunta da dietro, e sta per colpire Boris, ma Ivanov è rapidissimo, spara. Il colpo raggiunge alla testa il nemico, che cade al suolo.
“Sono a 451! Sto vincendo!” gli rispose, come un bambino che dice all’am,ico di avere più soldatini di piombo di lui.
Come se fosse solo un gioco….


-Yuri-


Abbiamo vinto anche questa battaglia. È stato divertente vedere la faccia di Boris quando gli ho detto che lo stavo battendo di più di cento soldati…
Il nostro settore ha perso circa 3000 uomini, il nemico, circa il doppio…abbiamo anche un migliaio di feriti, dopo questa battaglia…. Boris si è fatto colpire al braccio, dovrebbe essere nel campo medico…ora lo vado a trovare…

Faccio ingresso nella tendopoli medica. Ovunque si sente l’odore dolciastro del sangue e il lamenti dei feriti. Mi faccio dire da un’infermiera dove hanno messo Boris, e lo raggiungo.
È un una delle tende più piccole, che ospitava anche un altro uomo. Lo guardo qualche secondo. Ha l’intera parte destra del corpo ricoperta da bruciature. Evidentemente è stato colpito da una bomba. Si vede la carne viva, rossastra, e nel suo volto la sofferenza di chi prova un forte dolore.
Mi volto verso Boris. Ha la manica del braccio destro completamente sporca di sangue, ma non sembra soffrire più di tanto…
“come va, amico?” chiedo, preoccupato.
“più o meno….sono riuscito a procurarmi un po’ di disinfettante, così diminuisce la possibilità di infezione…” risponde lui. Subito dopo entra nella tenda il nostro capomedico, Rey. Gli ho parlato un po’ di volte. Spesso ho trasportato dei feriti al campo medico, che senza di me sarebbero morti stramazzando al suolo, in un lago di sangue.
Guarda il compagno di Boris, che si lamenta fortemente. Solo quando sposta la sua giacca per controllare meglio le bruciature, noto che il ferito è un soldato giapponese.
“cominciamo da questo…portatemi bende e disinfettanti.” Dice ad un’infermiera. Lei annuisce e corre fuori.
“Ma questo è un soldato nemico!” intervengo.
“E allora? Io sono un medico, non un milite. Non è mio compito lasciarlo morire.” Risponde.
“E se mentre salva lui, se per salvare lui, perde uno dei nostri?” gli chiedo. Avrebbe almeno dovuto curare prima i soldati del suo blocco!
“Sono un medico, Yuri… il mio compito è di salvre le persone. TUTTE, senza guardare la divisa che indossano.” Il malato si lamenta. Dalle ferite esce un gran numero di pus.
In quel momento arriva l’infermiera con bende e didinfettanti. Saluto Bobo ed esco fuori.
Nel campo medico c’è un gran fermento di infermieri e medici che corrono avanti e indietro da una tenda all’altra. All’improvviso, sento qualcosa che mi si aggrappa contro. È un altro giapponese, tutto sporco di sangue, il volto sfigurato dal dolore, gli occhi fuori dalle orbite, mi dice.
“Aiutatemi, io… sanguino!” poi, all’improvviso gli occhi gli roteano all’interno della testa, e lui cade a terra, si contorce, e all’improvviso non si muove più. Un’infermiera mi si avvicina, lo guarda, e chiama due ragazzi.
“Igor, Nicolaj…un altro. Portatelo alle fosse comuni.” I due ragazzi lo prendono, uno per le mani e uno per i piedi, e lo portano via.
L’infermiera mi guarda per un attimo sconsolata, poi va dentro una tenda.
Mi guardo la divisa. Sporco giapponese! Mi ha sporcato la mia divisa, già macchiata di erba e fango, di sangue! Se c’è un nemico che odio davvero, sono questi maledetti, sporchi giapponesi!


-Rey-


Odio questa guerra. Fra i feriti, un quarto, solo un quarto è soppravvissuto! È di questo quarto, pochi sono quelli che potranno ancora combattere quest’anno. Ora posso dedicare le mie cure ai feriti meno gravi. Entro nella tenda, dove qualche ora prima avevo curato un soldato giapponese mezzo ustionato….lui non è stato fra quel quarto di feriti. Boris Huznestov è ancora lì, seduto sulla sedia dove l’avevamo messo in attesa.
Appena mi vede si alza.
“Dottore…tocca a me, finalmente?” chiede, con impazienza. Mi siedo vicino a lui, mi metto le mani sulle tempie e annuisco.
“Va tutto bene?” mi chiede, col tono di uno che pensava che forse avevo più bisogno di lui di qualche cura. Mi rialzo. “Si, signor Huznestov.”
Mi metto a medicargli il braccio, per fortuna la ferita non è molto grave, e si metterà abbastanza a posto nel giro di un paio di settimane. Mi torna in mente la discussione con Yuri Ivanov.
“Tu sai perché Ivanov odia così tanto i giapponesi? Mi ha visto molte volte medicare soldati che dovrebbero essere nemici, ma oggi…” cosa può aver portato quel ragazzo, che sono sicuro, era già rissoso e chiuso prima della guerra, a odiare così tanto quel popolo?
“Lui non ne parla mai…ma circa cinque anni fa, prima di partire per venire qua, era un ragazzo adolescente come tanti. Un quindicenne, con i suoi amori e i suoi problemi…me lo ricordo, eravamo sempre assieme…. Lui aveva una sorella, Marianne, più grande di lui, che era rimasta sola con un figlio che si chiamava proprio come lui, Yuri…amava entrambi più di se stesso…ma un giorno arrivarono i soldati giapponesi… che distrussero il nostro paese, vicino al loro confine, bruciarono le case…io e Yuri ci nascondemmo, con alcuni altri amici, nel vicino boschetto. I giapponesi presero tutti i bambini e li chiusero nella scuola, poi, sotto i nostri occhi, la fecero saltare in aria.
Per Yuri fu un grave colpo perdere il nipote, ma il colpo di grazia, nella sua coscienza, gli fu inferto dopo pochi giorni, quando ricevette la notizia che la sorella era stata violentata e poi uccisa. Erano tempi duri. Non avevamo più una casa, e ho perso il conto delle volte in cui ho bloccato Yuri dal tentativo di suicidio…capisce, ora, perché odia i giapponesi? E, per quel che hanno fatto, non li potrà mai perdonare…e io nemmeno.” Nel suo sguardo si leggeva la rabbia, il ricordo vivido di quelle settimane difficili, di chi ha perso tutto. Era la guerra, la guerra che distrugge vite e spezza sogni, speranze, legami.
Avevo finito di medicare il braccio di quel soldato. Feci per uscire, quando mi disse: “quello che le ho detto, non l’ha mai sentito nessuno da me. E gradirei molto che lei mantenga il segreto.” Annuii, e uscii dalla stanza. C’erano ancora molti dolori da guarire.



-Boris-


Non so se ho fatto bene a raccontare a quel medico quel che gli ho detto… ma lui mi ha curato…e l’ha voluto sapere lui…
Sono finalemnte libero di uscire da questa tenda asfissiante, impregnata dell’odore di medicine e sangue assieme. Prendo la mitraiatrice, carica a metà. Dal campo medico provengono di certo molti meno lamenti di quando sono arrivato. Dato il dolore al braccio, non potrò impugnare in modo decente un’arma per qualche giorno. Andrò in paese, questo piccolo paese di cui non conosco il nome, vicino al fronte. Vorrei portare anche il mio amico, ma mi viene detto che il generale l’ha chiamato… e così, dopo un paio d’ore, mi stufo di aspettare e vado da solo. È un paese povero, distrutto dalla guerra. Cerco il bar, se c’è ancora. Lo trovo, l’insegna polverosa. Vicino alla porta c’è un barile, al quel è appoggiato un uomo sfigurato da cicatrici. È inequivocabilmente morto, ma ha ancora, stretto in mano, il collo di una bottiglia di birra rotta, i cui pezzi di vetro sono sparsi vicino a lui.
Entro dentro. Il bar è semivuoto, ci sono solo alcuni soldati che, come me, sono a riposo forzato per ferite, e, in un angolo, un vecchio sdentato dalla folta barba bianca chiede l’elemosina. È magrissimo, i vestiti consunti, la pelle anziana che segnava rughe in quel viso scheletrico, la mano tremante, un paio di occhiali con un vetro rotto, e un pezzo di cartone con scritto “sono un ex-soldato” mi lascio un po’ commuovere, e getto nel cappelli rattoppato le mie monete. Lui, avendo sentito il suono delle monete, ha alzato il cappello per controllare meglio, ma le monete sono scivolate da una buco cadendo a terra. Mi inchino, le raccolgo con il braccio sano, prendo una delle sue vecchie rugose mani tremanti e gli metto le moente in mano. Dovreste vedere come mi ringrazia… con la sua flebile voce continua a biascicare ringraziamenti, mi chiama eroe… che esagerazione! Ma la sua vista mi ha colpito. Lui era quello che sono io… quindi anch’io diventerò così? Quando non potrò più combattere, diventerò un vecchio bitorzoluto semicieco, buttato in qualche bar a chiedere l’elemosina, solo, e dimenticato dal mondo, a benedire chiunque mi butta una monetina, impietosito? No, questo non può essere il mio destino! Boris Huznestov che chiede la carità? Ma non scherziamo! Mi siedo al bancone, appoggiando la mitra nello sgabello in parte.
La cameriera mi guarda. È una ragazza sui diciassette, e ha dei bei lineamenti, sebbene la guerra non le permetteva di spendere tempo e soldi in trucchi. Non aveva un filo di rossetto, ma il suo sorriso mi scaldò comunque il cuore. Cerco altre monete in tasca, ma è inutile… so bene che quelle che avevo le ho date tutte al vecchio…lei mi guarda, capisce al volo. Ciò nonostante, mi chiede comunque:
“cosa prendi?” resto per un attimo stupito.
“Mi piacerebbe una birra, ma non avrei di che pagarti…” lei sorrise e prese una bottiglia di birra dal frigo.
Sbirciando, notai che era quasi vuoto.
“è da tanto che non vedevo qualcuno rinunciare alla sua bibita per il vecchio Mobi… questa te la offro io, se permetti!” la cosa mi fece felice. Guardai meglio la ragazza. Aveva il sorriso in volto, ma i suoi occhi trasparivano una grande tristezza…
“Come ti chiami?” chiesi senza pensarci. Lei mi guardò negli occhi. Moltoprobabilmente la gente lì non badava molto a lei, e pensava agli affari propri… dopo quell’attimo di stupore rispose:
“Alexandra, mi chiamo Alexandra…” disse. “Bel nome…” le risposi.
Fuori, in lontananza, si sentono le bombe. Un’altra battaglia sta cominciando, nel fronte americano.
Prendo la birra e ne bevo un sorso.
All’improvviso la porta si apre. Due ragazzi, una femmina e un maschio, stanno trasportando un terzo.
“Mettiamolo qui…Aly, prendi le bende.” Dice lei. Il ferito è un soldato americano. I apelli biondi spuntano da sotto il berretto. Ha l’intera gamba sinistra sanguinante, che macchia il pavimento.
“è tutto quello che ho…” dice Alexandra portando delle bende. Si vede subito che sono troppo poche.
“non sarà sufficiente per curarlo.” Dico subito. La ragazza mi guarda. Ha i capelli scuri, violastri, la faccia segnata da due occhiaie, l’espressione stanca. “sei un medico?” mi chiede.
“No.” Rispondo. Alexandra mi si mette in parte e inizia a srotolare una garza.
“Come ti chiami, ragazzo?” chiedo. Lei mi guarda, sofferente, ha gli occhi azzurri.
“M…Max…Mizuara…” mi dice a fatica. “Il tuo gruppo non ha un medico?” chiedo. Lui fa cenno di no con la testa. Il sangue cola abbondante.
“V- vi prego…a casa..ho due figli…” dice. All’improvviso, mi viene in mente l’unica possibilità per salvarlo.
“Qui non ce la farà mai. Portiamolo al campo medico del mio blocco. Il medico è un mio conoscente, lo può ancora salvare…” dico. Loro tre mi guardano. Alexandra, i capelli medi color nocciola, l’altra ragazza, e anche il terzo ragazzo, i capelli di un insolito colore arancione. Avranno avuto tutti più o meno la stessa età.
È la ragazza dai capelli violastri ad alzarsi e aprire la porta. Mi rendo conto di quanto imfuriasse fuori la battaglia. Le bombe facevano saltare per aria gli uomini.
No, era impossiile correre là fuori con un ferito fino al mio campo… No, è impossibile.
“Curiamolo, forza!” dice suito Alexandra. Max suda freddo, la gamba ha numerose ferite da proiettile e pezzi di vetro nella gamba. Ma nessuno di noi è in grado di salvarlo, ce ne rendiamo conto subito tutti. Con un ultimo, faticoso respiro, il ferito americano non ce la fa. È scivolato nella morte.
Alexandra si asciuga una lacrima.
“Ancora una vittima della guerra.” Dice il ragazzo dai capelli arancioni.
“Sarà così per sempre…la pace è così lontana che è diventata un puntino…” dico.
“Ma ancora si vede…” risponde lui. Resto stupito. Esiste ancora qualcuno che crede nella possibilità della pace?
“Sono d’accordo.” Aggiunse Artemisia, posando una mano sugli occhi di Max.


-Yuri-


Si, sono stato bravo in battaglia. Merito di essere molto di più che un semplice soldato. Ma dov’è Boris? Al campo medico mi hanno detto che era andato al villaggio. Ma ora non lo posso raggiungere. La fuori c’è un’altra battaglia, sembrerebbe fra americani e giapponesi…
Magari adesso è in un bar in compagnia di qualche ragazza e una bella birra…
Lo spero…spero che non sia nel campo di battaglia…mi fa preoccupare…rientro nella grande tenda dove dormiamo in una ventina…. Alcuni soldati che conosco mi salutano, si stanno riposando dalla battaglia di questa mattina, in attesa di ricevere quella sbobba che chiamano rancio…un paio di loro sono fasciati. Noto che ci sono alcuni buchi, fra le brandine.
“Igor, dove sono gli altri? Marco, Luji e i suoi tre fratelli…” chiedo. Il ragazzo che ho chiamato mi guarda, abbassa lo sguardo…ah…non ce l’hanno fatta…
“mi spiace…” non è vero più di tanto…in fondo, li conoscevo appena… erano solo compagni in questa disgraziata sventura chiamata guerra…
“E…non è che hai visto Boris?” chiedo. Lui mi guarda.
“Boris? Il tuo amico? Non lo vedo da dopo la battaglia…” mi dice. Già, che mi aspettavo, che l’avesse visto?
Dove sei, amico mio?

-Kay-

Fuoco, esplosioni…da tanto tempo sono stufo…la vista rivinata dalla vista delle ferite, l’udito stanco del rumore degli spari, la pelle esausta dei cambiamenti di temperatura, di sudare freddo…sono stufo di sentire l’odore del sangue, e di mangiare male…
A volte mi chiedo perché esistano le guerre…
Sono nel campo medico, ho fatto chiamare il capomedico. Lo vedo arrivare, i suoi capelli neri, il viso sudato e stanco, anche più del mio, di tutto questo.
“Signor generale…” Già, sono un generale… eppure, molti soldati sono più bravi di me… come quello Yuri… ma io ho reso dei grandi servigi…ho salvato una persona importante, il figlio del presidente russo…
“Mi dica, dottore…” Lui scosse il capo con fare sconsolato.
“Mi spiace, ma la situzione non svolge al meglio… non abbiamo materiale sufficiente per curare tutti, il numero dei feriti vivi è molto inferiore a quello dei feriti che non siamo riusciti a salvare…”
è stanco, deve aver lavorato tutto il giorno….ha in mano un piatto, con quella che è la sua, ben misera, rispetto a quanto ha lavorato, cena. Una vaschetta di carne secca, una piccola bottiglietta di acqua e un pacchetto con una decina di biscotti energetici.
Ci stiamo incamminando per il campo. Per terra, molti segni di sangue, medici e dottoresse, infermieri e infermere, si riposano un attimo, dopo aver lavorato ardentemente tutto il giorno a disinfettare infezioni, amputare, fasciare, correre a destra e a sinistra… per poi vedere i loro risultati sprecati, resi vani dalla morte…
All’improvviso mi sento tirare il vestito. Guardo, vedo che è stato un bambino. Avrà avuto sette anni scarsi. Ha il torace completamente fasciato.
“cosa c’è, bambino?” chiedo, con quanta più gentilezza posso esprimere. Lui mi guarada dal basso, con gli occhioni luccicanti.
“Dov’è il mio papà?” chiede. Io mi volto verso Rey. Lui scuote la testa. Questo bambino non ha più un padre. “Non lo sappiamo, ma mentre lo cerchiamo, vuoi venire con me?” chiedo. Non voglio lasciarlo solo, ad aspettare in mezzo a tanto dolore chi non tornerà mai. Lui annuisce.
“Ho fame…” dice. A quel punto Rey gli da l’intero pacco dei suoi biscotti.
“Magari non saranno ottimi, ma la fame te la tolgono….” Dice gentilmente.
“Grazie, signore….” Risponde il bimbo. Poi lo prendo in braccio.
“Gli hai dato gran parte della tua cena…sicuro di non avere troppa fame dopo?” gli chiedo. Lui sorride.
“Facciamo così…dopo la battaglia, andiamo in paese…ti offrirò qualcosa….” Decido. La metto giù in un tono a cui lui non può rifiutare.
“Ok…” accetta.


-Yuri-


La battaglia è finita. Ma di Boris neanche l’ombra…. Mi sto preoccupando davvero tanto. E se fosse… no, ma cosa vado a pensare, Boris non può essere morto… sarà in giro per il fronte, ecco tutto…E sono sicuro che se lo vado a cercare…ma ora c’è il coprifuoco…se mi beccano, sarò in punizione per settimane…
Cosa faccio?


Cosa ho fatto? Che domanda…sono andato, non posso restare con l’ansia di non sapere dove sia…
Il fronte poco illuminato mi permette di muovermi nell’ombra. Fa freddo, nonostante sia estate…
Vedo in lontanaza le luci del paese vicino…unh…magari è lì!
Mi avvio a piedi. Ho paura ad attraversare tanto spazio scoperto da solo…se Boris non è lì….comincierò davvero a credere che sia morto… Se è lì lo uccido io!
In una decina di minuti finalmente arrivo al villaggio. È davvero piccolo, tutti sono rintanati nelle case, le luci accese… quando trovo il bar, finalmente entro. È molto piccolo… l’interno è in legno. Al banco c’è una ragazza. Parla con un ragazzo dai capelli arancioni,e con…
“Boris!” lui si volta, mi vede. “Yuri!” l’ho abbracciato così forte che forse gli ho un po’ mozzato il fiato… ma non mi importa! “Se uno scemo, Boris! Mi hai fatto prendere un colpo!” gli dico.
“Così tu sei Yuri?” chiede la ragazza con cui Boris stava parlando. “Piacere, Alexandra! Boris è venuto qui presto, ma causa la battaglia, non è potuto rientrare…non è stata colpa sua…”
Subito dopo un’altra ragazza esce dal retro con un vassoio. Si volta, mi guarda, le cade il vassoio.
“Yuri?” come fa a conoscermi? Chi è questa ragazza?
“La conosci?” Boris fa la stessa domanda che mi sto facendo io in quel momento.
“MA come, Yuri…non ti ricordi di me?” Prende in mano il suo ciondolo, un cuore spezzato. Sembra proprio l’altra metà…di quello che ho io… ma non può essere lei… lei è morta tempo fa… in un incidente…
“Dove hai preso quell’oggetto?” le chiedo. “Me l’ha regalato un bambino, il mio vicino di casa, dieci anni fa. Poco prima che un incidente stradale mi facesse quasi annegare in un fiume…” disse lei… eppure…può essere davvero lei?
“Artemisia?” chiedo dubbioso. Lei sorride, fa cenno di si con la testa.
“Abbiamo dueamici ritrovati…da bere per tutti, signorina!” una voce ci fece voltare tutti. Oh no..
“Signor generale!” io e Boris ci mettiamo sull’attenti. È proprio lui, in compagnia del medico, con un bambino in braccio. E adesso? Mi metteranno in punizione?

-Rey-

Non mi aspettavo di incontrare qui loro due…
“Buonasera, Yuri, Boris… signor Brooklin… Alexandra, Artemisia, spero che ve la passiate bene…per quanto si possa stare bene in guerra.” Li conosco tutti. Le due ragazze sono due sorelle che spesso vengono a dare una mano…E specialmente con Aly ho un buon rapporto.
“Allora, Ivanov, Huznestov…cosa fate in giro?” chiede il generale ai suoi soldati.
“Garantiamo noi per loro. Erano qui prima dello scontro di oggi pomeriggio, non potevano tornare prima.” Dice Aly.
“Se lo dice lei, ci si può fidare.” Dico, sedendomi al bancone. Lei mi si avvicina.
“Allora dottore, cosa le servo?” chiede.
“Quello che hai…” le dico.
“Per me un bicchierino di vodka…” dice Kay sedendosi nello sgabello sgangerato.
La ragazza ci serve due bicchieri di Vodka. Poi vedono il bambino, tranquillamente addormentato un braccio a me.
“Lo dia a me, lo metto a letto.” Dice Artemisia. Lo prende in braccio, e va nel retrobottega. Yuri si alza e la segue.
“Come va il braccio?” chiedo, più che per non far notare l’assenza di Ivanov.
“Meglio, grazie… sento di poter riprendere a combattere anche subito, signore.” Disse.
“Meglio se ti riposi…” rispondo.
“Già…meno si impugnano armi meglio è…” dice il ragazzo dai capelli arancioni.
Intanto il vecchio mendicante continua a russare. Faccio scivolare nel cappello un paio di monete.
Stavamo per riprendere a parlare, quando si sentì un botto.
“Cos’è stato?” chiedo. Veniva dall’accampamento. “Che succede?” Yuri e Artemisia fanno ingresso nella camera.
Alexandra apre la porta. Assume uno sguerdo di terrore. “G-generale…venga a vedere…” dice. Mi avvicino anch’io. Dal nostro campo si sprigionano dei bagliori tipici di…
“Un bombardamento! M***a! Huznestov! Ivanov! Venite! Dobbiamo raggiungere i soldati!” Si precipita fuori.
Boris lo segue. Yuri fa per andare, ma artemisia lo tira per un braccio. “Aspetta! Ci siamo appena ritrovati! Non voglio perderti ancora!” lui si libera.
“Tornerò, tranquilla, devo aiutare Boris e i miei compagni!” in un attimo, anche lui sparisce
“Devo andare anche io, ragazze. Ci saranno dei feriti!” Esco dal bar, mi dirigo al campo medico più in fretta che posso.

-Kay-

Perché me ne sono andato! Sono il generale, avrei dovuto restare al campo pronto ad ogni evenienza!
Invece no! Sono andato a riposarmi ad un Bar! Che razza di comandante sono?
Arrivo alle porte del campo. Dentro si sente l’odore di bruciato. Entro dentro. I miei uomini si stanno egregiamente difendendo da quest’attacco, ma hanno bisogno di un comandante.
Riesco ad arrivare fino alla mia tenda. Prendo un mitra F5 carico, e inizio a combattere. Sento le bombe che mi cadono in parte, le urla delle persone, calpesto uomini e ne uccido altri.
Ormai è evidente…con l’ausilio della notte, l’esercito cinese è penetrato nel forte.
Ho il fiatone, conbatto con tutto me stesso per aiutare il mio blocco, e uccido un gran numero di vite. Mi fermo un attimo. Cerco con gli occhi soldati nemici. Poi, un colpo alla testa. Un dolore fortissimo, sento il mio corpo che cade a terra, il mondo si fa buio…


-Boris-


Un’attacco a sorpresa… tipico dei giapponesi… è solo un esercitino, non potrebbero vincere uno scontro diretto.
Ho ancora il mio mitra mezzo carico dalla battaglia di questa mattina. Non è il massimo, ma è sufficiente… Sto correndo avanti e indietro per il campo, con l’aiuto di Yuri e alcuni amici, stiamo riuscendo a far uscire molti dei soldati fuori dal forte, nel campo aperto dove quest’oggi già due battaglie si sono svolte.
Vedo un giapponese lanciarmi contro una bomba a mano. Corro,e evito che l’esplosione mi colpisca saltando via. Prendo il mitra e uccido il soldato che mi stava per colpire con una scarica di dieci proiettili.
Vedo Yuri in parte a me. “Accidenti! Dov’è il generale, quando c’è bisogno di lui? È sparito!” mi dice, continuando a uccidere soldati. Mi rialzo. “Non lo so! Credevo che fosse con voi!” dico, riprendendo anch’io a sparare.
Vedo un’ombra furtiva scivolare dietro i muri di legno del nostro campo. Mi avvicino, ansante. Mi accorgo che è una ragazza, un’infermiera cinese. Ha un fiocco rosa fra i capelli. Appena si accorge di me subito si spaventa, fa per scappare. Ma io le punto contro il mitra, le intimo di fermarsi, e lei obbedisce. “Cosa ci fai qui?” chiedo minaccioso. Anche se non farei male ad un’infermiera, a meno che non mi costringano. Lei è impaurita, forse troppo per rispondermi. “Chi sei?” le chiedo ancora.
“M-mi chiamo Mao…la prego, signore… non mi faccia male…” implora.
“Mao…vai dai tuoi amici, e non farti rivedere…farò finta di non averti visto…” non so neanche io perché sono così magnanimo…
Lei corre via.
Poi sento qualcuno dietro. Un nemico? Mi volto di scatto. Ah, è solo Yuri…
“Io l’avrei uccisa…” dice, prima di tronare a sparare. Sorrido leggermente. Non è vero, se l’avesse voluta uccidere, sono certo che l’avrebbe fatto…
Combattere…combattere… non ne posso più! Tanto so che i giapponesi non possono competere con la bravura di soldati come quelli russi, che presentano punte come me e….
“Yuri?” dov’è? Dov’è finito?
“Yuri, dove sei?” Lo so, dovrei combattere, ma non vederlo mi mette a disagio. Ah, eccolo lì…sta per colpire un soldato… Uno dei pochi rimasti…capelli blu scuri, da quel che vedo, non è molto alto. Ma è velocissimo. Uno sparo. No…non è possibile…non può essere…Non è vero…Yuri sputa sangue dalla bocca, e un istante dopo, si accascia a terra…
“NOO! Yuri!!!!!!!!!” Mi avvicino di corsa. Sento lacrime umide scivolarmi sulle guacie. La dignità di un soldato che sparisce in un attimo. Mi inginocchio vicino a lui così velocemnte che mi faccio male alle rotule, ma non me ne curo.
Lo sollevo un attimo. Ha la giubba completamente rossa di sangue…
“Yuri!” Non risponde…
“Yuri, Yuri! RISPONDI Yuri! Non poi essere morto!” Le mie lacrime, lacrime che non sono sciese mai, tranne forse quando sono nato…le mie lacrime cadono sul rivolo di sangue che gli cola dalla bocca…
“YURI!” lo so…non risponderà mai più… chino lo sguardo. Tremo. Mi vola in parte un mitra. HA ancora molti proiettili da sparare. Alzo lo sguardo. Il soldato che ha ucciso Yuri, il mio amico Yuri…
Mi alzo di scatto prendo il mitra, sparo e uccido come non ho mai fatto prima. Non ragiono più…Hanno ucciso Yuri…non posso perdonarli!
“Morite, maledetti B*astar*i!” Lacrime e spari…mi vendicherò…io li ucciderò tutti… tutti…


finito... ho male alle dita dallo scrivere, ma mi piiace questa fic! commentatela!
 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: