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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: ...TI AMO.
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: desert-island galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/04/2005 21:54:45

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CAPITOLO 4
- Capitolo 1° -

Le ore scorrono lente. Cerco di concentrarmi su quello che sta dicendo il professore seduto sul bordo della cattedra, ma, nonostante tutti i miei sforzi, non sono in grado di riuscirci.
Il mio torace è in prossimità di scoppiare.
Sento tutto il mio corpo bruciare appena sotto la pelle.
È un dolore insopportabile.
Mi tremano le mani.
Sto battendo i denti.
Ho freddo.
Ma cosa peggiore di tutte…ho il cuore dilaniato.
Sospiro, lascio che lo sguardo si perda fuori dalla finestra.
Sono nuvole minacciose quelle che vedo, cariche di pioggia.
C’è solo un piccolo squarcio di luce in un punto, attraverso il quale riesco a distinguere una striscia di cielo lucente, di un viola gelido.
Gelido come le mie labbra in questo momento, labbra che sembrano di piombo.
Come tutto il mio corpo.
Come la mia mente.
Come i miei occhi che non riesco quasi a muovere.
Sovrapposto a quello che guardo,
vedo flash ripetuti all’infinito,
flash tremolanti,
offuscati,
indistinti,
distorti,
sfuocati.
Flash che non vorrei vedere,
flash che mi fanno soffrire da morire,
e che non svaniscono se scuoto la testa…
un flash.
Vedo Hanamichi.
C’è buio e fa freddo.
Lo illumina la luce debole di un lampione del vicolo deturpato dalle buche e disseminato di rifiuti in cui si trova.
Un altro flash.
Ha i capelli del color del sole al tramonto, nonostante la luce sia scarsa.
La sua capigliatura è inconfondibile.
Sorrido.
Un altro colpo di luce, abbagliante.
Hanamichi non è solo.
Il mio sorriso svanisce.
Ancora un raggio accecante.
È con Youhei.
Abbracciato a Youhei.
Lui e Youhei.
Sento una freccia trapassarmi il torace.
Da parte a parte.
Un altro lampo guizzante.
Hanamichi non sta solo abbracciando il suo amico.
Lo sta anche baciando.
Lui sta BACIANDO Youhei.
Sta baciando Youhei e non me.
Non me…
Un ultimo sprazzo di luce folgorante li illumina.
E il mio cuore non regge.
Lo sento scoppiare dentro di me, i brandelli che si sparpagliano e vanno a sbattere contro la carne che incontrano lungo il loro slancio.
Sento il mio sangue allargarsi rapido in tutto il torace, mentre la vista si appanna.
Ho caldo, poi freddo.
Le gambe mi cedono.
Poi il buio.
Totale.
Quando riapro gli occhi ho Sakuragi che mi tiene preoccupato fra le braccia.
Va tutto bene… sto meglio…
Ora che ci sei tu.
Ti avvicini al mio viso e le nostre bocche si scontrano.
Premi le tue labbra contro le mie, le allontani, le riappoggi mentre le apri, le chiudi e le dischiudi di nuovo.
Ho capito.
Sono morto.
Sono morto e tu sei il mio angelo.
La mia illusione.
Un’illusione che è la fine del mondo.
La realizzazione finale dei miei desideri.
L’illusione di un angelo di fuoco che mi bacia con ardore, intrecciando la sua lingua alla mia in una danza sensuale e seducente, mentre mi avvolge nel suo calore.
Un calore che aumenta.
Sempre di più.
Ho caldo.
L’aria scotta.
Spalanco gli occhi.
Tutt’intorno è nero.
È il nulla al negativo.
Sei forse un demone?
Ti cerco ma tu diventi una fiamma come le altre che mi circondano, formandosi dal nulla.
Tu sei quella più maestosa.
Sento echi di voci che urlano, che invocano il mio nome.
La tua è un ghigno spaventoso.
E nella fiamma più grande, dopo di te, si delinea il volto ardente di Youhei.
Una fiamma che si avvicina sempre di più e mi scotta la pelle.
Emette un ringhio che mi circonda, un ringhio cupo, inarticolato.
Guardo con orrore gli occhi di Mito che, friggendo, si infossano e diventano cavità oscure.
Tra le fiamme incandescenti serpeggiano strisce d’ombra.
E da essa si stendono braccia, con le mani che cercano di afferrarmi.
Sono mani marce, accartocciate, bruciate, mutilate.
C’è odore di carne arsa, la sento sfrigolare.
Odo lamenti gutturali, striduli, confusi.
E non riesco più a muovermi.
Sono pietrificato dal terrore.
Ho lo sguardo fisso sull’immagine ardente di Youhei che avanza demoniaco verso di me senza alcuna fretta.
Non ho scampo.
Mi manca l’aria, ho i polmoni in fiamme.
Qualcosa di gelido e ustionante mi afferra una caviglia, lacerandomi la carne.
È una mano con due dita mozzate, le unghie spezzate e che appartiene a un braccio rotto e marcio che mi ha attanagliato la gamba e non ha intenzione di lasciarmi andare.
Mi tira verso il basso, verso il buio che si apre a squarci tra le fiamme.
Un calore bruciante come il fuoco mi risale lo stomaco fino a raggiungere la gola.
Sussulto in preda al terrore sentendo una pioggia di fuoco ustionarmi le braccia.
Non riesco più a respirare.
Sono bloccato.
Youhei è ormai vicinissimo.
Ha le fauci socchiuse, collegate, l’una all’altra, da dei filamenti di fuoco e sangue che continua a sgorgare da lui stesso.
O forse è quello che esce dalla mia caviglia, che si aggroviglia tra le ossa che mi trattengono e risale lungo la sua fiamma fino a perdersi nella sua gola?
Con una velocità disumana spalanca la bocca,
i filamenti che si allungano e s’incurvano verso di me,
sfrangiandosi quando mi inghiotte,
mentre un urlo disperato riecheggia senza fine
nel buio ormai totale.


Mentre mi avvio verso il terrazzo ripenso all’incubo avuto in classe.
Mi sono svegliato di colpo tremando.
Sudavo freddo.
Vedere Hanamichi insieme a Youhei, ieri sera, mi ha davvero shockato.
Probabilmente aveva saltato gli allenamenti apposta per stare con lui…
Mi stringo nelle spalle. Non è la fine del mondo.
Ho solo l’impressione che lo sia.
Sul terrazzo non c’è nessuno.
Certo, figuriamoci se Hanamichi viene… ora non farà che dedicare tutto il suo tempo a Youhei..!
Rabbrividisco.
Fa freddo. Dal cielo grigio ha cominciato a cadere una pioggia deprimente.
Mi scorrono davanti le ennesime immagini di Sakuragi e Mito intenti a baciarsi e a scambiarsi effusioni e, al ricordo, lacrime dal sapore salato dell’aringa d’inverno mi scivolano lentamente sulle guance.
Mi sono sbagliato. Ho commesso un terribile errore.
Credevo di riuscire a non farmi odiare da lui, di potergli far capire col tempo ciò che provo.
Ma ho aspettato troppo a lungo.
La speranza, che nutrivo, di poter avere anche una sola possibilità su un milione per avvicinarmi a lui si è dissolta come il calore del deserto scompare all’avvicinarsi della notte.
Lui non c’è, e il cielo è coperto da nuvole nere.
Con un urlo
vorrei farle svanire ma è il loro tuono che spacca la mia mente.
Sto terribilmente male.
Nemmeno la pioggia che cade a torrenti può cancellare la mia angoscia.
Mi viene da piangere.
Ma come ho fatto a ridurmi così…?
Mi siedo alla base del muro, e lascio che gli occhi mi si velino di lacrime.
Scoppio in singhiozzi e, poco dopo, in 1 pianto dirotto.
<Ka..Rukawa…>.
Alzo di scatto la testa.
Non so quanto tempo sono rimasto così, ad ascoltare lo scrosciare della pioggia cercando di fermare i singhiozzi.
Lo fisso con gli occhi sgranati, le guance che si stanno irritando per il sale.
<Ma tu stai…>.
Non continua.
È ovvio quello che sto facendo. Sto versando fiumi di lacrime! E tutto solo per colpa tua!!
Per colpa SOLO ed ESCLUSIVAMENTE TUA!!!!!
TI ODIO, TI ODIO, TI ODIO CON TUTTO ME STESSO!!!!!!!!
No.
Non è vero.
Cerco di controllare il cuore in tutti i modi, di avere una strategia di comportamento.
Ma sono tutte cose insignificanti.
Decide il cuore. E quanto decide è ciò che conta.
E il mio cuore ha deciso che ti ama.
Ti ama da impazzire.
<Vattene.>, sto respirando affannosamente, cercando di controllare il dolore che mi attanaglia il petto.
<No. Dimmi che cos’hai.>.

<Dimmi che cos’ hai, dimmi perché piangi. Cos’ è che ti fa stare così male…?>, mi chiedi. È davvero una nota di dolcezza, quella che percepisco nella tua voce?
Ma mi ritornano in mente spezzettoni di quell’orrendo incubo e mi assale di nuovo la paura.
<Vattene! …Ho detto vattene!!!!!! >.
Lo urlo una volta. Poi una seconda.
Ma Hana sembra non ascoltarmi, come se fosse sordo.
Sto tremando senza sapere che fare.
Vorrei saltargli addosso e baciarlo, ma ,ora che so che è con Youhei, non posso far altro che scaricare tutta la rabbia che sto accumulando contro di lui.
Gli sferro un pugno contro lo zigomo.
Questo è perché stai con Youhei.
Gliene tiro un altro in pieno stomaco. Potente. Cattivo.
Questo è perché mi hai sempre odiato senza un motivo ben valido.
Con un calcio lo colpisco al ginocchio facendogli perdere l’equilibrio.
Ma lui ha i riflessi pronti.
Riesce a prendermi per il bordo della felpa, trascinandomi giù con lui.
Sento il profumo dello shampoo che ha usato l’ultima volta che si è lavato i capelli.
Mi piace.
Lo amo.
Sento le lacrime asciugarsi sulla pelle, lasciandomi invisibili scie di sale sulle guance.
Mi lascio cullare dal respiro irregolare di Hanamichi. Ho la testa ancora sul suo petto.
È bello sentire i suoi muscoli sotto il mio viso.
<Non ho voglia di fare a botte. Sto già male di mio, perciò non mi servono ulteriori lividi che mi facciano stare ancora peggio.>.
Lo dici tranquillo.
Sollevo la testa dal tuo torace e ti guardo.
Stai male anche tu?
Si. Hai l’aria distrutta.
Mi viene in mente che siamo nella stessa posizione di quando ci siamo presi a botte l’ultima volta.
<Sto male io, sta male Youhei, stai male tu…cos’è? Ci siamo messi tutti d’accordo…?>. la tua voce è dolce.
Mi viene nuovamente da piangere.
Vorrei che ti rivolgessi a me sempre in questo modo. Non acido come tuo solito…
<Cosa ci facevi…?>, ti chiedo.
<Dove?>.
“In quel vicolo a farti Youhei.” Vorrei risponderti.
<Vicino alla spiaggia.>, l’altra sera.
<… Ci vado quando ho bisogno di pensare.>, rispondi.
<Scusa.>, dico.
<Per cosa? Perché mi hai preso a botte appena sono venuto qui?>.
Già. Scusa, non volevo.
<Devo averti disturbato.>, rispondo.
<Ah, giusto. Figuriamoci se ti scusavi per quello!>, sbuffi sorridendo con un’espressione furba. Sei adorabile!

Sono ancora seduto sopra di te, ma tu non sembri farci caso.
<Non preoccuparti.> dici interrompendo il mio silenzio, <Mi hai aiutato a pensare.>.
Io?
<Perché stai male?> ti chiedo senza neanche volerlo.
Quando me ne rendo conto abbasso lo sguardo.
Rimani a lungo in silenzio ma alla fine soddisfi la mia curiosità:
<Perché sono un idiota che non sa dichiararsi alla persona che ama e perché faccio soffrire gli amici perché sono un insensibile che non capisce mai un cazzo.>.
L’ultima cosa è vera….
Ma sono triste:
adesso so che ami qualcuno.
Che non sono io.
E voglio sentirtelo dire, tanto per stare ancora più male.
Beh, almeno, poi, non avrò più dubbi.
<Chi è…….?>.
Silenzio.
<Non ha importanza… Comunque non mi corrisponde…>.
Ah…no,aspetta…cosa? No? Ma allora…
<Tu e Youhei…>, qui c’è qualcosa che non torna… <Vi ho visti…ieri…>.
Il mio è quasi un sussurro, coperto dalla pioggia che scroscia imperterrita senza sosta.
Mi scosto imbarazzato per essere ancora su di te.
Mi alzo e mi appoggio con la schiena contro il muro, il peso spostato su una gamba.
<…>.
<E’ lui?>.
<… no.>, mi dici. E io mi sento rinascere. <Avrebbe voluto. Ma per me non era lo stesso. Mi dispiace. Gli voglio bene. Youhei…>.
Invochi il suo nome con un tono dolce.
<Ma voi… stavate…>, mi schiarisco la gola, per andare avanti. Non sono abituato a parlare. Ma non ce ne è bisogno. Tu sai capire le mie domande, sai leggermi nel pensiero.
<Qualsiasi cosa hai visto, è successa perché l’ho lasciato fare. Ha sofferto già troppo a causa mia. Non volevo rovinare quel momento. Non volevo rovinare la nostra amicizia. Stava soffrendo per colpa MIA, ed era con ME che si stava sfogando…non l’ho mai capito. E gli ho parlato della persona che amo senza mai capire da quanto lui amava me… che imbecille…>.
Non so come poterti sollevare il morale mentre vedo riaffiorare nei tuoi occhi la tristezza che devi aver provato in quegli istanti.
<E tu?>, mi chiede.
Lo guardo.
<Perché sei ridotto ad uno straccio come me e Youhei?>.
Resto in silenzio. Sto cercando una risposta sintetica.
<Lo stesso problema…>, mormoro.
Mi guardi.
Ti guardo.
Hai assunto un’espressione malinconica.
L’aria fredda ti sferza il viso e tu socchiudi gli occhi.
Il soffio del vento somiglia all’ansimo di una tigre.
Non aggiungi niente
E rimaniamo vicini,
in silenzio,
a contemplare la pioggia che scintilla sulle tegole…


Sto sorridendo.
Beh, è ovvio che esteriormente la cosa non è affatto visibile, ma sto sorridendo.
E sei tu che mi fai sorridere.
Mi fai sorridere il cuore,
gli occhi, l’anima…
Sei tu che sei sempre al centro dei miei pensieri,
tu che mi sei accanto. Dovunque vado.
Tu che sei sempre ovunque guardo.
E ci sei anche adesso. Concretamente.
Sei esattamente di fronte a me, a qualche metro di distanza.
Ti stai infilando una felpa rosso fuoco.
Peccato che io ti stia volgendo le spalle.
Non posso vedere lo spettacolo di te accaldato appena uscito dalla doccia a fine allenamenti.
Hai giocato bene, oggi.
Beh, ovviamente non arriverai mai a battermi.
O forse sì…?
Comunque stai decisamente migliorando negli ultimi tempi!
Hai cominciato a mostrare il tuo vero talento durante la partita che abbiamo giocato poco tempo fa contro il Ryonan.
Quella volta sei riuscito a bloccare Fukuda, poi Sendoh…e anche Uozumi.
Penso che il tuo fosse stato puro istinto…sì, una reazione istintiva.
In effetti eri del tutto scoordinato e inesperto,
ma riuscivi, e riesci, comunque a confondere l’avversario.
E intanto, devo ammettere che la tua tattica funziona…!
Forse non sei poi così inesperto…
A volte riesci a giocare come un fuoriclasse.
Hai davvero fatto dei grandi progressi…
Il basket è un gioco di movimento, dove tutti devono essere attivi, per smarcarsi e poter ricevere passaggi, per tirare e realizzare tiri a canestro.
E tu, ora, riesci quasi ad essere e a fare tutto questo.
Oggi ho trascorso il tempo ad osservare incantato i tuoi gesti coordinati, calibrati, tempestivi e sincroni, eseguiti con armoniche geometrie.
Talvolta non perfetti, ma…va bene, lo ammetto.
Erano davvero eseguiti bene…
Sei migliorato nei passaggi, sia a due mani che ad una; anche in quelli tipo baseball e quelli laterali.
Buoni passaggi procurano buoni tiri, e buoni tiri procurano i punti.
In difesa, però, sei ancora un po’ scarsino…
Non riesci ancora a rallentare e ostacolare bene il gioco dell'attaccante.
Hai debole specialmente la difesa a zona mista.
Ma quella a uomo te la cavi già meglio!
Hanno notato tutti che sei migliorato in quella che per me è l’anima del basket…
Il tiro.
È fondamentale: permette di realizzare i punti.
E, se realizzi punti, vinci le partite.
Ti stai allenando a lungo nel tiro piazzato e in quello in terzo tempo e… beh, sulle tue spettacolarissime schiacciate non ho niente da ridire.
Sono perfette!
Per il tiro in sospensione hai ancora molta strada da fare.
Ma sei migliorato anche nei tiri liberi.
Oggi ne hai segnati 9 su 20. niente male, vista la tua esperienza.
E sei riuscito a mandare nel canestro 3 tiri da tre!
Sì, sempre su 20, però…
Però 4 mesi fa non centravi neanche il tabellone!!!
Hai finito di vestirti e, ora, c’è una strana atmosfera qui nell’edificio della palestra.
Se ne sono andati quasi tutti.
Sento la voce di Ayako che riecheggia nella palestra.
Sta commentando i tuoi notevoli miglioramenti con il coach Anzai.
Lui sta ridendo come un leone marino.
È contento di te.
È davvero fiero di te.
Sai, che vorrei debuttare nell’ NBA in America…,vero?
Non sai quanto vorrei realizzare il mio sogno insieme a te…
O forse dovrei dire “metà del mio sogno”?
Perché, se non lo sai, l’altra metà sei tu…
Ti amo, hana.
Come non ho mai amato nessuno.
Perché non riesci a capirlo?
Io…
Non riesco a dirtelo.
E dire che l’hanno capito tutti!
Tutti tranne te…
<Beh?che cosa stai guardando, tu?!?>, mi chiedi mezzo alterato con la tua, ormai famosissima, voce da Do’aho.
Maledizione!
Non mi ero accorto che ti stavo fissando!!!
<Hn>, rispondo caricandomi la sacca su una spalla.
Esco dagli spogliatoi seguito a ruota da te che chiudi la porta dandole un calcio senza neanche voltarti.
Lo so, ti sto davanti e quindi non posso vederti.
Ma so che l’hai fatto perché la chiudi sempre allo stesso modo quando di solito vai via prima di me, Mitzui e Kogure.
A proposito… chissà perché sei stato così lento, stasera…
I nostri passi risuonano nel corridoio mentre ci avviciniamo all’uscita.
Usciamo nella tarda sera e ci fermiamo nel buio silenzioso del cortile della scuola.
L’orizzonte è nero, seminascosto dalla pioggia che cade ancora fitta come un lenzuolo.
Rimango a contemplarla mentre scintilla sulle tegole, illuminata dalla luce evanescente dei pochi lampioni.
Non ho l’ombrello. E il mio giubbino è fin troppo leggero.
Dannazione!
Sono veramente un Baka!
Siamo ormai a fine novembre e vado in giro vestito esattamente come un mese e mezzo fa…!
Resto un istante immobile,stringendomi nelle spalle per il freddo, incerto sul da farsi.
Alla fine tolgo la sacca dalla spalla e me la sollevo sulla testa.
Non servirà assolutamente a niente,lo so, ma almeno cerco di attardare il momento in cui mi ritroverò bagnato fradicio fino al midollo.
Muovo un passo ed esco sotto la pioggia.
<Hai intenzione di arrivare a casa così?>, mi sento chiedere.
Hanamichi mi sta guardando incredulo e dolce allo stesso tempo.
<Hn>.
Mi hai anche fatto fermare sotto l’acqua, razza d’idiota!
<Scusa, ma casa tua non è a undici isolati da qui?>.
<Hn?>.
E tu come lo sai?
Distogli lo sguardo e ti ficchi le mani in tasca.
Non hai voglia di rispondere alla mia tacita domanda, eh? So che l’hai capita.
Seguo la direzione del tuo sguardo assorto…
In lontananza si vede del fumo levarsi da un comignolo.
Anche io ho un camino a casa, ma non lo accendo mai perché in quello sono un vero disastro, col risultato che vivo nel gelo più completo, sotto strati e strati di maglioni, pantaloni e coperte per risparmiare sul riscaldamento.
<La mia sta nel quartiere dopo questo, a circa duecento metri da qui…>.
Che stai cercando di dirmi…? Non ti seguo.
Torni a fissarmi.
<Puoi tornare a casa con me, se vuoi.>.



No, aspetta, cos’è che mi hai chiesto???
Di venire a casa tua? CASA TUA? TUA????
Rimango a fissarti incredulo, le ginocchia che mi cedono.
<Non disturberesti.>, dici prendendo un ombrello pieghevole dalla tasca laterale della tua sacca.
<Sì, insomma, vieni da me finché non accenna a diminuire di piovere…>, precisi aprendo l’ombrello.
Allora spero che piova tutta la notte…
<Ti prenderesti una broncopolmonite!>, accenni un lieve sorriso mentre ti avvicini a me riparandomi sotto il tuo ombrello.
Ho seriamente paura di svenire ai tuoi piedi.
Ti fisso sbalordito.
Sei così vicino…
Ringrazio il buio che nasconde l’evidente rossore delle mie guance.
Continuo a guardarti senza riuscire a proferire parola.
Sembra che tu lo prenda per un sì, e ti dirigi piano verso l’uscita della scuola.
Inconsciamente ti seguo, tanto per non rimanere sotto l’acqua.
Sì, a quanto pare,verrò a casa tua…

Superiamo insieme il cancello della scuola e ci avviamo lungo la strada principale.
Mi sento leggermente nervoso.
E non riesco a comprenderne appieno il motivo.
È perché devo venire da te?
È perché ti cammino vicino senza potere fare nulla?
O, ancora, perché vorrei tanto parlarti, riempirti di domande, ma non riesco a dirti niente…?
Forse… è tutto insieme.
Rimaniamo su questa strada per circa un centinaio di metri, poi svoltiamo a destra e imbocchiamo una via più piccola.
Apro la bocca ma nella mia gola non nasce nessun suono; il mio fiato si perde nell’umidità come uno spirito.
Silenzioso, si libra nell’aria gelida e si dissolve lentamente.
È forte, il flagello insopportabile della pioggia non è in grado di abbatterlo.
Si innalza, si espande e poi svanisce.
Ma so che è ancora qui. Intorno a me. Intorno a noi.
Ho freddo, vorrei stringermi a te.
Io… proprio io… assurdo…
Vorrei sentire il calore delle tue braccia forti avvolgermi in un abbraccio protettivo.
Ma tu non ti accorgi dei miei pensieri che a me sembrano diventare visibili e congelarsi in quest’aria glaciale, e ti limiti a continuare a camminare.
E io tengo il passo, lo sguardo puntato a est, nel cielo notturno.
È nero e infinito, interamente coperto dalle nuvole che riversano a torrenti questa pioggia freddissima.
Ci incamminiamo in un vicolo immerso nella penombra, a sinistra.
A parte la luce fioca proveniente da qualche abitazione, ovunque regna il buio assoluto.
Ascolto lo stridio di un tram farsi sempre più indistinto, a causa della pioggia che scroscia.
Pare che questa abbia raggiunto la sua massima intensità.
Almeno secondo me.
Dalla vita in giù siamo inzuppati fino alle ossa. PIU’ che inzuppati.
<Casa mia…!>.
Ti fermi e sorridi.
Amo i tuoi sorrisi, sai?
Mi tengono compagnia, anche quando tu non ci sei.
Mi fanno coraggio quando ho paura e sono in crisi.
Perché i tuoi sorrisi sono come il sole del mattino…
Illuminano la strada e riscaldano il cuore…
La MIA strada e il MIO cuore…
Un cuore che è esattamente come il camino che ho in sala…
Sempre spento, ma che s’accende come d’incanto con una tua semplice risata.
La tua ilarità, che risplende nei tuoi occhi, è quella scoppietta nel mio cuore, che lo accende come nessuna altra cosa è in grado di arderlo a tal punto.
<Beh? Che fai? Non entri?>.
Mi riscuoto dalla momentanea trance e ti guardo.
Mi stai ancora sorridendo tenendomi aperto il cancellino di casa tua, con il braccio che impugna l’ombrello allungato verso di me, per impedire che io possa bagnarmi.
Sei proprio un Do’aho! Così ti bagni tu! Perché lo fai, poi…
Entro e, mentre ti seguo, mi guardo un attimo intorno.
A destra e a sinistra il piccolo giardino davanti a casa è cinto da basse siepi di sempreverde, ed è diviso a metà da un vialetto composto di mattonelle in pietra grigio perla.
Nella penombra riesco a distinguere l’ingresso e due finestre chiuse.
La porta di casa è riparata da una tettoia.
Mentre traffichi con le chiavi per aprire, osservo il citofono grigio con il pulsante rotondo in metallo.
<Maledizione, devo decidermi a far riparare la luce che dà sul giardino o passerò il resto della serata a cercare di aprire questa dannata porta!Porca paletta…>, borbotti a denti stretti.
<Tzè! Che ritardato…>, commento.
Devo o no tentare di riprendermi…?
<Sta’ zitto tu!>, sbotti con quel tuo fare da solito idiota.
<Che mentecatto…non sei neanche capace di aprire una porta…>, rispondo assumendo l’espressione da Baka a mia volta.
<Vuoi che ti faccia ingoiare la lingua, Rukawa?>, ribatti con un tono da vero imbecille.
Non sai quanto mi piaci quando fai così…! Scoppierei anche a ridere, se la cosa non sembrasse troppo strana!
<Cerca di comportarti meglio…sono tuo ospite!>, gli dico, sempre da Baka, puntandogli un dito contro il petto.
Kami, che musssscoli…
<Chiudi il becco, brutta mignatta!>, sbraiti.
<Sei proprio matto…!>,dico alzando le mani a mo’ di “non ci posso fare niente se è così” guardando una vecchietta che, mentre passa, ci guarda in modo strano.
<Iiiiiiiih!> cerchi di avventarti su di me, ma ti accorgi a tua volta della nonna.
<Sei viscido, vissccido, vissssccccido, sfuggente, vissccido!> dici sussurrando girandomi intorno a scatti come uno spiritello assatanato.
Mi ruoto il dito indice vicino a una tempia, tanto per far capire che il Do’aho ‘un ce sta con la capoccia…
<L’idiota comincia a delirare…>, commento sempre rivolto alla simpatica signora dalle trecentocinquantacinquemila rughe.
Quella scuote la testa e si allontana sconcertata.
Certo che Hanamichi sa farmi tornare il buon umore, non c’è che dire!
Oooooh,matuguardaèriuscitoadaprirelaporrrrrrta……
Resto sulla soglia.
Da quello che riesco a capire, l’abitazione è piccola, ma a due piani.
Sono a casa di Hanamichi…
<Benvenuto nell’umile dimora del supermegafantastico Tensai!>, mi dici gasandoti e con un sorriso a quattrocentotrentasette denti.
Riesci a battere Sendoh, in questo… abbozzo un lieve sorriso, o meglio, increspo un lato della bocca e sembra quasi che tu ne rimanga affascinato…
Ma no, che dico! Scommetto che stai già pensando di potermi picchiare indisturbato per tutta la sera, visto che non c’è nessuno che ci possa fermare…
<Seguimi, andiamo in camera mia. O preferivi stare giù?>.
Scrollo le spalle facendo una smorfia, tanto per farti capire che la prima proposta non mi va neanche male.
Mentre ti seguo, scorgo a sinistra una piccola cucina con un tavolo posto contro il muro, atta a ospitare un massimo di tre persone.
Al contrario di casa mia, che è più in stile occidentale, al posto delle sedie ci sono le Ki, piccole e capienti panche.
Sono dei piccoli ripostigli per le cose da tenere a portata di tavolo, e la seduta è un piccolo tatami, fittamente intrecciato.
C’è un frigorifero incassato in un angolo, una piccola stufa e sul ripiano del mobile della cucina sono appoggiati un forno a microonde, un frullatore e una televisione.
In cima al pianerottolo della scala, uno spazio abbastanza ampio è occupato da un divano, una poltrona e un mobile su cui è posizionato un mediocre impianto stereo.
A fianco sta una fontana di luce, blu.
Hana deve averci aggiunto qualche goccia di olio essenziale, perché avverto un leggero profumo inebriarmi i sensi.
È un’atmosfera benefica, che rilassa e riarmonizza, quella che si crea in quest’angolo.
Ha gusto, il ragazzo!
Lungo questo tratto di corridoio si affacciano due Fusuma scorrevoli che stanno una di fronte all’altra.
Una è quella del bagno, completo di doccia e lavatrice.
L’altra, è quella della stanza del mio Hana.
La sua casa è piccola, ma lo spazio è sfruttato alla perfezione! Camera sua è quasi grande quanto la mia!
E dire che la mia abitazione è quasi il doppio di questa!
Mi piace la sua stanza.
È accogliente, originale…intima.
Appoggiato contro una parete c’è un letto matrimoniale tipicamente giapponese.
La sua struttura è aerea. I punti di appoggio a terra sono disegnati in modo da non apparire.
Il futon ha dimensioni più ridotte del tatami su cui è posto per far risaltare il piano d’appoggio.
Contro la parete a fianco, è stato messo un Iki in legno con le ante scorrevoli in carta di riso.
Poggiato al muro alla mia sinistra vi è un Biwa, molto simile all’altro armadio.
Infine, nella parete di fronte vi sono due scrivanie, con delle sedie occidentali.
Su un tavolo sta il computer, qualche bloc-notes e una piccola fontana Feng Shui.
L’altro è in balia del caos assoluto, che rispecchia moltissimo il carattere di Hanamichi.
Ci sono alcune piccole scatole di latta, delle forbici, una sveglia, due astucci, un porta cd, delle batterie, un tubetto di colla, una scatola di cioccolatini, un diario e tutti i libri di scuola.
No, dico…TUTTI…
Toh! Quello ce l’ho anch’ io!Neanche ricordavo di averlo…!
Inoltre, ci sono altri libri di thriller, oltre a riviste sul basket e qualche manga, tutti accatastati in pile ovunque vi sia dello spazio disponibile, talmente distorte che sembrano lì lì per cadere.
<Ah, senti, non ti dà fastidio se ti lascio un po’ da solo, vero?>.
Ecco, ti pareva! Mi sembrava fosse troppo strano che tu mi invitassi a casa tua come se niente fosse… certo che mi dispiace, idiota! Che hai intenzione di fare? Andartene?
<Devo andare a farmi la doccia, sai com’è…>, spieghi.
Ah.
Posso venire anch’io?
<L’hai già fatta.>, puntualizzo impassibile.
<Avevo dimenticato il doccia-schiuma, in palestra mi sono solo dato una lavata veloce.>.
Inarco un sopracciglio.
Veramente mezz’ora non mi sembra tanto “veloce”…
<Hn.>, fa’ come ti pare…
<Cercherò di essere veloce!>.
Non faccio in tempo a ribattere che già scompari nel bagno di fronte dopo aver agguantato dei boxer e dei pantaloni asciutti.
Me ne hai lasciato un paio anche a me, sul futon.
Di pantaloni, intendo, non di BOXER!!!!
Anche perché non è che me ne servano DUE…
Fisso i calzoni.
Li riconosco.
Sono i blu jeans larghi a vita bassa che indossava due giorni fa.
E io dovrei mettermi quella roba????
Intanto che mi decido sento cadere qualcosa di materiale plastico in bagno, rumore seguito da un’imprecazione mal trattenuta di Sakuragi.
E sia…
Sbottono i miei jeans neri e abbasso la zip.
Li sfilo e mi accorgo solo ora che l’aria di questa stanza è piuttosto calda, perché non sento freddo.
Prendo i pantaloni blu e li avvicino al viso.
Sanno di fresco.
Infilo piano una gamba e poi l’altra, venendo a contatto con la stoffa fredda che mi fa accapponare la pelle.
Mi dirigo ad uno specchio che non avevo scorto prima e mi guardo.
Questi pantaloni stanno bene solo ad Hanamichi!
Guarda che roba…ci ballo dentro!!!
Saltello sulle mezze punte dei piedi e i Jeans mi scendono pericolosamente.
Constato che mi ci stanno dentro anche due mani messe di traverso!
Razza di idiota, ma che pantaloni mi hai rifilato?!?
Non hai pensato che magaaari sono un po’ più esile di te???
No,certo! Ovvio che un fesso del tuo genere non ci arrivi!
Sento l’acqua della doccia che comincia a scorrere e la immagino lungo il tuo corpo in rivoli luminosi che giocano con la tua pelle creando ipnotizzanti riflessi di luce.
Hai la bocca socchiusa come quella volta sul terrazzo, ora inumidita da gocce d’acqua… rilucenti diamanti che impreziosiscono ulteriormente quella meraviglia di labbra.
Il torrente che scende dal getto della doccia ti scivola lungo i pettorali, massaggiandoli decisa, deviando poi nell’infossatura dello sterno e lungo i fianchi.
Tieni gli occhi chiusi per non irritarli mentre ,con le tue mani stupende,ti insaponi con lentezza i capelli.
Poi ti risciacqui, rilassando i muscoli del viso e lo shampoo scorre piano lungo la tua schiena dorata, i tuoi glutei sodi, le tue cosce potenti, i tuoi polpacci forti…
Un improvviso schianto del temporale mi fa sobbalzare.
E tu sei svanito.
Non riesco a scollare lo sguardo dalla fusuma che nasconde la tua paradisiaca visione di angelo di fuoco immerso nell’umidità.
Alla fine riesco a sedermi sul futon.
Mi sdraio e appoggio la testa sul cuscino.
Rimango un po’ immobile, in silenzio.
Scorgo una tua foto su una scrivania.
Sei davanti allo Shohoku e cingi con un braccio le spalle di Youhei.
Dietro di voi c’è un ragazzo alquanto rotondo che sta facendo l’imbecille con un tipo biondo e riccioluto.
Hai un’espressione sorridente, solare e rilassata.
La stessa che hai assunto dicendomi che se fossi tornato a casa a piedi, stasera, mi sarei beccato una bella broncopolmonite.
Doveva essere ancora estate, quando è stata scattata la foto.
La doccia è ancora in funzione.
Mi alzo e vado a sfiorare con le dita il vetro fresco che imprigiona la tua immagine.
Alzo lo sguardo e mi accorgo di un quadro.
Accidenti…è fantastico!
Sei tu…!
Che stai compiendo una delle tue poderose schiacciate…!
Mi ricordo di quella partita. Abbiamo vinto.
In basso ci sono Miyagi, Sendoh, Uozumi che sta per saltare e…e io. Che ho lo sguardo perso a ammirare la tua strabiliante azione.
Che figura…farmi immortalare così…chissà cos’avrai pensato.
Tu sei sospeso, stai librando nell’aria.
Sei vicinissimo al canestro, stai per segnare.
C’è grinta, nei tuoi occhi. Sicurezza.
Determinazione.
Rabbia.
Da vero giocatore.
È un quadro stupendo,un disegno in bianco e nero, a matita con in basso la foto originale.
C’è il tuo nome, scritto velocemente, appena sopra la foto.
L’hai fatto TU…?
Sposto gli occhi dal quadro alla foto, incantato dal tuo sguardo.
Da quello strafottente e sicuro che mostri di solito, a quello aperto e sincero che non mostri mai.
Ad un tratto si apre la fusuma del bagno tu,
umido d’acqua con solo un asciugamano sulla vita,
ti avvicini a me e mi baci dolcemente prendendomi il viso tra le mani.
Ah, no…quella era la mia fantasia che viaggiava!
Serro la mascella, deglutisco e mi ricompongo.
E ad un tratto mi rendo conto della situazione in cui mi trovo.
A casa tua, tu che ti stai facendo la doccia.
A casa tua, tu che tra poco uscirai da qui e io non potrò fare nient’altro che guardarti e stare male.
Perché non riesco a buttarmi.
In camera tua, tu che non puoi sapere quanto ti sogno.
Che non sai come nascondo le lacrime del mio cuore in un letto dove sfogo abitualmente il mio dolore,
lo stesso letto dove giuro ogni giorno di confessarti tutto il mio vero amore..
In camera tua, senza avere il coraggio di baciarti con tutto l’ardore e la passione che sarei in grado di trasmetterti per farti capire quanto ti amo.
Nella tua stanza a cercare di trattenere le passioni travolgenti che cominciano ad agitarsi dentro di me.
Nella tua stanza a contemplarti in silenzio, immobile.
Devo andarmene da qui.
Rovinerei tutto, se restassi.
Che idiota… dovrei confessarti tutto e invece decido di scappare…
Mi trovo spesso in situazioni difficili e ho imparato a mantenere il sangue freddo e la concentrazione.
Ma ora non ci riesco.
L’acqua in bagno ha smesso di scorrere.
Devo andarmene.
Ora.
Scusami, Hana, perdonami se quando uscirai dal bagno troverai la tua stanza vuota.
Esco dalla camera a passi il più felpati possibile e mi dirigo verso la sommità delle scale.
L’olio essenziale della fontana di luce mi tenta a tornare sui miei passi.
Lì rimango immobile, in attesa.
Ascolto attentamente, ma non sento rumori.
Scendo le scale lentamente.
Giunto la piano terra rimango ancora in attesa e in ascolto.
Nessun rumore.
Attraverso l’atrio e raggiungo la porta; la apro e guardo fuori.
Il vicolo è deserto.
Mi chiudo la porta alle spalle e mi metto a correre, mentre una lacrima ribelle mi scorre lungo una guancia e scivola via, mescolandosi nella pioggia.

 
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