torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: La Leggenda degli Uomini Straordinari
Titolo Fanfic: THE BEAUTY AND THE BEAST
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/02/2005 12:44:10

sibyl vane adesso è un agente dei servizi segreti americani, ha un winchester in mano e dorian gray è a portata di mirino...
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   

- Capitolo 1° -

Appena finito lo spettacolo Dorian Gray si precipitò dietro il palcoscenico, nei camerini. Sibyl era là, sola, con un’espressione di trionfo in viso. Un fuoco squisito le illuminava lo sguardo. Intorno a lei c’era un’aura di splendore, le sue labbra socchiuse sorridevano a qualche loro intimo segreto.
Quando Dorian entrò lo guardò, e fu avvolta da un’espressione di infinita felicità.
«Come ho recitato male stasera, Dorian!» esclamò.
«Orribilmente», rispose lui, osservandola stupito, «orribilmente! Una cosa terribile. Non ti senti bene? Non hai idea di quel che è stato. Non immagini quello che ho sofferto!»
La ragazza sorrise.
«Dorian, dovresti aver capito.»
«Che cosa dovrei capire?» domandò lui, incollerito.
«Perché ho recitato così male stasera, perché non potrò mai più fare meglio di così.»
Dorian si strinse nelle spalle.
«Non dovresti recitare quando stai male. Ti rendi ridicola. I miei amici si sono annoiati, io mi sono annoiato.»
Sibyl pareva non ascoltarlo. Era trasfigurata dalla gioia, dominata da un’estasi di felicità.
«Prima di conoscerti recitare era l’unica realtà della mia vita», confessò. «Vivevo solo nel teatro, credevo che fosse tutto vero. Una sera ero Rosalind, un’altra sera Porzia. La gioia di Beatrice era la mia gioia, ed erano anche mie le sofferenze di Cordelia. Credevo a tutto. Le persone mediocri che recitavano con me mi sembravano simili a dei, le scene dipinte erano il mio mondo. Conoscevo solo ombre e le credevo reali. Poi sei venuto tu, e mi hai liberata da questa prigione, mi hai insegnato cos’è la realtà. Stasera per la prima volta in vita mia ho visto in fondo la falsità, la mistificazione la stupidità della vuota parata in cui avevo sempre recitato. Questa sera per la prima volta mi sono resa conto che Romeo era ripugnante, vecchio, truccato, che la luce della luna nel giardino era falsa, lo scenario era volgare, mentre le parole che dovevo pronunciare erano irreali, non erano mie, non erano le parole che volevo dire. Tu mi hai dato qualche cosa di più elevato, qualche cosa di cui ogni arte è solo un riflesso: mi hai fatto capire cos’è veramente l’amore. Le ombre mi nauseano, ormai. Tu sei per me più di quanto potranno mai essere tutte le arti. Che cosa ho a che fare con i pupazzi di una commedia? Quando sono entrata in scena questa sera non riuscivo a capire come mai avevo perduto tutte le mie capacità. Pensavo che sarei stata meravigliosa, e ho scoperto di non saper fare nulla. Improvvisamente nell’anima mi è baluginato il significato di tutto questo, e il saperlo è stato per me una sensazione deliziosa. Li sentivo fischiare e sorridevo. Portami via, Dorian, portami via con te in un posto dove possiamo essere assolutamente soli. Odio il palcoscenico. Potrei imitare una passione che non sento, ma non una che mi arde come fuoco. Capisci ora che cosa significa? Se anche potessi farlo, sarebbe una profanazione per me recitare la parte dell’innamorata. Me lo hai fatto capire tu.»
Lui si lasciò cadere sul divano e distolse il viso.
«Tu hai ucciso il mio amore», mormorò.
Sibyl lo guardò stupita, e rise. Si avvicinò a lui e gli accarezzò i capelli, e si inginocchiò portando le sue mani alle labbra. Dorian le ritrasse rabbrividendo, si alzò e si avvicinò alla porta.
«Sì», continuò. «Hai ucciso il mio amore. Prima stimolavi la mia immaginazione, ora non stimoli nemmeno la mia curiosità. Semplicemente, non provochi in me nessuna reazione. Ti amavo perché eri meravigliosa, perché eri intelligente e dotata, perché facevi vivere i sogni di grandi poeti e rafforzavi e materializzavi le ombre dell’arte. Hai gettato via tutto, sei stupida e superficiale. Mio Dio! Che pazzo sono stato ad amarti! Che stupido! Adesso non sei più nulla per me. Non ti rivedrò più, non ti penserò più, non pronuncerò più il tuo nome. Tu non sai che cosa rappresentavi per me una volta. E ora non avrei mai voluto posare il mio sguardo su di te! Tu hai rovinato il più bell’episodio d’amore della mia vita. Come conosci poco l’amore se pensi che guasti la tua arte! Senza di essa non sei nulla. Ti avrei resa famosa, splendida, magnifica. Il mondo ti avrebbe adorata, e tu avresti portato il mio nome. Che cosa sei adesso? Un’attrice di terz’ordine dal viso grazioso.»
La ragazza impallidì e fu scossa da un tremito. Si strinse le mani, mentre la voce le moriva in gola.
«Non dirai sul serio, Dorian?» mormorò. «Stai recitando.»
«Recitare? Lo lascio fare a te. Sei così brava», rispose lui, amaro. Sibyl si rialzò, e con una pietosa espressione di sofferenza si avvicinò a lui, che la respinse. «Non toccarmi!»
Lei rimase immobile come un fiore calpestato.
«Dorian! Non lasciarmi!» sussurrò. «Mi dispiace tanto di non aver recitato bene. Ho pensato a te tutto il tempo. Ma proverò… davvero, proverò. Mi ha travolto così improvvisamente, il mio amore per te. Lavorerò intensamente, cercherò di migliorare. Non essere così crudele, solo per una volta non ti ho soddisfatto. Ma hai perfettamente ragione, avrei dovuto comportarmi da artista. Sono stata sciocca, ma non potevo farne a meno.»
Fu scossa da singhiozzi appassionati, ma le labbra di Dorian erano piegati in un’espressione di squisito disprezzo. Vi è sempre qualcosa di ridicolo nelle emozioni delle persone che non si amano più. Sibyl Vane gli sembrava assolutamente melodrammatica. Le sue lacrime e i suoi singhiozzi lo infastidivano.
«Me ne vado», disse alla fine, con la sua voce calma e chiara. «Non vorrei essere scortese, ma non posso rivederti più. Mi hai deluso.»

THE BEAUTY AND THE BEAST

«Grazie, signor Quatermain.»
«Il secondo Winchester», annunciò Sawyer.
«Un’altra donna?» domandò Skinner.
Dorian Gray fece un passo avanti
«Sibyl?»
«Ricordi il mio nome. Anche se non credo che ti abbia tormentato a lungo. Anzi, non credo ti abbia tormentato affatto.»
«Tu eri morta.»
«Così ho fatto credere, Principe Azzurro. Le acque del Tamigi non erano accoglienti come avevo immaginato. In compenso il Nuovo Mondo è un gran bel posto.»
«Di sicuro, se le donne si vestono così.»
«Mi sono solo concessa una piccola licenza, signor Skinner.»
Sibyl spostò nuovamente lo sguardo a Dorian. Era da due anni che voleva averlo davanti agli occhi, tra le mani, e fargli passare quello che lui le aveva costretto a passare. L’aveva lasciata sola in una disperazione infinita. Non meritava tutta quella sofferenza, eppure era un’ossessione, un’ossessione che prima o poi doveva essere affrontata. E quello era il momento giusto: lei, la piccola Sibyl Vane, adesso era un agente dei servizi segreti americani, aveva un Winchester in mano, e Dorian Gray, il suo crudele Principe Azzurro, era a portata di mirino.
«Sai usare quel fucile, bambina?» le domandò Quatermain, incrociando le braccia.
«Sono un agente segreto», rispose lei. «So fare tutto.»

«Non immaginavo che i docks di Londra potessero diventare più marci di come li avevo lasciati», osservò Sibyl, quando furono usciti. «Solo il germe che li ha infettati potrebbe vivere in un posto simile», continuò.
Il riferimento a Dorian era chiaro.
«La culla della perversione, mia adorata», disse lui, e le passò un braccio intorno alla spalla.
«O un ricettacolo di feccia.»
«Sta’ attenta», cambiò tono lui, improvvisamente. «Tutto questo odio potrebbe lusingarmi.»
«Dio non voglia.»
«Non scomodiamo l’Olimpo. Dunque, qual è la prossima meta?»
«Parigi», rispose Nemo. «Là c’è l’ultimo membro da reclutare.»
«Da catturare, per meglio dire», lo corresse Quatermain. «E la caccia sarà dura.»
«Ne parla come se fosse un animale», disse Mina.
«Oh, a proposito signora Harker: e il suo comportamento di qualche minuto fa?»
«Ah, sì», esclamò Skinner. «Eravamo tutti frementi di curiosità.»
La donna andò avanti di qualche passo, forse per assicurarsi di non incontrare lo sguardo di nessuno.
«Mio marito era Johnatan Harker», mormorò. «Insieme al professor Van Helsing combattemmo contro uno spirito del Male. Aveva un nome: Dracula. Era della Transilvania.»
«Uh, europeo. Uno di quei radicali di cui amano tanto parlare i giornali?»
«Non saprei, signor Skinner», rispose lei, e si scoprì il collo per mostrare ai suoi compagni due piccoli punti rossi. «L’atto vampiresco di succhiare il sangue altrui è tipico dei radicali?»
Da lontano si udì uno strano rumore.
«Ecco il mezzo su cui viaggeremo», annunciò Nemo.
«Una barca?» chiese Sawyer.
«Viaggia sull’acqua, se è ciò che intende dire.»
Il rumore si fece più vicino, e dal canale emerse velocemente la nave più grande che uomo avesse mai potuto costruire. Era più alta di un palazzo signorile, e lunga quanto una strada di città. Era di un bianco candidissimo, e i bei disegni a poppa e a prua erano d’argento brillante.
«E anche sotto l’acqua», continuò il Capitano, fiero della sua creatura. «Signori, il Nautilus, la Spada degli Oceani. Prossima fermata: Parigi.»

§

La Bestia era enorme, enorme e spaventosa. Nei suoi occhi si leggeva odio puro, tutti i suoi muscoli erano tesi nel tentativo di liberarsi delle pesanti catene che lo trattenevano, ed emetteva strani versi, quasi fosse un animale selvaggio. Ora Sibyl capiva perché Quatermain non le aveva permesso di unirsi a lui e Sawyer. Eppure, nonostante vederlo correre nella notte di Parigi le avrebbe messo paura, adesso non le sembrava che una creatura sola e reietta. Si avvicinò lentamente guardandolo con attenzione.
«Mister Hyde», disse Quatermain.
«Che c’è?»
«Lei ha fatto cose orribili, in Inghilterra. Tanto orribili che è dovuto fuggire all’estero. E mi ripugna dirle che il governo di Sua Maestà è disposto a concederle l’amnistia in cambio dei suoi servigi. Vuol tornare in patria?»
«In patria?» chiese Hyde, con la sua voce cupa. «La patria è dov’è il cuore, ho sentito dire. Londra mi manca talmente tanto, sapesse. Le sue sventure mi sono dolci più di un raro liquore. Sono vostro. Non abbiate paura.»
«Chi ha detto che ho paura?» lo sfidò Sawyer.
«Bugiardo! Tu puzzi di paura!» La voce di Hyde risuonò per tutta la cabina, e le pareti tremarono.
In un impeto di rabbia, la Bestia riuscì a staccare dal supporto la catena che gli fermava un braccio, ed iniziò a farla volteggiare per aria facendola fermare a poca distanza dal ragazzo.
«Il solito vecchio trucco», commentò sarcastico Dorian.
«Volete vederne uno nuovo?» Hyde emise un lamento agghiacciante. A poco a poco il suo volto assumeva tratti più umani, le sue braccia mastodontiche si facevano sempre più sottili, la sua statura si abbassava. In pochi istanti il mostro che avevano davanti si trasformò in un uomo ansimante dalla pelle diafana. «Il dottor Jekyll. Per servirvi.»
« E adesso la squadra è al completo», annunciò Quatermain.
Sembrava l’unico a non essere spaventato da quello che aveva appena visto.
«La data della conferenza è fissata», disse Nemo. «Abbiamo tre giorni.»
«Tre giorni?» ripeté Sawyer. «Ci si fa con questa carretta?»
«Giovanotto, lei sottovaluta il Nautilus. Lo sottovaluta grandemente.»

Il Nautilus navigava incontro al tramonto; presto la sera sarebbe giunta, i pannelli solari sarebbero stati carichi e il sottomarino si sarebbe inabissato fino a quando il sole non sarebbe sorto di nuovo.
Sibyl, con la schiena all’impavesata, contemplava in silenzio il bel profilo di Dorian. Non era cambiato di una virgola da quando l’aveva lasciata, anche se il suo fascino era diventato più cupo e tenebroso.
Ma lui non la guardava nemmeno: la sua attenzione era tutta per Mina Harker. L’idea che Dorian si fosse scordato di lei, che avesse rivolto a chissà quante altre donne le parole che avrebbe voluto solo per sé le aveva stretto il cuore tanto da farle male; e adesso, nonostante lo vedesse così noncurante, così freddo e cattivo, non riusciva ancora ad odiarlo come avrebbe voluto.
«Si sente bene, Sibyl?»
La ragazza sussultò, ma era solo Jekyll.
«Mi perdoni, non era mia intenzione spaventarla.»
«Ma non mi ha spaventata affatto, dottore», mentì lei. «Ero solo sovrappensiero.»
Jekyll annuì, ma la sua espressione era perplessa. Era fermamente convinto che fosse stata la sua voce a spaventarla, una voce che nel profondo nascondeva l’odio e il risentimento di una bestia come Hyde.
«Mi chiami Henry.»
«D’accordo, Henry», sorrise lei. «Grazie.»
Sibyl non ebbe il tempo di volgere per l’ennesima volta lo sguardo a Dorian: Nemo aveva raggiunto i suoi ospiti sul ponte, ed adesso era davanti a lei e le stava porgendo una splendida spada dall’impugnatura d’argento.
«Il signor Sawyer mi ha detto che ha un debole per le lame», spiegò, quando Sibyl l’ebbe presa in mano. «E che è molto abile. Vogliamo accertarcene? È raro trovare qualcuno che non preferisca le armi da fuoco, oggigiorno.»
Lei esaminò attentamente l’impugnatura e la lama incurvata. La fattura era eccellente.
«Non pretenderei mai di competere con lei, Capitano», rispose.
«Perché è ancora giovane. Ma potrei dirle se è sulla buona strada per imparare, non trova?»
«Sì. Questo sì», sorrise la ragazza, scontrando la sua lama con quella di Nemo.
Sibyl era molto più brava ad affondare che a schivare, più a difendersi con improvvisate acrobazie che a seguire il codice: questo notò immediatamente il capitano. Pur tuttavia il ritmo dei suoi colpi era incalzante, aggraziato e incalzante, e se avesse avuto solo qualche anno di esperienza in più l’avrebbe senz’altro messo in difficoltà.
Il primo livello era stato ben superato, comunque. Chissà se la signorina Vane sarebbe stata capace di passare a quello successivo.
Nemo si esibì in un affondo magistrale, e per non incassare il colpo la ragazza fu costretta a saltare su una sedia.
«Credo di non aver letto quella parte del regolamento», scherzò lui.
«Esiste un regolamento, capitano?» lo schernì Sibyl, prima di spiccare un bel balzo a terra. «Crede che dovrei leggerlo?» continuò, e gli puntò contro la spada.
«Oh no, signorina», rispose Nemo, riponendo la sua arma nel fodero. «Rischierebbe di danneggiare il suo spirito di improvvisazione. Tuttavia credo sia lecito chiederle dove ha imparato a combattere così bene.»
«La nostra era una piccola compagnia teatrale», spiegò evasiva la ragazza. «E chi faceva Giulietta talvolta doveva essere pronta a fare anche Mercuzio.»
«Da “Romeo perché sei tu Romeo” a “peste alle vostre famiglie”, eh?» osservò Skinner.
«Esattamente», sorrise. Adesso Dorian era proprio davanti a lei. «Peste.»
«Ma io sono immortale, mia cara», sdrammatizzò lui. «La peste non avrebbe effetto su di me.»
«Questo vorrei proprio vederlo, signor Gray. Ad ogni modo», riprese Sibyl, prima di togliere a Skinner il suo cappello e indossarlo, «questo lo prendo come premio di consolazione.»

«Noi due dobbiamo parlare», dichiarò Sybil, entrando all’improvviso nella cabina di Dorian.
«Mi pare che ci siamo già detti tutto quello che c’era da dire», rispose lui. «Mi hai restituito tutto il veleno che mi dovevi.»
«Oh no, mio caro. Il tuo tormento durerà ancora a lungo.» La ragazza frugò in una tasca, e ne trasse fuori un foglio ingiallito. Dorian lo prese in mano: l’inchiostro era sbiadito, ma si riusciva ancora a leggere chiaramente. «Ti ricorda qualcosa, signor Gray?»
«Un errore di giovinezza», sorrise lui, e gliela restituì.
«Errore di giovinezza?» ripeté incredula Sibyl. «Va bene, Dorian. Visto che è un errore di giovinezza non ti dispiacerà rileggerlo e correggerlo.»
«Non lo farò, me ne vergognerei profondamente.»
«E allora lo leggerò io, e tu sarai costretto ad ascoltarmi!» gridò la ragazza, sbattendolo contro il muro.
Jekyll stava camminando lungo quel corridoio, in quel momento; voleva avvicinarsi alla camera di Gray per vedere cosa fosse successo, ma quando sentì la voce di Sibyl restò fermo al suo posto.
«Mia adorata», iniziò la ragazza, «sei la creatura più bella che abbia mai visto in vita mia. Una volta qualcuno mi ha detto che il pathos non commuove, ma che la bellezza, la semplice bellezza, riempie gli occhi di lacrime. Ti dirò che a malapena riuscivo a vederti attraverso il velo che mi era salito agli occhi. Che meraviglia sono quel viso pari a un fiore, i riccioli castani, gli occhi come pozzi viola di passione, le labbra come petali di rosa. E la tua voce… non ho mai sentito una voce come la tua. Dapprima molto bassa, con note dolci e profonde, poi più sonora, come un flauto o un oboe lontano. Nella scena del giardino aveva tutta la tremula estasi che si avverte appena prima dell’alba, quando cantano gli usignoli. E, più tardi, momenti in cui aveva la selvaggia passione dei violini. Sai quanto possa commuovere una voce. Io ti amo davvero.»
Dorian non diceva nulla. Lei, fremente di rabbia, gli teneva ancora le spalle al muro, e lo costringeva ad ascoltare quello che lui, in preda al fuoco di un amore che due anni prima gli aveva dilaniato l’anima e il cuore, le aveva scritto.
«Nella mia vita, Sibyl, sei tutto. Vengo a vederti recitare ogni sera. Una sera sei Rosalind, la sera dopo Imogene. Ti ho vista morire nelle tenebre di una tomba italiana, suggendo il veleno dalle labbra del suo amante; ti ho vista vagare nella foresta delle Ardenne, travestita da ragazzetto, con calzoncini, farsetto e un elegante berrettino. Eri pazza e ti sei presentata di fronte a un re colpevole dandogli un cilicio da indossare ed erbe amare da assaggiare. Innocente, il tuo collo sottile come un giunco è stato stretto dalle nere mani della gelosia. Ti ho vista in ogni epoca e in ogni costume. Le donne comuni non ridestano mai la nostra immaginazione, sono chiuse nei limiti del loro secolo. Nessun incantesimo le trasfigura. Si conosce la loro anima con la stessa facilità con la quale si conoscono i loro cappellini. Si può trovarle in ogni momento, non c’è nessun mistero in nessuna di loro. Al mattino vanno a cavallo nel parco, al pomeriggio chiacchierano al tè. Hanno il loro sorriso stereotipato, i loro modi educati. Sono completamente prevedibili.»
«Sibyl!» protestò lui, infastidito.
«Aspetta, ora viene la parte migliore. ‘Sei l’unica cosa che mi interessi, sei divina, assolutamente e completamente divina. Ogni sera sei più incantevole. Bramo la tua presenza, e quando penso all’anima meravigliosa che si nasconde nel tuo corpo d’avorio mi sento pieno di sgomento. Tu sei tutte le eroine del mondo, sei più di un solo essere. Ti amo. Voglio ingelosire Romeo. Voglio che tutti gli amanti morti sentano le nostre risate e si rattristino. Voglio che un sospiro della nostra passione animi la loro polvere e risvegli queste loro ceneri al dolore. Mio Dio, quanto ti adoro!’ E vorresti farmi credere che tutto questo è morto perché per una sera, per un’unica sera, non ho recitato come volevi? Dorian!»
Sul volto di Gray si dipinse un sorriso crudele.
«Da quanto tempo preparavi questa scena?» le domandò.
La ragazza lo lasciò andare.
«Sei più patetica di quando ti ho lasciata. Solo adesso mi rendo conto di quanto abbia fatto bene a piantarti lì, in quel camerino. Avresti trasformato la mia vita in una grottesca farsa.»
«Sai che non è vero!»
«Ma non ti stanchi mai di sbagliare?» continuò lui, stringendole il polso. «Prima fai pensare alla gente che sei annegata nel Tamigi, poi riesci a salvarti e te ne vai negli Stati Uniti. Potresti vivere una vita tranquilla e mediocre da persona mediocre quale sei ed invece ti arruoli nei servizi segreti, e torni a Londra con il solo scopo di uccidere me, un immortale! Ora dimmi una cosa, Sibyl: stai provando a riconquistarmi perché non potrai mai eliminarmi o il tuo odio è stato una semplice copertura? Ad ogni modo, non ha importanza: hai perso il treno. È Mina che il mio cuore brama, adesso, e non un’attrice di terz’ordine dal visino grazioso.»
Quelle ultime parole cancellarono definitivamente dalla mente di Sibyl il principe che l’aveva rapita con tanto trasporto e che le aveva rubato l’anima. Dorian si era trasformato in un irriconoscibile demonio, un essere infimo che dietro il suo viso bellissimo nascondeva le più atroci turpitudini.
La ragazza lasciò velocemente la cabina, senza nemmeno guardare dove mettesse i piedi. Per questo si andò quasi a scontrare con Jekyll dopo pochi metri.
«Posso fare qualcosa per lei, Sibyl?» chiese il dottore.
«Sarebbe disposto a regalarmi una fiala della sua pozione, Henry?»
La voce di Sibyl era incrinata, ma nei suoi occhi non c’era traccia di lacrime.
«E lei che ne sa della mia pozione?» domandò ancora lui.
«Se non lo sapessi che spia sarei?»
Jekyll chinò il capo.
«Non potrei mai infettarla con il mio demone, Sibyl. Non voglio che infetti me, né voglio che infetti lei.»
La ragazza sorrise, e prese congedo mettendogli una mano sul braccio. I suoi passi non riecheggiavano più per i corridoi quando il dottore si sentì scuotere da un fremito troppo conosciuto, e la voce di Hyde iniziò a tormentarlo.
«Ha chiesto di me, Henry.»
«Fa’ silenzio.»
«Lei vuole me.»
«No, non è vero.»
«E’ di me che ha chiesto!»
«Tu non toccherai Sibyl Vane!»

«Dunque è chiaro», disse Nemo. Sul tavolo davanti a loro erano spiegati numerosi fogli: le incisioni di Venezia di Leonardo Da Vinci. «Con le incisioni del Da Vinci e l’esplosivo sufficiente può piazzare una bomba che sgretolerebbe le fondamenta di Venezia.»
«Farà affondare tutta la città?» chiese Sawyer.
«Certo», rispose Quatermain. «Così da scatenare una guerra mondiale.»
«Temo che non sia il più grande dei nostri problemi», intervenne Jekyll, restando fermo sull’uscio. «Skinner ha rubato un flacone della mia pozione.»
«Skinner?» disse Sibyl. «Ne è sicuro?»
«E chi altri? Avete visto come si comporta quel vile furfante.»
«Non è un vile furfante!» replicò lei. «La persona che ha rubato la sua pozione è la stessa che stanotte è entrato nella cabina di pilotaggio del Nautilus. E Skinner…»
«E’ un ladro, avvezzo a questo genere di cose», mormorò Quatermain.
«E’ un ladro gentiluomo, Allan.»
«Ti prego, ragazzina. Gentiluomini come lui si vendono per molto poco.»
Sibyl non ebbe che altro replicare, e si lasciò cadere pesantemente su una sedia.
«Gente come Gray per molto meno ancora. Io lo conosco», sospirò.
Jekyll la guardò senza dir nulla.
«Faccio servire la cena, se vi aggrada», suggerì Nemo.
«Non per me, capitano.»
«Ma è da quando è a bordo che non tocca cibo, signorina Vane.»
Nemo fece un cenno col capo; immediatamente entrarono due uomini che sgomberarono il tavolo da incisioni e carte geografiche e lo coprirono con una bella tovaglia bianca. Poi entrarono altri tre servitori con degli enormi vassoi d’argento.
«Carpaccio di squalo, focacce di riso e riso allo zenzero, verdure in salamoia. Spero mi scusiate se non potrò farvi compagnia», continuò, «ma c’è tanto da fare.»
«Non si mette a ridere se le offro una mano?» domandò Sibyl.
Il capitano sorrise appena.
«Dopo cena sarò lieto di averla al timone con me», si congedò, e sparì dietro la bella porta intagliata della sala.
Anche Quatermain preferì ritirarsi nella sua cabina; Sibyl, Sawyer e Jekyll erano rimasti soli.
«Hanno dimenticato il vino», disse la ragazza, alzandosi.
Jekyll fece lo stesso; i due lo guardarono perplessi.
«Sono solito alzarmi quando una signora lascia la tavola», spiegò il dottore.
Sibyl, inorgoglita e lusingata, restò immobile, in piedi davanti al tavolo. I suoi occhi erano fissi in quelli di Jekyll, e si sentiva scuotere il petto da una strana sensazione. Era come se qualcosa la stesse costringendo a forza a cancellare Dorian Gray dalla sua esistenza. Era qualcosa, o era lei che voleva assolutamente farlo?
Sawyer, imbarazzato, si alzò anche lui, e non si sedette finché il vino non fu portato in tavola.
«Allora, Jekyll», disse, dopo essersi schiarito la voce. «Com’è Parigi? Non ho potuto apprezzarla molto, correndo di notte.»
«Meravigliosa, Tom», rispose lui. «Meravigliosa.»
«Più bella di Londra?» chiese Sibyl.
«A Londra mi legano molti ricordi dolorosi. Parigi avrebbe dovuto attenuarli, ma sono ancora troppo vivi.»
«Credo che tutti quelli che sono qui avessero bisogno di allontanarsi da Londra.»
«Ha ragione, Sibyl.»
Il dottore posò il suo tovagliolo sul tavolo e prese congedo.
«Ha il doppio dei tuoi anni», la ammonì Sawyer.
«Perlomeno lui i suoi anni li dimostra tutti, Tom», replicò Sibyl. «A differenza della vampira.»
«E dell’immortale.»
«Sì», lo freddò lei. «Infatti.»

§

Venezia sembrava deserta: sotto la luna piena le luci dei bei palazzi erano tutte spente, e per le strade non si vedeva anima viva. Per il Nautilus non fu affatto difficile navigare inosservato lungo i canali.
I veneziani si erano raccolti tutti in piazza San Marco, davanti all’immensa basilica, per festeggiare il carnevale. Attraverso il periscopio si vedeva una massa di persone gongolanti avvolte in improbabili vestiti, nascoste da maschere di fattura pregevole.
«Faccia immergere i palombari», ordinò Nemo, quando tutta la squadra fu a terra. «Bisogna trovare gli esplosivi.»
«Ma la città è grande», obiettò Mina. «Può nascondersi dovunque.»
«Dov’è Skinner?» chiese Sawyer.
Dorian sorrise.
«Io starei in guardia da quel traditore.»
Poco dopo il cielo rimbombò di uno scoppio improvviso. Il Fantasma ce l’aveva fatta, stava iniziando a distruggere Venezia… ma no, non era stata una bomba: l’aria si era colorata di disegni tracciati dalla polvere scintillante dei fuochi d’artificio.
«Dannato carnevale», sibilò Quatermain. Il secondo tuono, però, fece tremare la terra, e i palazzi iniziarono a cadere come tessere di un domino. «Ci deve essere più di una bomba», disse. «Nemo, le bombe partono dal centro. Dobbiamo cercare un edificio strategico.»
«Certo, per impedire che cada distruggendo quello a fianco.»
«Così blocchiamo i crolli a catena.»
«Con un segnale sulle coordinate giuste posso lanciare un razzo, in modo da bloccare l’effetto domino.»
«E’ un’idea assurda», intervenne Gray. «Non arriveremo mai in tempo.»
Ma Quatermain non lo stava ascoltando.
«Ci vuole assoluta precisione.»
«Ma può funzionare», gli andava dietro Nemo.
«E’ pura follia, ha ragione Gray!» disse Jekyll.
«Sono un immortale, non una gazzella! Guardate a che velocità crollano!»
Eppure quello della velocità sarebbe stato l’ultimo dei loro problemi: Sawyer era tornato a bordo, e aveva portato fuori la Nemomobile.
«Volete fare un giro?»
Quatermain, Mina e Dorian saltarono dentro immediatamente.
«Mi servono le coordinate!» li richiamò Nemo.
«Non può impostarle sull’auto?» chiese Quatermain.
«Certo.»
«Allora il suo bersaglio sarà questo. Lanci quando vede il Bengala.»
«Bene.»
«Jekyll, si muova. Ci serve Hyde.»
«No!» replicò fermo lui, stringendo i denti. «Hyde non deve più usarmi.»
« E lei a che serve, allora?» lo schernì Dorian.
«Va’ al diavolo, Gray!» gridò Sibyl, ma la Nemomobile era già sfrecciata via per le strade della città. Si voltò verso il dottore, ma non osò incrociare i suoi occhi afflitti. «Stia tranquillo, non gli permetterò di molestare nessuno oltre me», spiegò.
Lui stava per rispondere, ma Nemo lo interruppe.
«Signorina Vane, si diriga verso la piazza e metta in salvo più persone possibili», le ordinò.
«E come?»
«Ne guidi il maggior numero verso il Nautilus. Probabilmente questi saranno gli ultimi edifici a crollare. Il dottor Jekyll sarà pronto per curare i feriti.»
«Allora spero di portargliene il meno possibile.»
Il dottore la guardò finché il buio non la nascose completamente, e sospirò.
«Non avrebbe dovuto andare da sola», mormorò.
«Se la caverà», rispose Nemo. «In fondo è un’agente. Non commetta l’errore di pensare di essere l’unico a tenere alla signorina Vane.»
Sibyl intanto correva a perdifiato verso la piazza; correva controcorrente, facendosi largo tra le persone impazzite, e a chi la degnava di un orecchio gridava di andare dritto, sempre dritto, finché non si fosse trovato davanti un’immensa nave bianca. Nell’aria c’era un terribile odore di polvere e sangue.
«Verso la nave! Correte verso la nave bianca!» urlava, nel tentativo di soverchiare gli schiamazzi.
La piazza era inondata dal caos. La basilica di San Marco era crollata; alcuni erano rimasti attoniti davanti all’immenso vuoto lasciato dallo splendido monumento, altri invece si facevano largo a spintoni per fuggire il più lontano possibile. Sibyl sentì qualcosa graffiarle la mano, e presto il dorso iniziò a bruciarle. Ma non avrebbe avuto il tempo di controllare finché quel posto non fosse stato completamente evacuato.

Tornò al Nautilus quando i crolli ebbero avuto fine. Jekyll e gli uomini di Nemo erano impegnati con diverse decine di feriti.
«Ottimo lavoro», le sorrise il dottore.
«Sì?» chiese lei, smarrita.
«Tutto bene?»
«Non direi», rispose. «Mi fa male la mano. La destra.»
Jekyll gliela prese tra le sue e la esaminò attentamente.
«Che brutta escoriazione, Sibyl», disse.
«Uno di questi mondani festaioli.» Lui la invitò a sedersi, ed iniziò a lavarle con cura la ferita. «Maledetti vestiti. Non capisco cosa trovi la gente nell’indossare quei ridicoli…» Sbuffò. «Ah, la verità è che pagherei per indossarne uno, almeno una volta nella vita. Nemmeno a teatro ce n’era uno che potesse considerarsi tale. Mi toccava fare Giulietta con una tunica magenta stretta in vita da una corda da tenda. Che cosa triste, eh?»
«Mi piacerebbe vederla recitare.»
«Quella è acqua passata, Henry.» Jekyll le strinse il suo fazzoletto intorno alla mano. La ragazza la contrasse con un gemito. «Fa male, dottore. Con la mano in queste condizioni non posso sparare.»
«No, infatti. Deve tenerla a riposo per qualche giorno.»
«Ma non posso! Sono una dannatissima spia, senza armi sarei…» Sibyl sospirò scotendo la testa. «…completamente inutile.»
«So come ci si sente. È quello che provo io quando non sono Hyde.»
La ragazza scosse di nuovo il capo, ma quella volta fu per un motivo diverso. Poggiò la mano ferita sul volto di Jekyll, costringendolo a guardarla negli occhi.
Dorian arrivò in quell’istante. Vista da lontano, con quell’espressione così sincera e innocente, Sibyl sembrava essere tornata la dolce ragazzina ignara del mondo che aveva conosciuto due anni prima e della quale si era perdutamente innamorato. Era tornata la ragazzina che si era pentito immediatamente di aver trattato come un inutile oggetto, la giovane che avrebbe sposato se non avesse saputo di un suicidio che non era mai avvenuto. Per un momento l’inossidabile corazza di spietato agente segreto era caduta, aveva liberato il suo spirito ferito.
«Perché dice questo?»
«Sono stato reclutato perché alla squadra serviva Hyde, non Jekyll. Ma in fondo li capisco: a cosa potrei mai servire?»
Lei gli mostrò la fasciatura.
«Non è stato Hyde a medicarmi.»
«Ma avrebbe fatto in modo che non le accadesse niente.»
«No, non è vero. Sarebbe andato a caccia con Quatermain e gli altri. Io sarei stata comunque sola.» Entrambi rimasero a lungo in silenzio, con la schiena poggiata alla pietra polita della banchina. «Hyde ha mai ucciso?»
Jekyll esitò.
«Ha commesso tutte le malvagità che un uomo può commettere», mormorò, con lo sguardo perso nel vuoto. «E la mia condanna? Ricordo le sue azioni.»
«La mia condanna è voler commettere tutte le malvagità che un uomo possa commettere e non averne il coraggio. È per questo che le ho chiesto una delle sue fiale, l’altra notte. Finalmente avrei potuto cancellare la mia condanna.»
«Non gliel’avrei mai permesso, Sibyl.»
«Era quello che temevo.»
«Il Fantasma è M», disse Quatermain, venendo fuori da una calle. «La caccia continua.»
«Ma cosa sta dicendo?» chiese Jekyll.
«Il Fantasma è M», ripeté lui. «Proprio l’uomo che ci ha reclutati.»
«Com’è possibile?» insistette Sibyl.
«Avremo risposta a tutto. Gli altri dove sono?»
«Dorian manca all’appello», disse Mina. Anche lei era spuntata dal nulla. «E il signor Skinner sapendosi scoperto sarà fuggito.»
«E Sawyer?»
«Vivrà per battersi ancora», sorrise lui.
Ma Dorian era arrivato al Nautilus già da parecchio, ed aveva avuto tutto il tempo di fare ciò che doveva.
«Capitano!» gridò Ismaele. Stava ansimando, e teneva una mano sul petto sanguinante. Era stato ferito gravemente. «È stato Gray. Non Skinner. È riuscito ad ingannarci.»
Il famiglio esalò il suo ultimo sospiro quando dall’altro lato della nave si udì un pesante rumore metallico.
«Che cos’è?» chiese Sawyer.
«La voce del tradimento!» gridò Nemo, e guidò la squadra alla fiancata opposta.
Uno strano aggeggio rotondo, una navicella dalla forma simile a quella di una medusa, si era staccata dal Nautilus, ed ora galleggiava sull’acqua del canale. A pilotarla era proprio Dorian Gray, che adesso li guardava con un sorriso di soddisfazione stampato sul bel viso.
«Cos’è quell’aggeggio?»
«La mia capsula da esplorazione.»
«Possiamo inseguirla», disse Quatermain.
«Io intendo riagguantarla!»

§

Il disco che adesso girava sul grammofono era l’unica cosa che Dorian Gray avava lasciato sul Nautilus.
«Miei signori», esordì M, con una strana voce metallica. «Se state ascoltando vuol dire che ogni passo è andato nella giusta direzione.»
«E che io ho tenuto fede ai miei impegni», aggiunse una seconda persona. «Sì, sono io, Dorian. Come avrete capito non sono un fedele figlio dell’Impero. E la mia fedeltà al signor M è in non poca parte dovuta al fatto che egli possiede una cosa che mi è molto cara, e che sarei pronto a far di tutto per avere.»
Sibyl, provata dall’ennesima sconfitta, chinò lo sguardo a terra, ma non abbastanza velocemente da non notare la fugace smorfia di dolore che si era dipinta sul volto di Jekyll.
«Si sente bene?» gli domandò.
«Le orecchie, niente di grave», rispose lui.
«Tutto finora è servito a fuorviarvi», continuava M. «Sanderson Reed, i sicari in Kenya, il reclutamento, la missione, la conferenza segreta. Una favola. E la squadra, per finire. Non c’è nessuna squadra, non c’è mai stata. Era un’astuzia per raggiungere prima i miei scopi. Lo voglio tutti voi, uno per uno, anche il vecchio Quatermain, perché non fallirà come gli altri nel catturare Hyde. Vi chiederete perché tante maschere, tanti misteri. Perché nella guerra che verrà intendo usare l’arma più potente di tutte: il potere della squadra stessa. A tale scopo io manderò fra voi pecore il mio lupo, che guadagnerà la vostra fiducia e vi condurrà fuori strada.»
«E intanto prenderò di voi ciò che mi occorre», continuò Gray. «La scienza di Nemo, un frammento di pelle di Skinner, la pozione di Jekyll ed il sangue di Mina.»
«Ci ha derubati e noi gliel’abbiamo permesso», sibilò Jekyll.
«Se fallirete a Venezia avrà inizio la guerra. Se avrete successo, beh, poco male, perché Gray avrà fatto quello che doveva. La guerra scoppierà, prima o poi. È certo come il giorno segue la notte. Qualcuno di voi, di sicuro Quatermain, se non è morto, starà pensando perché vi svelo tutto questo. Quale sciocco scopre le carte prima che il gioco sia finito? È finito, infatti. Per voi, perché la mia voce non è l’unico suono che viene riprodotto. Mentre io sto chiacchierando viene trasmesso un substrato di suoni impercettibili all’orecchio umano, udibile solo dai cani e dagli esseri inferiori. Suoni che vengono captati da sensori di cristallo sparsi su tutta la nave.»
«Sensori collegati a bombe», concluse Dorian. «Bomb voyage.»
Nemo scagliò a terra il grammofono, ma era troppo tardi: le bombe erano già state innescate. Presto la nave tremò, a poppa si udirono rombi assordanti, e tutti dovettero trovare qualcosa alla quale aggrapparsi.

Jekyll entrò nella sala da pranzo sotto gli sguardi sorridenti dei suoi compagni.
Grazie all’intervento di Hyde il Nautilus non era sprofondato nell’oceano, e molte vite erano state salvate.
«Non facciamo di un peccatore un santo», avvertì però lui. «Non so se sarà ancora così buono. Siamo in grado di seguire Gray?»
«Eravamo i più veloci. Ora noi siamo la tartaruga e lui la lepre», rispose Quatermain.
«Siamo spacciati, allora.»
«No», lo contraddisse Sawyer. «Siamo vivi. Se M pensa il contrario è un punto a nostro favore.»
«Il mare è grande. Potrebbe essere dovunque», obiettò Nemo.
«Sono un ottimista», replicò il ragazzo. «Ora, forse questo è un crimine per voi gente losca, ma mi impedisce di impazzire.»
«Il tuo ottimismo è fuori luogo», lo rimproverò Mina.
«Ti sbagli. Perché prenderemo il nostro uomo. O almeno io lo farò. L’altro agente di cui ti dicevo era un eroe della mia infanzia. Lavoravamo insieme come agenti finché il Fantasma non l’ha ucciso. Forse tu hai finito, ma io no. Vendicherò la sua morte.»
«Non lo è per nessuno di noi, Tom», mormorò Jekyll. «È più importante di questo.»
«E’ vero, Jekyll. Il destino del mondo è nelle nostre mani. Il mondo. Allora M vi ha ingannati. Vi ha riunito tutti e siete caduti in questa trappola. Ma per come la vedo io è stato un grosso errore da parte sua. Vi ha riuniti.»
«Ha ragione», sorrise il dottore.
«E il ragazzo diventa un uomo», commentò compiaciuto Quatermain. «Forse un capo di uomini.»
«E donne», aggiunse MIna.
In quel momento un uomo venne fuori dalla sala comandi.
«Riceviamo un segnale», annunciò.
Immediatamente gli altri lo seguirono. Restarono sull’uscio della porta per ascoltare il messaggio.
«E’ il codice Morse», disse Quatermain.
«Cosa dice?» chiese Mina.
«Salve pazzerelloni miei», riferì il marinaio.
Sibyl sorrise entusiasta.
«Skinner?»
«Nascosto a bordo pesciolino con Gray e M», continuò il ragazzo. «Diretti a base, rotta est-nordest. Seguitemi.»

§

La residenza estiva di M si trovava tra i laghi ghiacciati della Siberia, nei pressi del fiume Arnur. Quelle erano terre inospitali, inaccessibili a ogni straniero. Ma per Nemo ed il suo Nautilus nulla era impossibile.
«E’ qui che Skinner ci ha mandato a dire di aspettarlo», disse Quatermain. «E aspetteremo. Prepariamoci a scendere.»
Sibyl iniziò a seguirli all’interno del sommergibile, ma Quatermain la costrinse a fermarsi.
«Tu no, ragazzina.»
«Che cosa?» replicò incredula lei. «Dovrei restare qui?»
«Esattamente.»
«Ma sono un agente segreto! Mi pagano per questo, Allan!»
«Dirò che ti sei battuta con onore.»
«Ascolti», insistette la ragazza, «non è che muoia dalla voglia di farmi ammazzare da M o da Gray, intendiamoci. Però lei mi ha mandata a farmi schiacciare da un’orda di veneziani impazziti… a confronto sabotare una fortezza inespugnabile ripiena di pazzi esaltati non sarà poi tutta questa gran cosa. E poi…»
«Non aggiungerò altro.»
Quatermain se ne andò senza darle la possibilità di replicare.
«Approfitti di questa fortuna, Sibyl», mormorò Jekyll, prendendola da parte. «Non ci invidi.»
«Le sarò sembrata estremamente stupida.»
«No. Ho apprezzato il suo gesto. Era avventato, senz’altro, ma quanto coraggio ha dimostrato. Un coraggio sincero.»
«Il coraggio sincero e l’avventatezza non pagano, mi sa.» Sibyl mosse qualche passo, ma poi si voltò nuovamente. «Mi promette che tornerà, non è vero?»
«Certo che glielo prometto.»
«Bene», sorrise lei, portandosi le mani ai fianchi. «Mi saluti Hyde, se lo vede. E gli dica di fare in modo che non le accada niente, Henry.»

«Al diavolo Quatermain e i suoi stramaledetti scrupoli!» sbraitò Sybil, quando fu arrivata nella sua cabina.
Pensavano forse che non sapesse combattere? Pensavano che fosse una ragazzina capitata lì per caso? Si lasciò cadere pesantemente sul letto, e spostò lo sguardo alla spada d’argento che le aveva donato Nemo. Era ovvio che non si fidassero di lei. Loro non l’avevano mai vista lottare contro qualcuno. Certo, sul ponte aveva affrontato Nemo, ma… l’aveva lasciata vincere palesemente. In America stessa non aveva fatto molto visto che Sawyer e Finn erano sempre pronti a coprirla. Lei non era un agente segreto. Era solo… una ragazzetta capricciosa che in quegli ultimi due anni aveva usato il proprio dolore come odiosissimo mantello. E adesso che ne aveva preso consapevolezza non poteva permettere che la lasciassero lì. Adesso che si sentiva abbastanza forte da affrontare una volta per tutte il suo passato nessuno gliene avrebbe tolto la possibilità.
Afferrò la pesante giacca bianca e vi nascose dentro la spada. Se si fosse coperta fino al naso con il cappuccio di pelliccia non l’avrebbe riconosciuta nessuno. Riuscì a raggiungere la squadra quando avevano appena iniziato a lasciare il sommergibile.
Camminarono per parecchi metri prima di raggiungere il punto di appuntamento che aveva indicato Skinner.
Quando li raggiunse, l’uomo invisibile raccontò ciò che aveva visto: la fortezza era immensa. Le fornaci producevano ferro per le armi di distruzione di M. Le armi venivano assemblate nelle officine da un esercito privato di gente spietata che la pensava come lui, ma il peggio doveva ancora venire: nel bacino di carenaggio i migliori cervelli di M stravolgevano il sogno di Nemo.
«Il Nautilus?» disse sconcertato il capitano.
«I Nautili», lo corresse Skinner. «Ne hanno fatto già otto.»
«E gli scienziati rapiti?»
«M tiene in ostaggio le loro famiglie. O essi lavorano o moglie e figli muoiono. E non è ancora tutto: gli scienziati lavorano giorno e notte per creare nuove varianti di noi. Spie invisibili, eserciti di Hyde, vampiri assassini. M parte oggi per l’Europa con campioni di sostanze chimiche da vendere alle nazioni più bramose di averle.»
«Non voglio che il mio demone infetti il mondo», mormorò Jekyll.
«Crede che noi la pensiamo diversamente?» rispose Mina.
«Un intreccio di tubi collega le ciminiere. Buttare bombe nelle fornaci farebbe un bel botto», continuò Skinner. «Qualcuno deve andarci e fare piazza pulita. Io sono il più adatto a non farsi vedere.»

Finalmente poterono entrare nella fortezza. Nemo ed Hyde avrebbero pensato a liberare i prigionieri; Quatermain e Sawyer a stanare M. E Mina… Mina sarebbe andata a caccia di Dorian, ovviamente.
Le bastava percorrere la stessa strada della vampira per trovarlo. Percorrere la stessa strada senza fare alcun rumore, e per farlo doveva assolutamente liberarsi di quell’ingombrante giacca bianca. Quando si assicurò che non c’era nessuno dei dintorni la sbottonò facendola cadere per terra con poca cura.
Ma Sibyl non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che Mina era già sparita.
Maledetta, voleva Dorian tutto per lei.
La ragazza trattenne a stento un urlo di rabbia, e strinse forte i pugni. Soltanto allora rifletté bene sull’arma che aveva in mano. L’argento era per i licantropi, non per i vampiri; non avrebbe avuto senso trafiggerle il cuore con la spada di Nemo. Ma nel momento in cui a un vampiro veniva mozzata la testa… poco importava il materiale dell’arma utilizzata per giustiziarlo.
Sì, se ne sarebbe liberata una volta per tutte. D’altra parte, quella fortezza pullulava di nemici. Chiunque poteva coglierla di sorpresa e riservarle quel gentile trattamento.
Ma Dorian? Come si sarebbe comportato? Avrebbe difeso la sua amante o sarebbe rimasto seduto a godersi lo spettacolo?
Mentre pensieri confusi si accavallavano così disordinati nella sua mente, Sibyl correva per scale sempre uguali, che terminavano in corridoi sempre uguali, sui quali si affacciavano stanze sempre uguali.
Gli alloggi di M e Gray dovevano trovarsi al piano più alto, il più lontano possibile dalle follie che i loro schiavi stavano perpetrando ai danni dell’umanità.
Dopo una lunga, estenuante ricerca, Sibyl iniziò a sentire in lontananza la voce di Mina. Si faceva sempre più vicina. Strinse i denti e corse più veloce nonostante il fiato le stesse venendo meno.
Si chiedeva come avrebbe fatto ad affrontarla. I vampiri avevano forze e velocità disumane, mentre lei era solo una ragazzina abile con spade e fucili. Una ragazzina profondamente stupida.

Mina Harker reggeva in mano un dipinto. Il ritratto di Dorian Gray.
Davanti a lei, inchiodata al muro da un lungo spadino, di quell’affascinante demone non restava che una carcassa di cenere grigiastra.
Sibyl non era nemmeno arrivata alla porta quando l’aveva vista avventarsi contro di lui e finirlo.
E non era così che doveva andare.
La ragazza stava per sguainare la spada e fare ciò che doveva, ma un fragore improvviso glielo impedì.
Skinner aveva innescato le bombe prima del previsto… o era stata lei a perdere troppo tempo?
Mina la prese per un braccio e la trascinò via tra le fiamme che divampavano intorno a loro.
«Lasciami!» protestò Sibyl, mettendo finalmente mano alla spada. Non le importava se quel palazzo stava crollando: avrebbe regolato i suoi conti adesso. «Prima di venire qui dentro hai detto che Gray aveva vissuto anche troppo. E tu, Mina? Non pensi che anche per te sia arrivata l’ora di sparire?»

§

Sibyl si svegliò nella sua cabina con un tremendo dolore al collo. Si alzò di scatto per guardarsi allo specchio, ma prima che potesse muovere un passo si accorse che non era da sola.
«Solo un morsetto per farti calmare», le spiegò Sawyer. «Ha detto che stavi dando un po’ troppo di matto.»
«Io non do mai di matto, Tom», rispose lei. «Volevo solo ammazzarla.»
«Ecco, normalmente è questo che la gente chiama “dare fuori di matto”.»
«Per essere qui suppongo che tutto sia andato secondo i piani. È contento, il vecchio Quatermain?»
Sawyer si alzò dalla sua sedia e guardò fuori dall’oblò.
«E’ morto. L’ha ucciso M.»
«Ma lui non può morire. Si dice che…»
«Si diceva che, Sibyl. Si diceva che.»
La ragazza si avvicinò al suo amico e gli diede un paio di pacche sulle spalle. Era la stessa cosa che aveva fatto quando era morto Finn.
Lei e Sawyer erano legati da un affetto profondo, ma l’orgoglio di entrambi non aveva permesso di dimostrarlo appieno all’altro. E d’altra parte non era nemmeno necessario: loro non avevano bisogno di certe forzate formalità.
Sibyl andò via senza dir nulla.
Per i corridoi del Nautilus regnava un silenzio innaturale, e non riusciva a vedere nessuno al di là delle porte aperte.
«Come si sente?» le chiese Jekyll, venendo fuori dal nulla.
«Bucata, Henry», disse lei con poco garbo. «Mi ha medicata lei?»
«Certamente. Ha saputo di Quatermain?»
«Da Sawyer. Si è spenta una grande luce, non c’è dubbio.»
«E sa che Gray è…»
«Oh sì che lo so. Non mi sono persa nemmeno un istante della scena in cui l’adorabile signora Harker lo ha fatto morire.»
«Ha fatto ciò che doveva.»
«L’ha fatto morire, non l’ha ucciso. Lei non sa come è successo.» Sibyl sospirò e scosse la testa. No, lui non poteva sapere cosa aveva provato nel vedere Dorian urlare davanti a quel mostruoso ritratto, e diventare vecchio, e svanire come una statua di sabbia. Volse lo sguardo al dottore, che rigirava nervosamente tra le dita il suo orologio da taschino. «Ma mi rendo conto che alla luce di tutto quello che è successo e alla velocità con la quale è successo il cordoglio per Dorian Gray è assolutamente inopportuno. Persino da parte mia, Henry.»
Era vero.
Adesso sentiva di non provare più niente per quell’uomo.
Il motivo per il quale aveva attaccato Mina probabilmente era puro orgoglio: non riusciva a tollerare che fosse arrivata dove lei non aveva nemmeno osato avvicinarsi.
«Cosa ne sarà adesso della squadra? Dopo che il corpo di Quatermain sarà portato in Africa Nemo non avrà motivi per tenerci con sé. Come potremo tornare alla vita di prima dopo quello in cui siamo stati coinvolti? Se c’è qualcosa che ho capito è proprio questo: io non sono un vero agente segreto. Sono una ragazza, non dovrei nemmeno esserlo. Ai servizi segreti non si fanno troppi scrupoli se sei disposto a sporcarti le mani al posto di chi occupa i piani alti.»
«Beh, Sibyl. Parigi è bella. E grande. Ci sarà senz’altro posto per lei, se vorrà.»
«E cosa farei, una volta a Parigi? Ho disimparato a recitare, e non sapevo fare altro.»
«Quello non sarà un suo problema», rispose Jekyll, e posò l’orologio nella tasca. «Mi prenderei io cura di lei, sarà un piacere. Sempre che alla bella non dispiaccia dividere la sua vita con una bestia.»
Sibyl non rispose subito. Restò a fissare il vuoto per un tempo che a Henry Jekyll sembrò interminabile.
«In suo favore posso solo aggiungere», riprese lui, «che ha eseguito alla lettera ciò che gli aveva chiesto: ha fatto in modo che non mi accadesse niente.»
«Ne ero sicura, Henry», sorrise la ragazza. «E sono altrettanto sicura che a me non riserverebbe un trattamento diverso.»

§

Il caldo africano era così intenso da togliere il fiato.
Intorno alle tombe di Quatermain e del figlio il paesaggio non era costituito da altro che terra arida e giallastra, dalla quale spuntavano a tratti ciuffi d’erba seccata.
Alla sepoltura del grande cacciatore non stavano assistendo soltanto i suoi amici, ma tutti gli abitanti del villaggio nel quale aveva vissuto da quando si era allontanato dall’Inghilterra.
«L’Africa non permetterà mai che io muoia, dicevi», mormorò Skinner con un sorriso amaro. «Ma ti sbagliavi, vecchio mio.»
«E adesso?» chiese Sawyer.
Per troppo tempo mi sono nascosto al mondo. Ora, al sorgere del nuovo secolo, voglio tornare a rivederlo», disse Nemo. «Vi invito a unirvi a me.»
Henry e Sibyl si guardarono negli occhi per un breve istante.
Niente Parigi, dunque.
Beh, poco male: dopo quell’unica confessione di debolezza tra i corridoi del Nautilus Sibyl aveva ritrovato la forza e la determinazione che riteneva morte insieme con Gray, e tutta la sua energia si sarebbe rivelata senz’altro fuori luogo in una città come quella.
Sì, sarebbe invecchiata un po’ con la sua strampalata compagnia.
E chissà, forse tra qualche anno Parigi sarebbe stata pronta per lei e Jekyll.
Pronta per la Bella e la Bestia.



 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: