torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Cavalieri dello Zodiaco, I (Saint Seiya)
Titolo Fanfic: CHIASMA
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/02/2005 14:58:17

``la tredicesima armatura non era una leggenda; il tredicesimo cavaliere era nike, sposa e protettrice di atena``...
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
LA SPOSA DI ATENA
- Capitolo 1° -

Il sangue iniziò a sgorgare dalla mano di Cleide, e cadde sulla coppa dorata bagnandone appena i bordi.
Il dolore era crudele e lancinante, ma la giovane non emise che un sospiro mentre le lacrime le solcavano le guance sotto gli occhi avidi del Grande Sacerdote.
«Bevi, ora», le ordinò.
Cleide annuì appena e portò la coppa alle labbra assaggiandone il vino dolcissimo e fruttato. Poi sollevò lo sguardo che fino ad allora aveva tenuto chino sul pavimento, e guardò i cavalieri davanti a lei.
Dodici erano i Cavalieri d’Oro che presiedevano le Case di Atene, dodici come i segni zodiacali e le costellazioni dalle quali traevano nome e potere.
Soltanto tre di loro mancavano alla cerimonia di consacrazione alla dea Atena, loro protettrice: Micene di Sagitter, ucciso quattordici anni prima a causa del suo tradimento alla dea e al Grande Tempio; Saga di Gemini e il cavaliere di Libra, ritirato in un eremo tra le impervie montagne della Cina.
Mu di Aries era il primo dei presenti a dover ricevere quel dono; la giovane scese lentamente gli scalini che conducevano al trono, raggiunse il cavaliere e sollevò la coppa davanti a lui.
«Bevi da me, e berrai da Atena», mormorò.
Mu fece un profondo inchino, osando guardare nei suoi occhi solo per qualche istante; poi si rialzò, posò le mani sulle sue e bevve l’ambrosia consacrata.
E così fecero Aldebaran di Taurus, e Death Mask di Cancer, e Ioria di Leo.
Il cavaliere della quinta casa però non abbandonò per un solo istante gli splendidi occhi scuri di Cleide, e quando tornò in piedi le sorrise, fiero di lei. La bambina che aveva seguito in quei lunghi anni adesso era diventata una splendida donna. La sua pelle dorata dal sole sembrava ancora più setosa e bella tra le leggere stoffe di pesca del suo vestito, i suoi capelli di mogano brillavano sotto le luci della Sala del Trono. Ma lei non era solo la creatura più bella che avesse mai messo piede sulla terra; era anche una guerriera, una fortissima combattente, forgiata come ferro per adempiere al suo compito: erigersi ad ultima difesa di Atena qualora se ne fosse presentata la necessità, qualora i Cavalieri d’Oro fossero stati sconfitti.
Cleide, figlia del Grande Sacerdote Arles, era la Sposa di Atena.
La giovane nel frattempo si era fermata davanti a Shaka di Virgo, ed adesso attendeva che Milo di Scorpio si rialzasse.
E lui lo fece, si rialzò in fretta per poter guardare quegli occhi verdi ancora una volta, ma Cleide era già andata avanti, ansiosa di terminare il suo compito.
Quando ebbe finito, tornò al centro della sala, si inchinò appena davanti ai nove cavalieri, e risalì le scale per sedersi ai piedi del padre.
Milo non poteva non continuare a guardarla. Santi Numi, quanto era bella. Più bella di Atena, più bella di Afrodite. Quei colori così particolari, quel profumo così dolce non l’avrebbe trovato in nessun’altra, lo sapeva. E sapeva anche, come anni di duro allenamento gli avevano insegnato, che non avrebbe dovuto trovare nessun’altra: la sua vita, come la vita di ogni cavaliere, doveva essere votata ad Atena, e, prima ancora di Atena, alla sua Sposa, una fanciulla prescelta dalla dea perché la proteggesse da ogni male.
E questo era ciò che stava dicendo il Grande Sacerdote in quel momento.
«Cavalieri d’Oro, ora siete stati consacrati ad Atena e alla Sua Sposa», disse, con straordinaria solennità. «La Sposa ha visto nei vostri cuori, uno per uno, e soltanto perché in voi non ha trovato traccia di impurità ha diviso con voi il suo nettare sacro», continuò.
Cleide fece una smorfia divertita: non aveva sentito un bel niente. Aveva ricevuto delle istruzioni, e le aveva eseguite alla lettera.
«Ora, ora soltanto, potrete considerarvi veri difensori di Atena e della Giustizia. Soltanto per lei dovrete combattere. E soltanto se voi periste nel tentativo di difendere la dea la Sua Sposa dovrà ergersi a Suo ultimo baluardo. Quindi, Cavalieri d’Oro, ricordate: se volete proteggere Atena, preservate la Sua Sposa da ogni male.»

Vista dall’alto dell’Acropoli, Atene sembrava uno strano quadro colorato.
Lo stacco tra la città vivente e la cittadella, dove vivevano relegati tutti coloro fedeli ad Atena e al Grande Sacerdote, era netto, netto ed avvilente.
Se lei non fosse stata figlia di Arles avrebbe potuto trovarsi nel cuore pulsante della città. Lì, invece, la vita sembrava essersi fermata ai tempi remoti, quando ancora la gente credeva negli dei e negli eroi, tagliata via dal resto del mondo. La cosa peggiore, poi, era che lei ad Atena e all’autorità del Gran Sacerdote neanche credeva. Arles le sembrava un uomo come tanti, ed Atena… Atena per lei era solo una statua, anzi, tante statue che la perseguitavano. Atena voleva dire noia, insofferenza, frustrazione. Cleide era costretta a passare le sue giornate al tempio della dea, a dividersi tra i suoi studi, ossia quello che Arles riteneva dovesse studiare, e tra preghiere che al suo cuore sembravano false e prive di ogni senso.
L’unico momento della sua giornata in cui le era concesso evadere dalla sua prigione di marmo era alla sera, quando Ioria, fratello di Micene, la allenava per diventare una guerriera imbattibile per chiunque non fosse un cavaliere d’oro. Ma sapere che anche quei combattimenti, quelle chiacchierate, quelle risate erano volte a fare di lei una degna Sposa di Atena, la avviliva profondamente.
Cosa poteva fare, del resto? Di cosa poteva lamentarsi? Lei era fortunata, era la figlia del Grande Sacerdote. Da quel piccolo mondo antico le donne erano bandite. Chi voleva restare doveva accettare il triste stato di concubina di Arles, o rinunciare alla propria femminilità per combattere come un uomo in nome di Atena.
Non ne poteva più, non ne poteva proprio più di tutto quello.
Non sopportava quel cielo azzurro, quel sole tanto brillante da dar fastidio, quel maledetto caldo afoso. Detestava suo padre, e gli ordini che le dava come se fosse una qualunque dei suoi servitori, e detestava quel vestito. Cleide iniziò a strappare le stoffe del suo abito, finché non lo ridusse a uno straccio striminzito. Un bellissimo straccio… ma pur sempre uno straccio.
Non aveva ancora completato la sua opera che sentì qualcuno correre verso di lei.
«Sentivo caldo!» chiarì immediatamente, senza nemmeno curarsi di chi le stesse di fronte.
«Temevo vi avessero aggredita, mia signora.»
La ragazza si portò una mano davanti agli occhi per coprire i raggi del sole: a darle fastidio, questa volta, non era la solita guardia.
«Ah», esclamò. «Milo di Scorpio.»
«Vi siete ricordata.»
«Ti ho visto meno di un’ora fa.» Lo guardò un istante nei suoi occhi blu e sospirò. «Non darmi del voi, non ce n’è bisogno. Piuttosto togliamoci da qui, c’è troppo sole. Bene», riprese, e corse dietro una colonna, «dov’eravamo?»
Milo non rispose: era così diversa, adesso.
Se prima l’aveva paragonata ad Afrodite, ora sembrava un’amazzone, e non poteva che pensare a lei come ad Artemide. E quello sguardo, così oscuro e fatale, non era forse lo stesso con il quale si poteva figurare Ecate, grande e terribile?
«Siete… sei sporca di sangue», disse.
«Sì. Non preoccuparti, è la ferita alla mano. Non riesco proprio a capire perché voi uomini abbiate questa morbosa ossessione per il sangue.»
Cleide iniziò a camminare sul pavimento di marmo bianco, e si spostò fino alla balaustra per contemplare il mare.
«Mi sembra che tu sia stato addestrato su un’isola», disse, e in quel momento la sua voce si trasformò: non era più quella altezzosa di una ragazzina, ma quella profonda e malinconica di una giovane donna. «Com’è il mare? Visto da vicino, intendo.»
«E’ fresco», rispose Milo. «E’ fresco, e salato, e splendente. Emana un odore particolare, un profumo che non potrà mai sentire chi è confinato quassù. Ricopre immense distese di sabbia dorata, e quando è baciato dal sole diventa ancora più bello. Ma, in quanto allievo, non potevo soffermarmi troppo.»
«Ovviamente sì», sospirò lei. «In quanto cavaliere non puoi godere di ciò che proteggi.»
Quanto aveva ragione! Milo doveva proteggerla, eppure non poteva toccarla. Anche la casta adorazione che provava per la sua signora gli sembrava qualcosa di sacrilego.
«Godo della pace, Cleide.»
«Godi della pace?» ripeté la ragazza, mentre il tono della sua voce tornava quello di prima. «Godi della pace? Cosa c’è qui di cui godere? Sapresti nominarmi qualcosa della quale godere senza essere ipocrita?»
«Tu», replicò lui, mettendo da parte ogni pudore.
Lei, esterrefatta, restò a bocca aperta.
«Tu sei un ottimo motivo per rinchiudersi in questo posto senza anelare ad altro. E non è mero fanatismo, il mio, non mi sto rivolgendo a te come Sposa di Atena, perché è più che evidente che questo è un ruolo che odi. Tu sei così straordinariamente bella che renderesti bello qualsiasi posto, qualsiasi maceria. È un piacere vederti, mi riempie il cuore. E se anche un lontano giorno la mia fedeltà ad Atena e al Grande Sacerdote dovesse venir meno, resterò sempre tuo devoto. Credi che questo sia da ipocrita?»
La giovane scosse lentamente la testa. Nessuno le aveva mai parlato con altrettanta franchezza, nessuno aveva mai riposto il suo cuore nelle sue mani come stava facendo Milo.
Era il migliore tra i Cavalieri d’Oro.
«E’ quello che pensi davvero?» gli chiese, con un sussurro.
«Certo.» Milo sorrise. «E chi non lo penserebbe? Vedi, mia signora, tu qui hai tutti i diritti di sentirti prigioniera. Ma come deve sentirsi qualcuno che è prigioniero con te e che non può sperare in un tuo sguardo?»
Cleide scoppiò in una risata cristallina.
«Ah, Milo!» sospirò divertita. «Quello che hai detto è molto ardito. Atena potrebbe ingelosirsi.»
«Sei una sacerdotessa guerriero?»
«Non come le altre. Come vedi, non porto una maschera.»
«Pensavo fosse un semplice privilegio.»
«Un crudele privilegio, vorrai dire. Essere Sposa di Atena non è affatto un privilegio. Le sacerdotesse guerriero portano una maschera per nascondere il loro essere donna, perché nessuno si innamori di loro e le costringa alla scelta. Io non ne ho bisogno, perché se anche mi innamorassi follemente di qualcuno e questo qualcuno si innamorasse follemente di me… non posso certo tradire la mia frigida compagna.»
«Mi ferisce sentirti parlare così», disse Milo. «Stai dissacrando qualcosa in cui tutti noi crediamo fermamente. Per Atena abbiamo sacrificato la nostra giovinezza, e abbiamo versato il nostro sangue. E nonostante tu abbia tutti i motivi per odiare la tua condizione… è troppo chiederti di non infangare la dignità della nostra dea?»

 
Continua nel capitolo:


 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: