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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Il Signore degli Anelli (The lord of the rings)
Titolo Fanfic: AMRUN MIR- L`AVVENTO DEL PRINCIPE D`ORIENTE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: flamia galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 08/02/2005 23:06:41

prevalentemente sarà incentrato su legolas, ma anche su altri... forse qlke scena un po` forte... good reading!!!!
 
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OCCHI D`ORO TRA GLI STERPI (LA COMPAGNIA SI SCIOGLIE)
- Capitolo 1° -

- Amrun Mir -
L’avvento del Principe
d’Oriente


Salve, stranieri di remoti paesi e amici di vecchia data! Sono Flamia, un non-più-recentissimo-acquisto del sito. Questa non sarà di certo l’ultima fic che scrivo, ma è appena la prima ispirata al Signore degli Anelli. Questa volta, ho deciso di finirla prima di postarla, al fine di evitare inutili buchi tra i periodi di consegna che –secondo me- fanno tanto girare le p…. ai lettori. E per evitare il riassunto del periodo in cui è ambientata la storia (che mi fa tanto telenovela) come prologo ho deciso di riportare una parte de “La Compagnia si scioglie”, capitolo tratto dal II libro de “La Compagnia dell’Anello”. In ogni caso la vicenda si svolge presso le cascate di Rauros, dove il Grande Fiume circonda l’isola di Tol Brandir. Specifico che non c’è la minima intenzione di plagio, e il brano sopra citato appartiene a J.R.R. Tolkien o a chi ne detiene i diritti, così come tutti i personaggi della saga del SdA; gli Elfi Selvaggi, le Fate e la sacerdotessa Enya (omaggio all’omonima cantante) sono invece copyright mio, magie e riti compresi. Ho fatto una fatica diavola a studiarmi le rune Anghertas e il linguaggio Quenya e Sindarin, perciò per favore apprezzate lo sforzo e commentate, commentate, commentate! (Sono gradite critiche costruttive, gli insulti magari lasciateli a casa, grazieee).

Prologo: Occhi d’oro tra gli sterpi (La Compagnia si scioglie)

Aragorn li condusse al braccio destro del Fiume. Sulla riva occidentale, un verde prato si estendeva all’ombra di Tol Brandir, dai piedi di Amon Hen sino al bordo dell’acqua. Al di là, le prime pendici del colle erano coperte d’alberi, e altri alberi fiancheggiavano verso ovest le curve sponde del lago. Una piccola sorgiva zampillava e nutriva l’erba.
<< Riposeremo qui questa notte >>, disse Aragorn. << Ecco il prato di Parth Galen: un bel posto nei giorni estivi dei tempi che furono. Spero che il male non vi sia ancora giunto >>.
Tirarono a secco le barche sulle verdi rive, e si accamparono nelle vicinanze. Decisero di montare la guardia, pur non essendoci il minimo rumore o segno di nemici. Se Gollum era riuscito a seguirli, si teneva nascosto e silenzioso. Eppure, coll’avanzare della notte, Aragorn divenne irrequieto. Infine nel mezzo della notte si alzò, avvicinandosi a Frodo che era di guardia.
<< Perché ti svegli? >>, domandò Frodo. << Non è il tuo turno di guardia >>.
<< Non lo so perché >>, rispose Aragorn; <<ma un’ombra minacciosa cresceva nel mio sonno. È bene sfoderare la spada >>.
<< Perché? >>, disse Frodo. << Vi sono forse dei nemici nelle vicinanze? >>.
<< Vediamo cosa dice Pungolo >>, disse Aragorn.
Frodo sguainò la lama elfica. Con costernazione vide tutt’intorno ai bordi un barlume nella notte. << Orchetti! >>, disse. << Non molto vicini, tuttavia non abbastanza lontani per essere innocui, a quanto pare >>.
<< Lo temevo >>, disse Aragorn. << Ma forse non sono da questo lato del Fiume. La luce di Pungolo è fioca, e può anche darsi che mostri solo le spie di Mordor vaganti sulle falde di Amon Lhaw. Mai ho avuto sentore di Orchetti su Amon Hen. Ma tutto ormai è possibile in questi giorni malvagi, ora che Minas Tirith non custodisce più il passaggio del Grande Fiume. Domani dovremo avanzare con cautela >>.

Il giorno giunse come fuoco e fumo. All’est, basse pareti di nuvole nere sembravano sprigionarsi da qualche grande incendio. Il sole nascente le illuminava dal basso con fiamme di un rosso tenebroso; presto, però, scavalcandole, si innalzò nel cielo limpido. La sommità di Tol Brandir era incappucciata d’oro. Frodo volse lo sguardo a oriente, fissando l’alta isola. I suoi fianchi scoscesi emergevano per-pendicolari alle acque. Sopra le rupi, alcuni alberi si arrampicavano, su dei ripidi pendii, ove le chiome degli uni sfioravano il ceppo degli altri; più in alto, grigie facciate di rupi impervie erano coronate da una grande vetta acuminata. Molti uccelli vi roteavano intorno, ma non vi si scorgeva alcuna traccia di esseri viventi.
Quando ebbero fatto colazione, Aragorn convocò la Compagnia. << È infine giunta l’ora >>, disse, << l’ora della scelta che abbiamo continuamente rinviata. Che ne sarà adesso della nostra Compagnia che ha viaggiato sinora in buon accordo? Volteremo tutti ad ovest insieme con Boromir, incontro alle guerre di Gondor? Oppure volteremo ad est, verso la paura e l’ombra? Oppure la Compagnia si scinderà, e ognuno farà quel che preferisce, gli uni scegliendo una via, e gli altri la via opposta? Qualunque sia la decisione, dev’essere presa in fretta; non possiamo stare a lungo qui. Il nemico è sulla sponda orientale, come tutti sappiamo, ma temo che vi siano Orchetti anche da questo lato del fiume >>.
Seguì un lungo silenzio durante il quale nessuno si mosse né aprì bocca.
<< Ebbene, Frodo >>, disse infine Aragorn. << Purtroppo il fardello pesa sulle tue spalle. Sei tu il Portatore designato dal Consiglio. Tu solo puoi scegliere la tua strada. Io non ti posso dare suggerimenti. Non sono Gandalf, e sebbene abbia tentato di fare le sue veci, ignoro quali fossero i suoi progetti o le sue speranze a questo proposito, seppure ne aveva. Credo del resto che anche se fosse qui adesso, la scelta toccherebbe sempre a te. È il tuo destino >>.
Frodo non rispose immediatamente. Poi le parole uscirono lente dalle sue labbra. << So che il tempo stringe, eppure non posso decidere. È un peso assai gravoso. Dammi un’ora di tempo e ti dirò la mia scelta. Ho bisogno di essere solo >>.
Aragorn lo guardò con affettuosa compassione. << Molto bene, Frodo figlio di Drogo >>, disse. << Avrai un’ora di tempo, e sarai lasciato solo. Noi restiamo qui ad attenderti. Ma rimani sempre a por-tata di voce >>.
Frodo rimase un momento seduto col capo chino. Sam, che da tempo osservava con inquietudine il padrone, scosse la testa mormorando: << La scelta è chiara come il giorno, ma è inutile che Sam Gamgee dica la sua, per adesso >>.
Infine Frodo si alzò e si allontanò; Sam vide che, mentre tutti gli altri seppero trattenersi dal guardarlo, gli occhi di Boromir seguirono attentamente Frodo, che scomparve alla vista tra gli alberi di Amon Hen.

Girovagando senza meta nel bosco, Frodo si accorse ad un tratto che i piedi lo conducevano verso le pendici del colle. Incontrò un sentiero, le rovine cadenti di un’antica via. Nei punti più impervi erano state intagliate scale nella roccia, ma ormai erano logore e crepate, e spaccate dalle radici degli alberi. Continuò a salire, noncurante della via che percorreva, e giunse così al centro di una radura erbosa. Tutt’intorno crescevano alberi, e al centro spiccava una grande pietra piatta. Il piccolo prato di montagna era aperto dal lato orientale, e inondato dalla luce del primo mattino. Frodo si fermò, guardando oltre il Fiume, che scorreva lontano ai suoi piedi, posando lo sguardo su Tol Brandir e sugli uccelli roteanti nel grande golfo d’aria che lo separava dall’isola inviolata. La voce di Rauros giungeva alle sue orecchie come un potente ruggito frammisto ad un cupo rimbombo.
Frodo si sedette sulla pietra piatta, e posò il mento sulle mani, guardando fisso ad oriente, ma vedendo ben poco con gli occhi. Tutto ciò che era accaduto dopo la partenza di Bilbo dalla Contea gli tornava ora alla mente, ed egli ricordava e soppesava ogni parola di Gandalf che riuscisse a rammentare. Il tempo passava e nulla ancora aveva deciso.
Improvvisamente qualcosa lo destò dai suoi pensieri; la strana sensazione di una presenza dietro di sé, come se due occhi ostili lo stessero fissando. Balzò in piedi, voltandosi, ma con grande sorpresa vide solo Boromir, il cui volto sorrideva affettuosamente.
<< Ero in apprensione per te, Frodo >>, disse avvicinandosi. << Se, come dice Aragorn, gli Orchetti sono nelle vicinanze, nessuno di noi dovrebbe girovagare da solo, e tu meno di tutti: pensa a tutte le cose che dipendono da te! Anche il mio cuore è pesante. Permetti che rimanga qui a parlare per qualche minuto, ora che ti ho trovato? Sarebbe per me un gran conforto. Quando si è in molti, ogni dialogo diventa un’interminabile discussione. Ma in due si raggiunge a volte la saggezza >>.
<< Sei gentile >>, disse Frodo. << Ma non vi è dialogo che possa aiutarmi. So quel che dovrei fare, ma ho paura, Boromir, paura >>.
Boromir rimase un attimo silenzioso. Rauros ruggiva ininterrottamente. Il vento mormorava tra i rami degli alberi. Frodo rabbrividì.
Improvvisamente Boromir andò a sedersi accanto a lui. << Sei certo di non soffrire inutilmente? >>, disse. << Desidero aiutarti. Hai bisogno di consigli nella tua ardua scelta. Non gradisci il mio? >>.
<< Credo di conoscere già il consiglio che mi daresti, Boromir >>, disse Frodo. << Sembrerebbe saggio, se il cuore non mi mettesse in guardia >>.
<< In guardia? In guardia contro che cosa? >>, domandò brusco Boromir.
<< Contro i ritardi. Contro la via che pare più agevole. Contro lo scrollarmi di dosso il peso che grava sulle mie spalle. Contro… ebbene, poiché vuoi che te lo dica, contro la fiducia nella forza e nella sincerità degli Uomini >>.
<< Eppure quella forza ti ha a lungo protetto nel tuo piccolo paese lontano, quantunque tu ne fossi ignaro >>.
<< Non metto in dubbio il valore della tua gente. Ma il mondo sta cambiando. Le mura di Minas Tirith sono forse robuste, ma non abbastanza. Se dovessero cadere, cos’accadrebbe? >>.
<< Troveremmo sul campo una morte intrepida. Ma vi è ancora speranza che le mura non cedano >>.
<< La speranza non esiste, finché esiste l’Anello >>, disse Frodo.
<< Ah! L’Anello! >>, ripeté Boromir, e lo sguardo gli si illuminò. << Non è forse uno strano destino, dover soffrire tanta paura e tante incertezze per un oggetto così minuto? Un oggetto così minuto! E io l’ho appena intravisto un attimo nella casa di Elrond. Permetti che gli dia un altro sguardo? >>.
Frodo levò gli occhi su Boromir. Il suo cuore divenne improvvisamente gelido. Scorse una strana luce negli occhi del compagno di viaggio, il cui volto era però gentile e amichevole. << È meglio che rimanga nascosto >>, rispose.
<< Come preferisci. Io non ci tengo >>, disse Boromir. << Permetti almeno che te ne parli? Sembra infatti che tu pensi soltanto al potere che l’Anello conferirebbe al Nemico, se egli se ne impadronisse: soltanto cioè al cattivo impiego di esso, e non ai suoi lati positivi. Il mondo sta cambiando, dici. Minas Tirith cadrà, se l’Anello non verrà annientato. Ma perché? Indubbiamente è ciò che accadrebbe, se fosse in mano al Nemico. Ma perché dovrebbe accadere se l’Anello fosse nelle nostre mani? >>.
<< Non hai udito ciò che fu detto al Consiglio? >>, disse Frodo. << Perché noi non possiamo adoperarlo, e tutto ciò che viene fatto con esso diventa malvagio >>.
Boromir si alzò, camminando avanti e indietro con impazienza.
<< E così tu vai avanti >>, gridò. << Gandalf, Elrond… tutta questa gente ti ha insegnato a pensare in quel modo. Forse ciò che dicono è valido per loro; forse questi Elfi e Mezzielfi e Stregoni combinerebbero qualche guaio. Eppure a volte mi chiedo se siano effettivamente saggi e non semplicemente timidi. Comunque, a ognuno la propria razza. Gli Uomini dal cuore sincero non si lascerebbero mai corrompere. Noi di Minas Tirith siamo rimasti fedeli attraverso anni e anni di sofferenze. Non bramiamo il potere dei Re di Angmar, ma solo la forza necessaria per difenderci, per difendere una giusta causa. E meraviglia! nell’ora del bisogno il fato mette alla luce l’Anello del Potere. È un dono, ne sono convinto: un dono ai nemici di Mordor. È pura follia non adoperare il potere del Nemico per lottare contro di lui. I temerari, gli spietati, sono costoro gli unici che potranno vincere. Che cosa non farebbe un guerriero in un’ora come questa, un grande capo? Che cosa non sarebbe capace di fare Aragorn? Oppure, se egli rifiuta, perché non Boromir? L’Anello mi conferirebbe il potere del Comando. Come caccerei via i nemici da Mordor! E allora tutti gli uomini si raggrupperebbero intorno alla mia bandiera >>.
Boromir camminava in lungo ed in largo, parlando sempre più concitato. Pareva quasi aver dimenticato Frodo, nell’esaltare muraglie ed armi e il radunarsi degli uomini; faceva progetti per le grandi alleanze e gloriose vittorie future; e dopo aver distrutto Mordor, diveniva egli stesso un potente re, saggio e benevolo. D’un tratto s’arrestò agitando le braccia.
<< E ci ordinano di gettare via l’Anello! >>, gridò. << Non dico distruggerlo, che sarebbe probabilmente un bene, se la ragione ci consentisse di sperarvi. Ma lungi da ciò, l’unico piano che ci viene proposto, è di mandare un Mezzuomo inerme dritto a Mordor, offrendo al nemico la migliore opportunità d’impadronirsi da sé dell’Anello. Follia!
<< Certo te ne rendi conto, amico mio? >>, disse, voltandosi di scatto nuovamente verso Frodo. << Dici di avere paura. Se è così, anche il più ardito ti comprenderebbe. Ma non credi che sia il tuo buonsenso che si ribella? >>.
<< No, ho paura >>, disse Frodo. << Semplicemente paura. Ma sono felice che tu mi abbia parlato apertamente. Ogni cosa è più chiara adesso nella mia mente >>.
<< Allora vieni a Minas Tirith? >>, gridò Boromir. I suoi occhi brillarono nel viso impaziente.
<< Mi fraintendi >>, disse Frodo.
<< Ma almeno per un breve periodo verrai? >>, insistette Boromir. << La mia città è ormai vicina; e dista da Mordor poco più di Tol Brandir. Abbiamo trascorso molto tempo in zone selvagge, e prima di poter fare qualunque mossa è indispensabile che tu sia al corrente delle posizioni del nemico. Vieni con me, Frodo >>, disse. << Hai bisogno di riposare, prima dell’impresa, se essa è davvero inevitabile >>. Posò una mano sulle spalle dell’Hobbit in un gesto affettuoso; ma Frodo sentì che la mano tremava d’eccitazione repressa. Fece un rapido passo indietro, guardando allarmato l’Uomo, alto quasi il doppio di lui, ed infinitamente più forte.
<< Perché sei così ostile? >>, disse Boromir. << Io sono un animo sincero, e non un ladro, né un predone. Ho bisogno del tuo Anello: ormai lo sai; ma ti do la mia parola che non desidero tenerlo per sempre. Perché non lasci almeno che metta alla prova il mio piano? Prestami l’Anello! >>.
<< No! No! >>, gridò Frodo. << Il Consiglio ha dato a me l’incarico di portarlo >>.
<< È per colpa della tua follia che il Nemico ci sconfiggerà >>, urlò Boromir. << Che rabbia mi fai! Idiota! Idiota e testardo! Corri caparbiamente a buttarti nelle braccia della morte, e rovini la nostra causa. Se dei mortali hanno dei diritti da rivendicare sull’Anello, sono gli Uomini di Nùmenor, e non i Mezzuomini. È tuo solo per un malaugurato caso. Avrebbe potuto essere mio. Doveva essere mio. Dammelo! >>.
Frodo non rispose, ma si allontanò tanto da mettere fra sé e Boromir la grande pietra piatta. << Suvvia, suvvia, amico! >>, disse con tono più dolce l’Uomo di Minas Tirith. << Perché non sbarazzarcene? Perché non liberarti dal dubbio e dalla paura? Puoi far ricadere la colpa sulle mie spalle, se vuoi: dire, per esempio, che essendo molto più forte di te me ne sono impadronito con la violenza. Sappi che sono molto più forte di te, Mezzuomo >>, urlò; e d’un tratto si lanciò su Frodo, balzando al di là della pietra. Il suo bel viso amichevole era deformato dalla rabbia; un fuoco infuriava nei suoi occhi.
Frodo si spostò, mettendo di nuovo il sasso fra loro. Vi era una sola cosa che egli potesse fare: tremando, tirò fuori l’Anello appeso alla catenella e se l’infilò velocemente al dito, proprio nel momento in cui Boromir si lanciava nuovamente su di lui. L’Uomo rimase come boccheggiante, con lo sguardo per un momento fisso, e poi si mise a correre come un folle, cercando ovunque fra gli alberi e le rocce.
<< Sciagurato imbroglione! >>, urlò. << Lascia che ti metta le mani addosso! Ora capisco le tue intenzioni. Vuoi portare l’Anello a Sauron, e vendere tutti noi. Aspettavi solo il momento giusto per piantarci in asso. Che tu e tutti i Mezzuomini siate dannati alla morte ed all’oscurità! >>. Inciampò in un sasso, e cadde bocconi disteso per terra. Per qualche tempo rimase immobile, come fulminato dalla propria maledizione; poi scoppiò improvvisamente in lacrime.
Alzandosi si passò una mano sugli occhi, asciugandosi le lacrime. << Che ho detto? >>, gridò. << Cosa ho fatto? Frodo, Frodo! >>, chiamò ripetutamente. << Torna! Sono stato colto da una crisi di follia, ma ora è passata. Torna! >>.

Non so udì alcuna risposta. Le grida non erano nemmeno giunte alle orecchie di Frodo, che era già lontano, e correva ciecamente su per il sentiero, portando con sé il ricordo del viso folle e selvaggio di Boromir, e dei suoi occhi infocati.
Presto si trovò in piedi, solo, sulla vetta di Amon Hen, e rimase un attimo fermo, respirando affannosamente. Vide come in una nebbia un’ampia piattaforma circolare selciata con grosse pietre, e circondata da un parapetto merlato; al centro, su quattro colonne scolpite, si ergeva un alto seggio a cui si accedeva tramite una scala dai molti gradini. Frodo salì, sedette sull’antica sedia, e si sentì come un bimbo smarrito arrampicatosi sul trono dei re delle montagne.
Da principio riuscì a distinguere ben poco. Gli pareva di essere in un mondo di nebbia, popolato da ombre; aveva al dito l’Anello. Poi in alcuni posti la foschia si diradò, e vide molte immagini: erano piccole e nette, come se le scene si fossero svolte su un tavolo sotto i suoi occhi, eppure sembravano remote. Non percepiva suoni, ma solo luminose immagini animate. Il mondo pareva rimpicciolito e muto. Egli sedeva sul Seggio della Vista, ad Amon Hen, il Colle dell’Occhio degli Uomini di Nùmenor. A est lo sguardo spaziava su vaste terre inviolate, su pianure senza nome e foreste inviolate. Guardò a nord, e vide il Grande Fiume serpeggiare ai suoi piedi come un nastro, e le Montagne Nebbiose piccole e dure parevano denti rotti. Guardò a ovest, e vide gli immensi pascoli di Rohan; ed anche Orthanc, il pinnacolo d’Insengard, simile ad una spina nera. Guardò a sud, e sotto di lui il Grande Fiume si gonfiava come un’onda che sta per infrangersi, e piombava giù dalle cascate di Rauros in un pozzo spumeggiante. Vide anche Ethir Anduin, l’imponente delta del Grande Fiume, e miriadi di gabbiani volteggiare al sole come candidi granelli di polvere, e sotto di essi un mare verde e argenteo, increspato all’infinito.
Ma ovunque guardasse, vedeva i segni della guerra. Le Montagne Nebbiose parevano formicai; gli Orchetti pullulavano da migliaia di buchi. Sotto le fronde del Bosco Atro infieriva il conflitto tra Elfi e Uomini e bestie feroci. La terra dei Beorniani era in fiamme; una nube sovrastava Moria; nubi di fumo s’innalzavano dai confini di Lorien.
Uomini a cavallo galoppavano sull’erba di Rohan; i lupi uscivano a frotte da Isengard. Dai porti dello Harad salpavano navi da guerra; da est, infine, gli Uomini si spostavano incessantemente: spadaccini, lancieri, arcieri montati, i cocchi dei capi militari, i carri carichi di merci. L’Oscuro Signore spiegava tutte le sue schiere. Il suo sguardo si rivolse di nuovo a sud, ed egli contemplò Minas Tirith. Pareva molto remota, e splendida: con le bianche mura, le innumerevoli torri, troneggiava in cima alla montagna, bella e superba; le cinte scintillavano d’acciaio, sui torrioni splendevano mille bandiere. Il cuore di Frodo vibrò di speranza. Ma di fronte a Minas Tirith si ergeva un’altra fortezza, più imponente e più forte. Lo sguardo dell’Hobbit fu irresistibilmente attratto verso oriente. Passò oltre i ponti in rovina di Osgiliath, oltre i canali spalancati di Minas Morgul, oltre le Montagne spettrali: passò su Gorgoroth, la valle del terrore nel Paese di Mordor, ove sotto i raggi del Sole tutto era immerso nell’oscurità. Un fuoco ardeva fra nebbie e fumo. Dal Monte Fato incandescente esalavano vapori. Infine il suo sguardo si arrestò: muraglie e muraglie, cinte e bastioni, nera, incommensurabilmente forte, montagna di ferro, cancello d’acciaio, torre d’adamante, egli la vide: Barad-dur, la Fortezza di Sauron. Ogni speranza morì in lui.
E improvvisamente percepì l’Occhio. Vi era nella Torre Oscura un occhio che non dormiva, che si era accorto dello sguardo di Frodo, e questi lo sentiva covare un cupido e selvaggio desiderio, e lanciarsi all’inseguimento, come un dito che frugava ovunque. Tosto l’avrebbe inchiodato, lì, nel punto preciso ove egli si trovava. Lo sguardo di Mordor sfiorò Amon Lahw, toccò Tol Brandir… Frodo si buttò giù dal seggio, raggomitolandosi, coprendosi col cappuccio grigio.
Udì la propria voce gridare: Mai, mai! O era invece: Vengo, vengo davvero! Non riuscì a distinguere. Poi, come un lampo proveniente da qualche altra potenza in gioco, alla sua mente balenò una frase: Toglilo! Toglilo! Idiota, toglilo! Togliti l’Anello!
I due poteri lottarono in lui. Per un attimo, in bilico tra le punte acuminate, egli si contorse torturato. Improvvisamente fu di nuovo conscio di sé. Era Frodo, non più la Voce, né l’Occhio: libero di scegliere, nell’ultimo istante di cui disponesse. Si sfilò dal dito l’Anello. Era inginocchiato nella limpida luce del sole ai piedi del seggio. Un’ombra nera parve passare come un braccio sopra di lui; non sfiorò neanche Amon Hen, e brancolò verso occidente, scomparendo. Il cielo fu allora ovunque chiaro e azzurro, e gli uccelli cantarono su ogni albero.
Frodo si alzò in piedi. Si sentiva sfinito, ma la sua volontà era tenace ed il suo cuore più leggero. Parlò ad alta voce con sé stesso.
<< Ora farò il mio dovere >>, disse. << Una cosa perlomeno è palese: la malvagità dell’Anello sta cominciando ad intaccare persino l’integrità della Compagnia; è indispensabile che l’Anello si allontani da loro, prima che la situazione peggiori. Partirò da solo. Di alcuni non mi posso fidare, e agli altri voglio troppo bene: il povero vecchio Sam, Merry, Pipino. Anche Grampasso: il suo cuore ha nostalgia di Minas Tirith, ove avranno bisogno di lui, ora che Boromir è stato corrotto dal male. Partirò da solo, immediatamente >>.

Discese velocemente il sentiero e giunse alla radura ove Boromir l’aveva trovato. Si fermò un attimo ad ascoltare. Gli parve di udire grida e richiami nei boschi lungo la riva ai suoi piedi.
<< Mi staranno cercando >>, disse. << Chissà da quanto tempo sono stato lontano. Ore intere, probabilmente >>. Era incerto. << Che fare? >>, mormorò. << Devo partire subito o non me ne andrò mai più; un’occasione simile non si ripresenterà. Mi costa terribilmente lasciarli in questo modo, senza alcuna spiegazione. Ma sono certo che capiranno. Almeno Sam. E che altro potrei fare? >>.
Tirò fuori lentamente l’Anello, e se lo infilò di nuovo al dito. Svanì, e corse giù per il colle come un fruscio del vento.

Gli altri rimasero a lungo sulla riva del fiume. Da principio silenziosi, agitandosi irrequieti, ma poi si sedettero in cerchio a parlare. Di tanto in tanto si sforzavano di cambiare argomento, e di chiacchierare del lungo viaggio e delle numerose avventure; interrogando Aragorn sul reame di Gondor, chiedendogli informazioni sui resti delle grandi opere ancora visibili in quella strana terra di confine chiamata Emyn Muil; i re di pietra, i seggi di Lhaw e di Hen, la grande Scalinata accanto alle cascate di Rauros. Ma immancabilmente i loro pensieri e le loro parole tornavano a Frodo ed all’Anello. Quale sarebbe stata la scelta di Frodo? Perché esitava tanto?
<< Credo si stia domandando quale delle due vie è la più disperata >>, disse Aragorn. << Domanda più che giustificata. A est pare non vi sia scampo, ora che Gollum ci ha pedinati, svelando probabilmente il segreto del nostro viaggio. Ma recarsi a Minas Tirith non significa avvicinarsi al Fuoco, ed alla distruzione del Fardello.
<< Potremmo trascorrere lì un breve periodo, resistendo coraggiosamente; ma Sire Denethor e tutti i suoi uomini non potrebbero sperare di riuscire là ove persino il potere di Elrond fallirebbe: sia tenere nascosto l’Anello, sia sconfiggere l’intera potenza del Nemico, diretta ad impadronirsene. Che cosa sceglierebbe ciascuno di noi, al posto di Frodo? Io non lo so. È in quest’ora che sentiamo maggiormente l’assenza di Gandalf >>.
<< Grave è stata la perdita >>, disse Legolas. << Tuttavia dobbiamo assolutamente prendere una decisione senza il suo aiuto. Che ne direste se scegliessimo noi? Potrebbe essere utile a Frodo. Chiamiamolo, e poi procediamo alla votazione! Io opterei per Minas Tirith >>.
<< Anch’io >>, disse Gimli. << Noi, naturalmente, siamo stati soltanto inviati per aiutare il Portatore lungo la strada, liberi di fermarci quando lo desideriamo; né ordini né giuramenti ci costringono a recarci sino al Monte Fato. Dolorosa fu la mia partenza da Lothlòrien. Tuttavia sono giunto a questo punto, e vi dico: all’ora dell’ultima scelta, vedo chiaramente che non posso abbandonare Frodo. Per conto mio sceglierei Minas Tirith, ma se egli stabilisce diversamente io lo seguirò >>.
<< Anch’io andrò con lui >>, disse Legolas. << Sarebbe sleale dirgli addio adesso >>.
<< Sarebbe davvero un tradimento, se l’abbandonassimo tutti >>, disse Aragorn. << Ma qualora decidesse di andare a est, non è necessario che tutti l’accompagnino: credo anzi che non sarebbe molto opportuno. Quella è un’impresa disperata, tanto per uno solo come per otto, tre o due. Se mettessimo la scelta nelle mie mani, designerei tre compagni: Sam, che altrimenti non vivrebbe più, Gimli, ed io. Boromir ritornerà nella sua città, ove suo padre e la sua gente hanno bisogno di lui; gli altri lo accompagnerebbero, o almeno Meriadoc e Peregrino, se Legolas non desidera lasciarci >>.
<< È una cosa che non può andare! >>, gridò Merry. << Non lasceremo mai Frodo! Pipino ed io abbiamo sin da principio seguito Frodo, e non intendiamo rinunciarvi adesso. Prima però non ci rendevamo conto del pericolo; tutto pareva diverso, lontano, nella Contea o a Gran Burrone. Sarebbe follia e crudeltà permettere che Frodo vada a Mordor. Perché non glielo impediamo? >>.
<< Dobbiamo impedirglielo! >>, esclamò Pipino. << E sono certo che è ciò che lo preoccupa maggiormente: sa che non gli permetteremo di andarsene a est, e non vuole chiedere a nessuno di accompagnarlo, povero amico. Immaginate; partirsene da solo per Mordor! >>. Pipino rabbrividì. << Ma quel vecchio scemo d’un Hobbit dovrebbe sapere ormai che non ha bisogno di domandare. Dovrebbe sapere che se non riusciamo a dissuaderlo, non lo lasceremo andar solo >>.
<< Vi chiedo scusa >>, disse Sam. << Credo che non avete per nulla capito il mio padrone. Non sta esitando sulla via da scegliere, beninteso! A che pro, Minas Tirith, in ogni caso? È inutile, almeno per lui, vi chiedo scusa, messer Boromir >>, soggiunse voltandosi. Fu in quel momento che si accorsero che Boromir, il quale da principio sedeva silenzioso fuori dal cerchio, era scomparso.
<< Dove è andato a cacciarsi? >>, esclamò Sam inquieto. << A mio avviso si sta comportando in modo un po’ strano, in questi ultimi tempi. Comunque, questa faccenda non lo riguarda. Lui se ne torna a casa, come ha sempre detto, nessuno gliene fa un rimprovero. Ma il signor Frodo sa di dover trovare la Voragine del Fato, se vi riesce. E ha paura. Adesso che è giunta l’ora, è terrorizzato. Tutto qui il suo problema. Naturalmente gli sono giovate le lezioni, chiamiamole così, apprese durante il viaggio…, come sono giovate a tutti noi: altrimenti tale sarebbe il suo terrore, che lancerebbe l’Anello nel Fiume, dandosela a gambe. E non è preoccupato di sapere se l’accompagniamo o no. Sa bene che non intendiamo lasciarlo. E questo è un altro punto che l’inquieta: se racimola il coraggio necessario per partire, vorrà andarsene da solo. Ascoltate bene quel che vi dico! Ci saranno terribili lotte quando il signor Frodo tornerà. Potete stare certi che il coraggio da racimolare lo trova prima o poi, o il suo nome non è più Baggins >>.
<< Credo che le tue parole siano più sagge delle nostre, Sam >>, disse Aragorn. <<E che faremo, se le cose andranno come dici tu? >>.
<< Impedirgli di partire! Non lasciarlo andar via! >>, gridò Pipino.
<< Chissà? >>, disse Aragorn. << Egli è il Portatore, e il destino del Fardello pesa sulle sue spalle. Non credo tocchi a noi influenzarlo in un modo o nell’altro. E comunque non credo che vi riusciremmo, se tentassimo. Vi sono altre potenze che agiscono, molto più forti di noi >>.
<< Ebbene, vorrei tanto che Frodo “racimolasse il coraggio” e ritornasse, per farla finita con questa faccenda >>, disse Pipino. << È orribile aspettare in questo modo! Il tempo dovrebbe essere ormai scaduto! >>.
<< Sì >>, disse Aragorn. << L’ora è passata da tempo. Il mattino è sul finire. Dobbiamo chiamarlo >>.

In quel momento riapparve Boromir. Uscì dagli alberi e si diresse verso di loro senza parlare. Il suo volto era cupo e triste. Si fermò come per contare i presenti, e poi si sedette in disparte con lo sguardo fisso in terra.
<< Dove sei stato, Boromir? >>, domandò Aragorn. << Hai veduto Frodo? >>.
Boromir esitò un attimo. << Sì e no >>, rispose lentamente. << Sì: lo incontrai sulle pendici del colle e gli rivolsi la parola. Lo esortai a venire a Minas Tirith, e a non recarsi a oriente. Mi arrabbiai, ed egli se ne andò. Scomparve, svanì. Deve aver infilato l’Anello. Non sono riuscito a trovarlo, e pensavo fosse tornato qui da voi >>.
<< È tutto quel che hai fa dire? >>, domandò Aragorn, fissando Boromir con poca benevolenza.
<< Sì >>, rispose questi. << Non dirò altro per il momento >>.
<< Queste sono pessime notizie! >>, gridò Sam saltando in piedi. << Vorrei proprio sapere cos’ha combinato quest’Uomo! Per quale motivo Frodo si sarebbe infilato l’Anello? Non doveva assoluta-mente farlo; ma se è così, soltanto il cielo sa quel che può essergli accaduto! >>.
<< Comunque se lo sarebbe tolto >>, disse Merry, << non appena lontano dall’indesiderato visitatore, come soleva fare Bilbo >>.
<< Ma dov’è andato? Dov’è? >>, gridò Pipino. << È passato troppo tempo da quando ci ha lasciati >>.
<< Quando hai veduto Frodo l’ultima volta, Boromir? >>, domandò Aragorn.
<< Mezz’ora, forse, o forse anche un’ora fa >>, rispose Boromir. << Ho vagabondato, poi. Non lo so! Non lo so! >>. Si prese la testa fra le mani e rimase seduto, come curvo sotto il peso di un gran dolore.
<< Un’ora da quando è scomparso! >>, gridò Sam. << Dobbiamo trovarlo, subito. Venite!>>
<< Aspettate un momento! >>, vociò Aragorn. << Dobbiamo dividerci a due a due, ed organizzare… ehi, venite qui! Aspettate! >>.
Tutto fu vano: nessuno gli diede retta. Sam era partito per primo correndo a rompicollo; Merry e Pipino l’avevano seguito immediatamente, e stavano già scomparendo tra gli alberi lungo la riva, urlando: Frodo! Frodo! con le loro chiare ed acute voci hobbit. Legolas e Gimli correvano a più non posso. All’improvviso, il panico e la follia parevano essersi impadroniti della Compagnia.
<< Ci confonderemo e ci perderemo >>, gemette Aragorn. << Boromir! Non so quale sia stata la tua parte in questo guaio, ma adesso aiutaci! Rincorri quei due giovani Hobbit, e custodiscili almeno, se non riesci a trovare Frodo. Ritorna qui, se lo rintracci, o se scorgi qualche orma. Io tornerò fra poco >>.

Mentre Aragorn correva da Sam, Legolas e Gimli si diressero veloci nella direzione ad essi opposta, sentendo intorno a loro le voci dei Mezzuomini echeggiare nella boscaglia. Legolas, leggero e veloce, presto creò un largo distacco tra lui e Gimli, che rimase indietro col fiatone a cercare di capire dove si fosse cacciato il compagno.
<< Si è scordato che gli stavo dietro >>, borbottò, << e ha accelerato il passo. Tanto peggio, cambierò strada; sarà più facile per entrambi cercare Frodo >>. Quindi si addentrò fra gli alberi di Amon Hen, scrutandosi intorno nella speranza di scorgere l’Hobbit Portatore.
D’un tratto si fermò. Una strana sensazione gli aveva percorso la schiena, come se una presenza ostile non fosse lontana. Ascoltò, girando lentamente su sé stesso e muovendo gli occhi in ogni direzione.
<< Legolas? >>, chiamò con diffidenza. << Chi va là? Aragorn? >>.
Mentre lui scrutava sospettoso tra gli alberi, l’ombra di un rovo gli nascose un bagliore dorato. Una figura semi invisibile, celata da un grigio mantello elfico, silenziosamente estrasse una freccia piumata di rosso dalla sua faretra, la incoccò su di un arco sottile, e mirando al Nano tese la corda e scoccò il colpo.
La spalla destra di Gimli fu centrata dal dardo, e per l’impatto inatteso il Nano cadde bocconi con un gemito. Immediatamente la figura ammantata saltò allo scoperto e affondò un pugnale ritorto che Gimli scansò per un soffio. In quell’attimo che ebbe per osservare la creatura, capì che di tutto poteva trattarsi, meno che un Nano o un Orchetto: troppo alta. Fece appena in tempo a realizzarlo, che una altra freccia gli sfiorò la barba, e lui ebbe appena quel secondo di vantaggio per afferrare l’ascia e parare un altro fendente di pugnale argentato che altrimenti l’avrebbe aperto come un animale da scuoio. L’aggressore fece un balzo indietro e si accovacciò sul terreno; i due rimasero a fissarsi in un silenzio teso, e Gimli non riuscì purtroppo a scorgere il viso del guerriero, ben celato sotto il cappuccio. Notò comunque che le braccia erano assai sottili, particolare che poteva tradire un’appartenenza elfica o un sesso femminile, per quanto robusto.
<< Che tu sia Uomo o Elfo >>, disse Gimli, << dimmi: perché mi attacchi? Che cosa vuoi da me? >>.
La risposta non arrivò, e con un balzo felino il guerriero si lanciò nuovamente all’attacco.
Il Nano, impedito dalla spalla trafitta, era svantaggiato nella lotta (contro un essere peraltro molto più agile di lui), e difatti ben presto venne schiacciato supino sul terreno dal peso dell’avversario che gli si gettò addosso; la freccia si spezzò e penetrò bruscamente nella carne, così che Gimli urlò forte per il dolore. L’altro non fece una piega: girò invece l’impugnatura del coltello e alzò il braccio, pronto a trafiggere il petto del Nano che contorceva la faccia tra gli spasmi. Ma non riuscì nemmeno ad elevare la mano del tutto che un’altra freccia sibilò e gliela trafisse, facendogli cadere il pugnale che si piantò nel terreno, sprigionando uno sbuffo di fumo biancastro ed un sibilo. L’erba intorno alla lama seccò all’istante.
L’aggressore si accasciò al suolo, stringendosi il polso contratto, e Legolas ne approfittò per strappare l’amico Nano dalla sua presa. << Stai bene, Gimli? >>, disse. << Ho sentito rumore di lotta e sono accorso >>.
<< Starò assai meglio quando qualcuno mi toglierà il dardo dalla spalla >>, rispose Gimli indicando la freccia ben piantata nella schiena e rossa di sangue. Legolas afferrò il mozzicone e tirò deciso finché non estrasse del tutto la punta. La gettò via, e poi si rivolse allo sconosciuto, ora in piedi e con la mano trafitta che colava sangue.
<< Chi sei, e perché hai aggredito Gimli figlio di Gloìn? >>, domandò con un accento duro nella voce. L’Uomo, o Elfo che fosse, solo allora sollevò lo sguardo fino a quel momento chino sulla ferita. Per qualche tempo non disse niente: si lasciò il polso e sembrò rilassare ogni muscolo. Impossibile definire se la sua fosse sorpresa oppure orgoglio guerriero che lo spingeva a non mostrare dolore.
<< Amrun Mir >>, mormorò una voce sotto al cappuccio. Gimli e Legolas si guardarono spaesati.
<< È forse questo il tuo nome? >>, chiese Legolas, ma non fece a tempo di finire la frase che lo straniero si avvicinò a lui e si inginocchiò fino a terra, mormorando in un Sindarin dallo strano accento:
<< Siate il benvenuto, Principe dell’Alba >>.
Legolas gettò uno sguardo sempre più disorientato a Gimli, che lo ricambiò. Entrambi poi osservarono la persona inginocchiata alzarsi in piedi e levarsi il cappuccio, rivelando un viso delicato color delle foglie d’autunno e due orecchie puntute: era un’Elfa, dai capelli rossi come il bronzo, raccolti in una treccia. Sotto l’orbita destra era tatuato uno spicchio di luna nero, sul cui dorso convessi si ergevano tre cuspidi, al pari di frecce su un arco. Essa pareva assai bella agli occhi di entrambi; il bruno colore della pelle, però, era deturpato dalla presenza di un lungo e frastagliato solco biancastro che si faceva strada diagonalmente dalla fronte fino al lato destro della mascella, come se un fulmine, invidiando la bellezza di quel volto, avesse deciso di rovinarla imprimendosi sopra ad essa.
<< Cominciavo a temere che la profezia non si sarebbe avverata >>, disse l’Elfa. << E invece ancora una volta la parola della Dea mi mette in ombra. Siate il benvenuto tra noi, o nobile figlio di Rhun >>, ripeté a Legolas, con una profonda riverenza.
Il giovane si sentiva piuttosto confuso per rispondere, o anche solo per ringraziare. Infine, trovò la voce per parlare all’Elfa:
<< Non so di che profezie tu parli, né chi sia Rhun, ma io non intendo perdere tempo: dimmi perché hai attaccato il mio compagno, e soprattutto se sei nostra nemica o nostra amica; il tuo comportamento ti rende assai ambigua ai nostri occhi >>.
La ragazza si rizzò dall’inchino, e Legolas poté fissarla negli occhi: si sorprese di scoprire non solo un colore decisamente insolito delle iridi – dorate come il miele – ma anche la forma davvero singolare delle pupille, sottili e acute come quelle di una lince selvatica; tale ambiguità portò la sua mano a sfiorare l’elsa della spada, ma in quegli occhi non percepì ostilità: soltanto un lieve stupore.
Improvvisamente dagli alberi esplose un urlo rauco, e cinque Orchetti si avventarono sui presenti: Legolas fu lesto a vibrare la spada e staccare la testa dal collo ai primi due, mentre una freccia sibilò e raggiunse un terzo. Altri due Orchetti rimasero vittime dell’ascia di Gimli, che muoveva l’arma col braccio sano. Legolas mosse qualche passo indietro, guardingo; avvertì la voce aspra di un Orchetto alle sue spalle, ma non fece neppure a tempo a voltarsi che quello cadeva già a terra, la fronte trafitta da un dardo piumato. Guardò l’Elfa di scorcio, e la vide con una nuova freccia già incoccata.
Di comune accordo, i tre presero a correre lontano dalla radura, in attesa di nuovi attacchi che non si fecero mancare, e che prontamente respinsero con frecce e lame; Legolas e Gimli non smettevano di chiamare gli Hobbit, quando dalla sponda del fiume risuonò, forte, la voce cupa di un corno soffiato più volte, in alternanza a cozzi metallici e grida. Si distinguevano anche in lontananza le voci gracchianti degli Orchetti.
<< Il corno di Gondor! >>, esclamò Legolas. << Boromir è in pericolo! >>.
Subito il Gimli e Legolas corsero giù per le pendici del colle con le armi in mano, e l’Elfa li seguì a ruota pronta ad incoccare le sue frecce piumate. Gli Orchetti lungo la corsa furono abbondanti, e i guerrieri furono pronti ad abbatterli tutti. Ma giunti sul luogo della battaglia, un triste scenario gli si prestò: Boromir giaceva con la schiena contro a un albero, il petto trafitto da molte frecce dalle piume nere, la spada rotta in pugno e l’elmo spaccato in due presso il suo corpo. Svariati cadaveri di Orchetti giacevano sparsi tutt’intorno a lui. Al suo fianco, Aragorn piangeva in silenzio, tenendogli la mano. Chinarono allora il capo in segno di dolore, e anche l’Elfa si rimise il cappuccio e rimase in silenzio.
<< Ahimé! >>, esclamò Legolas accostandosi ad Aragorn. << Abbiamo inseguito ed ucciso molti Orchetti nel bosco, ma saremmo stati più utili qui. Siamo accorsi appena udito il corno…, ma ormai era troppo tardi, a quanto pare. Temo che tu sia ferito mortalmente >>.
<< Boromir è morto >>, disse Aragorn. << Io sono illeso, perché non ero qui con lui. È caduto difendendo gli Hobbit, mentre io ero in cima alla collina >>.
<< Gli Hobbit! >>, gridò Gimli. << Dove sono? E dov’è Frodo? >>
<< Non lo so >>, rispose faticosamente Aragorn. << Prima di morire Boromir mi ha detto che gli Orchetti li avevano legati; non pensava che fossero morti. Io lo avevo mandato alla ricerca di Merry e di Pipino, e quando gli chiesi se Frodo o Sam fossero con lui, ormai era troppo tardi. Tutto ciò che ho fatto oggi è finito male >>. Solo allora Aragorn si accorse della figura incappucciata dietro a Gimli e Legolas, che nuovamente scoprì il volto.
<< E tu chi sei? >>, chiese il Ramingo, diffidente.
<< Effettivamente non mi sono ancora presentata neanche al Principe di Rhun >>, rispose lei rivolgendo lo sguardo a Legolas. << Il mio nome è Anto Enya, sacerdotessa maggiore della dea Rhun. E sono vostra amica, nel caso ve lo steste domandando >>. Parlava con le mani sui gomiti e lo sguardo fermo innanzi a sé.
<< Ebbene >>, intervenne Legolas, << allora spiegaci perché hai ferito Gimli e poi hai tentato di ucciderlo! >>.
<< È assai strano che proprio Voi mi rimproveriate un cotale gesto >>, disse Enya. << Essendo Voi stesso un Elfo, da quello che posso vedere, credo conosciate i rapporti infelici tra la nostra nobile razza e quella dei Nani >>, e così dicendo lanciò un’occhiata altezzosa a Gimli, che si reggeva la spalla con lo sguardo minaccioso fisso sull’Elfa.
<< I “rapporti infelici” nacquero in seguito ad equivoci e dicerie senza un reale fondamento >>, tagliò corto Legolas, << e se realmente non hai intenzioni maligne, d’ora in poi guardati dal toccare Gimli figlio di Gloìn o chiunque altro di noi, se non vuoi saggiare la rapidità delle mie frecce >>.
Enya rimase in un silenzio incerto, e abbassò gli occhi. Aragorn parlò:
<< Ebbene, che fare adesso? >>
<< Innanzitutto pensare al caduto >>, disse Legolas. << Non possiamo abbandonarlo come una carogna in mezzo a questi immondi Orchetti >>.
<< Ma dobbiamo agire con rapidità >>, disse Gimli. << A lui non piacerebbe che perdessimo tempo. Dobbiamo seguire gli Orchetti, se vogliamo sperare ancora che qualcuno dei nostri compagni prigionieri sia ancora vivo >>.
<< Se posso intromettermi >>, disse Enya, rialzando lo sguardo, << non vi consiglio di partire senza prima esservi fermati per la notte >>.
<< Per quale motivo dovremmo, di grazia? >>, esclamò Gimli.
<< Per una ragione molto semplice, figlio di Gloìn >>, rispose Enya. << La freccia con cui ti ho colpito aveva la punta intinta nel veleno. Se non vieni curato per tempo, potresti non vedere l’alba del secondo giorno a partire da oggi >>.
Aragorn sfilò la spada dalla guaina e spingendo l’Elfa contro un albero gli premette il filo sulla gola. Enya strinse le labbra in una linea dura.
<< E ti definisci nostra amica! >>, gridò adirato. << Non sai come freme la mia mano al pensiero di squarciarti la gola come farebbe un macellaio con una scrofa! >>.
<< Volete dunque uccidermi, Aragorn figlio di Arathorn? >>, disse con voce fredda Enya. Aragorn apparve meravigliato, poiché non le aveva rivelato il suo nome, ma ella proseguì: << anche questo non è consigliabile da farsi, e per due motivi: primo, solo io posseggo l’antidoto al veleno delle mie frecce; e secondo, dopo di me dovreste uccidere tutta la mia tribù, che mi attende, e che vi darebbe la caccia senza sosta se mi scoprisse sgozzata com’è nelle vostre intenzioni ridurmi >>.
Aragorn esitò: non era sicuro della veridicità delle sue parole. Preferì comunque non correre il rischio di altri compagni morti, e lentamente allentò la presa. Enya si passò una mano guantata sulla gola, ritraendola sporca di una striscia di sangue.
<< La vostra spada è assai affilata >>, disse, premendosi la ferita con un fazzoletto. << Ne terrò di conto. In ogni caso ribadisco i miei propositi amichevoli nei vostri confronti, e intendo dimostrarli: se lo desiderate, vi porgerò il mio aiuto nella sepoltura e nelle esequie del vostro caduto >>.
<< Non abbiamo né il tempo né gli utensili necessari per seppellire profondamente Boromir o per ricoprirlo con un tumulo. Potremmo erigere un monticello di pietre >>, disse Legolas.
<< Sarebbe un lavoro lungo e pesante: i sassi si trovano soltanto sulla riva >>, ribatté Gimli.
<< Allora corichiamolo in una barca con le armi, le sue e quelle dei nemici sconfitti >>, disse Aragorn. << Lo spingeremo verso le Cascate di Rauros, e lo affideremo all’Anduin. Il Fiume di Gondor avrà cura che nessuna creatura malvagia disonori le sue spoglie >>.

Frugarono velocemente i corpi degli Orchetti, ammucchiandone le spade, gli elmi e gli scudi spaccati.
<< Guardate! >>, esclamò Aragorn. << Ecco qualcosa di molto eloquente! >>. Estrasse dalla pila di tetre armi due pugnali, damascati di rosso e oro; cercando più minuziosamente rinvenne anche le guaine nere, incastonate di piccole gemme rosse. << Questi non appartenevano di certo agli Orchetti! >>, disse. << Li portavano gli Hobbit. Indubbiamente gli Orchetti li hanno spogliati, ma non hanno avuto il coraggio di tenere i pugnali, conoscendone la provenienza: vengono dall’Ovesturia e sono carichi di incantesimi esiziali per Mordor. Dunque, se i nostri amici sono ancora vivi, sappiamo che sono disarmati. Porterò con me questi oggetti, con l’ultima illusoria speranza di poterli un giorno restituire >>.
<< Io >>, disse Legolas, << raccoglierò tutte le frecce che riuscirò a trovare, poiché la mia faretra è vuota >>.
<< Penso che seguirò il Vostro esempio >>, disse Enya. Entrambi, frugando fra le armi e sul terreno circostante trovarono non pochi dardi ancora intatti, più lunghi di quelli solitamente adoperati dagli Orchetti. Li osservarono attentamente. << Strano >>, parlò Enya, << queste frecce sono di fattura molto più raffinata di come potrebbe realizzarle qualsiasi Orchetto >>.
Aragorn, guardando i corpi dei caduti, disse: << Molti di costoro non provengono da Mordor. Alcuni sono del Nord, delle Montagne Nebbiose; chiunque conosca gli Orchetti della loro razza se ne può rendere conto. Altri mi sono del tutto ignoti. Dalla maniera in cui vestono non parrebbero neppure Orchetti! >>.
Quattro soldati erano più alti, di carnagione bruna, con occhi obliqui, mani grandi e gambe massicce. Invece delle comuni scimitarre ricurve degli Orchetti avevano spade corte e larghe e archi di legno di tasso, uguali a quelli degli Uomini. Sui loro scudi era inciso uno strano disegno: una piccola mano bianca su sfondo nero; al centro degli elmi di ferro portavano incastonata una S runica in metallo bianco.
<< Non avevo mai visto questi simboli prima d’oggi >>, disse Aragorn. << Che cosa significano? >>.
<< Facile da interpretarsi: S sta per Sauron >>, disse Gimli.
<< No! >>, ribatté Legolas. << Sauron non usa le rune elfiche >>.
<< E non usa nemmeno il suo vero nome, e non permette che esso venga scandito o pronunziato >>, disse Aragorn. << Inoltre non usa il bianco. Gli Orchetti al servizio di Barad-dur hanno per simbolo l’Occhio Rosso >>. Rimase un attimo pensieroso.
<< So a chi appartengono il simbolo e la runa>>, disse Enya. << L’unico che sia abbastanza potente e abbastanza corrotto da creare un esercito come questo: Saruman il Bianco, o come lo chiamiamo noi di questi tempi, il Traditore >>.
<< Non so chi ti abbia parlato del tradimento di Saruman, ma hai ragione >>, rispose Aragorn. << Le forze del Male si sono destate a Isengard, e l’Occidente ormai non è più sicuro. Quel che Gandalf temeva si è avverato: in qualche modo Saruman il traditore ha saputo del nostro viaggio. È persino probabile che sappia della scomparsa di Gandalf. Alcuni degli inseguitori di Moria potrebbero aver eluso la vigilanza di Lòrien, o raggiunto Isengard senza attraversare la terra del Galadhrim: gli Orchetti si spostano con rapidità. Ma Saruman ha mille modi per apprendere le notizie. Ricordate gli uccelli? >>.
<< Comunque sia, non abbiamo tempo per risolvere enigmi >>, interloquì Gimli. << Portiamo via Boromir! >>.
<< Ma, dopo, gli enigmi dovremo risolverli, se vogliamo scegliere la via giusta >>, ribatté Aragorn.
<< Forse non vi è scelta giusta >>, disse Gimli.

Il Nano prese la sua ascia e tagliò alcuni rami, facendo leva sul braccio sano. Li legarono insieme con le corde degli archi; poi vi stesero i loro mantelli. Su questa rozza barella trasportarono sino alla riva le spoglie del loro compagno con i trofei della sua ultima battaglia. Il percorso era breve, eppure non fu facile, perché Boromir era alto e robusto.
Aragorn rimase in piedi sulla sponda dell’acqua, di guardia alla barella, mentre Legolas e Gimli tornarono velocemente a Parth Galen. Enya accennò a seguirli, ma venne fermata da Aragorn che disse, imperioso:
<< No, tu resterai qui. Non mi fido ancora di te, e preferisco che tu rimanga dove posso tenerti d’occhio >>. Enya mostrò una certa riluttanza, ma rimase ferma dov’era.
Mentre Legolas e Gimli si allontanavano, calò per qualche tempo il silenzio. Infine Aragorn chiese:
<< Ebbene, Enya. Ora dimmi da dove vieni, e qual è il tuo popolo di cui hai accennato in precedenza. Inoltre spiegami cosa facevi qui, alle pendici di Amon Hen >>.
<< Ogni risposta a tempo debito >>, ribatté Enya. << Riguardo alle mie origini e al mio popolo, saprete quanto desiderate quando sarà il momento. Per quanto concerne la mia presenza, sappiate che io ho dimora qui intorno >>. Rivolse un’occhiata vaga al paesaggio circostante, rimirandolo.
<< E adesso, dimmi: come fai a conoscere il mio nome e quello di mio padre? >>, domandò Aragorn con cipiglio irritato. Enya lo guardò e gli sorrise.
<< Siete molto famoso, tra gli Elfi come tra gli Uomini, erede di Isildur >>, disse. << la fiamma di Estel risplende anche in terre remote come questa, così vicine all’oscurità. Il vostro antenato non brilla di fama gloriosa, ma se i miei poteri di chiaroveggenza non sono mutati d’efficacia, le vostre imprese saranno invece ricordate nei poemi epici come tra le più eroiche mai compiute >>.
<< Questo non mi soddisfa >>, sbuffò Aragorn. << E le tue lodi non mi confondono. Come hai potuto, anche avendo sentito parlare di me, riconoscermi dopo una sola occhiata? >>.
Enya lo scrutò con i suoi occhi di lince. << Potrei dire che il vostro temperamento mi ha lasciato intuirlo >>, disse, << e sono certa che non mi credereste. Quindi, vi svelerò un segreto, ma temo che non sarete in grado di comprendere le mie parole: me l’ha rivelato la vostra anima >>.
<< Difatti, non comprendo >>, rispose secco Aragorn, stringendo gli occhi. << E il tuo parlare per enigmi mi spinge sempre di più a diffidare di te >>.
<< Strano che proprio voi, che viveste tra gli Elfi, siate irritato dal mio parlare. Eppure, ve l’ho già detto: ogni risposta a tempo debito. E ora >>, aggiunse, << se permettete vorrei essere io a farvi qualche domanda. Il Gandalf di cui parlavate poco fa, è forse colui che tra gli Elfi è conosciuto come Mithrandir, il Grigio Pellegrino? >>.
<< Sì, è lui >>.
<< Cosa intendevate con la sua “scomparsa”? Spero non… >>
<< Temo di sì >>, la interruppe Aragorn, abbassando lo sguardo. << È morto >>.
Il silenzio scese nuovamente come una nebbia. Enya si mostrò sconcertata. << Quando? E dove? >>, chiese.
<< Più di un mese fa >>, rispose Aragorn, << a Moria. È caduto da eroe, difendendoci da un male inaffrontabile per chiunque altro di noi >>.
Stavolta fu Enya a rivolgere gli occhi a terra. << Ne sono sinceramente addolorata >>, disse. << Mithrandir è stato un mio caro amico, e maestro in molte delle arti che ho appreso >>.
Aragorn stava per porgerle altre domande, ma in quel momento riapparvero Legolas e Gimli, che remavano alacremente lungo l’argine del fiume.
<< È accaduto un fatto assai strano! >>, disse Legolas. << C’erano soltanto due imbarcazioni sulla riva, e non siamo riusciti a trovare tracce dell’altra >>.
<< Gli Orchetti sono arrivati anche laggiù? >>, domandò Aragorn.
<< Non se ne scorgono tracce >>, rispose Gimli. << Comunque avrebbero preso o distrutto tutte e tre le barche e anche i bagagli >>.
<< Esaminerò il terreno quando ci torneremo >>, concluse Aragorn.
Deposero Boromir al centro dell’imbarcazione che l’avrebbe trasportato via. Piegarono e sistemarono sotto il suo capo il grigio mantello elfico con il cappuccio; pettinarono i suoi lunghi capelli neri lasciandoli sulle spalle. Intorno alla sua vita scintillava la cinta d’oro di Lorien. Posarono accanto a lui l’elmo, e sul suo grembo il corno spaccato, insieme con l’elsa in frantumi della sua spada; sotto i suoi piedi misero le spade dei suoi nemici. Quindi, dopo aver fissato la prua alla poppa dell’altra imbarcazione, la trainarono nell’acqua. Remando tristi lungo la riva del canale dai flutti impetuosi passarono davanti al verde prato di Parth Galen. Le rupi a picco di Tol Brandir parevano incandescenti in quel tardo pomeriggio; Enya vi rivolse uno sguardo particolarmente lungo, che Legolas non poté non notare. Man mano che scendevano, il vapore di Rauros s’innalzava sfavillante innanzi a loro come una nebbia d’oro. L’impeto e il rombo delle cascate faceva tremare l’aria senza vento.
Slegarono l’imbarcazione funebre nella quale giaceva Boromir, calmo, sereno. Egli scivolò via in seno ai flutti. La corrente lo trascinò con sé, mentre i suoi compagni ed Enya trattenevano la loro barca coi remi. Passò galleggiando accanto ad essi e si allontanò, finché non si vide più che una macchia scura contro la luce dorata: poi d’un tratto scomparve. Rauros continuò a ruggire impassibile. Il Fiume si era preso Boromir, figlio di Denethor, e non lo rividero mai più a Minas Tirith, in piedi sulla Torre Bianca come soleva fare ogni mattino. Ma a Gondor, nei giorni che vennero, per lungo tempo si narrò che la barca elfica, oltrepassate le cascate e le acque spumeggianti, l’aveva portato attraverso Osgiliath, e al di là della foce dell’Anduin nel Grande Mare, di notte, al lume delle stelle.

I tre compagni e l’Elfa rimasero a lungo in silenzio, con lo sguardo perduto là dov’era scomparsa l’imbarcazione. Infine Aragorn parlò. << Lo cercheranno dalla Torre Bianca >>, disse, << ma egli non farà ritorno né dai monti né dal mare >>. Poi a bassa voce intonò un canto:

Su Rohan, su campi e stagni, tra l’erba verde e alta,
Soffia il Vento dell’Ovest, e il muro e il vallo assalta.
<< Che nuove stanotte per me, o vento dall’Ovest vagante?
Boromir l’Alto vedesti, al chiaro di luna o al sole avvampante? >>.
<< Sette torrenti passò cavalcando, grigi e ruggenti;
L’ho visto in terre deserte, solo, inseguire i venti
E l’ombre del Nord, per sempre. Ha udito il Vento del Nord,
Forse, suonare il corno del figlio di Denethor >>.
<< O Boromir! , dalle mura guardo a ovest, cercandoti invano,
Ma mai più tu sei tornato dal buio deserto lontano >>.

Poi cantò Legolas:

Soffia il Vento del Sud, da dune e scogliere, dal Mare,
Con voce tremante, e porta fin qui del gabbiano il gridare.
<< Che nuove dal Sud per me, o vento che spiri fremendo?
Dov’è Boromir il Bello? Tarda, e ansioso lo attendo >>.
<< Non chiedermi dove egli sia… Le ossa son molte
Sui neri scogli e sulla bianca rena, nelle cupe notti sconvolte;
Tanti, in cerca del Mare, dell’Anduin solcan la via.
Chiedi al Vento del Nord che ne è di quelli che m’invia! >>.
<< O Boromir! Là dove geme il Vento, la via porta a sud verso il Mare,
Ma tu non giungi al grido dei gabbiani, dalle grigie sponde del Mare >>.

E Gimlì cantò così:

Dalla Porta dei Re soffia il Vento del Nord, sopra rapide e forre;
Freddo e limpido il suo richiamo scroscia e tuona intorno alla torre.
<< Che notizie dal Nord, o vento possente, rechi oggi per me?
Che ne fu di Boromir l’Intrepido, che da tempo qui più non è? >>.
<< Sotto Amon Hen gridava, oppresso da molti nemici.
L’elmo rotto, la spada in frantumi, alle acque l’affidaron gli amici.
Il capo fiero e il bel volto alla morte han consegnato.
E Rauros, le rapide d’oro, lontano con sé l’ha portato >>.
<< Boromir! La Torre di Guardia sempre a nord rivolta sarà,
Verso Rauros, le rapide d’oro, sino all’ultimo dì che verrà >>.

Enya disse: << Avete lasciato a me il Vento dell’Est, ma non ne parlerò >>.
<< Ed è bene che sia così >>, rispose Aragorn. << A Minas Tirith sopportano il Vento dell’Est, ma non gli fanno alcuna domanda >>.
<< Tuttavia >>, disse Enya, << tra la mia gente è stato composto un canto che potrebbe essere sia di onoranza per lui che di conforto per noi. Eccolo:

L’Alba è signora di ogni speranza, in vita ed in morte la via schiarirà
Con la sua parvenza di dolce sovrana, ognuno di noi per man prenderà,
E verso un paese di nuova luce, dove Male e Bene non sono più niente,
Laggiù l’Alba tersa li condurrà, in volo su un raggio di sole splendente.
Tra i mille e più sogni di speranza e d’amore, sorella Alba, sei dea gioiosa
Che trae d’ogni cuore il filtro più dolce, un liquor cui ti mesci, o dolce sposa.
Né in Bene né in Male voce tua salirà, e basterà solo creder nella tua luce
Per raggiunger, con mai più pensieri o parole, quel cielo fiorito che si chiama Pace.

Che la Dea possa essergli di guida >>, concluse.
Così ebbe fine il canto. Voltarono la barca e la guidarono nuovamente verso Parth Galen, remando contro corrente. Legolas si rivolse a Enya e disse:
<< Era un canto molto bello quello che hai recitato >>.
<< Vi ringrazio, Principe >>, rispose lei. Rimase muta per qualche istante, poi disse a Gimli: << Ti chiedo scusa, figlio di Gloìn, per la tua ferita. Mi adoprerò per curarti al meglio, nel breve tempo in cui vi tratterrete >>.
<< Accetto le tue scuse, giovane Elfa >>, rispose Gimli, con voce addolcita. << In questi tempi è difficile distinguere i nemici dagli amici, e tu non potevi sapere di che compagnia facessi parte >>.
Enya smise improvvisamente di vogare. Senza lasciare il remo, abbandonò le braccia lungo i fianchi e lo sguardo le si sfocò. Disse, con voce indefinibilmente diversa:
<< Vedo fuoco e sangue, e una nuova epoca profilarsi all’orizzonte, come una nuova aurora. L’oracolo di Rhun non mente, poiché il tempo della vittoria sta per venire >>. Dopo aver così detto, sbatté le palpebre e scrollò appena la testa, come risvegliandosi da un sogno a occhi aperti. << Che cosa ho detto? >>, domandò.
<< Che ti è successo? >>, chiese Legolas.
<< Ho avuto una visione >>, rispose Enya. << Mi succede di frequente, soprattutto in questo periodo. È un tempo ricco di eventi, a quanto pare >>.
<< Questo senza dubbio >>, disse Aragorn. << Dicesti che vedevi fuoco e sangue, e che si apprestava una nuova epoca. Poi parlasti di un oracolo, e del tempo della vittoria. Cosa significa? >>.
<< Anche questa è una domanda che avrà risposta al suo momento. Sarà lungo spiegare tutto in una sola volta, temo >>, rispose lei.
Raggiunsero velocemente Parth Galen, ed Aragorn esaminò il verde prato accuratamente, curvandosi a più riprese verso terra. << Nessun Orchetto ha calpestato il terreno >>, disse. << Ma a parte ciò, non si riesce a capire nient’altro di preciso. Vi sono tutte le nostre orme che si sovrappongono. È impossibile rendersi conto se qualcuno degli Hobbit sia tornato qui da quando siamo partiti alla ricerca di Frodo >>. Ritornò sull’argine, vicino al punto ove il rivoletto si gettava nel Fiume. << Qui vi sono impronte molto nette >>, disse. << Un Hobbit è sceso in acqua ed è poi risalito; ma non saprei dire quanto tempo fa >>.
<< Come interpreti dunque questo enigma? >>, domandò Gimli.
Aragorn non rispose immediatamente, ma si recò di nuovo al campo per osservare i bagagli. << Mancano due fagotti >>, disse, << e uno è indubbiamente quello di Sam: era molto grande e pesante. Ebbene, ecco la risposta: Frodo è partito in barca, e il suo servitore l’ha accompagnato. Frodo dev’essere tornato quando eravamo tutti lontani. Incontrai Sam mentre risalivo la collina e gli dissi di seguirmi, ma evidentemente non l’ha fatto. Indovinò quel che il suo padrone aveva in mente, e ritornò qui prima che Frodo fosse partito. Non era una cosa facile lasciare indietro Sam! >>.
<< Ma perché ha lasciato indietro noi, e senza una spiegazione? >>, disse Gimli. << È un comportamento assai strano! >>.
<< Un comportamento coraggioso >>, ribatté Aragorn. << Credo che Sam avesse ragione: Frodo non ha voluto condurre con sé a Mordor i suoi amici, incontro alla morte. Ma sapeva di doverci andare: dopo averci lasciati, ha incontrato qualcosa che ha vinto ogni suo timore e dubbio >>.
<< Forse gli Orchetti lo assalirono e lui fuggì >>, disse Legolas.
<< Fuggì certamente >>, disse Aragorn, << ma non credo dagli Orchetti >>. Aragorn non disse quella che secondo lui era la causa dell’improvvisa decisione e fuga di Frodo. Tenne a lungo segrete le ultime parole di Boromir.
<< Ebbene, una cosa almeno è chiara >>, disse Legolas. << Frodo non è più su questo lato del Fiume: soltanto lui ha potuto prendere la barca. E Sam l’ha accompagnato: solo lui avrebbe preso il suo fagotto >>.
<< Ci resta dunque da scegliere >>, disse Gimli, << tra seguire Frodo con l’ultima barca, o seguire gli Orchetti a piedi. Ambedue le vie offrono poca speranza >>.
<< Fatemi pensare! >>, disse Aragorn. << E speriamo che la mia scelta sia giusta e muti il destino crudele di questo giorno infelice! >>. Rimase un attimo in silenzio. << Seguirò gli Orchetti >>, disse infine. << Avrei condotto Frodo a Mordor, e sarei rimasto accanto a lui sino alla fine; ma andando adesso a cercarlo nelle zone selvagge, dovrei abbandonare i prigionieri alla tortura e alla morte. Il mio cuore parla infine chiaramente: il destino del Portatore non è più nelle mie mani. La Compagnia ha recitato la sua parte. Ma noi che siamo rimasti non possiamo abbandonare i nostri compagni finché avremo ancora un po’ di forza >>.
Fece appena in tempo a terminare la frase che Gimli cadde pesantemente a terra, e non si rialzò. I due amici ed Enya lo soccorsero: era pallido in volto, e respirava penosamente.
<< Il veleno sta avendo effetto, temo >>, disse Enya. << Lo sforzo fisico probabilmente ha accelerato la sua diffusione nel sangue… Presto! Vi condurrò alle caverne di Rauros >>. Così dicendo, si portò le mani alla bocca ed imitò il verso di una volpe per tre volte. Ci furono alcuni istanti di quiete.
Le cime degli alberi furono scosse da un’improvvisa quanto violenta raffica di vento, e nel grigiore del cielo invernale si stagliò una sagoma a dir poco gigantesca: sul prato di Parth Galen atterrò, possente, una bestia di cui Aragorn e Legolas avevano solo sentito parlare nelle storie dei vecchi e nei poemi di imprese cavalleresche; innanzi a loro si ergeva, il lungo collo flessuoso e irto di spine, le zampe poderose, gli occhi come pietre rosse, la coda simile a una frusta e le scaglie dure e argentate, un drago, alto come una quercia e lungo dalla testa alla coda come quattro cavalli in fila. Le perlacee ali di membrana ancora spiegate allargavano un’ombra grigia su tutta la radura. Le grinfie della bestia scavavano nel terreno solchi profondi almeno due pollici.
Legolas ed Aragorn, dopo un istante fugace di stupore misto a paura, sfoderarono le spade e si prepararono a difendersi, ma Enya si frappose tra i guerrieri e l’animale, che al lucere delle lame schioccava i denti, irritato. Scese le ali a rasento del prato, e abbassò tutto il corpo, in posizione di attacco. Gli occhi rossi brillavano.
<< Fermi! >>, gridò l’Elfa. << Mellon non ci farà del male! >>
I due compagni si fermarono, sconcertati. Sapevano come i draghi fossero bestie maligne e scaltre, nemiche degli Uomini come degli Elfi e dei Nani. Custodi di tesori immani, non si facevano scrupolo di uccidere intere popolazioni, incenerendo le città al pari di fuscelli, pur di trafugare manufatti preziosi e arricchire così le loro fortune. Li sapevano praticamente titanici, con ali capaci di eclissare il sole, zampe e zanne come falci, occhi di brace viva e il fuoco nell’alito. Un qualsivoglia Uomo od altro essere non avrebbe avuto scampo, da solo, combattendo contro un drago. Per questo, anche con l’intervento di Enya, non rinfoderarono le spade, e, anzi, la loro diffidenza ebbe un consistente incremento.
<< Mellon? >>, esclamò Legolas. << Tu chiami amico questo mostro? Allora sei davvero indegna della più esigua fetta di fiducia! >>. La sua voce aveva assunto una nota durissima.
<< Vi prego, Principe >>, disse Enya, supplicante. << Questo drago non ci farà alcun male: l’ho chiamato io, apposta per condurre il vostro amico Nano verso la mia residenza, per le sue debite cure. Fidatevi di me! >>. Mentre parlava, si avvicinò al drago e posandogli i palmi sulle spalle enormi iniziò a tranquillizzarlo, parlando nel suo Sindarin dialettale. Pur mantenendo una rigidità vigile, percepibile dagli sbuffi di fumo delle froge, la fiera si calmò.
Enya si rivolse nuovamente ai guerrieri:
<< Coraggio, aiutatemi a saldare Gimli sulla schiena di Mellon >>. Ci fu un ennesimo istante di esitazione.
<< Come possiamo fidarci di un drago? >>, domandò Aragorn.
<< Come potete lasciar morire un amico? >>, rispose Enya.
Quest’ultima osservazione non fugò i dubbi, ma convinse il Ramingo e l’Elfo a pensare innanzitutto al loro compagno avvelenato. Enya si fece scivolare via il mantello dalle spalle e lo stese sul dorso del drago, a mo’ di sella, per attenuare il contatto del corpo con le scaglie. Legolas usò invece il suo per avvolgere Gimli, dopo avergli rimosso il casco e l’armatura e riposti nel suo fardello. Con tutta la delicatezza possibile, i tre sollevarono il Nano (Aragorn da sotto le ascelle, Enya e Legolas dai piedi) e lo posero sul dorso del drago, sistemandolo sopra la cappa elfica. Trassero dai fagotti le corde d’hitlain, e passandole più volte sotto la pancia della fiera assicurarono Gimli, quasi cadaverico in volto; Enya quindi si appigliò alla schiena di Mellon e fece leva su una gamba, portandosi d’un balzo in groppa al drago, in modo tale che Gimli si trovasse davanti a lei. Anche gli altri fecero per salire, ma Enya li fermò:
<< Mellon può portare al massimo tre persone per volta, altrimenti volerebbe troppo lentamente. Posso far salire uno solo di voi, e se all’erede di Gondor non dispiace… >>. Accompagnò queste parole con un sottile rossore.
Legolas e Aragorn si guardarono, e il Ramingo accennò con la testa il suo consenso. << Comunque devi ancora ottenere la nostra fiducia >>, disse a Enya. << Per cui non fare mosse false, o te ne pentirai >>. Legolas montò agile in sella, dietro all’elfa.
<< Potete rassicurarvi fin da ora >>, rispose lei. << Ho detto che sono un’amica, e io non mento mai. Dovrete restare qui, per il momento >>, aggiunse. << Le Caverne di Rauros sono raggiungibili solo in volo. Manderò qualcuno a recuperarvi con Mellon >>. Con queste parole, diede un colpo di tacco nei fianchi del drago: le scaglie tintinnarono come argento. Le ali, fino ad allora semidistese sopra a Parth Galen, si contrassero dando un colpo secco verso il basso, scuotendo le cime degli alberi come una tempesta. Un colpo d’ala dopo l’altro, le zampe vigorose del drago si sollevarono da terra, ripiegandosi sul petto e sui fianchi, il collo si protese verso l’alto e Mellon spiccò il volo sopra al bosco e al Fiume. Legolas guardò indietro e vide Aragorn rapidamente ridursi di statura, diventare piccolo come un pollice, poi un niente tra la chiazza grigia degli alberi.



Occheeeeeeiiii… in effetti ho copiato anche una gran parte del capitolo “L’addio di Boromir”, e temo che mi toccherà copiare molto anche dai prossimi cap… ma il prossimo sarà -quasi- tutto farina del mio sacco, promesso! (A proposito, ne approfitto per avvertirvi: questa ff sarà moooooooolto lunga e, come avete avuto modo di vedere, con capitoli moooooooolto lunghi!!!) Ringrazio naturalmente tutti quelli che leggono e saluto come sempre Riuet, Plant, Alucard, Paolino-Naruto, Mungaimon, Elena “Junior”, Dorottya, Carol-chan, Giot92, Eom, Momiji, Sidda, Kayoko e Corny, oltre che Mewsana, Mimiru, Mamichan, Oliverharton, Hostclaud, e tutti gli altri che mi commentano e che ora proprio non mi vengono in mente!!!!!!
Uuufff, cheffatica… E ora, commenti in abbondanza, mi raccomando! A presto tessssooooriii!!! ^o^


 
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