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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: IL LIOCORNO
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: nemea galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 08/02/2005 16:38:38 (ultimo inserimento: 21/02/05)

strorie di dame e cavalieri!!
 
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- Capitolo 1° -

premessa: in un fiacco pomeriggio in cui non c'avevo nulla da fà, comincia a scirvere una cosetta!!! era una parte (perchè in realtà è solo una parte, e neanche l'inizio!!) di una storia che da tempo mi frulla nella testa!! era la parte della storia che più vedevo nitidamente nella mia mente!!!! e così decisi di fissarla!!! volevo postarla con un altro nik, ma poi ho pensato "ma chissene..." ... molto probabilmente domani me ne pentirò...
cmq, probabilmente ci troverete anche errori di grammatica perchè l'ho scritta quasi di getto... divrei perfezionarla!! ma prima vorrei sapere uan cosa: stilisticamenete fà schifo????????????? insomma, è evocativa??? è un dubbio che mi perseguita!!!!!!! ho bisogno di saperlo!!!!!!
premessa2: in raltà è una storia lunghissiiiiiiiiiiiiima !!!!!!!!!



A corte, quella sera, c’era una festa. Una gran festa. Sul selciato della loggia, ormai deserta, un’immensità di segni di carrozze e d’impronte di cavalli che venivano da tutte le direzioni, si sovrapponevano creando disegni inspiegabili. Evidentemente erano i segni dell’arrivo dei numerosi ospiti di sua maestà.
Kitana, sola e annoiata in quel grande spazio vuoto, li guadava e cercava di ricreare il percorso e le fattezze di ogni animale, di ogni carrozza e di ogni ospite ch’era arrivato. Vedeva nobili d’armi con sfavillanti armature e pesati mantelli, dame bellissime vestite di eleganti abiti in broccato e pizzi, pennacchi colorati, lunghe penne a fregio di vistosi cappelli, acconciature sofisticate e gioielli impareggiabili. Carrozze dorate, cavalli bianchissimi, nobili cavalieri, principesse delicate e da ogni dove complimenti, saluti e presentazioni raffinate in uno sfilare interminabile di galanterie.
E più ci pensava più si sentiva a disagio. Molto probabilmente, tra un po’, avrebbe dovuto incrociare tutte queste raffinante e (per lei) anonime personalità. Era un pensiero che non le piaceva per nulla. Musica, frastuono, luci, odori, chiasso, fastidi, disordine e le persone che si muovono senza guardare bene dove andranno. L’avrebbero urtata, toccata, spinta e magari le avrebbero anche pestato i piedi più di una volta. Più immaginava il suo tentativo di farsi largo nella folla, e più le sembrava di doversi preparare ad una lotta per la sua stessa sopravvivenza. Esagerava sempre!
Era lì, sulla loggia, tutta sola ad aspettare che la venissero a chiamare. Era lì solo da pochissimi minuti, ma sentiva già le gambe pesantissime. Voleva andar via, ma non poteva. Voleva evadere, sfuggire, come era tipico del suo carattere, ma non se la sentiva d’infrangere la parola data ad una persona a cui teneva così tanto. Che conflitto nella sua anima: una battaglia ancor più cruenta di quella che si prospettava di affrontare nella sala da ballo. Odiava questi contarsi con sé stessa. Li odiava ancora di più della folla e della calca. Avrebbe tanto voluto essere più decisa, più forte e più sincera con sé stessa. Ma voleva andare fino in fondo. Era determinata a risolvere questa faccenda. Non la voleva affrontare ma voleva farla finita. Pensava che prima avrebbe parlato con sua maestà e prima sarebbe potuta tornare alla sua tranquillità di sempre.
Anche il vento l’irritava. Le regalava profumi d’arrosti, di squisite salse, di dolci impareggiabili. Ma proprio sul più bello, mentre se li gustava rapita dall’immaginazione, il dispettoso, li alternava ad ondate terribili di puzze acri dalla stalla.
Ogni istante che passava pesava come un macigno sulla sua, già debole, pazienza.
Annoiata, irritata, combattuta ed in imbarazzo, finalmente, la porticina in cima alla rampa di scale, s’aprì! La luce gialla e intensa che usciva faceva da contrasto con il buio serale che stava avanzando. La musica che usciva non copriva la live e soave vocina di Maya, che la chiamava.
Scattò immediatamente. Fece le scale di legno scricchiolanti a 3 alla volta, saltando pesantemente dall’uno all’altro gradino. Entrò e si lasciò invadere dalla luce gialla della candele e dei lumi ad olio.
La musica era proprio chiassosa come s’è l’era immaginata, mista a risa e a forti vocioni che coprivano tutte le altre. Il chiasso proveniva da poche stanze avanti. “vieni, c’aspetta” le disse con calma Maya. Le allungò la mano e piegò dolcemente la testa indicandole la direzione da seguire. Mentre alle sue spalle un servo chiuse la porta, Kitana la guardò fissa un secondo: in quell’attimo fece l’ultima battaglia con la sua anima. Finchè si decise ad arrendersi alla volontà della saggia, ma conservando tutti i suoi dubbi. Sospirò e appoggiò la sua mano su quella della piccola veggente. “vedrai, si rivelerà la migliore fra tutte le scelte della tua vita. Non te ne devi preoccupare!” delicatamente le disse, stupendola.
Incredibile. Sembrava che avesse letto i suoi dubbi direttamente nel suo pensiero. Kitana era sempre profondamente suggestionata dalla sensibilità della piccola veggente, e dalle sue dolci parole si era lasciata tranquillizzare per più di una volta.
Anche questa volta s’abbandonò a maya, così s’avviarono con passo deciso.
Attraversarono le stanze. La musica si faceva più intensa. Anche gli odori. Guardava maya che la teneva per la mano, ma che procedeva un passetto avanti a lei. Ancora dubbiosa, procedeva. Il passo era deciso ma non troppo veloce da non consentire una rapida panoramica ad alcuni magnifici arazzi nelle stanza, il ricco mobilio e i raffinati vasellami. Vide anche dei quadri, ed in particolare restò colpita da un dipinto, in cui era raffigurato un liocorno in una foresta. Lo vide per poco più di un attimo ma fu sufficiente per memorizzarlo.
In quell’attimo viaggiò. Viaggiò nella foresta dove il liocorno bianchissimo era in contrasto con lo splendore del verde paesaggio. Vide il cacciatore alle sue spalle che lo stava tenendo sotto tiro, con l’arco teso pronto a scoccare. La bestia, però, correva veloce e forse il cacciatore avrebbe perso la freccia. Il liocorno galoppava verso una fanciulla tanto bella quanto immacolata. Correva a perdifiato. Kitana immaginò il galoppo dell’animale, rombante come il tuono, lo scocco della freccia, il rumore secco della frustata nell’aria e il sibilo del dardo. Lo vide avvicinarsi alla bestia, ma un lieve spostamento della traiettorie del suo galoppo, gli permise di schivare il colpo. La bestia s’era salvata. Ma ancora s’avvicinava alla fanciulla. Rallentava. Si fermava. La ammirava.
Il cacciatore, ora, riprendeva la mira questa volta deciso a far centro. Kitana sussultò. Voleva avvertire il povero animale che stava cadendo nella trappola. Voleva gridargli di fuggire lontano, di non cadere nella tentazione, poiché era solo un inganno. che pena, che compassione, provava per a sorte della pura creatura, figlia della foresta. Il suo cuore batteva forte e sembrava si stesse dimenando dall’interno del suo petto. Che dolore provava. Un dolore immenso che le bruciava la pelle, urtava nello stomaco. Si sentiva incatenata, prigioniera. Sentiva una gelida bava soffiare dietro il suo collo. Era terribile. All’improvviso si decise e gridò:“AHHHHHHHHHH, scappa, scappa veloce!!!”
Scosse la testa e davanti a lei Maya la guardava con occhi sbarrati e con un’espressione allibita! Allargò lo sguardo e vide che tutto il salone da ballo aveva gli occhi puntati solo su di lei. Erano arrivate. La musica, tutte le risa e ogni chiacchiera si erano azzittite, per lei. Ogni attenzione era solo per lei.
Che fastidio. Non voleva tutta quella “ammirazione”. Ma almeno, non avrebbe avuto l’irritante problema i farsi largo a fatica.
Le era sfuggito il controllo della sua immaginazione, e non era la prima volta che le capitava.
“però, che ingresso!! Un ottimo modo per farsi notare, entrare strillando nel ben mezzo di una bella festa” disse una voce maschile, marcata e sicura dal fondo della sala. Non si vedeva chi fosse ma almeno limitò l’imbarazzo in cui era crollata kitana, dato che tutti i presenti cominciarono a cercare la fonte delle parole.
“E’ lei, maestà! È lei che tutti noi stavamo aspettando!” disse sicura maya tenendo con tutte e due le sue piccole mani, il braccio di Kitana
Il silenzio calò ancora più pesante di prima, e “l’indicata”era la più stupita di tutti quanti. “io cosa?” sussurrò a maya.
“davvero??!!” continuò la voce. La folla di ospiti si aprì inchinandosi e lascio spazio ad una figura maschile alta e fiera. Elegantemente adornata con un meraviglioso mantello color porpora, un collo e polsini delle maniche in pelliccia. La barba coronava il suo mento squadrato e le sue labbra dando alla sua figura ancora più possanza di quanto le sue enormi spalle non dessero già al suo corpo massiccio. Un gioiello favoloso faceva capolino al suo collo: una massiccia collana d’oro con appeso lo stemma della casata reale dei G.

 
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