torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: ELIOFOBIS
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: shayka galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/02/2005 14:52:33

una vita senza luce... credete di potercela fare?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
1
- Capitolo 1° -

Quante volte nei film o romanzi horror che ormai sono divenuti tradizione, avete sentito parlare della paura del buio? Sempre... senza contare che, se quei mostri dell'oscurità si nascondessero invece nella luce, la vita sarebbe molto più difficile. Per tutti noi.





“Tu che dici?”
“Secondo me dobbiamo andare a sinistra”
“Sei sicura? Non ho voglia di farmi tre giorni di cammino in più.”
“Come vuoi che sia sicura, scusa? Tu lo sei per caso?”
“No, non sono sicuro di niente, oramai…”
Silenzio.
“Basta…prendiamo una decisione in fretta e non pensiamoci più. Quel che è fatto è fatto. A sinistra.”
“Hai visto, avevo ragione! Non sono un genio?!”
“Sì, certo… ora muoviamoci a trovare la casa. Sta già sorgendo il sole.”

“La vedi?”
“No”
“Guarda, forse è quella là.”
“Quale?”
“Quella con le pareti ancora integre.”
“Potrebbe….”
“Andiamo a bussare, avanti.”
Toc toc
Toc toc
Toc toc toc
“Avanti.”

“Buongiorno Smith, ben felici di rivederti.”
“Ma cosa…voi…come…”
“Non ci vuoi fare accomodare, forse?”
“….Sì…certo. Entrare pure in salotto, è tutto buio.”
“Finalmente c’intendiamo.”


Era davvero tutto buio, così buio che se non avessero avuto gli occhiali ad infrarossi non avrebbero potuto vedere nulla. Erano tutti seduti sugli unici tre divani del salotto, uno di fronte all’altro, quasi in circolo. Smith giunse per ultimo, portando un vassoio con dei biscotti.
“Servitevi pure” Disse, mettendolo nel tavolino che stava in mezzo al circolo.
“Ti ringrazio, ma io non mangio” Disse lei.
“Magari dopo, ora urge che ti parliamo di fatti ben più importanti.” Disse lui.
“Capisco…capisco…”
“E’ proprio perché sai e capisci che siamo venuti qua, Smith. E spero che tu ci sia d’aiuto, oppure saremmo costretti ad usarti come diversivo quando ce ne andremo da qua.”
“….”
“Bene. Franz, incomincia tu.”
“Ok. Smith, siamo riusciti a scappare dalla città per un pelo, e a sopravvivere… per puro miracolo divino. E tutti questi sforzi dovranno fruttare per forza qualcosa. Non mi arrenderò così facilmente. E nemmeno Giada lo farà. I nostri compagni sono morti in viaggio. Noi non faremmo la loro stessa fine. Se siamo giunti fino a qui, è perché c’è un motivo. E quel motivo è che tu puoi darci quell’aiuto di cui noi bisogniamo.”
“Sapete già tutto. Non c’è stata nessuna nuova scoperta…non ci può essere stata alcuna nuova scoperta ragazzi, ragionate! Metà degli scienziati sono stati uccisi, e di notte, anche se con gli infrarossi, è impossibile lavorare nei laboratori. No, ascoltatemi bene, lasciate stare. Abituatevi a questa vita. L’adattamento è il punto forte della nostra specie. Magari fra qualche millennio avremmo una vista così avanzata da poter camminare per la notte senza bisogno di questi aggeggi.”
“Se tu pensi che getteremo la spugna, ti sbagli di grosso!” Gridò Giada, mostrandogli il pugno. “Quegli esseri non sono niente, niente! Hai capito? Niente! Il pianeta è nostro non loro. Loro devono adattarsi a noi, non il contrario. Noi dobbiamo dominare, non loro!”
“E cosa vorresti fare, eh? Non siete maghi, non siete santi, non siete niente! Siete solo uomini, come tutti gli altri che sono riusciti a sopravvivere. Non avete nulla di diverso che vi possa aiutare a vincere questa apocalisse. NIENTE!….Mettetevi il cuore in pace, e lasciate vivere in pace ance me. Ora che siete giunti, potete anche stare qua. Sono solo, un po’ di compagnia mi farà bene. E farà bene anche a voi. Qua siete al sicuro il giorno non esiste, e quei mostri nemmeno. Rimanete qui ragazzi, e scordatevi di tutto.”
“Ma migliaia di persone muoiono ogni giorno! Come possiamo fregarcene, eh?” Gridò questa volta Franz, mentre tutta la tensione e l’oppressione che gravavano sul suo cuore gremivano lo spirito di quella domanda.
“Vivrà solo chi si occuperà della propria vita. Gli altruisti non avranno speranza in questo nuovo mondo.”
“Ti sbagli di grosso.”
“Spera di no, ragazzina. Ricordati che stare in gruppo significa aumentare l’aura che circonda un luogo, e quindi rendere luminosa la stessa notte… la notte che è l’unica nostra speranza di vita. Se, come dici tu, io mi sbagliassi… allora significherebbe semplicemente che l’epoca dell’uomo è finita, e dunque tutti noi siamo destinati a morire.”


Marylyn era lì, seduta nella biblioteca insieme al padre, con le luci fluorescenti accese. Già, avevano scoperto che le luci evanescenti erano le uniche a non attirare quegli esseri, e così le sfruttavano al massimo, come tutto il loro piccolo borgo che aveva apprezzato davvero tanto la scoperta del saggio uomo. Come avevano apprezzato anche la scoperta che, se si nascondeva sotto terra con le luci normali accese, non correvano il rischio di essere uccisi. Solo che non c’era stata la possibilità di creare delle abitazioni sotterranee, sia perché mancavano le maestranze con le rispettive conoscenze per costruire case sicure da ogni punto di vista, sia perché gli esseri distruggevano ogni loro tentativo di creare una vera abitazione sotto il livello della terra. L’unico che era munito di alcune stanze sotterranee era proprio lui, il padre di Marylyn, e dunque l’unico che ancora poteva veder la calda luce delle lampade o godere del calore del fuoco.
“Ah, ho finalmente finito Guerra e Pace!” Disse, stiracchiandosi sul divano e sfregandosi gli occhi assonnati per la troppa lettura.
“Come l’hai trovato?” Chiese il padre, impegnato a leggere un altro libro.”
“Magnifico, estremamente vivo… insomma, magnifico.”
“E’ stato il mio stesso commento dopo averlo letto. Tua madre invece non l’ha mai finito. Non le piacevano i libri lunghi, diceva sempre che non servivano a niente, solo carta per il fuoco. Troppo complessi.”
“Beh, è proprio per questo che sono estremamente vivi!”
“Lo credo anch’io!”
Improvvisamente si sentì un boato, poi un urlo terrificante. Entrambi sobbalzarono.
“Chi è stato così stupido da uscire?!” disse il padre, buttandosi con sconforto sulla poltrona e poggiandosi una mano fra i capelli. Quando faceva così, significava che era profondamente adirato, o deluso, e non sapeva che pesci pigliare.
“Che cosa pensi di loro?” Chiese Marylyn, che, essendo cresciuta in quel clima di morte e distruzione, aveva creato una sorta di barriera emotiva per le morti che avvenivano così spesso intorno a lei. Considerava natura tutto ciò che accadeva. E questo significava che, senza volerlo, lei non aveva speranze che tutto ciò mutasse. Era la vita, tutto qui. E per stare bene bisogna prenderla con molta, molta filosofia.
“…cosa vuoi che pensi, Mary? Hanno ucciso tuo fratello maggiore, tutta la mia famiglia e parte di quella di tua madre. Lei per fortuna non è vissuta abbastanza da vedere questi mostri.”
“A me sembrano esseri umani, papà.”
“Non possono essere umani. Sono alieni, e sono demoni. Tutto qui.”
“Non lo sappiamo papà. Non sappiamo nulla di loro. Sappiamo solo che vogliono ucciderci, ma non il perché.”
“E questo non basta a classificarli come demoni?”
“Bene e male si trovano nell’uomo. A volte prevale il bene, a volte il male. Hitler voleva uccidere la razza ebrea, loro vogliono uccidere quella terrestre. Perché? Sono uomini, avranno una ragione o un capriccio per giustificare questi atti. Se si tratta di una ragione, questo genocidio si bloccherà solo quando ci sarà qualcuno che farà capire loro che si sbagliano. Se si tratta di un capriccio, continueranno finché una forza superiore a loro non li bloccherà.”
“Ciò che dici non mi da lo stesso alcuna speranza. Se mi tocca un fascio di luce, loro mi uccidono. Se li tocca l’ombra, muoiono loro. Pertanto, finché giorno e notte continueranno ad essere le nostre rispettive fobie, la realtà non muterà il suo aspetto.”
Quando ormai si stava facendo buio, scesero giù per andare nelle rispettive stanze a dormire. Prima il padre, il signor Karmic, poi lei.
O, perlomeno, si stava preparando ad andare a letto, quando si accorse che qualcosa non andava. Mancava ancora mezz’ora al tramonto, eppure là fuori c’era un gran baccano. Fatto assai strano, perché solitamente gli alieni, per evitare di essere ancora allo scoperto al calare delle tenebre, andavano nelle loro dimore volanti un’ora prima del tramonto. Cosa li aveva fatti rimanere ancora lì fuori?
Rimase in ascolto, protendendo il suo orecchio verso la parete, per udire meglio.
Grida, molte grida di uomini. E ogni tanto, intervallata da forti pianti, la voce di un bambino.
“Il piccolo Albert! Papà! Papà! Papà vieni, torna su!” Gridò. L’uomo salì su, in pigiama, mezzo sconvolto.
“Cosa c’è, Mary? Perché gridi?!”
“Hanno preso il piccolo Albert!”
“Stronzi, bastardi! Ma perché era alla luce il piccolo?! Dov’è suo padre?” Poi si guardarono in faccia. Le urla che avevano sentito prima dovevano appartenere al padre del bambino. Ed ora Albert, rattristato per non averlo visto tornare, convinto che il coprifuoco fosse finito si era addentrato all’aperto.
“Che si fa?”
“Non lo so. Quanto manca al tramonto?”
“Venti minuti.”
“Se aspettiamo un altro secondo quelli lo ammazzano. Basta, non starò qui immobile mentre un altro bambino perde la vita!”
“Papà…papà… è giusto quello che fai ma…io?” Chiese lei, guardandolo con le lacrime agli occhi. L’uomo la strinse a se, un poco confuso.
“Preferisco morire così, che vivere una vita nell’oscurità. Io amo il sole, figlia mi, mentre tu sei cresciuta nell’oscurità. Tu puoi vivere, quelli come te potranno andare avanti. Noi no.”
“Voglio aiutarti.”
“Non se ne parla nemmeno.” Disse. Prese la luce fluorescente più forte che aveva, l’unica luce che essendo fredda richiamava le ombre che loro temevano. Poi uscì di casa, chiudendo la porta a chiave dietro di se.
Marylyn cadde per terra piangendo, mentre sentiva là fuori le risa e i colpi divenire sempre di più, sempre più forti. Poi però qualcosa accadde. Le risa si bloccarono, e divennero grida di dolore. Poi la voce entusiasta del padre. E la speranza che tornasse a casa sano e salvo si fece più forte in lei.
Ululati di lupo, forti e vigorosi ruppero questa sua flebile speranza di rivedere il volto del caro padre.
Quando costatò che il sole era ormai tramontato, prese una luce fluorescente e uscì di casa, sfondando la porta a furia di calci.
C’era sangue dappertutto, e anche qualche pezzo di carne maciullato, segno che non era sopravvissuto nessuno. Un pezzo della giacca del padre. E un bottone rosso, probabilmente appartenuto alla camiciola di Albert.
Gemiti.
Si voltò intorno, cercando la provenienza, e si accorse che c’era qualcuno disteso per terra, là, vicino alla finestra della sua casa. Quando la luce fluorescente lo colpì, quello sussultò, e incominciò ad ansimare ancora più forte. Non riusciva a respirare. Il volto era pallidissimo, solcato da grosse vene rosse, e gli occhi erano lo stesso color del sangue. Spense la luce, lo prese e incominciò a trascinarlo verso casa, con fatica. Lo sentì svenire mentre scendevano le scale per il piano sotterraneo. Accese una luce, una di quelle calde, che cercavano di imitare la luce solare. Poi prese delle funi e lo legò saldamente, braccia, mani, gambe e piedi. Gli passò per sicurezza anche un’altra corda, legandolo come un salame. Ed infine, con una catena lo imprigionò ad una colonna del grande cammino di marmo grigio.
Poi salì su: era necessario riparare la porta prima che sopraggiungesse il mattino. Infine, stanca morta, andò a coricarsi nella sua stanza sotterranea. Due erano i pensieri che occupavano la sua mente:
Suo padre era morto,
E nel suo salotto dormiva un alieno, probabilmente colui che lo aveva ucciso.


 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: