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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: BOH....
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: disa galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/08/2002 11:16:16

questo é per snorkyna.... grazie dei complimenti ^__^
 
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- Capitolo 1° -

Voglio ringrazaire snorkina..... che dovrebbe peró fare meno complimenti.
Questa la ho pensata ieri notte, dopo che ho letto il tuo fp, spero non sia venuta malaccio.
Sinceramente non mi piace... ma tanté...

leggete e commentate, please ^__^


Un sole accecante si era levato oltre gli alti spuntoni di roccia ad illuminare, col suo calore, l´ampio altipiano erboso. Alti fili d´un verde smeraldo, spazzati da una fresca brezza mattutina, si ergevano per poi oscillare lentamente e ricadere, gli uni sugli altri. Grandi onde scuotevano la piana, scontrandosi con rare rocce sporgenti, chiazze brillanti, impavidi scogli argentei.
Il cinguettio di cento e cento uccelli, sulle ali del frinir delle cavallette e dell´ipnotico canto dei grilli, si innalzavano fino alle solitarie nubi, tagli irregolari nell´uniformitá infinita del cielo.
E grida, risate, rumori vari permeavano l´atmosfera. Gioia e gaiezza, spensieratezza e tranquillitá, mentre dieci e dieci piedi avvolti in scomode scarpe da ginnastica pestavano i ciuffi d´erba e mettevano in fuga insetti e farfalle.
I loro volti, nascosti da capelli mossi dalla fresca brezza che asciugava il loro sudore e da movimenti repentini, non erano visibili ai suoi occhi, spesso accecati dal sole, o magari impegnati a rincorrer la palla, loro unica preoccupazione in quelle ore di gioco.
Nulla importava, nessuna preoccupazione gravava sul suo animo, ed il suo corpo si muoveva felice, spazzato dall´erba, baciato dal sole, sfiorato dalla brezza. Cosa importava tutto ció che non era su quell´altipiano? Nulla, ora l´importante era rincorrere il pallone, segnare, divertirsi, per se stessi, per gli amici.
Non poteva riconoscere quei volti che lo circondavano sorridenti, ma non importava, non era necessario che i suoi occhi li vedessero, che le sue orecchie udissero la loro voce, la sua anima ne sentiva la presenza, il suo cuore ne riconosceva l´identitá.
Il tempo volgeva velocemente, i minuti rincorrevano i minuti, per divenire ore. Presto il sole fu alto nel cielo, unico dominatore di quell´ambiente, poiché anche gli alti picchi, spuntoni di roccia che si ergevano indomiti per cento e cento metri ancora a toccare il cielo, non sembravano che piccoli ed indifesi giocattoli di fronte alla grandezza della sfera di fuoco che ogni cosa illuminava, ed ogni cosa osservava e giudicava.
Era giunto il tempo di lasciare quel luogo, di abbandonare i giochi e tornare ancora una volta alla vita quotidiana, fatta di pochi gesti che si susseguono interminabili e sempre uguali a se stessi.

Fu un suono di allarme a richiamarlo alla realtá, un breve intenso fischio, emesso dalla grossa machina che stava sul fianco del suo letto. Tutto era tornato come era, al cielo terso si era sostiuito l´alto soffitto puntellato da alcune lampade al neon, il paesaggio, sul quale poteva spaziare, era sostituito da candide pareti, sulle quali la sua mente aveva dipinto mille e mille ambienti, alberi e ruscelli, monti e mari, pur senza mai sporcarle, pur senza mai sconfiggere quel bianco uniforme, quel colore anonimo che lo stava portando alla pazzia.
Il rumore ritmico della pompa del suo sangue permeava la stanza, era forse in esso che aveva udito grida di ragazzi divertiti?
Non importava, la realtá era ben lontana da quei sogni nei quali sempre piú spesso si rifugiava, la realtá era che un tumore lo consumava, lo divorava lentamente ormai da molti mesi, e non molto il suo corpo e la sua mente avrebbero avuto la forza di resistere. Presto ogni cosa sarebbe finita, la sua vita, e con essa il dolore. Ed allora la morte sarebbe giunta accolta con un sorriso, come era ormai abituato ad accogliere ogni male che lo colpiva e lo delibitava, come aveva fatto il mese precedente, quando aveva varcato quella porta in legno, uscio di un normale ospedale, che nel suo animo sapeva di non varcare mai piú coscientemente.
Nemmeno oggi avrebbe ricevuto alcuna visita, ma forse sarebbe stato meglio cosí. L´incontro con vecchi compagni di scuola e parenti non faceva che deprimerlo, vederli camminare e guardarlo con occhi pieni di pietá e commiserazione era insopportabile. Ma ormai una settimana era trascorsa da quando l´ultimo visitatore era entrato in quello che ormai reputava il suo mondo.
Non gli era stato concesso di morire con onore, ma era stato imposto da altri, che sostenenvano di amarlo, ma incapaci di comprendere il suo dolore e la sua sofferenza, di lasciarsi consumare lentamente.
E cosí avrebbe fatto. Ancora pochi giorni lo separavano dalla meta cui tutti corriamo incontro, ancora pochi sogni da fare, magari una gita in barca o una passeggiata nei boschi. Ma sapeva che mai avrebbe scorto i visi di coloro che veramente gli erano cari e lo accompagnavano in quei sogni, donandogli momenti di spensieratezza, rompendo il dolore sul quale oramai si cullava, stremato ancor piú nella mente che nel corpo.
 
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