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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: SO CHE TORNERAI-ALLELUJA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Yaoi
Autore: gyh galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/01/2005 17:47:01

continuazione di so che tornerai in pov di ru... me l`avevano chiesta ed eccola! yaoi
 
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- Capitolo 1° -

Allora, questa fanfic è un proseguimento di “So che tornerai” dal punto di vista di Rukawa. Mi è venuta in mente ascoltando una canzone bellissima di Jeff Buckley, “Alleluia”. Per quelli che non conoscono Jeff si noleggino Shrek, è la canzone in cui Shrek e Fiona sono separati e fa sempre “Alleluia…”. Ero alla fermata dell’autobus e la stavo ascoltando col lettore CD nuovo – inutile dire che è praticamente una boiata, 20 euro e va con le pile piccole… accidenti a me! – e ad una certa frase mi è venuto in mente di farci una fic. Non è una song-fic, non è un genere che mi piace, ma il merito – o la colpa?? – di questa fic è tutto di quella canzone! Non pensavo che sarei mai riuscita a continuarla tanto presto…
Comunque la dedico a tutte le meravigliose ragazzuole che continuano a commentare le mie robe… grazie a tutte!

Guardo il fuoco crepitare nel camino e non riesco ancora a crederci. Sei ancora qui, in questo mondo. Guardo le fiamme guizzare. Sembrano i tuoi capelli.
Pensavo di averti perso per la seconda volta, ma in maniera più definitiva e decisamente dolorosa. Pensavo che quell’incidente forse ti avrebbe tolto la vita, ti avrebbe – di nuovo – portato via da me. Pensavo che i tuoi occhi sarebbero rimasti eternamente chiusi, che tu saresti potuto morire senza che io avessi il tempo di salutarti e di dirti, per l’ultima volta, che ti amo e che mi dispiace di averti fatto soffrire quando stavamo insieme. Solo quando mi hai lasciato ho compreso di essermi comportato davvero da stupido. Ero felice quando sorridevi, ma non facevo mai niente perché tu lo facessi. E infatti eravamo arrivati al punto che non sorridevi mai. Quando poi sei uscito di casa, dicendo che mi avresti lasciato… che tra noi era finita… piangevi. E anch’io lo stavo facendo, ma le mie lacrime erano aride, sanguigne e non te le ho lasciate vedere. Orgoglio, paura. Ho cominciato a piangere sul serio solo quando quella dannata porta si è chiusa alle tue spalle. Ed è allora che sono morto, che mi hai ucciso. Per mesi e mesi e mesi ho continuato a pensare che forse, se ti avessi detto qualcosa, se avessi cercato di trattenerti, se avessi implorato il tuo perdono, tu saresti rimasto con me, invece di andare da Akira. Quanto l’ho odiato. E ho odiato anche te. Al punto di volervi uccidere entrambi.
Non sto scherzando, l’avrei davvero fatto. Lo stavo per fare.
Ero col coltello da cucina appoggiato sul tavolo. Lo avevo affilato a dovere. Poi ne ho saggiato la lama con il polpastrello dell’indice e mi è caduta una piccola goccia di sangue.
E a quel punto, come un flash, mi sei tornato in mente.
Quella volta che stavo lavando i piatti – una delle poche, stavamo insieme davvero da poco – e mi sono tagliato, nello stesso punto, con questo stesso coltello. E tu hai visto e hai quasi urlato, accorrendo subito da me. Subito hai messo il mio dito sotto l’acqua, poi hai succhiato la ferita fino a che non ha smesso di sanguinare e poi mi hai chiesto, ansioso “Ti fa male?”
E ricordando questo ho lanciato lontano quel coltello.
Non avrei mai potuto farti del male, ucciderti. Mai. Ti amo troppo, sarà sempre così.
È stato quella sera che sono corso a casa di Sendo e gli ho detto di restituirti a me. E lui…
Diciamocelo, l’ho rivalutato molto, il porcospino, a quel punto. Se fosse stato lui a venire da me dicendomi di lasciarti a lui, l’avrei massacrato di botte. Lui no. Lui mi ha osservato stupito – non mangiavo decentemente da una settimana e avevo gli occhi gonfi, rossi – e mi ha risposto pacato, che era proprio per questo mio considerarti un oggetto che mi avevi lasciato per lui. Allora ho capito, ho rivisto tutto. La tristezza nei tuoi occhi quando rifuggivo dai tuoi abbracci, dalle tue carezze, non perché non li adorassi, ma perché li amavo troppo, perché avevo paura di soffrire, se mi lasciavo andare con te. Ed è stato per questo che mi hai lasciato. Perché non ti comprendevo, perché non ero lì con te, mai, davvero, se non quando facevamo l’amore.
E ho deciso di lasciarti stare, Hana. Se con Sendo eri felice… ero felice per te. Anche se in realtà morivo. Morivo dentro.
E poi… due mesi fa…
Hai avuto un incidente. Sei stato investito da una macchina. Quando l’ho saputo mi sono precipitato in ospedale, da te. Non potevo lasciarti andare, non ancora… e ho trovato Sendo, il tuo ragazzo, lì da te. Che ancora una volta, invece di fare ciò che avrei fatto io, ovvero intimargli di andarsene, mi ha accolto e anche se si vedeva che era – ragionevolmente – infastidito, mi ha chiesto se volevo un caffè.
Una settimana insieme a te in quella stanza fredda e candida, così… così maledettamente asettica, vuota, che sapeva di cambiamento radicale, di morte, di speranza. Una settimana a lavarti i capelli, a vezzeggiarti come non ho mai fatto quando stavamo insieme, a bere caffè, a sussurrarti preghiere nell’orecchio, piano. Mi ha stupito quando una volta Akira ti ha fatto il bagno – o meglio, ti ha pulito passando una pezza bagnata sul suo corpo – e io stavo per uscire dalla stanza, perché pensavo che ovviamente l’avrei infastidito guardandoti, visto che eri suo e non più mio… e lui mi ha detto, con un mezzo sorriso, che potevo anche restare. E io sono rimasto.
E poi siamo andati a casa sua – vostra – e abbiamo fatto… non so neanch’io cosa abbiamo fatto, ma dovevamo scaricare la tensione e la morte dal nostro corpo, sfogare la disperazione, la frustrazione per non poter far niente per te e dimenticarti, per qualche attimo, altrimenti saremmo morti entrambi.
Abbiamo continuato a “salvarci” per una settimana e mezzo ancora.
Poi ti sei svegliato.
Hai aperto gli occhi e ci hai guardato, confuso.
E sia io che Akira siamo scoppiati a piangere come due deficienti.
E lì… sono rinato. E subito dopo morto ancora. Perché adesso avrei dovuto mettermi da parte. Per sempre. Non sarei più stato lì con voi, ero di troppo.
E me ne sono andato.
- Rukawa, aspetta… - ha cercato di fermarmi Akira, senza però alzarsi dalla sedia.
L’ho guardato con un mesto sorriso e ho scosso la testa. E me ne sono andato. Ancora.
A casa poi ho pianto, ho dato fondo a tutta la mia disperazione.
E ti ho rivisto, in ogni angolo di questa casa.
Sul tavolo dove mangiavamo, sul divano, davanti al videoregistratore per mettere una cassetta – ci hai messo un mese per capire come funzionava! – davanti al frigo – goloso do’aho – davanti al lavello, in bagno, nella vasca, nel corridoio, in tutte le stanze e ho sentito la tua voce… tutti i modi in cui mi chiamavi.
Baka kitsune, quando eri arrabbiati.
Hentai kitsune quando ti facevo arrossire.
Kitsune quando avevi voglia di scherzare un po’.
Kae quando parlavamo normalmente.
Kaede quando parlavamo di cose serie.
Kacchan quando avevi voglia di fare l’amore.

“Ti amo, kitsune”
“Ti amo così tanto, Kaede…”
“Ti amo, anche se sei solo una baka kitsune!”
“Ti amo, maledetta hentai kitsune…”
“Ti amo, Kacchan”
“Kae, lo sai che ti amo?”

“Non lasciarmi mai, Kae…”

Perché? Sei stato tu a chiedermi di non lasciarti mai, perché allora devi essere tu ad andartene? Non lo sopporto, do’aho… tu non lo sai quanto ti ho amato, non ne hai idea… sei l’aria che respiro, l’acqua che mi disseta, il fuoco che mi scalda, il terreno sul quale poggio i piedi… senza di te i miei sensi hanno perso ragione, perché tu non mi stavi chiamando, non stavi ridacchiando… avrei preferito anche le urla rabbiose degli ultimi tempi al silenzio gelato che mi accoglieva ogni volta quando entravo in casa e la trovavo vuota…

E mi ricordo di quando entravo dentro di te e tu mi ansimavi nell’orecchio, il tuo respiro affrettato, i tuoi mormorii disperati, la dolcezza con cui ti donavi a me, il mio nome che usciva dalle tue labbra, sempre morbide, sempre pronte a sorridermi, a consolarmi… il tuo corpo che mi accoglieva, solo quando ero dentro di te mi sentivo davvero a casa, davvero al sicuro… per questo forse ti è capitato di pensare che volessi solo quello, da te, solo il tuo corpo… ma per me era molto di più, entrare in te era la mia unica salvezza, l’unico modo che avevo per dirti quanto ti amavo, che eri la mia vita… la mia dichiarazione d’amore…
Forse non l’hai compresa fino in fondo, ma è stata colpa mia, no? Io ho sempre parlato e comunicato con i gesti, tu lo facevi con le parole.
Voglio solo che tu sia felice, Hana.
Ma non lo sei.
Perché quando sei tornato a casa dall’ospedale, dopo due giorni, Akira ti ha detto tutto.
Che è venuto a letto con me. Evidentemente ti ha spiegato che, disperati com’eravamo, questo era l’unico modo che avevamo per non impazzire. Ma deve farti male ugualmente. Così male…
Scusami, Hana… anche se non stavo più con te, sono riuscito a ferirti ugualmente…
E sei andato a stare per qualche tempo a casa di Mito, per capire quello che provi… e so che anche adesso Akira si sta distruggendo. Ma so che non è pentito. Se io e lui non ci fossimo salvati non so cosa saremmo adesso.
Mi chiedo che cos’hai provato quando mi hai visto piangere per te… non pensavi che potessi farlo, eh? Piccolo do’aho… hai capito ora, che potrei anche morire, per te?
Hana…
Hana…
Torna da me…

Owari

Gyh: questa è… è la… sigh… continuazione di… sob… di… “So che tornerai”… sob… mi è venuta troppo triste, lo so… ma devo ancora scrivere quella in pov Hana e lì sistemo tutto… sigh… sob… BWAAAAAAAHH!!!
Ru: sono io quello che deve piangere…
Hana: nooo perché mi hai fatto lasciare Kaedeee ç__ç
Akira: ç__ç mi fa piangereeee
Gyh: scusatemiiiii ç__ç ma adesso finisco col pov Hana! e sistemo tutto! Non è una serie, però è una continuazione… la canzone alla quale è ispirata è Alleluja di Jeff Buckley, però l’ho scritta ascoltando anche Gabriel dei Lamb, che consiglio di scaricare… dio mio, mi viene da piangereee!!! ç___ç
Hana Ru e Aki: ç___ç

 
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