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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: SOUR
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: aya-suzuki galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/08/2002 21:53:22 (ultimo inserimento: 05/09/02)

il genere sarebbe questo, ma sentimentale e romantico non è sono esattamente gli aggettivi adatti per descrivere la protagonista di questa fic...
 
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1°CAPITOLO
- Capitolo 1° -

Buon giorno ,o pula! sono ancora viva e con una nuova fic, naturalmente ancora incompiuta. cacchio io volevo finirla prima di pubblicarla... ma volevo vedere cosa ne pensavate! quindi... avvisatemi se è una grossa schifezza così la tronco e mi dedico ad altre mie "ooopere" in sospeso... ^3^ ciù
Per la prima volta in una mia fic, la narrazione è in prima persona! experiments!
*****



Non ho la minima intenzione di iniziare a raccontare questa storia con un banale, trito e sciacquettoso “mi presento il mio nome è…”. Comunque, al momento non mi viene in mente altro modo.
Allora, a chiunque possa interessare, io mi chiamo Haruna Nishikado. Ho 15 anni e frequento la prima superiore. Vivo nella pallosissima città di Kanagawa. Nulla di entusiasmante. Neppure io sono tanto entusiasmante.
Sono alta (circa 1.70) ed allampanata, ho le tette di una bambina di 5^ elementare e le gambe da cicogna, con le ginocchia grosse come un melone. Avrei capelli e occhi neri. Dico “avrei” perché per rendermi più interessante mi sono tinta i capelli di biondo. Non sono male i miei capelli, ora che sono biondi e che li acconcio sempre il boccoli da bambola di porcellana. Mi sono presa un’adorabile berrettone nero e un rossetto pure nero.
Ebbene, sono queste le uniche emozioni della mia vita??
Pare di si.
Oggi dovrei iniziare le superiori. La cosa non mi entusiasma più di tanto. In fondo le superiori sono solo una slavinata di compiti.
E poi… chi è che ha avuto la brillante idea di iscrivermi in uno dei liceo più prestigiosi di Kanagawa??! Quella scuola è famosa per i metodi spartani e per la rigorosità degna di un lager tedesco della seconda guerra mondiale. O di un gulag. Personalmente sono la stessa cosa.
Però dai, il lato positivo c’era… indossare quell’uniforme elegantissima, andare in giro dicendo “Sono una studentessa del Kainandai Fuzoku… -volgavmente chiamato Kainan…-” e parlare con la erre moscia usando linguaggio lussuoso…
Non che serva a qualcosa, ma mi fa sentire importante.
In questo lieto dì mia madre la pensato male di prepararmi lei stessa la colazione per onorare questo importante giorno.
Insomma, con la mia impeccabile uniforme nuova di balletta addosso, che mi fascia per benino e mi snellisce (non che fosse utile, visto che sono già stecca di mio), mi trovo sul tavolo bacon, uova strapazzate, brioches, una tanica di succo d’arancia e un pero. Non una pera. Un albero intero. La madre deve essere andata a saccheggiare il frutteto del rozzo villico che abita in fondo alla strada. Mia madre è pazza, pazza!!
Vuole farmi ingrassare di quarantamila chili così che l’uniforme mi esploderà addosso e sarei stata costretta ad andare in quella scuola per figli di papà con i miei rozzi vestiti da bassa borghese.
Mi siedo con malcelata riluttanza e prendo una pera. Mentre inizio a sbocconcellarla, la madre attacca con la pantomima dell’impegno e della disciplina. Vuole che io diventi la prima della classe dato che il mio fenomenale cervello me lo permette ed avanza.
A volte ho il sospetto che mia madre sia Hitler senza baffetti. Ci somiglia pure.
Il padre invece si limita a stare lì come un sacco di farina bucato, a leggere il suo giornale che puzza da cartaccia di terza categoria, senza proferire verbo. Senza incoraggiare la sua figlioletta che era riuscita a farsi ammettere all’incommensurabile Kainan. Meglio così. Tanto mio padre sa dire solo cavolate.
Ma i discorsi del padre non erano indispensabili. Alla madre si era aggregato il fratello.
Il fratello (dire ‘mio’ mi fa star male… non voglio pensare che nelle mie vene scorre lo stesso sangue di quello lì) si chiama Kensuke ed è un universitario palloso che più palloso non si può. Tanto per intenderci: è alto un metro e un’aspirina, ha la faccia da uovo sodo senza guscio (e anche il fisico) e non fa che squadrarmi da dietro gli occhiali pentagonali con rilevatore satellitare si tartufi e mormorare con la sua voce da baritono senza corde vocali che il Kainan è una buona scuola e che lui si era diplomato lì col massimo dei voti.
Come se non lo sapessi!! Appena si entra in casa mia si vede, ingrandito settecentosei volte, il suo diploma, con un bel 100.000 e lode scritto a mano da un pittore di santini convocato per l’occasione. Tutto completato dalla cornice barocca di puro oro made in Taiwan del peso di dodici quintali.
Finisco in fretta la mia brioche e corro fuori, con la cartella nuova in mano. Non prima di salutare la mia dolcissima Dot!
Dot è l’unico essere intelligente in questa casa. È una cucciolotta di pastore belga, e la adoooooro!
Ok, dopo aver raccomandato a Dot di stare attenta a non farsi contagiare dalla brutta gente che circolava, di buona lena mi incammino. Spero di ricordarmi dove sia questa scuola, sennò è cacca.
Il percorso non va per le migliori. Intanto mi sarò persa diciassette volte, e alla nona sono anche scivolata su un lumacone viscido che passava di lì. Meno male che non mi sono sporcata l’uniforme! Rimango qualche secondo a fissare il cadavere del lumacone, pensando alla fugacità della vita, ma un tir che quasi non mi investe mi riporta alla realtà. Mi accorgo pure di essere praticamente in ritardo.
Dopo varie peripezie arrivo a scuola sana e salva. Lì trovo la mia stupidissima comitiva. Sono cinque o sei dei miei vecchi compagni delle medie. Essendo stati un’insulsa classe di piccoli prodigi in erba, noi siamo approdati in questa onorevole scuola. Peccato che loro siano dei microcefali, e mi chiedo che ci faccio qui con loro.
Ma lasciate che vi onori della loro conoscenza: c’è la mia amica (l’unica sensata in questa tenebrosa setta di squilibrati) Hikari. Su di lei non ho nulla di acido da dire. Può ritenersi fortunata.
Poi c’è suo fratello gemello Daisuke. Non capisco come facciano ad essere gemelli. Lei è piccola e graziosa e lui e un cesso per elefanti! Avete presente un torbido incrocio tra Magilla Gorilla e Beavis? Ecco, peggio. Comunque noi lo chiamiamo solo Dai, per comodità.
Poi c’è Yukino. Lei è bella, alta, snella, popputa, rossa tinta. Bellissima! Almeno questo dice la gente. O meglio dire, gli acuti osservatori col pacco. A me sembra solo una delle streghe del film Hocus Pocus. La più rugosa ed antipatica.
Kazuto è a posto, invece. È piuttosto insignificante, la Madre Natura, si sa, è crudele. Se non lo fosse io avrei le tette e invece… non ce le ho! Comunque Kazuto merita anche la presenza in questa scuola di cervelli, lui ha la media dell’11 a scuola!
Shoji è il personaggio più di intrattenimento. Anche perché non sa fare altro. Si diletta a raccontare barzellette sporche e a fare il gallo cedrone con le ragazzine. Dovreste vederlo quando va in mezzo alle squinziette che piacciono a lui a braccia aperte per avvilupparne in più possibile. Sarebbe tutto perfetto se loro non gli mordessero il braccio quando tenta di brincarle.
Comunque arrivo lì e con le mie innate doti recitative li saluto.
“Ciao raghi!”
“Hey, Haruna! Che bel cappello! Che hai scuoiato un qualche toro per fartelo?”
“Si, per questo sei ancora al mondo, Dai!” e sorrido angelicamente.
Quanto sono dolce!


Sono passati sette giorni dal primo giorno di scuola. Forse anche otto.
In questo momento, tanto perché lo sappiate, sono al culmine della gioia con uno spazzolone in mano. Ma lasciate che vi spieghi…
Allora, la mia classe, tanto per farvelo sapere, è la 1^R [era anche il mio corso alle medie ^^ ND Aya], e quel bruto del professore mi ha messo in banco con Daisuke. L’unico della combriccola in classe con me. Entusiasmante!
Insomma lui, che credo seriamente abbai qualche disfunzione all’apparato celebrale, aveva riattaccato a fare commentino inconcludenti sul mio splendido cappello. Perché è splendido per davvero! …Cosa vuole capirne quel caprone di moda… immaginate la mia faccia schifata e sospirate.
Insomma, il docente da denunciare seduta stante ci aveva beccato a bisticciare, e ci ha messo in punizione. Così presto? Credo che stamattina abbia mangiato scorpioni geneticamente modificati.
Insomma, io già inorridivo al pensiero di dover scontare una punizione insieme a Dai… ma vabbè, mi rassegno. Cosa mi tocca fare proffo? Ebbene per la gioia delle mie unghie laccate solo due giorni fa, avrei dovuto lucidare tutti i trofei, le targhette e i premi ricevuti dalla scuola nei concorsi scolastici e nello sport. Orrido, mi toccava anche ammirare le prodezze altrui immortalate su una targhetta di peltro laccato d’oro. E la gioia della mia vita, Daisuke Asayara, l’avrebbe condiviso con me! Ohh, che potevo desiderare di più? Una desert eagle con cui compiere una strage aggravata.
Finite le lezioni, il coso con la barbetta caprina che stava dietro la cattedra ci aveva mandato in pasto al bidello frustrato. Nulla a che vedere con Willy il giardiniere pecoraro della gialla Springfield. Lui è il mio idolo!!
Ci aveva portato nel corridoietto della presidenza. Spiego: c’è la funesta porta con la scritta PRESIDENZA (l’incubo di Dai) ma dietro questa c’è un corridoietto che POI porta al vero ufficio dell’Incomparabile.
In questo corridoietto c’è un maestoso armadio di cristallo Swarowsky [spero si scriva così!°° ND Aya] pieno dei suddetti premi&trofei&compagnia bella.
Io e Dai camminavamo fianco-a-fianco (quale gaiezza) nello stretto corridoio, ma quel muffolone ha la grazia di un ippopotamo con la cacarella, e con l’ausilio di una degna spallata mi aveva mandato direttamente dentro all’armadio.
CRAAAAASSSHHHHHAKKIA!
In un trionfo di lapilli sanguinolenti ero stramazzata a terra, sotterrata dalle glorie materiali. Mi chiedo come ho fatto a sopravvivere all’impatto letale col cristallo sbeccato…
Insomma, il bidello ha emesso uno strillo da far venire i brividi, e a quel bercio disumano era accorso l’Incomparabile, che ci guardava con gli occhi fuori dalle orbite gemendo “il mio armadio di cristallo… l’armadio… il cristallo… oh tragedia… oh sofferenza… oh dolore…” Mi sorge il dubbio che in passato quell’oggetto sia stato molto costoso.
Quello! E se ne strasbattono tutti del fatto che io sono lì sanguinante e quasi mutilata, giacente tra i cocci?! Se n’era accorto il bidello per poi dire:
“Tanto il sangue dai trofei lo pulite voi.” Ma evidentemente l’Incommensurabile non trovava la punizione sufficientemente degna.
“No. Io direi di usare le nostre due matricole per sostituire gli operai che dovrebbero arrivare oggi…” vi lascio immaginare le espressione diaboliche dei loro volti.
Il preside, che pare un carlino con la cellulite, perfino sul naso e sulla fronte (dio, muoio) suda a dirotto. Si vede che quando si emoziona suda. Non voglio immaginarlo quando pippa con la sua consorte allora… sempre che ce l’abbia! Se esiste, dev ’essere senz’altro una donna molto coraggiosa. Ma è più probabile che sia ceca. E orba. E senza odorato.
Al bidello invece, che è giallo e mi ricorda tanto il pecorino, aveva preso un raschietto alla gola, che somigliava vagamente ad una risata. Satana!
“Bene signor preside, allora chiamo la ditta e dico che disdiciamo?”
“Senza meno, ordunque vada.” e il bidello andò.
Visto che anche io e Dai avevamo il diritto di conoscere il nostro funesto destino, ci siamo fati avanti ed abbiamo chiesto.


Ed è così che ora ci troviamo, io e quel babbuino di Dai, nella fatiscente palestra di basket, dove sarebbero dovuti venire gli operai a pulire i vetri. Che naturalmente noi dobbiamo sostituire. Ohh, quale gaiezza provo nell’iniziare così l’anno scolastico al Kainandai Fuzoku! Ed il bello deve ancora venire: si dà il caso che le pulizie le svolgeremo dopo l’orario delle lezioni (per fortuna solo per un’ora… al giorno) e con i basketman all’opera in palestra. Quindi possiamo venire puniti nuovamente se casca una secchia d’acqua in testa ai campioncini puzzolenti.

Dopo qualche minuto arrivano i nostri prodi eroi del parquet. Sono terrificanti. Specialmente quello alto e cigolante con la faccia da zombi. Ho la pelle d’oca. A suo confronto Dai è un seducente e tenebroso macho latino.
Io sono qui seduta ai lati del campo da gioco, che cerco di avvolgermi dei cerotti (che la mia istericissima madre mi ficca sempre nello zaino per paura che mi ferisca a morte… almeno succederebbe qualcosa di entusiasmante) sulle unghie per non rovinarle con l’acido solforico che ci faranno usare. Sto aspettando quel cretino del mio collega che è andato a ritirare detersivi, stracciume e spazzoloni dal bidello. Spero faccia presto così ce ne andiamo.
Però pare non abbia la minima idea di sbrigarsi. L’imbecille. Ma sempre io me lo devo trovare tra i piedi? Forse l’unica persona che conosco che trova piacevole la sua presenza è Hikari, ma solo perché è sua sorella ed ha dovuto farci l’abitudine. Santa donna!
I ragazzi della squadra sono usciti dagli spogliatoi, e si stanno organizzando un po’. Hanno mandato un mostricciattolo con gli occhiali da palombaro a trascinare da loro la cesta dei palloni. Sembra ci debba mettere seicento anni. Ha le braccia che sembrano due spaghetti scotti, al massimo quello solleva un calzino, ma piccolo.

“Cucù!”
Dio §*ç@!%&$ !! Quasi mi prende un colpo, che strillo!
Oddio, me ne prende un altro, di crepacuore! Davanti a me si è accucciato, sorridente, un barbagianni della squadra. Prendono tanto il giro il mio meraviglioso cappello, ma dovrebbero vedere cosa ha in testa questo qui. Sembra una delle parrucche della Premiata Ditta.
“Salve! Ce ci fa una ragazza carina come te in questo postaccio? Sei venuta a vedere gli allenamenti? …Ah, ho capito. Sei venuta a vedere il miglior rookie della prefettura, Nobunaga Kiyota!! Che tralaltro sarei io!” e fa uno sguardo che sembra mi voglia lanciare il malocchio. Ma lo fa anche Shoji quando corre dalle sue squinzie a braccia aperte. Oh… realizzo… Dio, mi sento male, sto per vomitare… magari se vomito addosso a questo qui sembrerà più interessante.
“Allora, bella signorina! Mi dici come ti chiami o devo investigare?”
Glielo dico? Non glielo dico? Ma in fondo chi se ne frega, diciamoglielo se gli interessa tanto!
“Sono Haruna Nishikado. Hai detto che ti chiami Kiyota…?” in fondo non me ne importa nulla di come si chiama, ma tanto per ammazzare il tempo aspettando Dai. A proposito, dove si è cacciato?!
“Si, Nobunaga Kiyota. Ma prestissimo non faticherai per niente a ricordarti il mio nome, perché sarà sulla bocca di tutti, qui a Kanagawa! Più di quanto lo sia ora!”
“Bè, io non ho mai sentito parlare di te. Evidentemente non sei così famoso!”
“Lo dici solo perché probabilmente non sei esperta di basket, Haruna!”
“Non chiamarmi Haruna! Per te sono Nishikado.”
“Come vuoi, Haruna!”
“Idiota.”
“Ma dai, non essere così-MAKI, CHE FAI??!!”
Meno male che un massiccio ragazzo lampadato porta via quell’essere.
Arriva, butta ‘Nobunaga’ da un’altra parte, e sorridendo mi dice:”Scusalo, è un po’ invadente!”
Oh, mio principe azzurro (a dire il vero è tutto vestito di nero, ma è irrilevante, ora come ora) senza macchia!

Dai è arrivato. Mi porge uno spazzolone rosicchiato e mi invita a fare presto visto che lui deve andare a guardare la partita di baseball in tv.
“Imbecille guarda che devi lavorare anche tu! Se tu vedrai o no la partita dipenderà da quanti metri quadrati di finestra lavi, quindi puoi anche iniziare subito a sgobbare, bello!”
Ci issiamo sulle carrucole che ci porteranno in alto in alto lassù, armati di mastro lindo e spazzolone, a pulire. È così umiliante, non pensavo che sarei davvero caduta così in basso. Spero solo che l’acqua non afflosci i cerotti, sennò tutta la colla mi si appiccica sulle unghie, che si anneriranno. Mi sento male.
Sento che quei babbei della squadra di basket mi stanno osservando… spero di non avere qualche schifezza attaccata al sedere, perché si da il caso che il mio dadrè sia in bella vista. Almeno nella LORO vita ci sarà qualche visione interessante. Quasi-quasi li invidio. Anche se ho le tette da mocciosa e le gambe da gru, ho un bel sedere. Anche Dai lo pensa, ma della sua opinione non me ne potrebbe strafregare di meno. Anche di quella dei tipi là sotto, a dire la verità. Quei porci… credo che se cascasse loro in testa una secchia d’acqua saponata non farebbe altro che bene, purifichiamo gli eretici.

Insomma, sono ancora qui, ancorata a questa carrucola che mi fa sentire sempre sull’orlo della morte prematura, a ramazzare sul vetro.
E se lo rompessi e saltassi fuori? …no… potrei strapparmi l’uniforme contro i cocci, e poi me la farebbero ricomprare a me.
Incredibile quante vetrate ci sono in questa schifosa palestra. E grandi anche! Per pulirne una ci vorrà si e no un’ora! Per me, almeno…. Per Dai ce ne vorrebbero sedici, se si mettesse a pulirle per bene, sempre che ne sia capace.
Ci saranno una decina di vetrate… ci metteremo una settimana a pulire tutto! Ma perché a meee….?? Sono sempre stata una brava ragazza, dolce e disponibile, non ho mai fatto niente per cui debba essere punita!
Abbiamo anche i compiti da fare, tralaltro… e non serve spieghi un altro dei motivi per cui il Kainan è tristemente noto… magari uno di questi giorni andrò a trovare Kazuto.

Ho finito il secchio d’acqua, è tremendo. Mi toccherà scendere giù fino agli abissi del mondo a prendere una nuova secchiata dalla grande bacinella che Dai ha trascinato (trascinare è una delle poche cose che sa fare). Inoltre sotto di me si sta svolgendo il rinfresco di metà allenamento di quei macachi.
Avrei un nuovo incontro ravvicinato del quarto o quinto tipo con quel Kiyota… magari se mi avvolgo uno degli stracci intorno alla faccia non mi riconosceranno. Rischierei di beccarmi un’influenza batteriologica, ma se non altro mi risparmierei una sgradita conversazione.
Suvvia, Haruna. Stringi i denti e scendi! Gnik, gnik… che fastidio questa carrucola. Cigola da far pietà.
Visto che la corda non tocca fino a terra, spicco il saltino ed atterro, cercando di non spezzarmi in diciotto parti la caviglia mongoletta che mi trovo. Perché la sottoscritta fino a qualche anno fa praticava ginnastica artistica, ma durante un allenamento è tragicamente precipitata giù dalla trave alta, fracassandosi un piede. Ameno!
Quell’eccelsa mente quale Daisuke ha abbandonato la bacinella proprio davanti alla porta della palestra, così mi toccherà attraversare tutta la tundra di scimmiotti per raggiungerla. Poi dovrò tornare indietro. Oh, trasecolo!
Ma perché mi faccio tutti questi problemi, mi chiedo! Andiamo e basta!
Mi ferma un tizio, uno spilungo con i capelli a spugna. Mi prende per un braccio e mi chiede
“Ma cosa fate tu e quell’altro lì a pulire? Non dovevano venire gli appositi?”
“No, lui è in punizione e io sono stata coinvolta!”
“Non farle domande imbarazzanti Muto, è una damigella innocente!”
Kiyota interviene in mio aiuto, tutto gongolante. Davvero toccante, se non fosse tutto spoetizzato dal fatto che puzza di sudore.
Arrivo qui in fondo, dalla bacinellona, e penso bene di portarla alla nostra postazione così faremo giri in meno, sia io che Dai. Penso anche a Dai perché non vorrei che si impestasse del sudore di quelli lì, che poi mi deve venire vicino e non ci tengo a morire dopo essere svenuta e precipitata contro i gradini della palestra.
Però la bacinella sarà fatta di polenta, non so che, e se cercassi di tirarla su per i due manici (che tralaltro sono parecchio distanti tra loro e rischio di spaccarmi in due se solo tentassi di sollevarla) si piegherebbe in due, inondandomi e trascinandomi via con la corrente. Tutto sommato però non sarebbe così male, però mi bagnerei ed ora come ora non mi va.
“Da…” faccio per chiamare Dai ma ci rinuncio perché so che non verrebbe mai solo per fare un piacere a me, e se anche venisse ci metterebbe tre quarti d’ora solo a capire per che verso si deve girare la manovella della carrucola. Sospiro e mi rimbocco le maniche, preparandomi a trascinarla. Se ci riesce Dai ci dovrei riuscire anche io.
A questo punto però arriva il prode eroe senza traspiranti, che seda il mio tentativo di trascinare la bacinella, e si punta un pollice sul petto. Molto alla Medio-man.
“Non preoccuparti Haruna, ci sono qua io! Vedrai che trascinerà questa bacinella dove vuoi e quanto vuoi!”
“…grazie. Vieni…” e vado fino alla nostra postazione, con Kiyota che mi segue a ruota. Come fa a non fare fatica, portando quei settecentomila litri di acquaccia? Vabbè, almeno anche lui ha una sua utilità. Me ne ricorderò, nel caso Dai dimentichi ancora robe in giro.


Per oggi abbiamo finito di sgobbare, e me ne torno a casa. Povera la mia uniformuccia nuova, quella schifo di asse della carrucola mi ha tutto annerita la zona culo, e la giacca ha le ascelle pezzate, quindi non parliamo della camicia… da domani devo ricordarmi di portare un cambio per quando andremo a pulire.
Arrivo a casa, dove mia mamma mi squadra inorridita. Che ho fatto all’uniforme? E che ci faccio con un’ora di ritardo!??
Bè, devo spiegarle la storia.
Fatto.
E devo dire che non è per nulla contenta. Però quando le spiego che la colpa è stata di Dai, lei si è subito addolcita e ha lasciato correre, tanto lei odia Dai e lo incolperebbe di qualsiasi cosa.
“Ma scusa mamma, mi lasci così non vai a protestare dal preside??”
“No Haruna, non ti farà male sgobbare un pò!”
Ah, grazie mille! E se magari le dicessi che il palestra c’è quell’importuno essere che ci prova di continuo e che probabilmente un giorno mi sbatterà nei cessi dei maschi e mi stuprerà? Impossibile, non abboccherebbe. Mia madre è scema, ma non così tanto! E poi è convinta che nessuno si proverebbe con me, da quando ho fatto la tinta ai capelli. Pensa che sembro una bambolotta cicciona di due secoli fa. Non capisce proprio nulla di moda, nemmeno lei! Per capirlo basta guardarla! Ha i capelli banalocci, scuretti, lisci e né lunghi né corti, una cosa patetica, e solitamente porta dei jeans da classe operaia e dei maglioncini da collegiale sfigata. Una gioia per le pupille!
Inoltre se le raccontassi che un ragazzo ci proverebbe con me salterebbe dalla gioia ed andrebbe ad accendere un cero al tempio. Ho una madre deviata, non posso farci nulla e mi tocca tenermela. Vabbè, almeno non sono in punizione pure a casa!

Yukino mi ha appena telefonato per chiedermi com’è andato il primo giorno di lavori forzati. Tzè, come se le importasse davvero qualcosa!
Le dico che uno strafigo dagli occhi penetranti e l’aria selvaggia ci ha provato spudoratamente. L’ ho sentita ribollire un pò e ha riattaccato. Probabilmente da domani si sarebbe messa a fare una corte serrata al suddetto macho latino, per toglierlo dalle mie grinfie. Mi farebbe solo un piacere! Perché tanto, gli occhi scuri li ha, l’aria selvaggia anche troppa… peccato che la prima parolina di otto lettere sia stata un po’ errata. Cavoli suoi, se la cerca e se la trova. Oca.


Oggi è un altro giorno, Rhett… dov’è il principe azzurro quando serve?! A proposito… chissà come si chiama il bronzo che mi ha salvato dalle grinfie del babbeo ieri… Kiyota l’aveva chiamato per nome, ma non mi ricordo qual è…
Hikari mi chiede com’è andata ieri. No, perché Dai le ha detto che è stata una palla cosmica. L’unico divertimento è stato sentire i giocatori di basket che mi sghignazzavano dietro. Non si è accorto che ridevano dietro a lui.
Io le racconto dell’aggressione e del salvataggio. Hikari non ha idea di chi sia il bronzo, ma sa chi è Kiyota. Putacaso è un compagno di classe suo e di Shoji. Lei non capisce tutto questo mio disprezzo, per lei è piuttosto attraente. Bè, se anche io avessi passato tutta una vita con Dai (povera piccina) troverei attraente persino quel putrescente zombi sgiunturato che ho visto ieri in palestra.
Mi chiedo se anche Dai trovi sgradevole me quanto io trovo sgradevole lui… ma che vado a pensare. Io sono una persona estremamente gradevole.

Ora invece siamo a lezione. Dai è assente le prime tre ore perché ha una visita medica. Speriamo che rilevino in lui un’embolia. Ma và, l’intero suo cervello è una bolla d’aria. Comunque a me basta che me lo riportino per la fine delle lezioni, per il resto possono farci quello che vogliono.
Bussano alla porta, e senza nemmeno aspettare un segnale si apre. Nella classe si intrufola una testa a forma di zucca. Ma di quelle a forma di ampolla, che in cima si attorcigliano come la coda di un porcellino. Due occhi piccolissimi e neri ci osservano accigliati, poi dietro alla testa segue un corpo della stessa forma, che ballonzolando ci parla (ohh, è vivo!).
“Ragazzi, purtroppo il professore che dovrebbe fare le prime due ore in 1^T [questo è per Mya! ^^ ND Aya – Sai che regalo! Ma grazie lo stesso. ND Mya] è malato, quindi sto spartendo gli studenti per le varie classi di prima… vi spiace se ve ne propiniamo un pò?”
Il nostro prof fa un gesto di assenso verso l’essere (per quanto attentamente osservi non riesco a capire se sia maschio o femmina) dicendo che si, non ci avrebbe dato nessunissimo fastidio, anzi!
Benissimo, esulta l’Ampolla.
Fa entrare cinque o sei studentelli, dicendo loro di prendere posto e di non rompere le palle al nostro prof. Non c’è pericolo vorrei dire, ci vuole molto impegno anche solo a trovarle, le palle di quella checca del prof di biologia.
Vabbè, com’è come non è mentre la marmaglietta entra io starei riordinandomi l’astuccio (è un porcile, secondo me Dai ci scaracchia dentro mentre sono in bagno…) quindi non ci faccio caso.
Ma ad un certo punto, dal posto di Dai, sento una voce orrendamente familiare, che squittisce:”Ci ritroviamo di nuovo, Haruna! Si vede che siamo legati dal destino!”
Sapendo che nessuno mi chiamava per nome se non la mia compagnia (e gli unici che sono in T sono Hikari e Shoji, che hanno tutta un’altra voce), un brivido mi sfreccia per tutta la schiena.
-Dio aiutami tuuu-
Infatti, indovinato. Era proprio Kiyota. Inizio davvero a pensare che non ci andrò mica all’inferno, sto già scontando qui i peccati che avrò commesso (anche se non me ne viene in mente nessuno).

Stiamo ancora facendo lezione, sarà passata mezz’ora da quando condivido l’aria con Kiyota. Almeno non ha anche l’alito cattivo, sennò gli ficco la testa nell’astuccio scarracchioso.
Il prof ci ha dato da fare a tutti un questionario. Io lo sto risolvendo senza eccessivi problemi, quindi tanto per farmi due risate sbircio su quello del babbeo, così per sfizio. Kiyota è tutto chino sul suo questionario, non capisco come faccia a vederci, così mi sporgo un po’ di più. Praticamente gli sono montata in groppa. Spero non si sia accorto della mia presenza che incombe su di lui, ma ne dubito.
Tutto tranquillo. Ed all’improvviso, il buio.

Cos’è questo fastidiosissimo ed irritante starnazzare? Mi sembra di avere uno sciame di anatre in testa. Non è una bella sensazione. Tengo chiusi gli occhi per non beccarmi una beccata od un’artigliata e rimanere ceca a vita.
Ma quando un paio di anatre mi intimano ad aprirli, io li apro.
Dapprima non vedo un accidente, poi il ‘panorama’ si fa più nitido e finalmente distinguo.
Su di me incombe l’intera classe, più prof ed intrusi, e tutti mi guardano con aria preoccupata. Che orribile visione. Vedo che uno di questi condor ha una caccola nel naso. Richiudo gli occhi.
Solo ora mi accorgo che non riesco a respirare. Faccio per esaminarmi il naso e verificare il problema, quando qualcuno mi ferma, dicendo:”No Nishikado, non toglierli!”
Togliere cosa? Dopo qualche secondo realizzo che ho il naso imbottito di fazzolettini di carta. Ma cosa sarà successo??
“Kiyota, sei stato tu a darle la testata! Fammi il favore, portala in infermeria ed aiutala a rinfrescarsi!” dice il prof.
Dio, preservami da tutto ciò! Piuttosto rimango imbottita di carta fin a soffocare, ma non mandarmi in uno stanzino sola col perverso!!
Nulla, la mia volontà non è ancora ripristinata del tutto dopo il colpo, e seguo Kiyota che mi prende delicatamente per un braccio e mi conduce fuori in corridoio.
Quando si chiude la porta alle spalle, mi squadra sorridente e dice:”Non preoccuparti Haruna, sei splendida anche con i fazzoletti nel naso!”
Non so perché non mi tolgo ste carte dalle narici, ma resto lì immobile ed imbambolata. Devo avere un aspetto terrificante.
Il babbeo mi spiega che accidentalmente mi ha dato una strepitosa capocciata sul naso, e sono svenuta, zampillando sangue. Oh, suggestivo!
Chiacchierando e ridendo (ovvero: lui chiacchiera e io gli rido in faccia) arriviamo in infermeria. È una stanza piiiiccola, con tutte le pareti dipinte di giallo canarino, soffitto compreso. Ad entrambi, che è la prima volta che ci entriamo, da l’impressione di essere in una di quelle stanze dove i muri e il soffitto ti si stringono intorno fino a spiaccicarti vivo. Kiyota allora va ad aprire una finestra per fuggire in caso di bisogno. Sempre che non venga inghiottita dal soffitto prima che noi riusciamo a scappare.
Gentilmente, il babbeo mi invita a sedermi sul lettino, ed io obbediente lo faccio. Poi lui si mette a depredare l’armadietto dei medicinali in cerca di qualcosa per disinfettarmi un po’ in naso.
Mette accanto a me sul lettino aspirine, sciroppo per la tosse, cerotti, cotone, acqua borica ed acqua ossigenata, dicendomi di scegliere quello che preferivo.
Per un attimo ebbi la tentazione di vedere cosa succedeva ficcandomi lo sciroppo su per il naso, ma declinai. Magari potrei tramortire Kiyota col microscopio, per vedere quello che succede, ma meglio dopo, ora voglio solo fermare il torrente.
Prendo il cotone e faccio per versarci sopra l’acqua distillata, ma il babbeo mi strappa tutto dalle mani.
“Ehi…”
“Lascia Haruna, faccio io! Tu sta tranquilla e fidati di me!”
Rumore di piatti (quelli della batteria).
Ecco a voi Nobunaga Kiyota, spassosissimo comico!
Sospiro e lo lascio fare. Tanto ormai morirò dissanguata, me lo sento.
Con la grazia di un mammut folle, mi prende per le mascelle per tenermi fermo il viso (magari i miei muscoli facciali potrebbero fare qualche inaspettato guizzo!) ed inizia a tamponarmi il naso dopo aver tolto i fazzolettini.
Mi vergogno da morire a farmi tamponare il naso, tutto sanguinolento, da qualcun altro. E se magari ho qualche caccola? ODDIO! Speriamo di no!
Scatto all’indietro, esclamando:”No, faccio da sola!”
“Ti ho fatto male?”
“No, è che…” non voglio dire che ho il terrore che mi scovi qualche caccola penzolante, quindi faccio un gesto con la mano (per dire lascia perdere) e gli porgo la mano per farmi dare il cotone bagnato.
Lui me lo sbatte in mano, ed io mi metto all’opera.
Solo qualche secondo dopo noto la sua espressione affranta ed imbarazzata.
“Perché diavolo fai quella faccia?”
“No nulla, non ti importerebbe…”
“Se lo dici tu.” e riprendo.
Ma non riesco a concentrarmi, il suo sguardo accusatore mi innervosisce.
“Tu mi odi, vero?” mi chiede.
Vorrei dire che tra poco l’avrei odiato senz’altro, ma non so perché mi limito a sospirare e dire che no, non lo odio.
Gli regalo anche un mezzo sorriso, sperando che la pianti con questa patetica scenata.
Lui in tutta risposta fa un sorriso a quattro piani e mi abbraccia. Mi prende un colpo quando mi appare alla mente un flash dove io, quando strizzata, esplodo come un gavettone pieno di sangue.
Kiyota si stacca dopo un paio di secondi, e si siede soddisfatto sulla sedia davanti a me. Io sono ancora qui sul lettino. Non so che dirgli, a questo punto.
Non ho voglia di picchiare l’approfittatore, ma rimango invece spiazzata dalla sua faccia contenta.
“Senti, ma ti comporti in modo così infantile con tutti?” gli chiedo, prendendo un pezzo di cotone nuovo.
Poi me lo sbatto sul naso e lo osservo. Niente sangue, l’emorragia si è fermata. Meno male!
“No, sei solo tu che mi fai questo effetto, perché mi piaci da matti!”
Pazzo inopportuno imbecille e babbeo!
“Grazie.”


Da quel momento posso anche tollerare la sua presenza, non è poi così odioso. Bisogna ancora lavorarci, ma come sopporto tutta la mia compagnia posso sopportare pure Kiyota. No?! Essì.
Le lezioni sono ormai finite (non so se ridere o piangere) ed ecco che mi avvio col fido Dai in palestra.
Lo caccio a prendere i materiali, ed io intanto tiro giù le carrucole. Anche quella di Dai sennò ci metterebbe una settimana a farlo da solo, e buona ora che andiamo a casa.
Finisco in una decina di minuti, ma Dai ancora non si vede. Mi apposto sulla porta della palestra, tanto gli scimmioni sono ancora in spogliatoio… ma di Dai nemmeno l’ombra.
Solitamente se non vedo Dai sto meglio, ma in questo momento lo esigo qui perché senza gli attrezzi non possiamo iniziare a scontare la pena di oggi! Porco qua e porco là!
Mi piazzo in mezzo al corridoio, osservando fissofisso il punto dal quale dovrebbe sbucare il muffolone.
Perché ora spiego: al piano terra dell’istituto, c’è un corridoio che porta ad un localone attaccato a quello principale: la palestra, appunto! In pratica questa palestra è la coda della scuola. [anche alla mia ex scuola è così! ND Aya]
Adesso comincio ad incazzarmi!
Prendo e marcio funesta fino all’ingresso della scuola, che è molto ampio ed è dove sta la sede dei bidelli, con tanto di armadio con tutto l’armageddon.
Non c’è l’ombra di un bidello, tanto meglio, sono tutti terribili. In ogni senso.
Vado decisa all’armadio, lo spalanco e constato con non poco disappunto che detersivo, spazzoloni, secchi e bacinella sono ancora tutti qui dentro.
Ma dove cavolo è Dai?! A questo punto potrebbe anche essere stato mangiato dal mostro verde e tentacoloso che si annida dietro la porta della 2^S. hey, non sarebbe niente male. Almeno adesso avrei lo spazio necessario per muovermi nel mio banco, visto che Dai ne occuperebbe 3 se io non lo spingessi sempre in parte [io lo facevo sempre col mio sgradevole compagno di banco! Una volta però gli ho urlato “Ti spacco in quattro, va in là!” e tutta la classe, prof compresa, mi ha sentito. Però è stato divertente! ND Aya – Ehehe ricordo! Sembravi Rambo “Ti spiezzo in due!” ND Markaccio – Ancora avanti co ‘sta storia di Rambo??! ND Aya].
Prendo armi e burattini e mi dirigo in palestra. Mollo tutto per terra e trascino la bacinella in bagno per riempirla. Meno male che la scuola è deserta a quest’ora. A parte i ragazzi che frequentano i club… praticamente mezza scuola. Ok, fate conto che non abbia detto nulla…!
Purtroppo però il bagno è occupato dalla macro bidella che sta pulendo per terra e mi caccia con una ramazzata sulla nuca. Ecco, mi ha bagnato i capelli la scrofa!! >_<
Sto in corridoio che mi avvolgo ciocche di capelli intorno alle dita nel terrore che mi di disfino i boccoli con l’acqua, quando sento una mano che mi si poggia su una spalla
“UAAAAAAAAAAAAARGHHHHHHHH!!!!”
Mi volto di scatto, scivolando sulle gocce che i miei capelli hanno spanto per terra, e finendo addosso al cestino della spazzatura, che casca addosso a me ed al mio aggressore.
Che alla fine scopro essere Kiyota.
“Che fai!! Mi hai fatto prendere un colpo!!” gli urlo in faccia, balzando in piedi.
Lui si scrolla la cenere di sigaretta dalle scarpe, sbraitando:”Ma scusa me lo potevi dire che avevi problemi di nervi, se quando ti si tocca salti su come un… un… un coso che salta su!!”
Io grugnisco qualcosa poi mi riconcentro sulla mia uniforme, che è tristemente cosparsa di cenere. [il cestino è uno di quelli con posacenere sopra! ND Aya]
“Ma cosa stavi facendo, Haruna?” mi chiede il babbeo.
“Dai è scomparso, sto solo cercando di fare IO quello che avrebbe dovuto fare quel mentecatto, ma… forze maggiori me lo impediscono.”
Lui alza le dita in segno di vittoria, e spalancando quella specie di forno che ha sotto il naso sbraita:”Non c’è forza maggiore della mia, vedrai, ti aiuterò nel tuo intento! Anzi, chiederò a Maki il giorno libero e ti aiuterò a pulire quei vetri!”
“Davvero lo faresti?” chiedo con gli occhi che sbarluccicano e le mani congiunte in stile Emeraude.
“Per te questo e altro zuccherino!”
“Wow fantastico! Allora… bisognerebbe riempire la bacinella, innanzitutto!”
Incredibile come mi sento gentile e ciccibau in questo momento!

Incredibile, disumano ed abominevole!
Sono distrutta, accasciata contro i gradini della palestra, col midollo osseo che mi sgorga dai pori, tanto sono stanca.
E stavolta non posso nemmeno scaricare la colpa su Kiyota, che ha fatto il possibile (ma sarò clemente solo per stavolta!). Magari è vero che vuole far colpo… in fondo l’idea mi piace, peccato che non mi piace lui.


Stamattina c’è un piccolo caos per strada. Sto andando verso scuola, in questo momento, però tutti i compagni di scuola (di faccia non li ho mai visti in vita mia e nemmeno ci tenevo a farlo, ma riconosco l’uniforme della scuola) stanno tornando indietro, ed io sto andando contromano in una folla.
Fermo un tizio (potevo sceglierlo meglio però, ho beccato proprio il rospo curvo alto 12 metri) e gli chiedo che sta succedendo.
“Hn è schioppato un tubo nei cessi delle femmine, e tutta la scuola cola come un cesso intasato! Mi-hi-hi-hitico!” nitrisce, galoppando via.
Ma che razza di brocchi ci sono nella mia scuola? E dire che è una scuola prestigiosa, di classe… certi genitori non sanno proprio in che ambiente va iscritto il figlio. Ad esempio io, uno come quello lo vedrei in una scuola sfigata come… come… il Miyakoshi! Quella scuola è a due passi da casa mia, ma nessuno ha mai pensato di mandarmici. Hanno fatto bene i miei, almeno qualche pensiero sensato lo sanno formulare pure loro!
Ma… cosa aveva detto il brocco? Che è esploso un tubo? La scuola che cola? Gulp! Che sia allagata?!
Visto che non ho nulla da fare accelero il passo e mi dirigo verso scuola, per verificare la tragedia e gioire di conseguenza.
Ebbene si, la scuola da fuori non è immutata, anche se ha un’aria un po’ bagnaticcia, ma si sente nell’aria il gorgoglio dell’acqua che scorre… e poi bisogna essere ciechi per non notare i furgoni della protezione civile che pompano via l’acqua, con tutto il casino che stanno facendo…! [ecco finalmente un argomento di cui so qualcosa! ND Aya – Why? ND Nobu – Vedi, solo domenica qui nella nostra zona era quasi tutto allagato… da qualcuno è arrivata l’acqua fino in casa, e sulla strada qui c’era l’acqua fino alle ginocchia. Per fortuna nella nostra via, che è rialzata, l’acqua non è arrivata… ND Aya]
Comunque non sono l’unica che si è appostata qui per ammirare il cataclisma. Tra la decina di persone appostata qui davanti ai cancelli, riconosco Kiyota e il tizio con i capelli a spugna della squadra di basket. Mi pare si chiami Nuto, ma non ne sono sicura.
Non ritengo importante ora come ora andare a salutare Kiyota, quindi mi volto e faccio per andarmene, tanto quello che c’era da vedere l’ ho visto. Ma…
“Ciao, Haruna!!” bingo, mi ha beccato.
“Hey, Kiyota”
“Ciao!” mi saluta anche Nuto-o-chi-per-lui.
“Non so se già conosci Tadashi Muto…” dice il babbeo.
Ah, è Muto, non Nuto. Vabè, non cambia tanto, è comunque un cognome imbecille.
“Piacere, sono Nishikado” dico io. Ma chi me lo fa fare di presentarmi educatamente… l’ ho sempre detto di essere troppo buona.
“Piacere mio” risponde lo spugnone. Mi sa si, che il piacere è solo tuo.
“Sai di cosa parlavamo…?” mi chiese Kiyota.
Ma che domanda idiota! Come faccio io a sapere di cosa stanno parlando! E sta anche zitto, aspettandosi una risposta?! Che devo dire io?
“No, non lo so”
“Bè, pensavamo di passare la settimana in quel campeggio sul mare…”
“La settimana?”
“Si! Non lo sai, la scuola resta chiusa una settimana perché devono togliere tutta l’acqua, asciugare sotto i battiscopa, sistemare un po’… un casino!”
“E volete andare in campeggio?!”
“Si, ma in un campeggio straeconomico, non abbiamo tanti fondi. Bè, che ne dici? Verresti con noi? Puoi anche invitare un paio di tue amiche!”
Io con questi buzzurri? …Però devo ammettere che la cosa non mi dispiace… io ci andrei
“Ci verrei Kiyota, ma non ho tende!”
“Bè… chiedi alle tue amiche se hanno una tenda da prestarti!”
“Ok, ok. Hikari ha di sicuro la tenda… e forse anche Yukino. Invito loro!”
“Ok, così ce le presenti!” dice Muto. Il porco, già gongola al solo sentire un nome femminile…
“Si, certo… vado a telefonare!” e mi eclisso in una cabina telefonica dei paraggi.
Compongo il numero di Hikari, ed aspetto.
“Si, pronto?”
“Hikari!”
“Ah, Haruna! Ciao… hai visto che roba, la scuola allagata…!!”
“Lo so, è toccante… ti ho chiamato per chiederti una cosa. Kiyota e Muto della squadra di basket mi hanno appena invitato a trascorrere la settimana in quel campeggio pidocchioso sul mare… verresti con me?”
“Io… aspetta che chiedo”

“Ok, posso venire. Naturalmente porto anche Dai!”
“Eh si, naturalmente…” che schifo, pure il muffolone
“Chiami anche Yukino?”
“Si, credo proprio di si. Comunque credo che invitino anche qualcun altro… ma chi se ne frega di chi portano. Il problema è che io non ho la tenda, quindi bisognerebbe che tu portassi la tua!”
“Io la porto, ma è una biposto! Non ci stiamo in tre!”
“Tre?”
“Eh, con chi dorme Dai?”
“Ah, già… e Yukino una tenda ce l’ ha?”
“Si, mi pare di si. Comunque è qui, te la passo!”

“Hi, Haru-chan!” la voce di Yukino
“Ciao!”
“Vuoi sapere se ho una tenda da prestarti?”
“Si, ma pensavo di chiamare anche te, in campeggio con Kiyota e Muto e forse qualcun altro della squadra di basket. Ti andrebbe?”
“Certo, non ci sono problemi, i miei non avranno nulla in contrario! Quando si parte?”
Già… quando si parte?
Per mia fortuna (o sfortuna) vedo i due macachi che gironzolano come due facoceri da tartufo intorno alla mia cabina telefonica…
Mi affaccio e chiedo l’informazione…
Oh, buono a sapersi. Mi ricaccio nella cabina e riprendo la cornetta.
“Si parte subito, Yukino. Fate la valigia e spicciatevi sennò ci fregano il tratto altri campeggiatori!”
Che bello.


****
devo dirlo? lo fo? lo dico? lo dico.
messaggi al fermo posticina bellino... plitz!
 
Continua nel capitolo:


 
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