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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: REDENZIONE
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: blackangel85 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/02/2002 20:44:00

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REDENZIONE
- Capitolo 1° -

Redenzione

Mi risvegliai da un sonno che pareva eterno. La testa mi scoppiava. La stanza intorno a me danzava freneticamente. Sentivo l’odore pungente dell’alcol intriso nell’alito. Riuscii a distinguere le lancette del mio orologio da polso. Era notte fonda. Non ricordavo nulla di quell’oggi. Era come se non l’avessi mai vissuto.
< Oddio, quanto ho bevuto?>
Ero ancora seduto, con la testa appoggiata di lato sul tavolo. E non avevo intenzione di muovermi. Mi sentivo totalmente privo di forze. La malinconia sovrastava ogni altro mio pensiero. Non ne conoscevo la causa, ma sentivo il suo peso opprimermi il cuore. Trattenei a stento le lacrime. Dovevo distrarmi. Quell’angoscia era insopportabile. Mi alzai dalla sedia. Mantenere l’equilibrio era davvero un’impresa. Mi trascinai nel corridoio sbattendo da una parete all’altra. La luce dei lampioni all’esterno entrava dalle sottili finestre, rischiarando un po’ le tenebre. Non so perché mi ritrovai dinanzi al mio diploma di laurea. Il giuramento d’Ippocrate mi scrutava con sguardo severo.Un fruscio. Alle mie spalle. Mi voltai e vidi la tenda svolazzare, come sfiorata dal vento. La scostai. Non so perché lo feci. Mi ritrovai dinanzi un lettino come tanti altri. Quante volte ho lavorato su quel lettino. Quanti soldi ho guadagnato su quel letto. Quante ricche signore, quanti criminali, quanti figli di papà ho visto stenderci sopra. Uno dietro l’altro mi chiedevano di farle abortire, estrargli un proiettile dal corpo, iniettargli un po’ di roba sicura. Ma tutto in gran silenzio. Ed il silenzio costa. Specialmente il mio silenzio. Ma alla fine, tutti ne uscivamo contenti. Loro con intatta la loro stimata reputazione, io con un sempre crescente conto in banca. Il numero dei miei pazienti aumentava di giorno in giorno. Divenni sempre più famoso. Il mio giro d’affari divenne sempre più proficuo. Dopo soli tre anni, entrai a far parte della schiera dei medici d’elite.
Sentii un tocco sulla schiena. Mi voltai. Era una bambina.

Che ci fai qui, bella bimba?
Perché mi hai lasciato morire?
Ma cosa stai…
Perché mi hai lasciato morire?
Ma io non ti conosco neanche!
Perché mi hai lasciato morire?
No, mi stai confondendo con qualcun altro…
Perché mi hai lasciato morire?
Senti non so di cosa stai parlando, io non ho lasciato morire nessuno.
Mia madre ti ha scongiurato di aiutarmi.
Non conosco ne te ne tua madre.

Un altro tocco alle spalle.
Una donna. Sembrava vecchia, dannatamente vecchia.

Dottore, mia figlia ha un dolore al fianco, non mangia da almeno una settimana, per favore la aiuti!
Ma cosa sta dicendo?
Non ho come pagarla ma vi scongiuro aiutatela, è la mia ultima speranza.
Ma mi sta ascoltando?
Dottore glielo chiedo in ginocchio non posso permettermi di portarla in ospedale, la aiuti.

Era come se io non esistessi. Come se stessi rivivendo una scena già avvenuta.

Dottore mi fa male il fianco. Dottore lo sento come scoppiare.
Dottore la aiuti. Vi prego. Dottore…

Entrambi scomparvero. Scomparvero. Poi la donna riapparve. Ancora più vecchia, come se consumata dal dolore.

Dottore, mia figlia sta male. È a casa, non riesce a muoversi. Grida dal dolore. Venga a visitarla. Venga, per pietà.

Sentii la mia stessa voce risuonare, senza che lo volessi.

Non ho tempo. Non appena mi sarò liberato dei miei impegni verrò.
Ma è urgente! Deve venire adesso! Dottore…
Vada fuori adesso. Mi faccia lavorare.
Ma…ma…
Vada fuori.

Scomparsa. Era scomparsa di nuovo. Finalmente era finita. No, ancora un fruscio. Una ragazza, veramente carina, nonostante avesse addosso i segni della tossico-dipendenza.

Dottore, ho saputo che lei pratica aborti.
Non so di cosa stai parlando ragazzina. Ricordati che è illegale farlo.
Non mi prenda per il culo! So che cosa fate qui dentro. Le voci girano. Mi serve una mano. Lei è l’unico che può aiutarmi.

Si vedeva che era una stracciona.

Non usare quel tono con me!
Dottore, lei mi deve aiutare. Non ditemi che lo fa per coscienza!
Sparisci!
Dottore…
Sparisci dalla mia vista! Smettila di tormentarmi, tu non esisti!!!

Ed è sparita. Nello stesso istante ricordai. Esistevano. Tutta quella gente esisteva veramente. Era realmente venuta da me. E le avevo realmente cacciate via. L’aria si fece gelida. Le loro presenze mi opprimevano ancora prima di arrivare. Comparsero tutte e tre all’unisono.

Dottore, perché mi avete lasciato morire? era una semplice appendicite!
Dottore perché non è venuto? È morta. Le è scoppiato il fegato. Il medico che ha visitato il suo corpo ha garantito che era una cosa da niente, che sarebbe guarita se non fosse stata trascurata. Dannazione era solo un’appendicite!
Sa doc, ho trovato qualcuno che lo ha fatto al posto suo. Niente di professionale, una vecchia megera. Peccato che non è andato tutto per il verso giusto. Mi ha operato con degli spilloni da ricamo. Ci sono state delle complicazioni. Perdevo sangue. Troppo sangue. Si è infettato tutto. Hanno abbandonato il mio corpo con dentro ancora uno degli spilloni.
Ma io non potevo sapevo.
Dottore, lei era tutta la mia vita. Lei era tutta la mia vita.

Allungò le mani verso di me, come per aggrapparsi. Vidi qualcosa sui suoi polsi. Erano tagli. Decine di tagli ancora sanguinanti. Provai ad afferrarle il braccio. Ma lo attraversai. Come se non esistesse. Allora ritornai nel salotto, dove mi ero svegliato. Sul tavolo c’era ancora una bottiglia. La presi ed iniziai a berne il contenuto. Mi avevano inseguito fin là e continuavano a gridare.

Perché mi hai lasciato morire?
Non potevo vivere senza di lei!
Ho trovato qualcuno che lo facesse al suo posto doc!

A poco a poco le grida divennero sempre più deboli, sempre più lontane. Poi svenni.

Mi risvegliai. Di nuovo. Ma stavolta ricordavo ciò che era accaduto. Speravo che fosse un incubo. Ma le tre figure si stagliarono dinanzi a me. E continuavano a parlarmi.

Cosa volete da me? Che cosa volete?
Chiedi scusa da bravo.
Redimiti, pentiti.
Voglio vederti morire come un cane con uno spillone ficcato su per il culo!
Io non ho colpa. Io non sono responsabile delle vostre morti. Io ho studiato anni, ho sudato sangue per divenire quello che sono e voi invece cosa avete fatto? Tu ragazza, cosa vuoi da me se ti sei messa a battere per comprarti altra roba. Solo perché sono ricco devo prendermi in groppa tutte voi sanguisughe? Io non sono Mister Bontà, non sono una suora, non avete alcun diritto di giudicarmi!
Ma era tuo dovere salvare mia figlia!
Perché?
Era un tuo dovere…

E lentamente alzò il dito verso il diploma. Verso il giuramento che avevo fatto da giovane. Ero pieno di speranze allora.

E allora cosa volete?
Pentiti!
Ma di cosa?
Se non vuoi capire, allora ci costringi a sottoporti ad un dolore che non avremmo mai voluto infliggerti.

Tutte e tre si mossero verso di me. Io rimasi immobile, congelato dalla paura. I loro corpi attraversarono il mio come se inconsistenti. Sentii le loro menti entrare nella mia. Ed incominciò. Vissi le loro tre vite. Anni e anni compressi in una manciata di secondi. Crebbi nella miseria per tre volte. Sentii la fame attanagliarmi. Il dolore di una mamma che partorisce. Le crisi d’astinenza di una drogata. Percepii i loro sentimenti: amore, gioia, dolore, rabbia, angoscia. Poi arrivarono i dolori al fianco. Lancinanti. Ero in un letto a gridare, a piangere senza lacrime. Mi erano finite da tempo. La debolezza, lo sfinimento, la rinuncia a vivere. Senza tregua, ecco arrivare il dolore della madre. Straziante. Sentivo gli occhi gonfiarsi a furia di piangere. Il funerale. Quel piccolo corpo pallido chiuso in una bara. La solitudine. Il vuoto. Le lamette. Il sangue che sgorgava lentamente. La vita che mi defluiva dalle vene. L’annebbiarsi della vista. Il buio. E via, steso su un letto sudicio. Le fitte in mezzo alle gambe. Non mi aveva fatto neanche l’anestesia. I conati di vomito mi soffocavano. Qualcosa stava andando storto. Lo capii dalla voce della vecchia. Allarmata. Mi sentivo sempre più debole. Svenni. Sapevo che non mi sarei più risvegliato. Che lei non si sarebbe mai più svegliata. Quando ritornai ad essere me stesso, ero sudato ed impaurito come non mai. Ero morto per tre volte. Non credo che per un essere umano sia possibile sopportarlo. Loro tre mi guardavano ancora. Non esisteva penitenza che potessi adempiere per saldare il debito. Il dolore che avevano provato era troppo grande. Allora decisi. Mi voltai verso la finestra. Corsi. Il mio appartamento era al terzo piano. Saltai. Il vetro era abbastanza spesso. Ma cedette. Mentre cadevo pensai a cosa sarei potuto diventare. A cosa sognavo di divenire quando ero uno studente. Pensai a tutto ciò che mi ero perso per la mia sete di danaro e successo. Pensai che non mi sono mai preoccupato di trovare una ragazza. Poi l’asfalto divenne troppo vicino perché riuscissi a pensare.

 
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