torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: TAITA
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: disa galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 16/08/2002 12:37:48

una camminata... é abbastanza sintetico? ^__^
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   

- Capitolo 1° -

Il sole splendeva nel cielo terso, territorio inviolato da lungo tempo dalle plumbee nubi aralde di pioggia. Il terreno ondulato, mosso, coperto da un'ispida secca sterpaglia, spazzata da un caldo secco vento. Solo qualche fusto, alto poco più d'un braccio, si ergeva rigoglioso dal terreno arido, a testimoniare la sua forza, la sua stoica resistenza ad un ambiente inospitale.
Tra la sterpaglia e le basse colline, una figura, avvolta in un lungo mantello logoro, consumato dal tempo, avanzava lentamente, con passo barcollante. Un passo dopo l'altro, un piede avanti l'altro, e lo sguardo fisso avanti, alla ricerca di qualcosa, qualcosa di importante, tanto importante da far patire ad un uomo un viaggio pericoloso quanto lungo e snervante. E davanti ai suoi occhi sempre una figura scura si stagliava, un uomo senza volto, eppure conosciuto, temuto e cacciato. Un uomo che camminava sempre avanti a lui, un miraggio tanto agognato quanto irraggiungibile.
Solo poche ore prima, nella frescura del primo mattino aveva ritrovato i resti di un accampamento, delle braci ancora tiepide e i resti di qualche razione alimentare. Era vicino, lo aveva ormai raggiunto, dopo tre giorni di fatiche, di marce a tappe forzate in quell'inferno. Era stato rincuorato dal ritrovamento e aveva deciso di riposarsi un paio di ore in quello stesso luogo. Solo un po' di tempo per mangiare e per dormire. Dormire, quale stato di quiete e pace porta questo semplice atto. Chiudere gli occhi, come portone d'una roccaforte e sentirsi sicuri, protetti da tutti quegli orrori e preoccupazioni del giorno, chiudersi in un mondo di menzogne veritiere, un mondo che, proprio nella sua falsità, ritrova la propria realtà e risulta tanto affascinante.
E quell'uomo aveva ritrovato se stesso, per un momento, durante il sonno. Era riuscito a dimenticare per un breve eterno istante la caccia, quella figura mai vista eppure così conosciuta, tutte le sofferenze del suo corpo, tutte le preoccupazioni della sua mente, tutte le ferite del suo cuore. Il riposo lo aveva ritemprato, era finalmente pronto a ricominciare la marcia, quell'interminabile caccia. Ma presto, dopo una eterna mattina di lenti passi, la stanchezza aveva di nuovo assalito il suo corpo, irrigidito i suoi muscoli, appesantito i suoi movimenti. E ricordò il suo passato, le parole di coloro che gli stavano vicino, , amici, conoscenti, sono un miscuglio di volti, volti sorridenti, tristi, persone tanto piene di parole quanto di buoni propositi. Eppure, loro cosa potevano fare? Quale potere potevano avere, come potevano capire le sue sofferenze, i suoi pensieri. Le loro parole non sono che falsi pensieri, pensieri trasportati dalle ali del vento, in attesa che qualcuno le catturi e le faccia proprie, che le condivida.
Aveva imparato che un sorriso e qualche parola accondiscendente bastava a zittirli, a far tacere quell'assordante flusso di parole inutili. Aveva capito che le loro parole non avevano potere su di lui, acqua fresca in una tiepida giornata primaverile, null'altro se non un temporaneo sollievo. Non poteva più sopportarli, solo quella caccia avrebbe potuto alleviare la sua sofferenza, o almeno gli avrebbe consentito di comprenderla ed accettarla, convivere con quel dolore che non lo aveva mai abbandonato. Ora che aveva intrapreso il suo viaggio il passato non aveva più alcuna importanza, più nessuno a consolarlo, più nessuno ad assordarlo. Finalmente poteva sentire chiaramente le sue emozioni. Più nulla aveva importanza, il mondo non era che il luogo dove avanzava il suo corpo, ancora che non poteva impedire al suo animo di librarsi lontano. Gli stessi nomi dati dagli uomini al mondo non avevano più alcuna importanza. Ora che era solo, il suo nome Taita, non aveva alcuna importanza, poiché nessuno lo avrebbe chiamato, nulla lo avrebbe disturbato.
Ora avanzava barcollando, un passo avanti l'altro, un movimento meccanico, mentre la mente vagava lontano, lo precedeva nella caccia, rimaneva vicina a quella figura, pur senza mai riuscire a raggiungerla. Il giorno interminabile era orma completamente trascorso , ancora un giorno senza alcun traguardo raggiunto, ancora un giorno in cui aveva stoicamente resistito ad ogni pensiero di abbandono, in cui aveva innumerevoli volte resistito alla sofferenza, al dolore che gli consigliava di rinunciare, di tornare sui suoi passi, di tornare alla sua vecchia vita. Ma quella vita era falsa, se ne era ormai reso conto, non faceva che ricacciare un crescente dolore, non faceva che essere ciò che gli altri volevano vedere, non faceva che uniformarsi ai pensieri della società. Ed era proprio questo che gli aveva fatto iniziare quella caccia.
Ormai il cielo baciava l'orizzonte in un cielo rosso sangue, araldo d'una prossima giornata ancor più calda e probabilmente ancor più ricca di sofferenze, un giorno in cui ancor più dura sarebbe stata la marcia, poiché sempre più duro era avanzare, resistere al dolore crescente, al ricordo di una vita falsamente felice, quando poco avanti, oltre una bassa collina, alti fusti frondosi si sfogliavano in un ambiente ora più mite, sostenibile. E lì, proprio davanti a lui, la figura scura senza volto, l'uomo cacciato, fermo di spalle, all'ombra d'un alto albero. Voleva correre fino a lì, afferrarlo, finalmente realizzare la sua caccia. Eppure si muoveva lentamente, con passo misurato giù per il pendio.
Quella discesa non durò che pochi secondi, ma furono interminabili. Mentre la distanza che li separava si riduceva, la sua mente ricordava ogni passo fatto, ogni sofferenza sopportata, e questa riprendeva valore ai suoi occhi, poiché quelle sofferenze gli avevano consentito di essere lì, a soli pochi passi dal suo obbiettivo.
«Dunque mi hai raggiunto, finalmente» la voce era ferma, grave di tono, mai udita eppure familiare.
Solo allora comprese chi aveva di fronte e tutta la sua caccia acquistò un significato. Le parole uscirono trionfanti dalle sue labbra:
«Finalmente ti ho raggiunto, Taita».


Continuo ad attendere commenti ^__^
 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: