- Capitolo 1° -
Caro Kurt,
tu che non sopportavi la retorica, tu che la retorica t’ha ammazzato, chissà che ci diresti di questo decennale, centenario, quando non sei più un uomo ma un monumento è uguale. Tu che rovesciasti l’antico detto borghese “Parlane sempre, non pensarci mai”, tu che giurasti - in musica – di non avere una pistola, tu che sputavi su tutta l’irrealtà che la straripante middle-class ha ormai imposto come reale (spot, finto sesso, spot false emozioni, spot, falsa coscienza, spot, desideri drogati, spot: il vuoto), tu che quel vuoto l’hai attraversato, abitato, vissuto, ce lo scaraventasti addosso con la grazia più virulenta che mai avremmo conosciuto.
Manchi Kurt. È desolante constatare quanto gli uomini non riescano a far tesoro di certi incontri del tutto umani, così veri. E dico gli uomini, mica i cosiddetti discografici: per loro pare non ci sia speranza (e chiedo perdono, ogni generalizzazione è una volgarità gratuita, ma se sbaglio sbaglio di poco). Te li ricordi i tuoi, increduli e stupefatti aver a che fare con il fenomeno Nirvana senza che quel successo planetario fosse stato pianificato a tavolino da qualche – Dio lo perdoni – strategic manager? Di sicuro so che non potrei dimenticarli nella fase successiva all’esplosione, quella che vi doveva condurre a In Utero, le loro facce, i loro occhi iniettati di dollari, le loro richieste (che definire pressanti sarebbe ipocrisia) di assoluta continuità con il lavoro precedente, il loro conformismo senza rimedio, quello di chi arriva solo per trionfare, mai per rischiare.
Bisogna rischiare la bellezza, Kurt, e la bellezza non è merce da scaffale, ma un’intuizione, una crepa che si apre a tradimento, un dolore così grande da fiorire a se stesso, ce lo hai mostrato tu, forse meglio di ogni altro angelo o demone apparso sulla scena del rock and roll. E forse non ti divertiresti qui, neppure oggi.
Tu che non mancavi di omaggiare i tuoi maestri, Pixies su tutti, non credo useresti fine ironia nei confronti dei tanti, troppi cloni di artisti più grandi, più liberi e dirompenti, ma ahinoi passati, andati oltre, proprio come te.
Tu che riapristi il suono appiattito delle radio commerciali alla verità di un chitarra un basso e una batteria avresti un’altra fitta al tuo fragile stomaco sentendo tutto questo brutto rock edulcorato, fatto in serie per le FM, in linea con il look, gli sponsor, la grande svendita finale.
Infine.
Tu sicuramente non hai mancato l’incontro ultimo, rivelativo. L’hai cercato, sentito arrivare, incerarsi. E quel nodo alla gola d’un tratto si è sciolto, noverandoti. Non qui c’incazziamo, dibattiamo, tentiamo ancora un amore, uno slancio, una canzone, ma non sappiamo accogliere l’unico orizzonte che tutto potrebbe redimere. Una pastiglia, uno psicofarmaco basteranno a farci tirare avanti, a inebetirci ancora un poco.
MANI GIUNTE,KURT, TI RINGRAIZIO SPESSO, LO SAI. AND WHATEVER…
NEVERMIND.
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