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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Shin Seiki Evangelion (Neon Genesis Evangelion)
Titolo Fanfic: LA LANCEA LONGINII
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: nemain galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 16/12/2004 12:40:32 (ultimo inserimento: 15/01/06)

fanfiction basata su fatti realmente accaduti o ipotizzati, esplicita alcuni aspetti poco chiari che danno inizio ad evangelion
 
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LA STORIA SI RIPETE...
- Capitolo 1° -

Hail!(Il Palazzo!)
Salve a tutti gli appassionati di NGE, dopo aver letto molte FanFictions dedicate alla serie, alcune delle quali, veramente di altissimo livello, mi sono permesso di contribuire ad ampliare le molte variazioni in merito al Fenomeno che qualsiasi fan sogna di apportare, se non altro nella sua fantsia.
La mia storia riguarda l’inizio della storia, ossia le cause che portarono al Second Impact.
Utilizzando le varie cognizioni storico-esoteriche e leggende in mio possesso, ho creato adattamenti alla storia Reale a quella proposta in NGE, partendo dall’ultima scomparsa della Lancea Longinii. Questo artefatto tramandato nella storia da imperatori e re, fu frutto di fantasie e deliri di onnipotenza da parte dei possessori di tale potentissima reliquia.
Essa è la sintesi di un oggetto “magico” in quanto le sue caratteristiche restano tuttora misteriose e non è detto che l’esemplare tuttora in possesso del Kunst Historic Museum di Vienna sia l’originale, essendo stato un oggetto di culto per 2000 anni.
A voi ora l’introduzione, mi auguro di poter se non soddisfare, di almeno poter incuriosire i lettori, data la mia scrittura prolissa e sovente di difficile interpretazione:

La Lancea Longinii:

Capitolo 1


Norimberga 1945

Lentamente, due vispi occhi azzurri fecero capolino dal grigio brandello di muro.
Si alzarono lentamente, oscillarono e si strinsero, la sottile fessura era l’unico segno di vita tra quelle fredde e spoglie macerie, proprio per questo occorreva occultarli, stringendoli tra le palpebre incanutite di polvere.
Nessuno in vista.
Hans scese di nuovo sotto il livello del muro, si sedette sul cumulo di calcinacci sotto di lui ed appoggiò l’elmetto ai mattoni dietro la nuca.
-Ma cosa ci faccio qui?- Pensò retoricamente.
Quel cumulo di macerie ove stava accovacciato, era stata la birreria nella quale solo pochi mesi prima passava le serate a bere birra con i suoi commilitoni.
Dov’erano finite le risate ed il tepore dei fuochi dagli alari dei camini?
Ora erano sostituiti dalle esplosioni e dal rumore degli spari.
Un violento fischio richiamò la sua attenzione, gli occhi puntarono verso il cielo, giusto il tempo per vedere sfrecciare alti sopra di sé i razzi della Katiusha.
Un ultimo urlo, un ultimo schiaffo alla marea che saliva, una marea sconfinata, come il mare.
I razzi scivolarono nell’etere, uno dopo l’altro, lasciando una nera striscia di fumo che ad ogni passaggio s’infoltiva, per poi diradarsi di nuovo.
Ritornò ai suoi pensieri.
Cercò segni che gli ricordassero tempi più felici, passati in quel luogo, riconobbe semisommerse dai mattoni alcune panche, una era vicino al muro opposto, infranta a metà dal peso di un grosso calcinaccio.
Sorrise, probabilmente era la stessa sulla quale aveva vomitato ubriaco Franz, quella sera che si era messo a ballare un canto popolare prussiano, dopo il terzo litro di birra.
Ricordò di come l’ostessa li rincorse per un pezzo anche fuori dal locale, bestemmindo come un’ossessa e Franz che, avendola scambiata per l’Hauptmann (tenente), continuava a chiedere scusa piangendo e chiedendo di non essere mandato di nuovo a pulire i bagni.
Lo sguardo scorrendo tra le travi sparse, si posò su quello che sembrava un tozzo ammasso di stracci per poi riconoscervi del pallido tessuto epiteliale, già livido e prossimo alla putrefazione.
I pensieri si interruppero bruscamente e distolse lo sguardo da quel povero resto umano, già lì da chissà da quanto tempo, schiacciato da fredda pietra, fredda come i cuori degli uomini.
Delle voci echeggiarono di là dal muro, seguite da raffiche di colpi e un’eplosione.
Hans sperò fino all’ultimo di sentire parole nella sua lingua, ma l’impostazione fonetica era chiaramente anglosassone.
Si girò lentamente, armò il suo Sturmgewher 44 e sollevò l’elmetto fino a vedere appena al di là del muro.
La strada appariva vuota e fredda, sulla quale aleggiava una lieve cortina di foschia mattutina.
Aspettò.
Alcune sagome si profilarono ai lati delle case di fronte a lui, lente si sporsero dagli angoli del palazzo, si fecero dei cenni e tornarono ad avanzare.
Hans strinse i denti, finalmente li vedeva, si era preparato tutta la vita per affrontare questo momento, era nato per cacciare quelle ombre che vedeva dall’altra parte della strada, ormai nette contro il muro chiaro.
Le mani impugnarono meccanicamente l’arma, infilò l’indice nell’occhiello del grilletto e fece scivolare la canna fuori dal bordo, un piccolo movimento della spalla ed il mirino collimò con la figura che scivolava silente ed inconscia del pericolo.
Attese qualche istante, un brevissimo tempo che gli parve lungo come un’era.
Tirò il grilletto.
La spalla rinculò, egli tirò nuovamente il grilletto, una volta ancora, ripetutamente, freneticamente, il rumore del primo bossolo toccò il muro.
La figura ebbe un sussulto, pezzi di muro si staccarono e schizzarono intorno a lui, sussultò di nuovo e si accasciò riversa al suolo.
Alte grida si alzarono all’angolo, altre figure spuntarono correndo.
Alcuni proiettili fischiarono sopra il muro.
Hans tirò repentinamente la leva del fuoco automatico e fece partire una raffica di colpi in orizzontale davanti a sé, le figure si accasciarono, si contrassero, tentarono di scappare, arretrarono, ma il freddo occhio diresse implacabilmente il tiro dei proiettili su di loro, finché non rimasero esangui al suolo.
Ansimava, i suoi polmoni respiravano con voluttà l’odore acre dei suoi colpi appena esplosi, inspiegabilmente gli zigomi divennero più sporgenti, le guance si contrassero e sul volto sbocciò un sorriso.
Si alzò, emergendo con tutto il busto dal muro.
-Che mi prende?-Pensò una sua parte, mentre l’altra sogghignava di un delirio di onnipotenza.
-Perché mi alzo?Devo stare nascosto o rischio di morire, come è successo a loro…-Ma ormai stava già scavalcando il muro.
-Sono un dio.-
-Ma che dici?-
-L’hai visto anche tu, ho scacciato le mie paure, sono riverse lì a terra.-
-Paure?-
-Sì, loro sono le mie paure, sono il male, ora non ho più paura di loro -
-Come fai a dirlo?-
-Sono un ariano, un essere superiore, le nere ombre devono essere schiacciate dalla mia purezza-
-E’ vero, ma ce ne saranno altre?-
-Faranno la stessa fine, questo fucile è la mia propaggine, il mio scettro con le quali le sottometterò…-
-Dici che ne vale la pena?-
-Ma certo! Hai forse scordato che luminoso futuro ci attende?-
-Dici l’arma segreta dalla forza di mille soli che il Fuhrer tiene in serbo per vincere la guerra?-
-Esatto, Lui ci salverà se facciamo del nostro meglio..-
Altre voci si infransero nel riverbero di quella strada, altre voci roche, rotte di emozioni e paura.
Gli stivali chiodati di Hans calcarono un corpo, che si mosse appena, nell’ultimo spasimo di vita tra l’incoscienza dell’oblio.
-Eccoli.-
-Ma quanti sono?-
-Che importa, siamo un essere superiore, abbiamo un solo compito: purificare il mondo!-
-Si, Lui sarà contento…...-
-Rispediremo all’inferno quei patetici esseri inferiori, poi li metteremo a lavorare come schiavi ….e quando sarà l’ora….-
Le voci si fecero più definite.
-Deutshland ..Deutshland ..über alles…- Intonò Hans, avanzando determinato.
Ora una figura solitaria si ergeva nella bruma mattutina di quella fredda mattina del 1945, l’esile figura di un quattordicenne, ritto in mezzo alla strada, stretto nella sua uniforme che camminava lentamente, con lo sguardo azzurro perso in un brulicare di sogni.
Un biondo ragazzino, accecato da un sole uncinato, stillò la propria vita con il suo mitra in mano, sparando, come gli dissero di dover morire, per dover rimanere nella gloria immortale, per esser fulgido tra le schiere degli eroi, ora riverso a terra in una pozza di sangue.

Trenta metri sotto il corpo esanime di Hans, ormai calpesto dei soldati dell’esercito statunitense, in un buio corridoio un fascio luminoso spaziava da destra a sinistra alla ricerca di qualcosa.
Il suo giallo sguardo si posò su un’infinità di gioielli, opere d’arte, ma anche specchi e mobili, accatastati lì in fretta e furia.
-Shnell, dobbiamo trovarla, gli alleati sono già qui.-
-Ja, ormai per il III Reich il tempo volge al termine.-
Due alte figure, ammantate nei loro pastrani, avanzavano sul pavimento invaso dall’acqua, rumoreggiando e gorgogliando con i loro stivali.
-Tutto come previsto, quell’uomo non ha saputo usare il suo tempo in modo adeguato e le sue azioni sono risultate prive di un’efficace successione logica.-
-Era un piano troppo ambizioso per un uomo così debole.-
-Ja, troppo scrupoloso verso se stesso.-
-La sete di potere non è una fonte di conservazione, i monaci medievali lo sapevano bene. Stilare lettera per lettera anche un solo manoscritto per anno.-
-Se non per vita.-
-Ja, la conservazione porta a mantenere il sapere intatto, anche se immutato, ma la fretta dettata dal terrore della Morte porta all’evoluzione incontrollata, solo una fede ferrea in se stessi o in Dio può far sparire le ombre della Morte.-
-I due estremi che si toccano, come nel cerchio del tempo, come l’alba ed il tramonto si ricorrono nel mutare delle stagioni sulla sfericità della Terra.-
-Eccola lì- Disse ad un tratto fermandosi davanti ad una cassa di noce levigato ed impreziosito di oro agli spigoli –Reggimi la torcia.-
L’hauptmann prese la torcia ed il suo raggio illuminò la nera uniforme dell’ufficiale davanti a sé.
Portava un anonimo pastrano nero, ma sul colletto della giacca risaltarono con un fulgido luccichio la coppia di rune d’argento delle SS.
Le mani si liberarono dei guanti e lavorarono con abilità sulla vecchia serratura della cassa, aprendola con un sordo -CLAK- rivelandone all’interno un fagotto di broccato purpureo.
Un bianco sorriso si schiuse sulle labbra in penombra dell’ufficiale.
Prese con cautela reverenziale l’oggetto e lo mise in un grigio contenitore zigrinato, quello che nell’esercito tedesco serviva a contenere le maschere antigas.
Quando fu richiuso se lo mise a tracolla e disse: -Ora metti l’altra.-
-Jawohl- Ed estrasse un altro involucro e lo mise al posto di quello rosso.
Richiusero la cassa e ripercorsero l’austero corridoio.
-Ma siamo sicuri che non noteranno la differenza?- domandò.
Un sorriso tornò a biancheggiare sulle labbra crudeli dell’altro ufficiale.
-Certo, assume sempre forme diverse, nessuno sa cosa potrebbe diventare, nel medioevo ci corsero dietro credendolo un calice, il Graal, sai?-
-Ah, davvero?-
-Ja, il Presidente Keel mi ha detto che è stato così, sembra quasi che sia lui Dio, conosce tutto e tutti, da come parla sembra quasi che sia stato lui a fare la Storia. Inoltre ha detto che è meglio non fidarsi di quel Colonnello Richard-
-Già, la sua incrollabile fede in Dio potrebbe essere usata contro di lui, e ciò ci procurerebbe solo altra perdita di tempo, il tempo è inclemente e noi lo dobbiamo assecondare-
-Se gli americani dovessero impadronirsene, saprebbero ancora meno come usarla.Gente senza cultura, con un’innata allegria e fiducia, paragonabili solo alla loro ambizione.Loro riuscirebbero a compiere in quaranta o cinquant’anni ciò che Lui ha saputo fare in soli 6, naturalmente immerso in un pozzo di critiche mondiali-
-La vanità umana è fonte di gran parte dei suoi progressi, persino Lui ha venduto il suo progetto come eredità degli antichi-
-Non aveva sbagliato di molto, lo sai?-
-In che senso?-
-La corruzione è iniziata con il sangue di un uomo, un uomo che era anche un dio. E con il sangue finirà.-
-Capisco-
L’hauptmann fece girare i chiavistelli di una porta blindata e l’aprì.
Il ferro cigolò sui cardini ed i due ufficiali si girarono un attimo a rimirare le pareti piene di incrostazioni e muffa.
-Ora potremo toglierci queste uniformi nere, è un peccato, in fondo mi trovavo bene e non ci chiedevano altro che nome, grado e numero di matricola.-
-Già, è stato un peccato che sia finito così presto, ancora qualche anno e forse saremmo riusciti….-
-No, è già stato tutto scritto, Lui non avrebbe potuto fare niente se non era negli scritti.-
-Già, ora il mondo diffiderà e demonizzerà queste cose, gli atti di quest’uomo saranno come l’operato di Satana stesso e noi potremo agire nell’ombra di ciò che ha fatto, nascondendoci e perseverando indisturbati.-
Gli occhi dell’ufficiale spaziarono nel buio come davanti ad un bellissimo panorama, probabilmente guardava ad un luminoso sogno, racchiuso al di là delle sue iridi.
Riprese in tono atono.
-I testi antichi saranno nascosti nel paese più distante da questi propositi, sigillati sulle rive del Mar Morto, in mezzo agli scampati delle Sue opere.Mi auguro che nessuno li trovi.Quella gente è così avida … ma così tirchia di tradizioni..-
Una risata sprezzante fuoriuscì da entrambi mentre si tolsero i pastrani cerati e li gettarono in acqua.
-Ora accingiamoci a salutare per l’ultima volta i sogni di un uomo che ha avuto la possibilità di epurarsi ma che non l’ha fatto. Proprio come Carlo Magno, è stato accecato dalle debolezze umane.Ma merita un ultimo saluto.-
-Sarà un peccato non poterlo fare più, in fondo era un gesto quasi regale e credo che mi resterà ancora per un po’ il vizio di farlo.-
-Che favolosa copertura sono state le SS! Mi spiace ammetterlo ma è la fine di un’era.-
-Non proprio, in un certo senso, finché ci saranno uomini, tutto sarà come è sempre stato, è e sarà: lo sperare continuamente con la forza del sogno, ecco cos’è stato il Nazismo, ecco cos’è l’Uomo Perfetto.Solo operando con metodo e perseveranza si potrà realizzare la speranza, il sogno comune dell’Umanità-
Stettero un attimo in silenzio, ascoltando le gocce che dalla volta umida cadevano sul pavimento, riempiendo l’aria di quel sotterraneo ed i loro pensieri di ricordi.
-Al sogno che continua?- Chiese l’hauptmann.
-Al Progetto che continua…- Rispose l’ufficiale maggiore.
I due ufficiali si irrigidirono, batterono i tacchi degli stivali e protesero in avanti il braccio destro.
Nel corridoio echeggiò per tre volte il “Siegh Heil!” e quando si spense l’eco all’unisono gridarono: - Auf Wiedersen, mein Fuhrer!-
Ottanta minuti dopo, in un bunker di Berlino, Hitler si tolse la vita.





 
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