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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: IL BALLO DEL CEPPO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: lavinia-malfoy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/12/2004 23:16:33

la mia coppia preferita, draco malfoy e pansy parkinson.
 
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IL BALLO DEL CEPPO
- Capitolo 1° -

Il Ballo del Ceppo le sembrava l’evento più stupido di tutta la storia di Hogwarts. E non è che la conoscesse poi così bene, questa storia. Non aveva mica tempo da perdere, lei, come quella dentona della Granger, che passava ore ed ore con il naso infilato tra i libri. Lei preferiva farsi una vita sociale, stare con i suoi amici, divertirsi, comportarsi così come ci si aspetta da una qualunque quattordicenne. Ma allora perché tutte le sue amiche erano in fibrillazione per questo Ballo ed attendevano con ansia la venuta del gran giorno, mentre lei sperava soltanto finisse tutto presto e, possibilmente, in maniera indolore?
Non lo sapeva. O meglio: lo sapeva benissimo, ma preferiva fingere di non saperlo perché così diventava più facile andare avanti a testa alta, come nulla fosse successo. Persisteva a sorridere, a chiacchierare, girando alla larga dal terreno minato che l’argomento Ballo rappresentava. E se qualcuno le chiedeva qualcosa rispondeva, sprezzante, che quella era roba per bambini, che lei aveva ben altro a cui pensare.
Fu proprio così che reagì in quella sera come tante, mentre mangiava frutta candita con Millicent e Daphne, seduta davanti al camino della Sala Comune Serpeverde, nei sotterranei del Castello.
«Avete già deciso cosa mettervi?» aveva chiesto Millicent, per metà distesa sul comodo divano rivestito in pelle nera, allungandosi per prendere altra frutta dal basso tavolino.
«Smettila di mangiare, diventerai una cicciona!» l’aveva ripresa Daphne, scherzosamente, sottraendole un candito. «Poi nel vestito per il ballo non ci entri più».
Pansy era rimasta in silenzio, lo sguardo fisso alle danzanti fiamme del caminetto e la morbida sciarpa verde e argento avvolta attorno al collo. Non sentiva freddo, ma le piaceva tenerla indosso. Era piacevole il contatto della lana contro la pelle nuda, quella carezza un po’ ruvida di cui non riusciva a fare a meno quando si sentiva triste.
Era triste in quel momento? Si, evidentemente lo era. Un pochino, soltanto un pochino, ma quanto bastava a farle diventare improvvisamente antipatica Millicent ed i suoi continui, estenuanti riferimenti al Ballo.
«Perché non stai un po’ zitta?» le aveva detto, d’improvviso, voltandosi a fissarla. «Non sai parlare di nient’altro che di questo Ballo? Ho la testa che scoppia, basta!»
Ma Millicent, quella volta, non si era zittita. Il che era abbastanza strano, si, dato che solitamente nessuna delle ragazze Serpeverde osava fronteggiare apertamente Pansy Parkinson e lei, d’altro canto, non aveva mai dato loro motivo per farlo. Se doveva prendersela con qualcuno, le sue vittime predilette erano sempre Grifondoro: Potter, la Granger, uno a caso dei fratelli Weasley, Paciock il ciccione, magari, ma mai le sue compagne di Casa. Tra loro vigeva una sorta di segreto patto di non belligeranza, ecco. Si sentivano tutte alleate, solidali. Dovevano tirare avanti all’interno di una scuola gestita da un preside incompetente ed in cui i favoritismi nei confronti dei Grifondoro erano all’ordine del giorno, quindi si facevano coraggio a vicenda, in un certo senso.
Ecco perché tanto scalpore aveva causato la sua reazione e quella, ancor più inaspettata, di Millicent che, con arroganza, le aveva risposto: «Zitta stacci tu! Fai tanto la martire solo perché Malfoy non ti ha ancora invitata al Ballo!»
Decine di occhi si erano voltati a fissarle, e non si trattava solo di compagni: anche gi abitanti di un paio di dipinti avevano aguzzato l’attenzione per non perdere una sola parola della discussione.
Pansy si era alzata in piedi, furente per l’affronto, e con un gesto secco della mano aveva gettato dietro la schiena un capo della sciarpa, ricaduto a ciondolare fastidiosamente sul petto. Aveva fissato Millicent e, subito dopo, una piuttosto stupita Daphne che non sembrava più in grado di aprire bocca. Poi, senza pensarci due volte, aveva detto: «Sei soltanto una stupida! Cosa vuoi saperne tu di me? Non me ne frega niente del Ballo, e non me ne frega niente neanche di Malfoy!»
Parole dure che, probabilmente, nemmeno pensava. Anzi: che sicuramente nemmeno pensava. Perché, e lo sapeva bene, Millicent aveva colpito nel segno. Era quello il motivo di tutta la sua ansia, quella la ragione per cui non riusciva a digerire l’idea di uno stupido Ballo: Draco non aveva nemmeno provato ad invitarla, e questo la faceva soffrire.
Non si chiese il perché dell’improvviso silenzio di Millicent, così come non si chiese il perché del suo sguardo, che improvvisamente sembrava essere stata catturato da un’altra presenza. Non si chiese nemmeno chi, alle sue spalle, si stesse schiarendo la voce, perché era ancora troppa la rabbia che sentiva dentro, l’umiliazione che la stava divorando. E, quando si voltò, si trovò del tutto impreparata ad affrontare lo sguardo freddo di lui, quelle iridi chiare ed indagatrici che sembravano volerle scavare dentro, in cerca della verità.
Le sembrò di aprire la bocca, perché gli voleva parlare: voleva scusarsi, voleva spiegare, ma troppe persone stavano assistendo e troppi pensieri le si stavano accavallando nella mente. E lui aveva sentito tutto ciò che aveva detto e non c’era altro da aggiungere. Non l’avrebbe più invitata, forse non l’avrebbe nemmeno più considerata un’amica e tutto era perso, ora, per colpa di Millicent. E cosa diavolo avevano tutti quanti da fissare? Perché non tornavano alle loro faccende? Perché non sparivano dalla faccia della terra?
Lui aveva parlato. L’aveva fissata negli occhi ed aveva detto: «Mi fa piacere sapere che non te ne frega niente, perché non era mia intenzione invitare te». Poi era andato da Daphne e, come fosse la cosa più normale del mondo, aveva chiesto: «Vieni al Ballo con me?»
Non aveva sentito altro. Non aveva aspettato al risposta di lei, non aveva prestato attenzione a chi le si faceva vicino e chiedeva: «Va tutto bene?» Era uscita correndo dalla Sala Comune ed aveva visto solo corridoi di nuda pietra, pareti, angoli buii ed altri corridoi ancora. Sembravano tutti uguali mentre li attraversava correndo ma forse era colpa delle lacrime, che le appanavano la vista rendendo tutto offuscato e poco reale.
Aveva chiuso la porta del bagno con uno schianto e abbassato la tavoletta del water prima di sedersi, piangendo. Aveva premuto forte i pugni contro gli occhi, cercando di respirare piano, sperando bastasse quello per frenare le lacrime, ma non era servito. Si sentiva così piccola e fragile e sola, ed era certa non le piacesse quella sensazione. E non le piacevano nemmeno tutti quei sentimenti che, d’improvviso, sembravano esserle esplosi dentro. Perché il dolore? Perché le lacrime? Non le importava niente del Ballo, non le importava chi avrebbe invitato quello scemo di Draco! Tanto lo sapeva, no?, che ci sarebbe andato con qualcun’altra. Lo sapeva, si era figurata tante di quelle volte la scena! Lui e Fleur Delacour, magari, che era così francese, così snob, così ‘bionda con la puzza sotto al naso’, perfetta per uno come lui. E che importava se, invece, si trattava di Daphne Greengrass? Che differenza faceva? Nessuna, ecco la risposta, nessuna! Draco era un idiota, Millicent era odiosa, ed il Ballo sarebbe rimasto nella storia come l’evento più stupido a cui gli studenti di Hogwarts avessero mai preso parte. Questo era quanto. Inutile piangere, inutile sprecare anche un solo altro pensiero a riguardo.


Aveva trattenuto il respiro quando la porta del bagno si era aperta e qualcuno era entrato. Ne aveva avvertito i passi, lenti, nella stanza, ed aveva impiegato qualche secondo prima di realizzare che, forse, quel qualcuno la stava cercando. Aveva quindi sollevato le gambe, poggiando i piedi contro la tavoletta del water, stringendo le ginocchia vicino al petto affinché, se l’altra persona si fosse chinata, non potesse vederla dallo spiraglio sottile sotto la porta. Ma non era stata abbastanza veloce, probabilmente, e quel qualcuno si era fermato proprio lì di fronte, oltre l’anta accuratamente chiusa a chiave dall’interno.
Aveva chiesto, sottovoce, un: «Come va?» e lei lo aveva riconosciuto subito, sentendosi morire. Ne aveva ascoltato i rumori al di là della porta mentre, chinando il capo, poggiava la fronte sulle ginocchia, imponendosi di restare muta, sperando forse di convincerlo che lì dentro non c’era nessuno. Magari se ne sarebbe andato e l’avrebbe lasciata sola.
Perché lei voleva restare sola... giusto?
«Certe volte mi fai imbestialire... Riesci a comportarti in maniera così sciocca ed infantile... E sei viziata, terribilmente viziata».
Aveva rialzato il capo, asciugandosi gli occhi con la manica della camicia.
Era venuto per insultarla? Perfetto. Proprio quello che ci voleva per risollevarle il morale.
Grazie, Draco.
«Però riesci anche a farmi ridere. Quando te ne esci con una delle tue battute sulla mezzosangue, o quando imiti quello stupido di Hagrid che non riuscirebbe a declinare un verbo nemmeno se avesse le facoltà mentali per farlo. E allora, sai cosa penso? Che sono stato fortunato a conoscerti. Che non sono poi così tante le ragazze che reputo alla mia altezza, quelle con cui mi diverto a parlare. E, vedi, se davvero credi io possa andare al Ballo con Daphne, significa che proprio non mi conosci, Pansy, perché c’è un’unica persona che avrei voluto invitare e quella persona, questa sera, ha detto davanti a tutti che di me se ne frega...» Si era avvicinato ancora, lo sentiva. Aveva appoggiato la fronte contro la porta, con un sordo toc appena percettibile, e quasi le sembrava di vederlo, lì poggiato con gli occhi chiusi e le mani, sicuramente, infilate nelle tasche dei calzoni. Erano così vicini, adesso... vicini come forse non erano mai stati prima. Vicini come fose non sarebbe stati mai più.
Aveva allungato la destra e, piano, l’aveva fatta aderire alla superficie liscia della porta. Magari anche lui stava facendo la stessa cosa, dall’altra parte. Lei non poteva saperlo, ma le piaceva credere fosse così.
«Dimmi solo che non era vero... Dimmi solo che esiste la possibilità di tornare indietro, per una volta, ed io non inviterò nessuna Daphne Greengrass e non attenderò più così tanto prima di...»
Aveva aperto la porta. Di punto in bianco. La sua mano si era mossa da sola: aveva fatto scattare la serratura e girato la maniglia, aprendo. E, a detta del botto che ne era seguito, Draco stava davvero poggiato contro la porta, mentre parlava.
«Ahia!» aveva strillato, indietreggiando e portando la destra alla fronte, nel punto colpito. «Ma cacchio, Pansy! Stavo cercando di fare un discorso serio, per una volta, e tu mi apri la porta in faccia? L’hai fatto apposta, ammettilo!» Si era voltato per guardarsi allo specchio ed aveva sbirciato l’immagine riflessa di lei, alle sue spalle, con le guance rosse e gli occhi arrossati. «Mi verrà un bel bernoccolo...» aveva borbottato, mentre lei rideva.
«Mi spiace...»
«Mi sembra il minimo...»
Nuovamente si era voltato a guardarla, riabbassando la mano e lasiando che ciocche lisce di capelli chiari ricadessero sulla fronte, a nascondere il rossore del punto colpito.
«Allora...» Si era schiarito la voce ed aveva abbassato lo sguardo. Con la porta chiusa era tutto più facile, meno imbarazzante... perché diavolo l’aveva aperta?
Lei lo guardava e sembrava di nuovo sul punto di scoppiare a ridere. Poi, con aria solenne, aveva chiesto: «Draco Malfoy... ti va di venire al Ballo del Ceppo con me?» e lui aveva sollevato le sopracciglia, preso in contropiede dalla proposta, limitandosi ad annuire. Pansy gli aveva gettato le braccia al collo, con impeto, un po’ ridendo ed un po’ emettendo striduli gridolini di gioia. Gli aveva schioccato un sonoro bacio sulla guancia ed era corsa via, verso la porta, voltandosi solo una volta per sorridergli, raggiante, e dire un: «Grazie» che sembrava nascondere mille altri significati.
E, mentre correva verso la Sala Comune, Pansy si era accorta che non era poi così malvagia l’idea di prendere parte ad un Ballo se si aveva Draco Malfoy al proprio fianco, come cavaliere. Sì, doveva ricredersi, cosa poteva esserci di meglio di un Ballo per ravvivare quel noioso anno scolastico?
Hogwarts, alla fine, non era male come credeva, e neanche la povera Millicent Bulstrode era poi tanto antipatica.
 
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