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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: DEVIL`S SISTER
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: atlantisvampir galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/11/2004 19:34:10 (ultimo inserimento: 07/01/05)

questa è la seconda!spero vi piacerà...fatemi sapere, un bacione!!!
 
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DRACULA
- Capitolo 1° -

Stavo seduta sulla gelida panchina di metallo scrostato che è in stazione, attendendo la mia corriera. Non posso dire di aver voluto veramente tornare a casa dopo otto ore di scuola, stavo bene lì seduta, con il mio libro fra le mani, il mio libro enorme su Dracula.
Stavo aspettando Lara, che sarebbe arrivata in seguito, come d’accordo. Intanto leggevo nell’oscurità, mentre ogni tanto alzavo gli occhi, incrociando con lo sguardo i grandi numeri arancioni che costituivano l’orologio della stazione.
Il mio mal di testa aveva smesso di pulsarmi nel cervello pochi minuti prima, ma aveva lasciato un pelo di stanchezza nel mio corpo e non avevo molta voglia di pensare o muovermi.
Un movimento nella mia tasca destra del cappotto in velluto color volpe, mi distolse dalla mia attenta lettura, catturata anch’io dal fascino di Vlad, ovvero il conte Dracula: era Lara che mi stava chiamando.
Non sarebbe venuta. Avrei preso la corriera da sola. Pazienza.
Solo allora mi presi un minuto di pausa dalla lettura, socchiusi il libro e mi guardai intorno.
Ero seduta sulla panchina con le gambe incrociate, ed ero sola.
Davanti a me si estendeva un ampio piazzale pronto ad ospitare, sulle diverse corsie, le varie corriere per diverse destinazioni.
Al mio fianco, in piedi c’era una donna musulmana, con la testa coperta da un velo bianco a fiori e con una bambina vestita di rosa in braccio che continuava a fissarmi.
Ero incerta se sorriderle o mantenere quell’aria di superiorità che ho quando mi immergo in questo genere di libri. La guardai distrattamente e scostai subito gli occhi facendoli ricadere sul vestito bianco della madre, che aspettava qualcuno.
Forse rischiai di incantarmi a vedere quel bianco risaltare nell’oscurità appena accennata del crepuscolo, come mi succede spesso, e allora chiusi gli occhi per spostare la testa davanti a me.
Vidi che c’era un autobus arancione illuminato internamente situato alla mia destra, pronto per partire e quindi notai il suo fumo uscire dal tubo di scappamento che volava, confondendosi con l’aria, disperdendosi verso l’alto; così seguii con lo sguardo quella massa amorfa di aria scura e mi fermai a contemplare la tettoia in cemento sostenuta da sei grosse colonne grigie.
Solo quando accompagnai lo sguardo alla base della colonna mi resi conto che un uomo mi stava fissando.
Nel momento in cui io incrociai le sue pupille nere lui non smise di guardarmi, anzi. Era completamente vestito di nero, forse era per quello che non l’avevo notato quando guardavo la donna musulmana, evidentemente non risaltava come lei.
Aveva un lungo cappotto nero che si fermava appena al di sotto delle ginocchia e stava leggermente rialzato perché lui con una spalla era appoggiato alla colonna di cemento e una delle due gambe magre era piegata.
I lunghi capelli corvini gli scendevano sulle spalle e la pelle chiara faceva risaltare i suoi occhi apparentemente scuri.
Mi ero quasi persa ad ammirare la sua bellezza che quando me ne accorsi, stavo per perdere la corriera che era arrivata, forse da alcuni minuti.
Appoggiai le gambe sul terreno, con un leggero formicolio sui polpacci per aver tenuto quella posizione troppo a lungo e mi incamminai verso la porta spalancata di quel mezzo rumoroso azzurro scuro.
Lui attese che io fossi salita e non appena posai il piede sinistro per fare il primo scalino sentii il suo caldo respiro sul mio collo. Attraversai il corridoio della corriera fino in fondo, esaminai i vecchi sedili rossi e bruciacchiati e scelsi il solito, nell’angolo sinistro vicino al finestrino.
Il pomeriggio, al ritorno da scuola era la regola sedermi lì. La mattina invece sceglievo la parte opposta. Sinceramente non so come mai.
So che mi sedetti e appoggiai lo zaino e lui mi segui fino in fondo, senza preoccuparsi di sembrare un maniaco o un ragazzo apertamente insistente nei miei confronti.
Feci finta di niente, aprii lo zaino e con monotonia tirai fuori il mio lettore cd e cambiai il cd al suo interno, nella speranza di percepire qualcosa da quell’uomo.
Notai, alzando lo sguardo di tanto in tanto che lui fissava avanti, non più me, anche se si era seduto esattamente vicino al finestrino opposto. E notai anche che aveva gli anfibi neri lunghi fino a metà polpaccio, da cui partivano dei pantaloni molto stretti in pelle opaca rigorosamente nera.
Il cappotto era aperto, nonostante il freddo e lui, con un gomito appoggiato sul minimo margine del finestrino, che fissava il vuoto davanti alla sua traiettoria visiva, mi permetteva di vedere la sua maglia nera in velluto a collo alto che lo abbracciava stretto, disegnandogli il petto e degli addominali non proprio d’acciaio.
Richiusi lo zaino e accesi il lettore, controllando il volume. Mi sedetti dritta e guardai di sfuggita la stazione, mentre la corriera partiva, poi scesi a fissare la copertina del mio libro con soddisfazione.
Tre stemmi emergevano dal nero libro. Era grosso e pesante, e sotto agli stemmi appariva una scritta rossa: il titolo.
Sotto seguivano delle scritte bianche che stavano a significare i titoli dei tre romanzi contenuti nel libro. Accarezzai lentamente la superficie liscia di quel tesoro.
Chiusi gli occhi e mi voltai a guardare il ragazzo, aprendoli nuovamente con uno sguardo sicuro.
Non sorrisi. Non accennai a modificare la mia non-espressione.
E lui mi guardò appena. Era più concentrato sulla copertina del mio libro nero.
Scrutava con tranquillità le parole fra le mie dita chiare, senza fretta e senza curiosità, poi fece scorrere i suoi occhi (che solo ora notai fossero verdi), sul mio cappotto rossastro, oltrepassò la sciarpa nera a brandelli e si fermò per un istante a scrutare il rossetto sulle mie labbra.
Un brivido mi percorse la schiena, non ero abituata a cose simili. Nonostante il rumore del motore della corriera e l’altra gente disseminata in essa, sembravamo soli e fermi. Soli, fermi e silenziosi. Distolsi lo sguardo e aprii il libro cercando l’angolo di pagina piegato che fungeva da segnalibro.
Ricominciai a leggere non appena trovai la frase a cui mi ero fermata quando ero sulla panchina.
Sentivo il suo sguardo nella mia direzione, ma non mi voltai per capire se guardasse me o il libro.
So che aveva uno sguardo potente.
Il mal di testa ricominciò a pulsare, quindi spensi il lettore e lo riposi nello zaino. Per poco non mi tagliai nel tentativo veloce di aprirlo. Sono senza “maniglia” sulle ciarniere e così devo infilare un dito nello zaino e tirare con quello.
Gli diedi una piccola occhiata e credo sussultò quando il moncherino di “maniglia” mi premette sul dito, quasi perforando la pelle.
Tornai a leggere sempre più distratta e nervosa, per di più il buio mi impediva una buona vista delle piccole lettere che componevano le parole. Così credo di aver finto di leggere per un po’, nel tentativo esasperato di sembrare impegnata e non “disturbabile”, fino a che non mi arresi e chiusi il mio librone.
Chiusi provvisoriamente gli occhi e buttai la testa sul sedile, girai il capo per guardare all’esterno, nel buio e sorrisi quando vidi le nebbia. Stavo per arrivare a casa e c’era la bianca e soffice atmosfera da brivido che adoro. Sorrisi, ma poi mi vidi riflessa sul vetro, spostai lo sguardo e non vidi altro.
Mi voltai nella direzione dell’uomo e lui era lì: gambe accavallate, occhi verdi, posizione immobile, che mi osservava. Ebbi l’impressione che osservasse ogni mia mossa.
Arrossii…non capivo che intenzioni avesse. Presi il cellulare e lo guardai. Mi scivolò dalle mani e finì per terra fino ai suoi piedi.
Lui lo guardò. Lentamente spostò la gamba accavallata e staccò il braccio destro dal finestrino, si chinò e le sue dita lunghe e candide toccarono il pavimento, circondando il mio telefonino. Aveva i guanti neri senza dite in pelle. Mi guardai le mani, io non portavo i miei. Li ho simili.
Non so perché lo feci, forse perché volevo far colpo su di lui, non rendendomi conto, o meglio, non sapendo, di averlo già fatto.
Raccolse il cellulare e lo controllò, non aveva graffi, non aveva ammaccature, me lo porse in silenzio.
Forse notò il salva schermo a teschio che ho incollato sopra. Forse notò il disegnetto veloce con la scritta “killer” coperto di scotch sul retro.
Io allungai la mano per prenderlo, mugugnai un debole grazie e lo afferrai. Lui alzò leggermente gli angoli della bocca, tirando le labbra in un sorriso soddisfatto.
Quando chiusi le mie dita sull’oggetto, toccai per un istante le sue che erano gelide, ma non ci feci molto caso, perché anche io le avevo fredde, come spesso mi succede.
È stato un momento piacevole comunque, quell’uomo era magnetico e quando tentai di decifrarne l’età, mi resi conto che era impossibile. Era un uomo senza età.
Bello, con la pelle perfetta sul viso, bianca e delicata, con gli occhi leggermente tirati alle estremità color smeraldo. Era magnetico.
Respirai profondamente e mi accorsi che dovevo scendere. La corriera si era svuotata e la mia fermata era ormai giunta.
Mi alzai e percorsi il corridoio della corriera fino all’autista, cercando di stare in piedi, nonostante i sobbalzi dovuti alle buche nella strada.
La corriera rallentò, io fissavo la strada, la porta si aprì con lentezza mentre l’autista frenava. Io guardai lo strano ragazzo. Mi lanciò un occhiata d’approvazione, sinceramente non so perché.
Avevo bisogno della sua approvazione per scendere lì? Non capivo…
Scesi. Respirai la nebbia attorno a me e guardai l’oscurità riappropriarsi della strada mentre al corriera ripartiva. Lui mi seguì con lo sguardo. Io anche.
Mi fermai e guardai il mezzo andare via.
Calò il silenzio sulla strada…avevo ancora un po’ prima di arrivare a casa mia. Purtroppo la fermata non era esattamente sotto casa e così avrei dovuto percorrere un centinaio di metri rettilinei e girare in una stradina ancora più stretta e buia.
Che bello il buio. Ma questa volta mi sentivo a disagio. Il venticello leggero muoveva l’erba e mi raggelava il fiato.
Con le mani in tasca cominciai a camminare tranquilla, con passo svelto. Solo successivamente mi accorsi che non ero sola. Dei passi mi seguivano a distanza ravvicinata. Se mi fossi girata chi avrei trovato?

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (3 voti, 4 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 4 commenti
Rif.Capitolo: 11
realvampires91
16/05/09 01:15
Un Vampiro che si mette la gonna? Un Vampiro che bacia un altro vampiro? è troppo... non posso più continuare a leggere oltre...
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Rif.Capitolo: 10
realvampires91 - Voto:
15/05/09 20:42
Ed io che speravo in una scena di sesso... cmnq vediamo cosa succede...
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Rif.Capitolo: 5
realvampires91 - Voto:
15/05/09 01:34
La trama non è affatto male, forse la struttura andrebbe rivista un pò... ma non mi permetto di giudicare la tua opera... un saluto
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Rif.Capitolo: 1
realvampires91 - Voto:
15/05/09 00:49
Eccetto gli occhi verdi questo tuo personaggio maschile mi somiglia nn poco... cmnq piacere atlantisvampir, credo che leggerò volentieri questo tuo libro, perciò vedi di terminarlo... a presto...
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