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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Final Fantasy VIII
Titolo Fanfic: POKER DI RE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: vale-kinneas galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/11/2004 16:58:08 (ultimo inserimento: 21/12/04)

una mia visione dark di ff8... si può essere dei mercenari perfetti? oppure arriva un momento in cui, saturi di odio, si ricomincia ad amare?
 
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FAITES VOS JEUX
- Capitolo 1° -








Eccomi di nuovo qui... alla mia decima fan fic!!
eh eh.. questa è la mia prima visione dark di Final Fantasy 8, diciamo che ho voluto provare a trasformare i nostri personaggi sempre buoni e cari in esseri un po' meno caritatevoli...
Bah... staremo a vedere!! ^_____^
I protagonisti di questa ffic sono principalmente Squall, Irvine e Seifer... poi, ovviamente, includerò anche gli altri. Questa è l'unica anticipazione che vi do, anche perchè non credo che mi dilungherò molto, stavolta... non ci saranno tantissimi capitoli, spero solo di riuscire a finirla con dei ritmi abbastanza veloci!!!
un'ultima premessa: siccome la mia intenzione è quella di descrivere dei personaggi "cattivi", i nostri eroi non sono + gli stessi, perciò ci sono delle descrizioni che si discostano totalmente dai personaggi originali... Un mio puro tentativo di creare qualcosa di diverso, spero che non vi offendiate nè che vi infastidisca questo mio modo di fare. anche lo stile cercherà di essere un po' crudo...
un bacione a tutti e fatevi sentire sul fp!!
Buona lettura.





_______________________________________________








Belli.
Astuti.
E soprattutto bastardi.


Così venivano descritti dalla gente i “Croupiers du diable”, tre giovani uomini apparentemente senza casa, senza famiglia e senza altri amici se non loro stessi. Viaggiavano sulle loro moto di grossa cilindrata, sempre insieme, sempre presentandosi davanti alle loro vittime con quei loro visi eternamente soddisfatti e allo stesso tempo segnati da un passato da dimenticare.
Nessuno sapeva i loro nomi e cognomi di preciso, rare erano le occasioni in cui li si sentiva chiamarsi per nome; inoltre, passando di bocca in bocca, il fatto che fossero proprio i loro nomi giusti non era mai sicuro.
Nessuno però dava peso alla cosa. Non c’era nemmeno un’anima al mondo a cui importasse conoscerli fino in fondo… Perché avere a che fare con dei mercenari senza scrupoli quali erano era l’ultima cosa che si desiderasse fare: quando li si vedeva arrivare, ciò che si stampava sul viso era un’espressione di pura angoscia.
Nonostante tutto, molti si chiedevano cosa fosse accaduto realmente a quei tre, apparsi dal nulla come fantasmi. E nemmeno sapere che un tempo avevano indossato l’uniforme SeeD, del tanto rispettato quanto compianto Garden di Balamb, li faceva sembrare meno crudeli.
E, senza ombra di dubbio, erano davvero da considerarsi dei perfetti mercenari:cosa li spingeva ad accettare anche il più perfido degli incarichi se non la crudeltà e la freddezza?
Si sospettava che ci fosse qualcosa di grosso, dietro l’immagine negativa che si erano creati…
Perché si erano trasformati in esseri senza scrupoli?
La domanda avrebbe tanto voluto essere seguita da una risposta sicura… Ma quei tre erano nascosti da un alone di mistero talmente fitto che nessuno aveva mai tentato di attraversarlo… oltretutto, questo mistero non accennava a diradarsi.


Il Re di Picche.
Così veniva chiamato il giovane biondo; il trio superava il metro e ottanta di altezza, ma lui era il più alto e massiccio di tutti. Sulle spalle portava sempre un lungo cappotto grigio, con due croci rosse cucite sulle maniche e, sotto, una maglietta e un paio di jeans scoloriti, che cadevano sugli anfibi neri dalla punta di ferro. Il suo viso era perennemente tinto di un’espressione cupa, minacciosa, superba.
Se non ci si doveva fare assolutamente nemico di qualcuno, ecco, bisognava stare attenti soprattutto a lui e alla lama vendicativa del suo gunblade d’acciaio.


Il Re di Cuori.
Forse, tra tutti, era il meno temuto. Forse.
Forse per la gentilezza con cui trattava le donne che incrociavano disgraziatamente il suo cammino. Ma era solo pura e semplice gentilezza la sua, perché mai era stato visto spingersi più in là, come se nella sua testa ci fosse già soltanto una donna. Solo una… E questa, probabilmente, occupava completamente anche il suo cuore…
Era sadico a suo modo, però. La sua crudeltà stava proprio in questo: faceva strage di cuori e lui non se ne curava affatto; anzi, pur sapendolo, sembrava provasse piacere nel contare le donne che avrebbero venduto l’anima al diavolo anche solo per toccarlo.
Sembrava avesse riguardo solo per il suo fucile argentato, nascosto sotto il lungo cappotto color sabbia, ben fisso al cinturone, largo e visibile sotto la maglia aderente alla pelle olivastra, che faceva un tutt’uno di fascino coi capelli castani e mossi.
Se lui era passionale e caldo, l’ultimo componente del trio, per il suo modo di fare, si poteva considerare il suo esatto contrario…


Il Re di Fiori.
Indubbiamente l’essere più gelido e distaccato della terra, molto più degli altri due Croupiers.
Capelli castani fino alle spalle, ricadenti anche sul collo di pelliccia della giacca, e una cicatrice di vecchia data in mezzo alla fronte…
Il suo aspetto la diceva lunga sul suo carattere: giacca di pelle nera sopra dei pantaloni dello stesso materiale e colore, chiusi da due grossi cinturoni, ai quali era sempre fisso un gunblade azzurro, che era l’unico elemento a spezzare con il suo colore la figura nera.
Non sembrava essere reale, tanto era muto. Agiva soltanto, ma questo bastava a far parlare di sé.
Non c’era un motivo ben preciso per il quale veniva chiamato proprio Re di Fiori… Solo perché, ogniqualvolta i Croupiers eseguivano un compito, lasciavano dietro di loro tre carte da gioco: un re di picche, uno di cuori e uno di fiori.


I loro occhi erano sempre fissi sull’obiettivo, non sbagliavano mai, purtroppo…
La fama negativa che avevano era talmente grande che incuteva terrore e se ad incontrare i loro chiari occhi inespressivi era un pesce piccolo, questo preferiva arrendersi all’istante, piuttosto che averli come avversari.
Cacciatori di taglie, killer, attentatori…
Si erano abbassati ad accettare qualsiasi tipo di incarico.
Ma sempre, come dei perfetti croupiers, organizzavano i “giochi” e si limitavano ad osservare le persone coinvolte senza battere ciglio, sia nel caso in cui queste provavano felicità per la fortuna che le aveva baciate, sia se erano devastate dal terrore per la rovina.
Indipendentemente dal risultato, loro continuavano per la loro strada, senza guardarsi indietro e riflettere sulla loro posizione.
Come dei perfetti mercenari.



<<…Full.>>, mormorò il Re di Cuori, nel silenzio del deserto di Galbadia. In quella tiepida nottata primaverile, lui e i suoi compagni, momentaneamente liberi da incarichi, si erano fermati a pernottare in una bettola sperduta tra le dune.
Dopo aver dato un’occhiata all’avversario, appoggiò con aria vittoriosa le sue carte sul tavolo: tris di donne e coppia di fanti.
Il Re di Picche, con cui stava giocando, gettò a sua volta le carte sul tavolo e sbuffò. <<E ti pareva…>>, si lamentò, <<Figuriamoci se non vincevi con le donne…>>
<<…Tu cos’hai fatto?>>, gli chiese il Re di Cuori, <<Fa’ un po’ vedere…>>
Rivolse i suoi occhi blu alle carte che il suo avversario aveva sparso, e capì che questi aveva avuto in mano solo un tris di re.
<<Sei stato sfortunato…>>, mormorò allora, accendendosi una sigaretta.
<<Potevo fare poker, se la sfiga non si fosse messa di mezzo!>>, esclamò il biondo, irritato dall’ennesima sconfitta, picchiando i pugni sul tavolo.
Quell’esclamazione suscitò l’interesse del Re di Fiori che, seduto poco più in là a guardare fuori dalla finestra, si voltò verso di loro e chiese:<<Cosa c’è?>>
<<Niente, Squall…>>, sbottò il biondo, <<Irvine ha vinto un’altra volta…>>
<<Dai, Seifer!>>, esclamò Irvine, dopo un tiro, <<Non è la fine del mondo… hai fatto un tris, ti mancava poco a fare poker…>>
Squall staccò gli occhi dal panorama notturno e, sorseggiando del whisky, chiese:<<Tris di cosa?>>
<<Di re.>>, rispose secco Seifer, riponendo le carte ormai malandate, dopo anni di partite su superfici sporche, nella loro confezione ingiallita.
Squall non poté trattenere una smorfia: quella situazione inevitabilmente lo riportava indietro di qualche anno e lo rattristava. E lui odiava essere triste…
Scosse il capo, sbuffò e cercò di spostare la mente altrove, ma inutilmente; la sua mano destra si infilò meccanicamente nel taschino interno della giacca ed afferrò un oggetto di forma rettangolare, piatto e liscio: una carta da gioco, raffigurante un re di fiori, vecchio, scarno e dai capelli bianchi.
Si mise poi ad osservarla con attenzione, riflettendo su quello che avesse potuto spingere Cid a donare proprio quella a lui. Troppe volte si era chiesto il motivo di quella scelta e tutte le volte non aveva saputo darsi una risposta.
Sì, lui non si separava da quella carta da quattro anni ormai, nel tentativo di capire quali fossero i sentimenti e le intenzioni di Cid prima di morire. La teneva sempre con sé, inizialmente come portafortuna e poi, dopo essersi creato una sua notorietà, bella o brutta che fosse, quell’oggetto era diventato per lui come un segno di riconoscimento, così come per gli altri. Tutti e tre infatti ne avevano una addosso…
Riportò alla memoria ciò che era successo quattro anni prima, in quel maledetto giorno che gli aveva stravolto la vita. Il loro preside, Cid, era sul letto di morte con Edea al suo capezzale, incapace di arrestare le lacrime di dolore, dovute alla consapevolezza che al marito non restavano ormai che pochi istanti di vita.
“Sapevo che sarebbe arrivato questo momento…”, aveva detto dopo averli convocati, “Per questo motivo voglio darvi una cosa, prima di andarmene definitivamente…”
Lui non capiva. Cid doveva vivere i suoi ultimi momenti con la moglie, non con loro!
Aveva scrutato le espressioni degli altri presenti nella stanza: anche sui visi di Irvine, Seifer e Zell leggeva stupore e ansia.
Le parole successive di Cid, poi, avevano aumentato ulteriormente le domande che gli frullavano in testa…
“Portami quel mazzo di carte, Edea…”
La donna si era alzata dalla poltrona con atteggiamento frettoloso, come se fosse anche lei consapevole che ciò che voleva fare il marito avesse la prioritaria importanza. Estrasse dal primo cassetto del comò un pacchetto, che aprì e che porse con delicatezza al marito. Cid le fece passare tutte, finché non trovò le quattro carte che stava cercando e, ad uno ad uno, chiamò i quattro ragazzi ad avvicinarsi.
“Seifer, a te il re di picche. Non essere sempre impulsivo…”
“Zell, il re di quadri, per i tuoi sani principi…ma ricorda: a volte un pizzico di istinto aiuta…”
“Irvine, ti do il re di cuori. Devi saper tenere a bada il tuo carattere così passionale…”
“E a te, Squall…”, aveva concluso tra le lacrime, “…il re di fiori. Rifletti, Squall… cos’è un fiore, in fondo..? Buona fortuna… e che possiate sostenervi a vicenda… che possiate colmare i vostri punti deboli con il sostegno degli altri…”

Le ultime parole di Cid erano passate loro da un orecchio ed erano uscite dall’altro, come fossero state puro vento.

Nessuno di loro aveva interpretato correttamente il gesto di Cid, e se ne accorsero, ma non si sforzarono più di tanto né ragionarono assieme per cercare un comune accordo.
La morte prematura del preside aveva di conseguenza posto fine al Garden e così anche la loro vita da SeeD era irrimediabilmente conclusa.

Terminata. Scoppiata come una bolla di sapone.

Zell aveva cercato di far sedere tutti a tavolino e discutere, ma era stato tutto inutile: gli altri tre, dinamici e incapaci di sopportare le briglie sul muso, si erano subito agitati come cavalli imbizzarriti.
Inutile era stato il suo tentativo di fermarli.
“Cid ci ha dato quattro re. Vuol dire che dovremmo stare insieme, no?”, aveva detto Irvine.
“Sì, penso anch’io che abbia voluto dirci questo, perciò sediamoci e parliamo…”, aveva insistito Zell.
Squall non aveva nascosto la sua confusione: “Cid secondo me ci ha dato carta bianca… e per quanto riguarda le sue parole… Bah, i fiori sono dei vegetali, e si trovano ovunque, in varie forme… Quindi io credo che dovremmo continuare a fare i mercenari, ma in giro per il mondo… senza base…”
“Senza… base…?” , aveva ripetuto Zell, sconvolto.
“Zell.”, l’aveva richiamato Seifer, “Apri gli occhi, il Garden è finito… se vogliamo continuare ad essere mercenari dobbiamo andarcene e lavorare per conto nostro…”
“Tu cosa dici, Irvine?”, gli aveva chiesto Zell, tentando di recuperare almeno lui. Sapeva che Squall e Seifer, così simili, erano entrambi più testardi di tutti gli altri e quindi irremovibili.
“Anch’io la penso così…”, spiegò il giovane, al contrario delle sue aspettative, “Anche secondo me dovremmo…”
“Basta così!!”, l’aveva interrotto il biondino, “Non ci credo… Non potete mollare tutto per una cazzata del genere!!”
“Non è una cazzata, Zell… è la realtà…”
“Ma quale realtà…”, aveva mormorato dopo essersi alzato, “Non avete capito niente delle parole del preside… Come potete andarvene? Il Garden non può morire…”
“Se questo è il suo destino non può sottrarsi…”, avevano risposto, seri.
Zell se n’era stato immobile e incredulo per diversi minuti. Non l’avevano mai visto così…
Qualcosa si stava lentamente spezzando senza che lo volessero realmente, ma allo stesso tempo senza volerlo evitare…
“…E allora ditemi… che ne sarà di Rinoa, Quistis e Selphie?”
La domanda che pose loro, dopo qualche minuto di silenzio, li spiazzò. Era amore quello che provavano per loro, avrebbero voluto passare il futuro con quelle ragazze, ma…
Rinoa, Selphie e Quistis non volevano partire.
Tra loro e le ragazze era nata una sorta di lite, l’incapacità di capirsi e di trovare accordi in quel frangente aveva fatto passare l’amore in secondo piano.
Squall ancora non credeva di essere riuscito a mettere da parte Rinoa per le sue ambizioni e doveri.
Ma l’aveva fatto davvero.

Alla domanda di Zell, gli altri tre si erano consultati con lo sguardo, d’accordo sul da farsi.
Fu Squall a rispondere: “Capiranno la nostra decisione…”
Gli occhi di Zell si arrossarono per il rancore, le mani si strinsero a pugno e la bocca si aprì, permettendo alla voce di uscire e di esprimere tutta la rabbia che aveva in corpo.
“Via…”, sibilò, “Via di qui… non voglio che mettiate mai più piede qui dentro…”
Ogni parola pronunciata dall’amico era sembrata a loro una coltellata in pieno petto.
Era davvero inevitabile che andasse a finire così…?
Anche questa era una domanda che Squall si poneva spesso, quando ripensava al loro ultimo incontro, quello che era sfociato in una separazione, che sembrava definitiva.
Infatti da quel giorno non l’avevano più rivisto.
Alla loro partenza, Zell non si presentò, né lo fecero Quistis, Rinoa e Selphie.
Non videro più neanche loro…
Forse anche loro li disprezzavano? Probabilmente sì…
Il legame che in passato li aveva tanto uniti si era davvero spezzato.



<<Alzati, Squall…>>, lo richiamò un po’ bruscamente Seifer, non meno assonnato di lui.
<<Cosa…?>>, rispose, sedendosi sul letto. La sera prima era andato a dormire tardi, e oltretutto i pensieri avevano reso il suo sonno agitato e discontinuo.
<<Dobbiamo incontrare quel tale… ehm… quell’esthariano…>>
<<Boh, neanch’io mi ricordo come si chiama…>>, continuò Irvine, entrando nella stanza, <<Ma cosa ce ne frega? Ha un compito da proporci e questo a noi basta…>>
<<Già…>>, concordò Squall, alzandosi.
Lasciarono l’area di Galbadia e si recarono nei pressi di Timber, in un bar, il luogo prefissato per l’incontro. L’esthariano era riconoscibilissimo per il suo abbigliamento: la tunica lunga e chiara era la prova che facesse parte dello staff di ricerche al Laboratorio di Odine.
<<Buongiorno.>>, li salutò, invitandoli a sedersi.
I tre ragazzi fecero tutto con molta scioltezza, noncuranti degli sgardi curiosi e un po’ impauriti della gente, che li fissava con l’occhio vigile.
Non che qualcuno avesse potuto mandare a monte gli incarichi dei Croupiers du diable. Nessuno si sarebbe mai sognato di immischiarsi nei loro sporchi affari.
Negli ultimi anni, il mondo aveva cominciato a fare letteralmente schifo: pur di salvarsi la pelle, tutti erano pronti a fare orecchie da mercante.
<<Bene.>>, cominciò, <<Vado subito al dunque…>>
Bevve del caffè dalla sua tazza e spiegò:<<Sapete bene che Esthar teme le streghe e gli stregoni più di qualsiasi altra potenza mondiale… più ancora di Galbadia… E ciò che ci preoccupa di più è il loro numero: è aumentato incredibilmente, negli ultimi tempi. Alcuni hanno accettato di collaborare con noi, in cambio della vita… altri invece o non si sono fatti trovare o si sono ribellati…>>
<<E qual è il nostro compito?>>, chiese subito Irvine.
<<Dovrete stanare le streghe e gli stregoni rimasti e convincerli a patteggiare. Se si rifiutano, uccideteli.>>
<<Ci date voi tutto il materiale per cercarli?>>, domandò Seifer.
<<Sì.>>, rispose quello, allungando una grande cartelletta verso di loro, <<Qui c’è tutto. Foto, recapiti e altre informazioni utili… Se ci sono problemi, non esitate a contattarci.>>
<<Tutto chiaro…>>, mormorò Squall.
<<E… per il pagamento?>>, domandò timoroso l’esthariano.
<<Tre quarti in anticipo e il resto a lavoro ultimato…>>, disse secco Squall.
<<Perfetto… Lo immaginavo.>>, rispose l’esthariano, allungando un’altra busta verso i tre.
Seifer l’afferrò e controllò il contenuto: c’erano esattamente 900.000 guil in contanti.
Lasciarono il bar come ci erano entrati.
Tornando alle moto, Seifer non poté tenere per sé le sue considerazioni: gli sembrava impossibile che Esthar non avesse chiesto sconti o cose varie, come tutti gli altri richiedenti erano soliti fare.
<<Cosa ci vuoi fare…>>, gli rispose Squall, <<Lo sanno tutti che con noi c’è poco da trattare… E poi… a quanto pare mio padre non bada a spese… Meglio così, no?>>
L’ultima frase la pronunciò con tono amareggiato. Non odiava suo padre né lo disprezzava per quello che aveva fatto in passato… ma non riusciva a vederlo come genitore. Aveva cercato di costruire almeno un rapporto minimo con lui, ma il tentativo non aveva avuto esito positivo.
<<Da chi andiamo per primo?>>, chiese Irvine, salendo sulla sua moto.
Squall non aveva neanche pensato ad aprire la busta, fino a quel momento.
<<Dunque…>>, disse, strappando la linguetta anteriore ed estraendo i fogli che conteneva.
Li sfogliò velocemente, appurando che i soggetti da cercare ed eventualmente eliminare erano circa una decina.
Sul primo foglio c’era una tabella riassuntiva, che conteneva i nomi dei discendenti di Hyne in ordine di pericolosità decrescente. E rimase di sasso quando lesse il primo nome della lista…
Cercò disperatamente i relativi dati, sperando che si trattasse di un caso di omonimia…
Ma, sia la foto che i dati anagrafici, non gli lasciarono speranze…
<<Allora, Squall? Da chi dobbiamo andare?>>, ripeté la domanda Irvine.
Squall si voltò verso di lui e Seifer e rispose con un filo di voce:<<Da Rinoa.>>







CONTINUA...







 
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