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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: LEGEND OF THE LOST DREAM
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: kaorim1987 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/10/2004 19:36:23

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SACRIFICIO
- Capitolo 1° -

Capitolo 01 Sacrificio.
Profumi, fiori e trucchi, un vestito fiorito e alcune spazzole. Una stanza con uno specchio e quattro donne che l’aiutavano nel vestire, donne odiose e vecchie del consiglio del villaggio. Koharu doveva essere presentabile alla divinità, doveva essere la più bella tra tutte le fanciulle.
Lavata dello sporco fuori, ma non nell’anima, profumata e cosparsa con olio sacro, fu vestita. I capelli erano troppo lunghi e le furono tagliati, era l’unica cosa a cui teneva: lucenti e neri, lunghi fino alla schiena, poi divenuti orribili dopo la violenza subita.
L’alba non era ancora giunta e la fanciulla silenziosamente osservava fuori da una finestrella della casa di Chito l’oscurità. Le vecchie erano con lei a spazzolarle i capelli a truccarla… avrebbe voluto ucciderle! La rabbia in corpo se dapprima era sul punto d’esplodere, col passare del tempo era trasmutata in rassegnazione, tanto sapeva che a quel punto non avrebbe potuto fare nulla…
Al centro del villaggio, un ampio spazio di terreno piano, le donne, i vecchi e alcune ragazzine avevano delle fiaccole in mano. Avevano facce scure e severe mentre allestivano la portantina dove Koharu sarebbe salita. Molti volevano concludere al più presto la faccenda, altri volevano vedere morta Koharu la maledetta, portatrice di sventure. Sventure che colpivano chi l’aveva amata: i genitori sbranati dai lupi, il fratello morto in un incendio e lei sempre superstite di tali disgrazie.
Sosuke, il carceriere, l’aveva vista sempre solo come una ragazza, forse pazza, ma come una donna, a detta sua, disponibile a tutto e a tutti… tanto era una schiava! Era l’unico uomo rimasto al villaggio, rifiutato nel far battaglie perché storpio ad una gamba e quindi capace solo di farsi uccidere e non di combattere. Gioiva nello spiare Koharu essere vestita dalle vecchie, non era mai stata così bella! Se solo avesse potuto ancora averla tra le mani…

Un lago. Un luogo calmo e tranquillo, ampio e abitato da pesci, con un ponte, costruito dagli uomini del villaggio, a cui erano legate piccole barche. Era alla fine dell’immenso bosco del colle, che lo sormontava. Più in la dopo alcuni campi coltivati sorgeva il villaggio e ancora più lontano l’abitazione degli aristocratici Hojo: un gran palazzo con alte mura, torrette di guardia, simile ad una piccola ma ben costruita roccaforte in legno.
Piccole stradine percorrevano i campi dal lago al villaggio e proprio su una di queste il corteo sacrificale andava a passo lento con torce e con un anziano monaco e la sacerdotessa Chito che cantavano nenie e tantra sacri. All’orizzonte si vedeva spuntar, se pur ancora flebile, la luce di un sole rosso d’alba dietro le valli e le montagne.
Koharu era sulla portantina retta da alcune donne e aveva gli occhi chiusi, seduta come una bambolina. Le vecchie avevano preso la decisione di drogarla: se la maledetta si fosse ribellata inprovvisamente? Era una pazza… di tutto si aspettavano.
I passi lenti si susseguirono e alla fine arrestarono il loro cammino: il corteo era giunto al ponte. Fu in quell’istante che il monaco e la sacerdotessa levarono le braccia al cielo e invocarono la divinità del lago.
L’acqua si increspò lieve e cominciò a ribollire e da essa un essere si levò fino a rimanere sospeso a metà aria. Rispendeva di luce fioca e nera, vestito di un largo e sontuoso kimono levò il braccio e indicò Koharu. Dalla bianca faccia priva di espressione, osservò la fanciulla e dischiudendo appena le labbra disse “Ponete a terra il mio dono! Mortali andate, vi risparmio la vita.”
Il corteo si inginocchiò e ringraziarono in coro la clemenza, poi come erano venuti, altrettanto se ne erano andati, abbandonando Koharu sulla portantina adagiata a terra, proprio all’inizio del ponte.
La divina creatura posò i bianchi piedi sul legno freddo e umido del ponte e con passi lenti arrivò sino alla fanciulla, si inginocchiò e le sfiorò il viso con le unghie graffiandola. Il sangue colato lo asciugò con la mano le lo assaggiò.
Koharu era rimasta a lungo intorpidita dalla droga ma in lontananza percepì il dolore alla guancia. Aprì a fatica gli occhi e mise a fuoco la figura che aveva davanti a se. Non un gesto e ne un espressione sconvolta. Era li immobile, inginocchiata senza volontà. Quello che le vecchie le avevano dato era un miscuglio di veleni e calmanti, era come morta.
La creatura sorrise e tramutò il proprio aspetto: un nero diavolo, un oni…

Il terreno aveva ceduto molte volte sotto i suoi passi, rischiando di scivolare, mentre percorreva angusta discesa che si sradicava sotto la parte terminante del bosco. Da li vide il lago immenso più vicino e decise di raggiungerne la riva per specchiarsi nell’acqua.
Non un uomo, ma un ragazzo veniva riflesso nell’acqua appena illuminata dai primi raggi del sole: capelli corvini legati malamente dietro la nuca, il viso di un bambino con gli occhi di un assassino che aveva visto il mondo crollare sotto il potere della guerra. Yuta il ronin aveva solo 19 anni ma già praticava quel mestiere d’assassino da molto tempo, troppo tempo. Era cresciuto senza legami e senza di essi voleva continuare a restare: troppi problemi e dolori.
Distolse lo sguardo da quella immagine e continuò a percorrere la riva a passo svelto. Osservò il luogo: acqua calma, aria immobile, nessun rumore… come se il tempo si fosse fermato. Prese la spada e la fece vibrare in aria ma il suo canto non si udì. Fu in quell’istante che il ronin intuì un pericolo, un qualcosa che non aveva mai sentito prima: inquietudine.
I passi celeri divennero cauti, i movimenti lenti. Avanzò lungo la riva e dopo aver passato una piccola macchia di alberi che gli avevano coperto la visuale, vide all’orizzonte il ponte:
L’oni era completamente in possesso del corpo di Koharu. Il nero diavolo dalla pelle rugosa e piena di pustole, aprì le enormi fauci e si avventò in direzione del collo della fanciulla.
La spada produsse un acuto stridio metallico mentre si conficava nel collo del diavolo, il quale sparì in un’orrenda nuvola di polvere verdastra. Koharu ricadde a terra e si affievolì in posizione supina.
Era accaduto in fretta: Yuta aveva sentito l’impulso di correre contro quell’essere e di ucciderlo prima che potesse levare la vita alla giovane donne, così l’istinto era stato più forte della ragione e le gambe si erano mosse da sole all’unisono con le braccia nell’atto di sferrare il colpo mortale.



 
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