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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: The Slayers
Titolo Fanfic: DETECTIVE STORY 3: L`OMBRA DA ZEPHILIA
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Avviso: AU
Autore: eternal-fantasy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 21/09/2004 19:16:09 (ultimo inserimento: 04/10/04)

a volte ritornano... ma non sono mai buone notizie per il detective privato zelgadiss greywords!!!
 
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SABATO: MATTINA
- Capitolo 1° -


Detective Story 3: L’Ombra da Zephilia
Scritto da Eternal Fantasy


Nota dell’Autrice: dedico questa storia a Ilune Willowleaf (che mi ha ‘prestato’ il personaggio di Dessran), senza la quale non sarebbe mai stata scritta, e a Ruki-chan a cui piace questo Universo Alternativo!


Prima parte: Sabato

Non so cosa mi abbia spinto a riprendere in mano questa vecchia agenda sgualcita; o forse conosco fin troppo bene il motivo per cui scrivo nuovamente una specie di resoconto a me stesso della spirale infinita tra intrigo e follia che è la mia vita di detective privato qui, nella metropoli di Seillune, amata odiata e corrotta come poche altre. È lo stesso motivo per cui il sottoscritto, Zelgadiss Greywords, spruzzò il suo caffè del sabato mattina sulla prima pagina del Seillune Times…

Sabato, 8.30 a.m.
Contrariamente al solito mi alzai dal letto con un accenno di sorriso sulle labbra; ero di buonumore, stato d’animo alquanto raro per un carattere come il mio, ma d’altronde era un tranquillo sabato di inizio luglio, il sole splendeva nel cielo e per quanto ne sapevo non c’era nessuno che volesse uccidermi. Mi lavai e vestii senza fretta, mi versai una capiente tazza di caffè e andai a prendere il mio giornale che Delgia, il portiere del palazzo, lasciava fuori dalla porta del mio bilocale ufficio-appartamento (dopo essersi preso la pagina sportiva, ovvio). Mi sedetti comodamente alla scrivania, lessi il titolone a caratteri cubitali… e ci sputai sopra tutto il caffè che avevo in bocca, colto da un principio di soffocamento.
Dieci secondi dopo lasciai la stanza abbandonando il giornale sul tavolo (tanto la macchia di caffè s’intonava col colore) e m’infilai nella mia Panda partendo con una sgommata che lasciò metà del copertone sull’asfalto. Attraversai il centro a centotrenta km all’ora bruciando i semafori e fregandomene dei sensi unici, mentre nella testa leggevo l’articolo registrato dalla mia memoria fotografica. Fortunatamente le sirene degli agenti della stradale che m’inseguivano sgombrarono la strada evitando incidenti; dovevano proprio pensare che avessi combinato qualcosa di grosso, così quando videro che mi fermavo alla stazione di polizia forse credettero che andassi a costituirmi e mi lasciarono in pace. Ma in quel frangente avevo ben altro di cui preoccuparmi che una multa astronomica per guida pericolosa.

Sabato, 8.45 a.m.
Disputai un percorso ad ostacoli attraverso i corridoi della centrale, dribblando gli agenti come un campione di slalom gigante finché giunsi all’ufficio del Capitano Inverse. Per fortuna vi trovai anche il sergente Gourry Gabriev, ma non appena vidi l’espressione torva di Lina capii che la fortuna non c’entrava proprio niente. Gourry manteneva un’aria vagamente sconcertata, il massimo di preoccupazione che il mio ingenuo amico potesse esprimere per una situazione che ancora non comprendeva appieno.
“Che diavolo significa questa notizia?” chiesi senza preamboli.
“Te la sei presa comoda, Zel: ti aspettiamo da un quarto d’ora. Questo periodo di calma ti ha rallentato i riflessi?” replicò sarcastica Lina. Ma non potei non notare un malcelato nervosismo nella sua voce, che si trasformò in una smorfia di terrore quando udii aprirsi la porta alle mie spalle.
Mi voltai di scatto, la mano sul calcio della pistola pronta a far fuoco, ma la voce calma e fredda della nuova arrivata mi fermò:
“Credo di poterle dare le spiegazioni che desidera. Zelgadiss Greywords, presumo?”
“In persona.” Risposi laconico, senza stringere la mano che mi porgeva.
Lei scrollò le spalle e si presentò: “Sono Luna Inverse, Pubblico Ministero del Tribunale di Zephilia.”
A quel nome la osservai con più attenzione, celando un sottile moto di divertimento: e così era lei la famosa sorella maggiore tanto temuta da Lina. In effetti il suo aspetto emanava una certa naturale autorità; la sua corporatura era più alta e formosa di quella quasi efebica del Capitano dalla chioma rossa, e la lunga frangia di capelli che le celava la metà superiore del volto le conferiva un’espressione misteriosa e leggermente inquietante. Tuttavia io non sono certo il tipo che si lascia impressionare; sfoderando il mio sogghigno più minaccioso le chiesi con tono inquisitorio:
“In tal caso è senza dubbio la persona più competente per spiegarci quale delirio collettivo abbia spinto la Corte Suprema a rimettere in libertà criminali pericolosi come Fibrizio Hellmaster e Xelloss Metallium!”
La vidi serrare le labbra, ma il mio sguardo non perse nulla della sua durezza: la sola idea di riavere a piede libero il più potente tra i capi della malavita di Seillune e il più crudele assassino sulla piazza, mi procurava un senso di nausea profonda, mentre la consapevolezza che si sarebbero sicuramente vendicati su chi li aveva fatti arrestare si faceva largo a gomitate nel mio cervello; aggiungendo che in precedenza Xelloss aveva già tentato due volte di uccidermi, la situazione mi rendeva rilassato quanto avere una spada di Damocle in bilico sulla testa.
Luna Inverse, all’apparenza per nulla turbata, si sedette su un angolo della scrivania e, dopo averci fissati a lungo con evidente nervosismo della sorella, esordì: “Hellmaster e Metallium sono stati assolti per insufficienza di prove e immediatamente rilasciati in qualità di onesti cittadini.”
Questo fu troppo per Lina, che esplose in una veemente protesta: “Onesti, quei due? Ma se la loro fedina penale è talmente lurida che bisogna leggerla con i raggi X! Abbiamo raccolto valanghe di prove delle loro scelleratezze, abbastanza per farli finire in galera per i prossimi cinque milioni di anni! Abbiamo rischiato la pelle per vederli in pigiama a strisce dietro le sbarre e invece ora se ne vanno a spasso come se niente fosse!”
“Calmati sorellina. Il peggio deve ancora arrivare.” Le controllate parole di Luna trasudavano rabbia repressa pronta ad esplodere, ma non era rivolta contro la sorella minore, la quale si affrettò comunque a risedersi. Non unii la mia protesta a quella già eloquente di Lina e ascoltai: intuivo che la tegola cadutaci tra capo e collo non era che l’avvisaglia del collasso di un intero edificio.
“Questo processo è stato una farsa fin dal principio. Tanto per cominciare venne trasferito da Seillune a Zephilia quasi subito; già questo mi fece venire dei sospetti, che divennero certezze quando scoprii che molte delle prove che ci avete fornito erano state sottratte o manipolate: ma nonostante la manomissione fosse evidente, la Corte fece finta di non accorgersene. Interrogatori, testimonianze: tutto divenne una colossale messa in scena dal finale scontato. Credetemi, ho tentato in ogni modo di smascherare questo complotto; ma purtroppo ho scoperto che ogni membro del Tribunale di Giustizia, dal giudice all’usciere, è corrotto fino al midollo.” Il suo sguardo invisibile ci scrutò sondando le nostre reazioni, che per ora si limitavano a una trepidante attesa: “Qualcuno ha distribuito a piene mani mazzette milionarie per far scagionare quei due farabutti. Lo stesso qualcuno che ha l’intero sistema governativo della città sul proprio libro paga.”
Gourry si grattò pensosamente la zazzera bionda: “Allora non credo siano state le loro mamme a fare una colletta… forse hanno un numeroso fan club?”
Guardai il mio amico pensando che sulla mia testa doveva essere comparso uno spropositato gocciolone manga, mentre Lina ringhiava con una vena pulsante sulla fronte. Ma le parole di Luna impedirono l’imminente omicidio:
“Mi riferisco a Dabranigdo, sommo boss della malavita di Zephilia.”
Il nome che temevo fin dall’inizio era saltato fuori. Dabranigdo dominava Zephilia come Shabranigdo aveva controllato Seillune prima che io, Lina e Gourry riuscissimo ad arrestarlo. Già all’epoca temevo che, con la scomparsa del ‘collega’, il potentissimo capo della Cupola criminale confinante decidesse di allargare la propria influenza. E ironia della sorte siamo stati proprio noi a fornirgli un ottimo mezzo, pensai, prima di esternare a voce alta le mie deduzioni:
“Dabranigdo ha ingrassato come porchette gli ingranaggi del sistema giudiziario per farli girare come vuole, così da risparmiare la gattabuia perpetua a quei due pendagli da forca. Ovviamente, in cambio di questo favore, ha ottenuto l’alleanza di Hellmaster e l’intercessione di Xelloss presso Zelas Metallium per conquistarsi il grato sostegno della Dark Lady. Così, con due Dark Lord dalla sua parte, sarà molto più probabile che riesca ad accordarsi anche con Dynast Graushella e Dolphin Deep Sea.”
Lina fece una smorfia di risentita approvazione: “Sono d’accordo con la tua ipotesi, Zel. Anche se Fibrizio e Zelas fossero stati propensi ad opporsi, in questo modo li ha già conquistati alla sua causa; se garantirà a Graushella e Deep Sea la stessa indipendenza di cui godevano con Shabranigdo, dubito che quei due fantomatici personaggi usciranno allo scoperto per iniziare una guerra.”
Gourry cominciò a contare sulle dita.
Luna sbatté una mano sul tavolo e dichiarò: “Non possiamo permettere una simile alleanza tra i clan criminali di Seillune e Zephilia! Dobbiamo impedirlo, con ogni mezzo!”
Il mio tono di voce divenne così algido che parve congelare sul posto le due donne: “Non è tanto semplice. Vi ricordo che Hellmaster e Metallium non sono gli individui più miti e concilianti che conosca; non hanno certo dimenticato chi li ha incastrati e credetemi, sarà un vero piacere per loro farcela pagare cara. Io, Lina e Gourry siamo in cima alla loro lista nera: dobbiamo agire con prudenza.”
Lina mi guardò seria, ma poi sul suo viso tornò a dipingersi l’usuale aria di sfida: “Non preoccuparti, Zel, noi sappiamo difenderci egregiamente! Vero, Gourry?”
Il sergente continuava a contare sulla punta delle dita con aria assorta e concentrata.
Lina lo afferrò per il collo con l’altrettanto usuale mossa di judo e ringhiò: “Vuoi almeno ascoltare quando ti parlo, cervello di medusa?”
Gourry rantolò mentre veniva soffocato: “Scusa Lina, ma… non sono cinque i Dark Lord?”
Lina lo lasciò andare di colpo e il povero ragazzo si spiaccicò con la faccia sul pavimento:
“GARV DRAGON CHAOS! Accidenti, non l’avevo considerato! Ora collabora con noi, ma controlla comunque un bel pezzo della città!”
“Nel suo caso rimangono aperte due possibilità” riflettei. “La più probabile, e se sarà Hellmaster a decidere è quasi certo, cercheranno di eliminarlo. La seconda, più strategica, sarà quella di convincerlo in qualche modo a tornare alle vecchie mansioni; ma considerando il carattere ribelle e impulsivo di Dragon Chaos, è anche la possibilità più rischiosa.”
Lina scrollò le spalle: “Garv sa badare a se stesso. Quando sapremo cosa vorrà fare di lui Dabranigdo, ci regoleremo di conseguenza.” Decise. “Ora, se non ci sono altre sorprese spiacevoli in serbo, direi di cominciare a pensare come muoverci…”
“Aspettate!”
La porta dell’ufficio si spalancò d’improvviso rivelando Amelia ferma sulla soglia con cipiglio severo. Lina s’incupì come un temporale: “Amelia, anche se sei la figlia del commissario, anzi, soprattutto per questo motivo, dovresti sapere che è un grave reato origliare dietro le porte di un ufficio della polizia… oltre a essere molto maleducato!”
“Scusa, Lina, ma una paladina della giustizia deve essere sempre informata, soprattutto se ne va della vita dei suoi amici! Lo leggo anch’io il giornale, sai? E comunque state dimenticando una persona che è in pericolo tanto quanto voi!”
Il famigerato ‘campanellino’ tornò a squillarmi nella testa: “Philia Ul Copt!”
In realtà non avrei mai potuto dimenticare la spaventosa mazzata con cui l’apparentemente fragile ragazza aveva messo al tappeto Xelloss permettendoci di arrestarlo.
Amelia mi afferrò per un braccio trascinandomi fuori dalla stanza: “Avanti Zel, andiamo! Dobbiamo assicurarci che Philia stia bene e portarla in un luogo dove sarà protetta!”
Con un sospiro colmo di scherzosa rassegnazione e un cenno d’intesa ai miei amici seguii la turbolenta ragazza dai capelli neri.

Sabato, 9.50 a.m.
Parcheggiai a tre case di distanza dalla villetta in periferia dove abitava Philia; camminavo accostato al muro con la mano sulla pistola infilata nella fondina sotto l’ascella e intanto subivo la paternale di Amelia sulla mia presunta paranoia da mania di persecuzione. Comodo parlare così quando non sei nel mirino di un killer sadico dal grilletto facile! Ma conoscendo la mia giovane amica, probabilmente avrebbe affrontato Xelloss a testa alta facendogli un lungo discorso edificante sui valori di giustizia, pace, amore e bontà finché non si fosse costituito in lacrime (di pentimento o esasperazione?). Ridacchiai al pensiero e questo parve soddisfare Amelia, che interruppe la sua filippica con mia tacita gratitudine.
Giungemmo davanti alla dimora di Philia; notai con discreto sollievo che il cancello era ben chiuso e i serramenti esterni non portavano segni di forzature. Amelia mi guardò con espressione perplessa e preoccupata: “Ho suonato il campanello, ma al citofono non risponde nessuno. Forse Philia è uscita…” aggiunse con scarsa convinzione.
“Allora l’aspetteremo all’interno.” Decretai.
Amelia sbatté le palpebre, presa alla sprovvista: “Ma non abbiamo le chiavi…” e sgranò gli occhi quando estrassi dalla giacca un grimaldello.
Le rivolsi un sorrisetto sornione: “Lezione numero uno: un detective privato deve essere sempre pronto ad ogni evenienza.”
Anche un bambino avrebbe saputo aprire quella serratura, che cedette subito; la porta principale invece necessitò di alcuni secondi, mentre Amelia si guardava nervosamente attorno cercando di darsi senza troppo successo un contegno disinvolto.
Entrammo. Il pianterreno era silenzioso, immerso in un ordine tanto perfetto da farmi pensare a una casa di bambole squisitamente arredata con mobili d’antiquariato; contribuivano a creare quell’atmosfera irreale le tappezzerie di colori pastello e le tendine a merletti bianchi e rosa. Ogni cosa portava l’impronta inconfondibile della proprietaria, perfino (non nascosi un mezzo sorriso) la mazza da baseball occultata nel portaombrelli. Però della giovane donna non c’era traccia.
Mi spostai in cucina seguito da Amelia, il mio occhio di lince così concentrato a individuare i dettagli più insignificanti che…
“Ehi, occhio di lince, guarda qui!”
…non badai subito alla lavagnetta appesa in bella vista al frigorifero su cui qualcuno aveva scritto: ^Ciao Greywords, a Philia penso io.^
Amelia si mise le mani nei capelli: “Oh, no! L’hanno già catturata!”
“Niente affatto.” Dissi con un mezzo sorriso sghembo sulle labbra “A quanto pare, Valgarv ha già provveduto a mettere al sicuro la sua ragazza.”
Amelia mi guardò furiosa: “Come fai ad esserne certo? Questo messaggio potrebbe essere stato messo qui da Xelloss per depistarci!”
“Non credo proprio. Vedi questa specie di scarabocchio dentro un cerchio disegnato in fondo?”
Amelia aggrottò la fronte nello sforzo di ricordare dove aveva già visto quello strano segno e alla fine schioccò le dita esultante: “Il simbolo del Re Demone Drago!”
“Dieci e lode per la tua preparazione in criminologia, Amelia.”
Lei s’incupì di nuovo: “Non basta a dimostrare che sia stato il figlio di Garv a scrivere.”
“Ma lo rende estremamente probabile. Rifletti: se il messaggio fosse una trappola, Xelloss avrebbe semplicemente falsificato la firma; perché ricorrere al simbolo? Val invece non ha neppure firmato, ma sapeva come farci capire senza ombra di dubbio l’identità dell’autore.”
Amelia mi guardò ancora un po’ perplessa, ma poi annuì: “Ragionamenti contorti come al solito, Zel? Ma tanto ci azzecchi sempre!”
Poteva finire così, noi due ce ne saremmo andati tranquilli e sereni, convinti di non avere guai su quel fronte… se non avessi avuto il puntiglio di controllare la porta sul retro e la sfortuna di trovarla aperta. La valigia rosa di Philia era rovesciata a terra accanto alla moto di Valgarv, abbandonata con le chiavi inserite nel cruscotto. Un bidone della spazzatura era stato rovesciato e per rendere ancor più evidenti i segni di colluttazione trovai svariate gocce di sangue sul marciapiede.
Ripassai tutto il mio campionario di imprecazioni, mentalmente però, per non sconvolgere ancor di più Amelia che fissava la scena con occhi sgranati e lucidi di lacrime. Per scuoterla dallo stato di shock le ordinai di tornare in casa, telefonare a Lina e informarla dell’accaduto. Questo incarico le fece riacquistare padronanza di sé; mi rassicurò di essersi ripresa del tutto, così la lasciai ad attendere l’arrivo del Capitano Inverse e della squadra per le indagini.

Sabato, 10.15 a.m.
Prima di tornare in ufficio effettuai una lunga serie di chiamate che dovette rendere felice la società dei telefoni: buttai giù dal letto tutti i miei informatori e dopo aver mandato al diavolo le loro proteste sull’orario sindacale li incaricai di spalancare occhi e orecchie su qualunque traccia riguardante il sequestro di una ragazza, il figlio del Re Demone Drago, il ritorno di vecchie conoscenze o l’arrivo di nuovi visitatori da fuori città.
Inchiodai il mio Pandino truccato di fronte al condominio che chiamo in modo eufemistico ‘casa’; verificai, per la forza dell’abitudine, che l’ascensore era ancora rotto (la speranza è l’ultima a morire, ma quel rottame è defunto da un pezzo, ormai) e scalai le irte rampe di gradini rompigambe fino al terzo piano. Ebbi la pessima idea di correre, così giunsi alla porta del mio ufficio ansimando con un palmo di lingua fuori. Forse Lina non ha tutti i torti, troppa tranquillità mi rovina la salute.
Non l’udito però, perché mi accorsi subito della presenza di un ospite inatteso all’interno. Mi ricomposi all’istante, appoggiandomi alla parete e sfoderando la mia arma. Posai la mano sulla maniglia, contai lentamente fino a tre… e feci irruzione.
“Mani in…”
Ho già detto che le irruzioni non mi riescono mai granché bene? Beh, questa ne è l’ennesima dimostrazione: Philia mi si lanciò addosso in un fiume di lacrime.
Con un sospiro a metà tra il sollievo e l’irritazione, mi affrettai a far sedere la fanciulla disperata su una sedia prima che m’infradiciasse i vestiti; poi, mentre strizzavo la giacca, le chiesi di raccontarmi l’accaduto. Così, decifrando i singhiozzi, ricostruii i particolari della vicenda.
Alle nove Valgarv bussava alla porta di Philia, quella che dava sulla strada nel retro. La ragazza fu sorpresa di vederlo arrivare così presto, dato che il giorno prima si erano dati appuntamento per uscire a pranzo e trascorrere insieme il pomeriggio. Valgarv, cercando di non spaventarla, la informò della scarcerazione di Xelloss e le propose di trasferirsi per qualche giorno presso il proprio rifugio, dove sarebbero stati entrambi protetti dalle macchinazioni dello spietato killer finché la situazione non fosse tornata sicura.
Philia mi confessò timidamente di essere stata fin troppo felice, a prescindere dalle gravissime motivazioni, di poter convivere col proprio fidanzato; gioia di breve durata poiché, preparata la valigia con lo stretto indispensabile, non appena furono usciti di casa un individuo sconosciuto si avvicinò a Valgarv. Il fatto fosse abbigliato in giacca e cravatta non nascondeva la stazza da buttafuori; si presentò come Armeice e dichiarò che qualcuno era molto interessato a parlare col ragazzo riguardo una questione della massima importanza.
Valgarv capì immediatamente che quel tipo era un gorilla di qualche pezzo grosso; si tenne tra lui e Philia, facendo cenno alla ragazza di indietreggiare con cautela: “Non ti ho mai visto prima. Farai meglio a tornare da dove sei venuto, perché ora come vedi sono in compagnia; e sinceramente, tra te e la mia ragazza preferisco lei, non ho neanche l’imbarazzo della scelta.”
L’altro non desistette: “Mi vedo costretto ad insistere.” Allungò un braccio verso Val, ma il ragazzo lo afferrò e con una mossa fulminea glielo torse dietro la schiena, immobilizzando completamente il colosso; Philia udì l’osso della spalla che si slogava.
“Forse non sono stato abbastanza chiaro…” sibilò con tono minaccioso.
Armeice gemendo di dolore gridò: “Elrobos! Searius!”
Da una macchina grigia parcheggiata dall’altro lato della strada scesero due tizi che accorsero a dare man forte al collega. Nel vederli Valgarv intimò con urgenza a Philia di andarsene mentre lui tratteneva i tre bestioni. La ragazza sulle prime non voleva lasciare il proprio fidanzato; rimase ferma a guardare Val che stendeva il primo uomo con un devastante pugno al ventre e poi si voltava a fronteggiare gli altri due. Seguì un violento scambio di colpi, che vide il figlio di Garv avere la meglio grazie alla sua mirabile abilità nelle arti marziali (di cui le mie ossa serbano ancora un doloroso ricordo), ma quando sembrava ormai tutto finito improvvisamente il gigante chiamato Armeice si rialzò su un ginocchio alle spalle del giovane, stringendo una strana pistola e sparando un dardo che si conficcò nel collo di Valgarv.
Il ragazzo dai capelli verdi si strappò immediatamente il proiettile, ma il forte anestetico era già entrato in circolo; barcollando, poté solo gridare a Philia di fuggire prima di accasciarsi a terra. Lei, consapevole di non poterlo salvare in quel momento, decise di fare l’unica cosa possibile per aiutare il suo innamorato: correre ad avvertirmi dell’accaduto.
Fissai gli occhi della mia interlocutrice, ora privi di lacrime alle quali, durante il resoconto della terribile avventura, si era sostituita una determinazione secondo me ancor più preoccupante. Così decisi di precederla: “Tu non ti metterai alla ricerca del tuo ragazzo, sono stato chiaro?”
“Certo.”
Troppo rapida. Dov’era la fregatura?
“Sei TU il detective. Tu cerchi Valgarv e IO ti accompagno.” Dichiarò con una fermezza che non ammetteva discussioni.
Capii che era inutile provare a farle cambiare idea; quella giovane donna a prima vista fragile e delicata celava una tempra d’acciaio. D’altronde era la ragazza di Valgarv: degna compagna del più giovane e temuto guerriero metropolitano nella storia della malavita di Seillune.
Cercai di temporeggiare: “Andiamo alla centrale di polizia; dobbiamo informare le sorelle Inverse di questa faccenda. Probabilmente Luna potrà dirci qualcosa sui tre tizi che hanno preso Valgarv. Poi decideremo il da farsi.”
Philia annuì, ma mi lanciò un’occhiata di fuoco: “Non sperare di lasciarmi ai poliziotti con la scusa che starò al sicuro, Zelgadiss Greywords. Quando andrai là fuori a cercare Val, io verrò con te, che tu sia d’accordo o no.”



 
Continua nel capitolo:


 
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